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Studio per una semiotica
ecologica: il fiume
"...il fiume gioca con la
barca e sussurra gli
arcani racconti di un tempo, rivela i segreti,
canta a mezza voce l'antica filastrocca
che ha cantato per migliaia di anni..."
da Tre uomini in barca, 1889, di Jerome K.
Jerome
Il termine ecologia appare per la prima volta in un
saggio scientifico del biologo tedesco Ernst
Heinrich Haeckel (Potsdam 1834-Jena 1919), che creò
la parola nel 1869 per indicare lo "studio delle
relazioni degli organismi viventi con l'ambiente
circostante". Il primo elemento eco-, che non va
confuso con il noto fenomeno acustico di ripetizione
del suono (che deriva a sua volta dal verbo greco
echein "risuonare"), è l'evoluzione del greco oikos
"casa, ambiente" e ha dato origine a numerosi
composti, tra cui ecosistema, ecosfera e,
sorprendentemente, economia, che vale letteralmente
"amministrazione della casa", dal già citato oikos e
da nomos "norma, legge".
In realtà, il fatto che ecologia ed economia siano
etimologicamente parole "sorelle" non deve stupire
più di tanto, in quanto entrambe studiano reti di
relazioni vitali: la prima, quelle essenziali alla
vita degli organismi (accezione ampia di eco); la
seconda, quelle essenziali alla vita dell'uomo
socializzato (accezione ristretta di eco). Le due
scienze sono collegate perché anche la vita
dell'uomo moderno poggia su quella della biosfera.
Con l'avvento dell'era industriale e l'aumento
esponenziale della popolazione è cresciuta
proporzionalmente la necessità dell'uomo di adattare
la natura alle proprie esigenze. Le varie scoperte
che hanno dato il via alla civiltà industriale hanno
aumentato considerevolmente le nostre capacità di
convertire le risorse dell'ambiente in energia, dal
carbone al petrolio, fino all'atomo. Tale
adattamento, però, risponde alle leggi del profitto
e del consumo, e non ha tenuto in conto, anzi spesso
ha scavalcato, i delicati equilibri naturali. Il
mutamento ambientale che ne è derivato ha portato al
deterioramento delle condizioni di vita di alcune
specie e messo a rischio quella dello stesso uomo,
principalmente a causa dell'inquinamento, parola che
già dal suo etimo non promette niente di buono, in
quanto deriva dalla radice indoeuropea *kwei- che
vale "insozzare, insudiciare". Da notare che anche
la parola inglese per "inquinamento", pollution, ha
un valore simile, poiché deriva dal latino polluere
"macchiare".
Oggi la parola ecologia suona come campanello
d'allarme, l'espressione di fondati timori e
preoccupazioni di una civiltà che ha trasformato il
pianeta in foreste di cemento e metallo inquinate da
gas e veleni. La contaminazione dell'aria,
dell'acqua e del suolo sono fenomeni che interessano
ormai tutti i continenti, quelli industrializzati
quanto quelli in via di sviluppo: basta pensare al
famoso "buco dell'ozono", o al famigerato smog
(dall'unione delle parole inglesi smoke "fumo" e fog
"nebbia") nato a Londra, ma che oggi intasa
l'atmosfera di città lontane tra loro come Atene o
Città del Messico.
L'inquinamento chimico delle acque resta uno dei
problemi ambientali più critici: scarichi di
fabbriche, raffinerie e tubi di scarico, deflussi
superficiali di derivazione agricola, rigurgiti di
liquami dalle fognature. L'inquinamento delle acque
miete più di 10 milioni di vittime l'anno, secondo
la Fao. Ecco il perché di un articolo dedicato alla
riscoperta dell'importanza dei fiumi per l'umanità,
partendo da un punto di vista probabilmente
originale: quello linguistico, attraverso una
prospettiva storica.
Il fiume è stato, da sempre, elemento fondamentale e
caratterizzante per l'evoluzione della civiltà
umana. Confine geografico naturale, via di
comunicazione privilegiata e fonte di sostentamento,
lungo le rive di un fiume nascevano le grandi città
e si sviluppava la vita. Non per niente le più
grandi civiltà dell'antichità vivevano in simbiosi
con i fiumi che le bagnavano: è il caso dell'Egitto
con il Nilo, dell'India con il Gange o di Babilonia
con il Tigri e l'Eufrate (Mesopotamia viene dal
greco pótamos "fiume", e vale, come tutti sanno,
"tra i fiumi").
