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Chi è davvero uno scrittore?
Cito dalla Treccani: "Scrittore: chi si dedica
all'attività artistica, chi compone e scrive
opere con un intento artistico". Eccolo là lo
scrittore ...
di Massimo Acciai
Progetto Emmaus
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de
Il Campo del Vasaio (Mt. 27,7), è
ordinabile tramite Segreti di Pulcinella...
la redazione
Stampare libri all'estero
Stampare un libro in Italia sia per le piccole
case editrici, sia per gli scrittori in erba
che desiderano vedere pubblicata una loro
opera ha spesso un costo insostenibile...
di
Marco Bazzato
Caffè Letterario Musicale
La musica abbraccia la poesia
rubrica a cura di
Paolo
Filippi
La Porta dei Sogni (entriamo insieme...)
Dalle frequenze di Radio Liberty alle
pagine web, una rubrica dedicata interamente
alla poesia e alla musica: sul sito di Paolo
Filippi i programmi sono scaricabili in
formato mp3 o ascoltabili online con
Mediaplayer a partire dal venerdì...
rubrica a cura di
Paolo Filippi
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Chi è davvero uno scrittore?
Ovvero: poniamo che nessuno compri più libri…
Cito dalla Treccani: "Scrittore: chi si dedica
all'attività artistica, chi compone e scrive opere
con un intento artistico". Eccolo là lo
scrittore; né più né meno!
Per essere definito, o definirsi, "scrittore" non
occorre altro. Non occorre un attestato, una
"patente", un permesso, un riconoscimento ufficiale.
Non occorre aver mai pubblicato un libro. Non
occorre nemmeno, secondo la definizione data, aver
mai fatto leggere a qualcuno le proprie opere. Ne
consegue che in Italia il numero degli scrittori è
imprecisabile e forse molto alto; qualcuno potrebbe
aggiungere "magari più alto di quello (altrettanto
imprecisabile) dei lettori"; quest'ultima
affermazione calzerebbe per la poesia, ma non credo
possa dirsi anche per la prosa (curiosamente la
maggior parte di coloro che scrivono versi non
leggono poi i versi altrui, mentre non ho ancora
conosciuto un autore di racconti o romanzi che non
sia a sua volta un forte lettore).
Una domanda interessante potrebbe essere questa:
perché se "scrittore" è soltanto "colui che scrive
con intento artistico" allora spesso nel linguaggio
comune si intende "colui che vive di scrittura"?
Com'è che si tratta la scrittura alla stregua di un
mestiere qualunque?
Chiaro, se non mi guadagno da vivere con la
scrittura e qualcuno mi chiede che lavoro faccio,
non risponderei "lo scrittore". Lui mi ha chiesto
che lavoro faccio. Il punto è che fare lo
scrittore non è necessariamente un lavoro. Non è un
vanto. Non è un pretesto per farsi dire "bravo" o un
modo per far soldi. Lo scrittore, quello vero (ma
esistono scrittori "falsi"?), è semplicemente quello
che sente la necessità di scrivere e, anziché
reprimerla, dà libero sfogo ad essa attraverso
l'azione di prendere un foglio (di carta o
elettronico) e riempirlo di parole finché ne vengono
assieme alle idee (che possono precedere la
scrittura o anche essere simultanee ad essa), e poi
magari tornarci su, limare, aggiungere, togliere,
finché non sente di aver detto ciò che voleva dire
nel miglior modo possibile. Lo scrittore non è
nient'altro che questo.
Certo. Ci sono quelli che si guadagnano da vivere
con la scrittura. È un sottoinsieme, questo sì
quantificabile e molto ridotto, di coloro che
credono nella pubblicazione. Ci sono anche scrittori
che non hanno la minima intenzione di pubblicare le
loro cose; magari hanno scritto capolavori che
tengono nei loro cassetti e che si perderanno dopo
la loro morte (o anche prima). Se si parla di
"purezza" dell'intento artistico, loro sono i più
puri di tutti, ma io tralascerei la questione
frivola della purezza. Ci sono poi quelli che
vorrebbero pubblicare ma non hanno l'anima del
"venditore" (perché, diciamo le cose come stanno,
questo è chiamato ad essere oggigiorno lo scrittore
"pagato"; un "venditore di se stesso", senza offesa
per i venditori) o comunque non intendono farsi
prendere per il… portafoglio da pseudo editori che
promettono gloria imperitura e chiedono denaro per
fornirla attraverso un semplice lavoro da tipografo
(salvo poi fornire soltanto le copie stampate e
pagate dall'autore, che dovrà poi comunque essere
"venditore" per sbarazzarsene… o più verosimilmente
regalarle a parenti e amici). Far leva sul
narcisismo dello scrittore è una tattica vecchia ma
sempre attuale, e perder tempo e denaro è la giusta
punizione. C'è chi ci casca ed è felice di cascarci.
