La fuga del Re

 

 

di Barbara Cornaglia

 

 

 

Sono ormai passati quasi due anni dalla Bastiglia: la Costituente ha ridimensionato la figura del Re da «monarca assoluto» a sovrano costituzionale. La famiglia sovrana è quasi prigioniera a le Tuileries, Luigi XVI non ha potere decisionale, né potrà più attingere al Tesoro dello Stato senza la firma dei suoi ministri.[1] Se tenterà di annullare le conquiste della Rivoluzione potrà essere spodestato dall’Assemblea.

Un rischio che il timoroso Luigi XVI decide di tentare nell’estate del 1791. Parigi-Bondy-Sainte Ménehould-Varennes-Mauzay-Montmédy… è il percorso concordato per la fuga della famiglia reale dalle Tuileries al Belgio. Laggiù il marchese de Bouillé, cugino di La Fayette, oppositore della Rivoluzione li attende. Lasciare Parigi è un imperativo, anche perché nessuno si illude più sulla Rivoluzione. Da Montmédy Luigi XVI spera di poter imporre la propria volontà ai sudditi; sembrerebbe plausibile, ma per farlo è necessario percorrere oltre 70 leghe: 280 Km!!

La partenza, fissata per la primavera, avverrà solo il 20 giugno 1791. Ogni giorno la situazione a Parigi, per i reali, si fa più difficile: anche perché la notizia di una fuga del Re si è diffusa, se ne conoscono più o meno i particolari, le indiscrezioni partono dalle Tuileries stesse: almeno due delle tre guardie del corpo[2] ne parlano alle loro amanti.

Intanto a Montmédy Bouillé sente che le truppe iniziano a sfuggirgli. Il Re desidera tutta una serie di nuclei armati a partire da Pont-de-Sommevelle (soprattutto ussari) col compito di proteggere il suo passaggio, seguendo poi a distanza il convoglio. A Montmédy la berlina reale sarebbe dovuta giungere “inosservata” con una scorta di “appena” 1000 tra cavalieri, ussari e dragoni!!! Bouillé aveva tentato di evitare questo eccessivo spiegamento di forze che avrebbe inutilmente allarmato le popolazioni, ma ad occuparsi di tutto è Axel de Fersen[3], a partire dalla carrozza per il viaggio. Perdiamo qualche secondo per descrivere l’ameno cocchio che L.S. Mercier descrisse come un «riassunto del Castello di Versailles al quale non mancano la cappella e l’orchestra». Era enorme, non avrebbe mai potuto passare inosservato. Il conte di Provenza, il futuro Luigi XVIII, accompagnato solo da un amico riuscì a passare il confine senza alcun ostacolo e così sua moglie; nessuno badò a loro, ma come avrebbe potuto sfuggire questa “nave da crociera” fornita di tutti i confort?

Uscire da le Tuileries si rivelò abbastanza semplice, tutti furono puntuali all’appuntamento[4], tranne la Regina che si era smarrita. Si partì con circa due ore di ritardo rispetto al previsto. Appena giunti alle porte di Parigi i fuggitivi lasciarono la carrozza utilizzata per la grossa berlina, le due vetture furono fatte accostare così che i viaggiatori potessero cambiarle senza neppure poggiare i piedi in terra. Per ora le cose sembrano procedere bene: i viaggiatori sono ottimisti, uno strano senso di sicurezza si è impadronito di loro. A Chaintrix mentre si cambiano i cavalli, la famiglia reale scende dalla carrozza, si riposa e rinfresca, fu riconosciuta da tutti e ancora trattata con rispetto. Il Re però si fa imprudente, nonostante i timori di Moustier. I veri problemi inizieranno a Châlon-sur-Marne; questi furono provocati da due diversi fattori: il primo era che la berlina aveva ormai accumulato un ritardo considerevole. Ci si aspettava il Re a Montédy per le 5 del 21, ma a quel momento i fuggitivi sono ancora lontani. In secondo luogo la catena dei posti militari aveva messo sull’avviso le popolazioni locali. Bouillé aveva incaricato il duca de Choiseul, giovane e coraggioso colonnello (ma senza esperienza) di garantire la sicurezza dei viaggiatori[5]. Ma quando alle 5 del pomeriggio del 21, non vede arrivare il Re e timoroso per il fermento delle popolazioni mette i soldati in libertà.