Fonti di ricchezza e di fertilità, figli di Oceano e
di Teti secondo Esiodo, ai fiumi venivano spesso
tributati onori divini, e nelle mitologie antiche
venivano rappresentati per lo più nelle vesti di un
vecchio barbuto, con il capo cinto di erbe palustri
(per esempio il Danubio nei rilievi della colonna
Traiana a Roma), e disteso a terra su un fianco (per
esempio la statua del dio Nilo nel centro storico di
Napoli). Loro attributo costante è la cornucopia,
simbolo dell'abbondanza.
Fiume deriva dal latino flumen, a sua volta esito di
*sreumen, da una radice indoeuropea *-sreu, che vuol
dire "scorrere", rintracciabile anche nel greco
antico rhéo, "io scorro", e nell'inglese moderno
stream, "flusso". Questa stessa radice ha dato anche
l'italiano reuma, con i suoi derivati reumatico e
reumatismo, nonché il suffisso in -rea per molte
malattie caratterizzate da secrezione di liquidi:
diarrea, gonorrea, etc.
Dalla radice *-sreu deriva sicuramente il nome del
fiume Reno, in Germania, e probabilmente quello
della stessa Roma, dal nome del fiume Rumon, forse
il Tevere, o comunque un suo affluente (con buona
pace del leggendario Romolo…).
Quello che è certo è che i fiumi non solo hanno dato
il nome a città o regioni intere (per esempio
Pianura Padana, da Padum, nome latino del Po; oppure
Salerno, dal nome del fiume Irno), ma numerose
parole del nostro vocabolario hanno avuto origine da
scene di vita che avevano il fiume o i suoi elementi
come centro. E' il caso, per esempio, dell'estremo
argine del fiume, la riva, dal latino ripa, che ci
ha regalato straripare (da extra e ripare, cioè
"fuoriuscire dalla riva"), riviera ed arrivare (da *adripare,
cioè "giungere a riva"). Ma da riva ci giunge anche
il rivale, cioè "colui che si trova dall'altra parte
del fiume" e che ovviamente ne utilizza l'acqua,
creando così motivi di contesa e di inimicizia.
Derivare, verbo molto amato dagli studiosi di
etimologia, nasce invece da rivus, "ruscello", e
richiama l'idea delle acque che scorrono, e
scorrendo si trasformano. Si può pensare anche
all'espressione andare alla deriva, cioè "scorrere
via", lontano dalla riva. Legata al fiume è anche
l'origine del verbo annegare, dal latino ad- e
necare, quest'ultimo da nex, "morte violenta":
annegare era una particolare forma di assassinio
consistente nel far morire togliendo il respiro con
l'immersione in acqua. Da unda "onda", invece,
abbiamo avuto composti come abbondare e abbondante
(in origine abundare era sinonimo di straripare),
oltre che, ovviamente, inondazione, inondare,
ridondare e sondare (quest'ultimo da un originario
subundare cioè "immergere"). Pare che l'origine di
unda risieda nella radice indoeuropea *-wed con il
significato di "acqua" (cfr. ingl. water, russo voda,
romeno vodul , etc.).
Il mezzo usato fin dall'antichità per navigare lungo
un fiume è la barca, voce di origine mediterranea
che forse viene dal greco baris "zattera", che ci ha
dato i termini barcollare, dal latino *barculare,
letteralmente "ondeggiare in una barca" e che oggi
vale "essere incerti sulle gambe", e barcamenarsi
che vale "destreggiarsi con abilità in situazioni
difficili". Esiste tuttavia anche il verbo
imbarcare, con il riflessivo imbarcarsi, che ha il
significato di salire sull'imbarcazione per partire,
ma anche quello figurato di "mettersi in una impresa
rischiosa".
Detto questo, non ci resta che sederci sulla riva
del fiume più vicino ad aspettare che passi il
cadavere del nemico, o che venga istallato qualche
depuratore.
Probabilmente un semplice articolo di linguistica
non può indirizzare le politiche ambientali delle
nazioni, né trovare rimedi efficaci ed immediati. Ma
scuotere le coscienze, questo, forse, può farlo.
Coloro che scaricano rifiuti e veleni nei fiumi
spesso dimenticano quanto i corsi d'acqua siano
preziosi per la vita. Noi abbiamo provato a
ricordarglielo: probabilmente continueranno ad
inquinare, ma, ci auguriamo, con l'animo un po' più
turbato.
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