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Il Vedanta, letteralmente "dopo i
Veda" è la scuola di pensiero dell'Assoluto non
duale "Brahman" descritto nelle Upanishad, i testi
filosofici vedantici (posteriori ai Veda).
Sulla datazione dei Veda e del Vedanta le opinioni
degli studiosi, storici e religiosi, divergono
alquanto. La differenza di vedute è soprattutto fra
ricercatori occidentali e quelli indiani. Secondo
gli europei, proni al credo filo occidentale di una
culla di civiltà medio-orientale e mediterranea, i
Veda sono posti attorno al primo millennio a.C. e le
Upanishad al periodo appena antecedente la nascita
del Buddha storico (VI secolo a.C.). Ovviamente
secondo gli storici indiani le date si allontanano
moltissimo.
Recenti esami compiuti a mezzo satellite, confermano
l'esistenza del fiume Sarashwati parallelo dell'Indo
prosciugatosi attorno al V millennio a.C.
avvalorando quindi le descrizioni fatte nel
Mahabarata (un testo upanishadico) che vengono
perciò poste in antecedenza a quella data. Il
Mahabarata descrive anche l'affondamento nel mare
della città di Dwarka e vestigia di questa città
sono state effettivamente ritrovate sommerse vicino
alle coste dell'oceano indiano. Inoltre il
ritrovamento di Moenjo Daro e Harappa, nell'attuale
Pachistan, e la loro datazione fissata attorno al X
millennio a.C. fanno presumere che la civilizzazione
dell'Indo e del Saraswati sia la più antica sulla
faccia della terra. Simboli religiosi ed altari
riconducibili al sistema vedico sono stati ritrovati
negli scavi di quelle città, da questo se ne deduce
che i Veda, trasmessi oralmente, sono contemporanei
e precedenti a qualsiasi altra tradizione.
Ciò significa che non furono gli europei "ariani" a
invadere l'India bensì l'esatto contrario, cioè
furono gli "ariani" dell'Indo e del Saraswati ad
diffondere la loro civiltà prima in Persia e poi in
Europa, le cui lingue son dette di origine
indo-europea. Ciò è stato confermato anche
dall'analisi glottologica sull'origine degli idiomi
parlati sul pianeta, essendo il ramo indo -ovvero il
Prakrito ed il Sanscrito- fra i più antichi fra
quelli derivanti dal "nostratico" la prima lingua
universale, comune a tutti i Sapiens sapiens.
Però debbo interrompere questa spiegazione
psico-storica e riportare l'attenzione alla
descrizione psico-somatica delle "maschere" che
ricoprono il Sé (evocata nel titolo di questo
articolo).
Secondo il Vedanta sono cinque le "guaine" (in
sanscrito "kosha") che nascondono il Sé al sé (l'Io
assoluto all'io relativo). Esse sono "annamaya", "pranamaya",
"manomaya", "vijnanamaya" e "anadamaya".
Annamaya è la guaina composta dal cibo, il corpo
fisico. I suoi costituenti sono i cinque elementi
nello stato grossolano, in vari gradienti di
mistura. Dello stesso materiale sono fatte le cose
del mondo oggettivo sperimentato.
Pranamaya è la guaina dell'energia vitale (nella
Bibbia "soffio vitale") è quella che denota la
qualità vitale, la sua espressione è il respiro, in
sanscrito "prana" e le sue cinque funzioni o "modi":
"vyana" quello che va in tutte le direzioni, "udana"
quello che sale verso l'alto, "samana" quello che
equipara ciò che è mangiato e bevuto, "apana" quello
che scende verso il basso, "prana" quello che va in
avanti (collettivamente vengono definiti con il
termine "prana"). Alla guaina del "prana"
appartengono anche i cinque organi di azione,
ovvero: la parola, la presa, il procedere,
l'escrezione e la riproduzione.
Manomaya è la guaina della coscienza, o mente
individuale, le sue funzioni sono chiedere e
dubitare. I suoi canali sono i cinque organi di
conoscenza: udito, vista, tatto, gusto ed olfatto.
Vijnanamaya è la guaina dell'auto-coscienza, o
intelletto, cioè l'agente ed il fruitore del
risultato delle azioni. Questa maschera, od
involucro, è considerata l'anima empirica che migra
da un corpo fisico ad un altro (nella teoria della
metempsicosi).
Anadamaya è la guaina della gioia, non la
beatitudine originaria che è del Brahman, essa è la
pseudo beatitudine (sperimentata nel sonno profondo)
del cosiddetto "corpo causale", la causa prima della
trasmigrazione, Un altro suo nome è "avidya" ovvero
nescienza od ignoranza del Sé.
Secondo lo studioso T.M.P. Mahadevam è possibile
riordinare queste cinque maschere in tre "corpi":
"annamaya", il corpo fisico grossolano; "suksma-sarira"
il corpo sottile, l'insieme delle tre guaine di
prana mente ed intelletto ("pranamaya, "manomaya" e
vijnanamaya");
"karana-sarira", il corpo causale della guaina "anandamaya".
E' per mezzo di questi tre corpi che noi
sperimentiamo il mondo cosiddetto "esterno" nei tre
stati di veglia, sonno e sonno profondo.
L'esperienza empirica si manifesta attraverso le
cinque guaine, proiettate o riflesse nel concetto di
"spazio" e "tempo", senza di esse la coscienza
relativa di un "mondo" non potrebbe sussistere. Come
diceva il grande saggio e maestro dell'advaita-vedanta,
Ramana Maharshi: "L'individuo è formato da cinque
guaine, perciò tutte e cinque sono implicate nel
termine "corpo". Vi è un mondo separato dal "corpo"?
Dì ci sono persone che senza "corpo" hanno
l'esperienza del mondo?"
Paolo D'Arpini - www.circolovegetarianocalcata.it
"Com'è che l'esistenza umana si è procurata un
orologio prima che esistessero orologi da tasca o
solari?...Sono io stesso l'"ora" e il mio esserci il
tempo? Oppure, in fondo, è il tempo stesso che si
procura in noi l'orologio? Agostino ha spinto il
problema fino a domandarsi se l'animo stesso sia il
tempo. E, qui, ha smesso di domandare." (M.Heidegger
- Il concetto di Tempo).
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