Ma perché il Re non era ancora arrivato? L’enorme berlina giungeva in ritardo ai cambi dei cavalli previsti: il cambio dovette ripetersi 19 volte, con l’uso di un centinaio di cavalli. Avevano già lasciato Parigi in ritardo e poi Luigi XVI si fece prendere dall’euforia, fermando la carrozza per sgranchirsi le gambe. Quando arrivarono a Pont-de Somme-Vesle alle 6 e mezza, gli ussari erano spariti. Il maestro di posta Drouet stava appena rientrando dai campi dove aveva lavorato tutto il giorno, vedendo l’enorme berlina all’inizio non le prestò troppa attenzione. Solo quando questa aveva lasciato il paese in direzione di Clermont iniziò a diffondersi la voce che lì si trovava la famiglia reale. La folla costrinse Dandoins a disarmare i dragoni, e contemporaneamente Drouet balzò a cavallo per tagliare la strada alla berlina puntando verso Varennes. La berlina giunse a Varennes alle 11 di sera, i fuggitivi persero altro tempo a cercare i cavalli, permettendo a Drouet di sbarrare il ponte. Una volta dato l’allarme, gli abitanti del villaggio accorsero, alcuni dei quali armati. La famiglia reale fu costretta a passare la notte nell’umile abitazione del Procuratore del Comune, all’alba la folla radunata era enorme, tutti gridavano «A Parigi!» Nessuno aveva dubbi sull’identità dei viaggiatori, tanto che alla fine fu il Re stesso a dichiarare: «Ebbene, sì, sono il vostro Re; e questa è la Regina.». I fuggitivi speravano ancora di veder giungere da un momento all’altro Bouillé ma questi giungerà a Varennes coi suoi uomini con due ore di ritardo quando la grossa berlina aveva ormai iniziato il viaggio di ritorno verso Parigi. Alle 7 e 30 i viaggiatori ripartirono infatti rassegnati, seguiti da una folla vociante.

Il viaggio di ritorno a Parigi fu un incubo, durò cinque giorni, nell’afa soffocante di giugno, con la carrozza completamente circondata da una moltitudine che la precedeva e seguiva. Fu una prova durissima. Maria Antonietta ne uscì incanutita «come una donna di settant’anni»[6]. I viaggiatori temevano soprattutto l’ultima tappa – Meaux-Parigi – in particolare l’arrivo nella capitale. Ma la Municipalità aveva preso le sue precauzioni: grandi manifesti ammonivano «Chiunque applaudirà il Re sarà bastonato, chiunque lo insulterà sarà impiccato». Così la berlina poté attraversare la città protetta dalla Guardia Nazionale, tra due file di folla muta, ostile. L’avventura di Varennes è finita ingloriosamente.

Ma perché ebbe inizio? Le intenzioni di Luigi XVI non sono state mai capite dai contemporanei, che spesso hanno creduto di poterle dissociare da quelle di Maria Antonietta. In realtà il programma della famiglia reale era lo stesso dal 23 giugno 1789: sì alla monarchia costituzionale, no alla soppressione del privilegio, mai l’uguaglianza. Già nell’ottobre 1789, Luigi XVI. In una lettera al Re di Spagna aveva sconfessato gli atti che la Rivoluzione lo aveva costretto ratificare:

 

Ho scelto Vostra Maestà, come capo del ramo cadetto, per affidare alle vostre mani una solenne protesta contro tutti gli atti contrari all’autorità regia estortimi con la forza dal 15 luglio di quest’anno. Prego Vostra Maestà di conservare il segreto su questa protesta fino all’occasione in cui la sua pubblicazione potrà rendersi necessaria.

 

Ma quale era questa occasione attesa? Poteva ormai essere solo la fuga. Il Re e la Regina fino all’ultimo sperarono che la Rivoluzione avrebbe divorato i propri stessi figli. «Bisogna approfittare del momento in cui la gente sarà abbastanza tornata in sé da poter godere della giusta e sana libertà che il Re ha sempre desiderato, contraria alla licenza e all’anarchia»[7]. Nell’immediato ritorno del Re a Parigi le autorità scelsero di credere alla finzione di un Re non fuggito, ma «rapito dai nemici della rivoluzione». Anche se l’Assemblea decise il 25 giugno stesso di sospendere il Re dalle sue funzioni e creare una commissione d’inchiesta sulle circostanze del “rapimento”. Il 15 luglio la commissione consegnò il suo rapporto: il Re era innocente, i soli colpevoli Bouillé[8] e le guardie del corpo; e nessun potere fu restituito al sovrano.

Luigi XVI da quel momento sarà completamente prigioniero a Parigi senza più alcun potere decisionale, poi come tutti sanno venne giustiziato in Place de la Concorde due anni più tardi, il 21 gennaio 1793. E quattro mesi più tardi, il 16 maggio 1793, toccherà alla Regina Maria Antonietta.

Ed ora di cosa parleremo nel prossimo numero? Devo essere sincera? Non ne ho ancora la minima idea, potremmo fare un bel salto di più di un secolo e dare un’occhiata al Novecento delle grandi guerre oppure cercare di smentire il concetto diffuso di un Medioevo come epoca buia, tra due ere gloriose. Vedremo, spero avrete ancora la voglia di scoprirlo con me… al prossimo numero di Segreti di Pulcinella.

 

 



[1] Cesare Giardini, Un mastro di posta blocca la strada della salvezza, «Storia Illustrata», n. 126, maggio 1968, pp. 60-65

[2] I signori di Valory, di Maldent, di Moustier.

[3] Dai contemporanei considerato l’amante di Maria Antonietta.

[4] Fissato per mezzanotte

[5] Françoise Furet-Denis Richet, La rivoluzione Francese, Storia Universale, Corriere della Sera, 2004, 152-157.

[6] Affermazioni della signora Campan, la sua segretaria.

[7] Scrive Maria Antonietta nel dicembre del 1790.

[8] Già emigrato