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Cronaca di una tragedia
annunciata
Vito Scafidi, era un 17enne come tanti. Di famiglia
borghese, bravo a scuola, pieno di interessi e
circondato da amici. Vito era un ragazzo solare, che
amava la musica. Vito potrebbe essere vostro figlio,
vostro fratello, il vostro vicino di casa. Vito è
morto pochi giorni fa, mentre si trovava nella sua
classe, la IV G del Liceo scientifico 'Darwin' di
Rivoli in provincia di Torino. Il soffitto ha
ceduto, pare per motivi strutturali, ed ha travolto
in pieno il ragazzo, uccidendolo. Alcuni suoi
compagni hanno riportato gravi lesioni. Tra questi
Andrea Macrì, che sta lottando tra la vita e la
morte e rischia la paralisi. "Non è possibile che un
ragazzo perda la vita a scuola, è una tragedia
incomprensibile". Queste le parole del ministro
dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, che ha voluto
recarsi immediatamente sul luogo. Alcuni alunni
intervistati a poche ore dalla tragedia dicono che
da tempo si erano accorti di scricchiolii e rumori
provenienti dalla contro soffittatura. Parlano
addirittura di incuria da parte della scuola, a cui
avrebbero più volte comunicato il problema. Il
procuratore Raffaele Guariniello ha aperto subito
un'inchiesta per omicidio e disastro colposo.
"Stiamo raccogliendo tutti gli elementi necessari
per capire cosa è accaduto, abbiamo il dovere di
dare in tempi rapidi una spiegazione", ha
dichiarato. Una spiegazione la vogliamo anche noi.
Non è possibile rimanere inermi davanti a simili
tragedie. Drammi che ogni volta si potrebbero
evitare e che ci lasciano atterriti sono purtroppo
all'ordine del giorno. Come per altri fatti
registrati dalla cronaca degli ultimi anni, anche il
caso "Rivoli" ha un responsabile. Purtroppo poche
volte riusciamo a vederlo condannato, come
meriterebbe un colpevole. La giustizia ha dei tempi
lunghissimi, ma la memoria non segue gli stessi
binari, per fortuna (o sfortuna). E, rassegnati al
pensiero che "tanto non possiamo fare nulla", ci
affidiamo speranzosi nelle mani di una giustizia
malata, che non riesce a garantirci diritti
fondamentali. Come il diritto alla sicurezza.
Mettiamoci nei panni della famiglia del ragazzo, per
capire meglio cosa si prova di fronte un dolore
tanto straziante. Tuo figlio esce di casa la mattina
per recarsi a scuola, sorridente ti saluta chiudendo
dietro di sé la porta, e muore così, schiacciato dai
mattoni di un edificio pericolante. Vito non è morto
perché si faceva di eroina; non è morto cercando
l'ebbrezza della velocità in una corsa clandestina;
non è morto ammazzato dai farmaci. Vito voleva
vivere, aveva il sorriso di chi ama ed è amato.
Noi cittadini non ci sentiamo tutelati. Ma poche
volte troviamo il coraggio di prendere la parola e
urlare il nostro sdegno. Io lo voglio fare qua, col
mio articolo che è ben poca cosa in un oceano di
indifferenza, e dalle pagine di questo giornale
lancio un appello: urlate! "Non abbiate paura di
avere coraggio", diceva spesso Giovanni Paolo II. Il
coraggio di affermare le proprie idee può essere il
primo passo per una decisa affermazione di sé.
E l'Italia troppo spesso piange lacrime amare sul
latte versato, dimostrato ben poca identità e onore.
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