Contento lui…
Un sacco di soldi girano intorno alla scrittura;
servizi per lo scrittore (agenzie letterarie,
correttori di bozze a pagamento, editor, consulenti,
ecc… senza contare l'ambigua SIAE) tutti a pagamento
ovviamente; e ci sono diciamo "servizi" per il
lettore (la pubblicazione di un libro che incontri
il suo gusto), anche questo "servizio" a pagamento
ma a carico del lettore (ma può essere anche
gratuito…). La smania di pubblicare nasce proprio
dalla falsa idea che solo ciò che è pubblicato
(soprattutto se da una casa editrice importante) è
degno di essere letto, mentre - per fortuna - non è
così. C'è tutto un mercato insomma centrato sulla
scrittura (che si divide, come scriveva a Umberto
Eco, in case editrici rivolte al lettore e case
editrici rivolte allo scrittore - quelle che possono
giungere all'aberrazione di pubblicare storie della
letteratura contemporanea in cui più uno paga e più
parole si spendono su di lui…), ma vorrei qui fare
un'ipotesi, degna magari di un racconto di
fantascienza.
Poniamo che nessuno compri più libri. Nessun editore
li pubblicherebbe più. L'editoria crollerebbe. Lo
scrittore… smetterebbe di scrivere?
È proprio questa la domanda per comprendere cosa
distingue davvero un ragioniere (o un idraulico, o
un avvocato…) da uno scrittore di professione.
Entrambi traggono sostentamento dai rispettivi
mestieri. Entrambi devono soddisfare in primo luogo
qualcuno diverso da se stessi (il ragioniere, il
cliente o il datore di lavoro; lo scrittore di
professione, l'editore ed indirettamente i lettori
paganti). Se per assurdo nessuno fosse più disposto
a pagare un ragioniere, o un idraulico, o un
avvocato, questi non verrebbero certamente a fornire
gratuitamente i loro servizi così, perché sentono
prepotente in loro il desiderio di far conti o
aggiustare un rubinetto o difendere un disgraziato
da una qualche accusa… semplicemente cercherebbero
un altro lavoro e getterebbero via i loro strumenti.
Uno scrittore no. Continuerebbe a scrivere, magari
solo (e finalmente!) per se stesso o per pochi
amici. Perché scrivere è sostanzialmente qualcosa
che nasce dal profondo e che preme per uscir fuori,
indipendentemente se qualcun altro apprezza il
risultato dello sforzo o addirittura è disposto
pagare. Anche un musicista si comporterebbe in
maniera analoga. Anche uno scultore o un pittore.
Così qualsiasi artista.
Come si può definire chi è davvero uno scrittore, si
potrebbe definire per analogia anche chi non lo è:
colui che non scrive! Se un autore a caso di best
seller non ricevesse più un soldo dai suoi libri e
di conseguenza smettesse di scrivere, per assurdo,
quello un vero scrittore non lo sarebbe mai stato.
Certo, è risaputo che molti autori famosi si servono
di "scrittori fantasma" ed anche in quel caso,
quando il libro sia opera esclusiva dello scrittore
nell'ombra, a quest'ultimo andrebbe il nome di
scrittore e non più al primo.
Come definire poi un "buon scrittore", quella è
un'altra questione ancora.
Tornando alla definizione iniziale presa dalla
Treccani, per quanto autorevole possa essere
un'enciclopedia, è la lingua corrente quella che
conta, e nella lingua corrente "scrittore" è quello
che si guadagna da vivere scrivendo. Non lo si può
negare, ma qualche contraddizione rimane. Italo
Svevo, che quand'era in vita ha pubblicato a proprie
spese tutti i suoi romanzi, secondo la lingua
corrente non sarebbe stato uno scrittore. Infatti si
guadagnava da vivere come commerciante di vernici
per sommergibili. Sull'enciclopedia però vado a
cercare "Italo Svevo" e non ci trovo "commerciante";
ci trovo "scrittore". Su questa definizione sarebbe
però d'accordo anche l'uomo comunque, quello che
accetta il termine di scrittore solo se applicato a
chi ne fa un mestiere. Mah…
Personalmente non credo che uno scrittore sia per
forza un tizio che fa di tutto per farsi conoscere
ed apprezzare e quindi vivere della sua attività
artistica (in un mondo perfetto ogni artista avrebbe
la possibilità di dedicarsi in pace all'arte senza
preoccupazioni economiche). Sono semmai propenso a
pensare che un libro sia una sorta di dono, gratuito
quindi, che liberamente l'autore può decidere di
fare al lettore, per comunicargli qualcosa che gli
sta a cuore, senza nemmeno la pretesa o la
presunzione che la stessa cosa stia a cuore anche al
lettore, il quale ha tra i suoi diritti sacrosanti
pure quello di non leggere.
Un ringraziamento ed un saluto ad
Andrea
Mucciolo per avermi dato lo spunto col suo
interessantissimo articolo
Essere scrittori oggi
***
Un editoriale un po' insolito stavolta,
consapevolmente fuori tema, ma tanta era la voglia
di scrivere su un argomento che mi sta a cuore come
la scrittura, libera dalla logica di mercato.
Un ringraziamento agli autori che ancora una volta
hanno inviato il loro prezioso contributo a questo
numero. Li invito di nuovo, insieme agli altri
autori che ancora non hanno trovato spazio sulle
pagine elettroniche di SDP, ad inviare le loro opere
entro il 30 novembre 2007. Il prossimo tema:
IL VIAGGIO.
Buona scrittura e buona lettura,
Massimo Acciai
Direttore di Segreti di Pulcinella
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