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"Se pareba boves, alba pratalia araba, albo
versorio teneba, et negro semen seminaba." Questo breve testo
scoperto nel 1924 in un codice della Biblioteca Capitolare di
Verona è uno dei più antichi documenti che attestano
l'evoluzione del latino in volgare, in questo caso di area
veneta. Databile tra il VII ed il IX sec. d.C., "l'indovinello
veronese" è una glossa a margine scritta da un amanuense, che
assimila il suo lavoro di copista a quello del seminatore dei
campi: "Spingeva i buoi (cioè le dita), arava il campo bianco
(il foglio), teneva il bianco aratro (la penna, probabilmente
d'oca), e seminava il negro seme (l'inchiostro, evidentemente)."
La storia della scrittura, quel processo lungo e tortuoso, ma
anche estremamente affascinante e ricco di sorprese, che parte
dai primi incerti disegni sulla roccia degli uomini primitivi e
giunge ai moderni word processor, ha avuto proprio negli scribi,
nei copisti e negli amanuensi dei solitari, silenziosi,
laboriosi e importantissimi protagonisti. Va ricordato che la
scrittura manuale è stata per secoli, fino all'invenzione della
stampa nel 1450, l'unico modo di riprodurre un testo scritto.
Lo scriba, dal verbo latino scribere, a sua volta da una radice
indoeuropea *sker- "incidere", poiché in principio scrivere
significava incidere le tavolette cerate con uno stilo
appuntito, era lo scrivano di professione. Nell'Impero Romano si
trattava spesso di schiavi, da qui l'espressione a manu servus
"schiavo che copia a mano", che ci ha dato poi amanuense. Caduto
l'Impero, nell'Alto Medioevo gli schiavi furono sostituiti dai
monaci, in particolare ricordiamo i benedettini dell'abbazia di
Montecassino, che copiavano libri di carattere religioso e
didattico, ma anche opere di autori classici, negli scriptoria,
ambienti annessi alle biblioteche dotati dei pochi strumenti
necessari: un leggio, un manoscritto da copiare, l'inchiostro ed
il calamo, dal greco kálamos "canna", il fusto sottile di alcune
piante usato come penna per scrivere. Da calamo deriva calamaio,
il recipiente di varia foggia e materiale in cui si teneva
l'inchiostro e si intingeva la penna, che ha dato anche il nome
ad un mollusco marino commestibile di corpo allungato, il
calamaro, così detto perché in caso di pericolo emette una
sostanza nera, detta inchiostro, che intorbida le acque. Da
notare che calmiere, il prezzo stabilito dalle autorità per
evitare il rincaro dei generi di prima necessità, non ha nulla a
che vedere con la parola calmare, come suggerirebbe l'apparenza,
ma viene anch'esso da calamarius, inteso come "canna per
misurare".
Ancorché fondamentale, il lavoro dell'amanuense doveva essere
necessariamente tedioso e snervante, e a volte capitava che il
copista introducesse nel testo abbreviazioni o accorgimenti per
facilitarsi il compito. Nacquero così curiosi e divertenti fatti
linguistici che si sono poi generalizzati. E' il caso, per
esempio, del segno @, la famosa chiocciolina usata negli
indirizzi di posta elettronica. Lungi dall'essere un'invenzione
di Mr. Bill Gates, il simbolo @ fu usato dai copisti del XIII
secolo come abbreviazione della preposizione latina ad "a,
verso, presso". Quando fu inventata Arpanet, negli anni '80 del
Novecento, il simbolo @ fu recuperato per fare da trait d'union
tra l'utente e la sua localizzazione. Anche la lettera i ha una
storia interessante. Derivata dalla iota greca, a sua volta dal
fenicio yodh "mano", da un geroglifico ieratico egizio che
indicava una mano, nel passaggio dai caratteri carolini a quelli
gotici la i minuscola si confondeva spesso con la u nelle
combinazioni ii, iu, ui. Ecco allora che qualche brillante
copista dell'XI secolo si inventò un puntino, un segno
diacritico che servisse a distinguere la i. Del resto,
l'espressione "mettere i puntini sopra le i" richiama
esplicitamente questo episodio, poiché vale "chiarire,
puntualizzare, evitare equivoci".
E cosa succedeva quando un amanuense si sbagliava? Correggere le
lettere già scritte risultava spesso impossibile, e gettare al
vento il lavoro di molte ore era improponibile. Allora il
copista imparò a cancellare, cioè copriva il segno sbagliato con
delle barrette simili a un reticolo di cancello, da cui è
derivato il simbolo #, detto ancora oggi cancelletto. Da notare
che cancello deriva dal latino cancellus, diminutivo di cancer
"granchio": le chele serrate dell'animale ricordano, in effetti,
una grata.
Questi pochi aneddoti sono sufficienti a capire quanto possa
essere affascinante la storia della scrittura, questo strumento
potente, preciso e flessibile per veicolare e trasmettere le
idee, ma è soprattutto grazie all'abnegazione e al sacrificio di
chi si dedicava all'oscuro ma prezioso lavoro di copiare i
manoscritti che le idee e la cultura si sono trasmesse fino a
noi.
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