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Editoriale
Progetto Emmaus
Il romanzo thriller di Marco Bazzato, autore
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Il Campo del Vasaio (Mt. 27,7), è
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di
Marco Bazzato
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L'arte delle muse
Musica significa Arte delle Muse, qualcosa che
quindi appartiene al divino. In origine le Muse
erano tre ninfe delle sorgenti dai poteri profetici:
Melete (La Mente), Mneme (La Memoria) e Aede (Il
Canto). I Romani le identificarono con le dèe
italiche chiamate Camene (Le Cantanti), che
analogamente proteggevano le fonti, il canto e la
divinazione. Più tardi divennero le nove dèe greche
figlie di Mnemosine (La Memoria) che presiedevano
alle arti più elevate, ovvero quelle che permettono
di comporre opere non con le mani, ma con
l'intelletto: la Scrittura, la Poesia, il Teatro e
naturalmente la Musica. Per i Greci tali discipline
non erano nettamente separate e si può dire che ogni
Musa le incarnasse tutte: Clio (La Gloria)
presiedeva alla Storia, Calliope (La Bella Parola)
all'Elegia e all'Epica, Tersicore (Che Gode delle
Danze) alla Lirica Corale e alla Danza, Melpomene
(La Cantante) alla Tragedia, Erato (L'Amorosa) alla
Poesia d'Amore, Euterpe (La Rallegrante) al Canto
Lirico, Talìa (La Fiorente) alla Commedia, Polimnia
(Dai Molti Inni) al Canto Sacro e Urania (La
Celeste) all'Astronomia. Ognuna, più che un'arte
come noi la intendiamo, incarnava una poetica, un
genere, un sentimento, che riecheggiava nello
strumento che usava o si diceva avesse creato.
A Tersicore era attribuita l'invenzione dell'arpa,
le cui molte corde vibravano all'unisono come le
voci dei cori o i corpi dei danzatori che
proteggeva. Erato era vista come l'inventrice della
lira e del liuto, strumenti usati dagli amanti come
le poesie d'amore che lei ispirava. Euterpe
proteggeva i cantori e i suonatori di flauto, che
usavano entrambi il respiro per creare le melodie a
lei sacre. L'Epica era legata alla musica, in quanto
i poemi come l'Iliade e l'Odissea erano stati
cantati dagli aedi e accompagnati da musiche, prima
di essere solo recitati. Anche commedie e tragedie
potevano contenere musica e canti e la Storia poteva
fornire temi a opere poetiche, musicali e teatrali.
Ciò che forse si comprende meno è cosa c'entrasse
l'Astronomia, che per noi oggi è una scienza, con
l'Arte e la Musica.
Il fatto è che nell'antichità la Musica non era solo
qualcosa di terreno ma anche di celeste, come un
ponte che attraverso la risonanza delle note può
unire il mondo fisico con quello spirituale fuori e
dentro di noi. La musica delle sfere non era un
semplice modo di dire. Delle precise e volute
corrispondenze venivano stabilite tra le sette note
e i sette pianeti, in un'epoca in cui tutto ciò che
era al di sopra di noi era visto come appartenente
al mondo degli dèi. Secondo gli insegnamenti di
Pitagora, ciò che univa la Musica al moto degli
astri era la Matematica, le cui leggi regolano
tutto. Secondo Platone, erano direttamente i
movimenti dei pianeti a generare la Musica. L'idea
che ci sia una simile affinità tra la Musica e il
Cosmo, e che addirittura l'Universo stesso sia stato
generato dalla Musica, da un suono primordiale, da
una serie di canti, da un Verbo divino, o comunque
da una qualche forma di vibrazione, è in effetti
comune ai miti di moltissimi popoli.
Nella teologia egizia di Menfi, il dio Ptah generò
tutte le cose per mezzo della lingua, cioè la parola
(o il canto), mentre a Ermopoli si sosteneva fosse
stato il dio Amon in forma di oca, a mettere in moto
l'Universo gridando (o cantando). In un altro mito
egizio, Thot, dio della scrittura, della magia e
della musica, creò diversi esseri e fenomeni con
vari suoni e generò il dio supremo emettendo tre
note musicali.
Per le religioni dell'India, il mondo è generato e
permeato dall'energia del Brahman (che si può
tradurre pensiero vibrante, parola sacra, o inno) e
il suono all'origine di tutto è la sillaba OM, o AUM,
incarnata da divinità come Ganesh e Shiva, che danno
forma al mondo e lo mantengono in moto danzando.
Sono considerate composte da suoni e inni anche
entità metafisiche come l'Atman (il pensiero o anima
individuale) o come Prajapati (il dio creatore).
Quest'ultimo, a seconda delle versioni, fu generato
dal canto di sette poeti mitici, o da un concerto di
diciassette tamburi, e a sua volta generò poi il
mondo cantando, o pronunciando sette sillabe
creatrici, che, come i sette poeti, ricordano le
sette note.
Per gli aborigeni australiani, furono gli Antenati
divini a creare tutte le cose coi loro canti, prima
di ritornare dentro la Terra da cui erano sorti. Per
vari popoli della Polinesia, il dio creatore generò
il mondo con parole e canti che evocarono la luce.
Per i nativi americani della California, la Terra fu
generata dai canti emessi da una penna, o una piuma,
che volava sulle acque. Per gli Cheyenne, il suono
che generò il mondo si identificava con la voce del
Tuono, mentre per gli Arapaho il dio creatore evocò
la Terra suonando il flauto.
Anche al di fuori dei miti di creazione, alla musica
sono attribuiti spesso poteri simili. In molte
leggende celtiche, si combattono duelli magici per
mezzo di canti poetici e lo stesso accade in quelle
finniche sul mago cantore Väinähmöinen, o in quelle
maori della Nuova Zelanda, in cui i canti sacri
danno grandi poteri ma comportano grossi rischi al
minimo errore. Ma la natura magica del canto, da cui
non a caso derivano i termini incanto e incantesimo,
ricorre anche in altre mitologie. In quella indiana,
gli dèi si nutrono dei canti dedicati loro dai
mortali e li ricambiano con l'immortalità o altri
doni. Nelle leggende cinesi abbondano invece gli
strumenti musicali magici, dato che anche in Oriente
la Musica è considerata l'essenza del Cielo e della
Terra e, dopo esser stata creata da eroi o esseri
mitici, è spesso offerta come sacrificio sonoro agli
dèi.
Ci sono molte tradizioni su maghi o sciamani che
usano canti, strumenti e danze per ricreare la
musica della creazione e influire sulla realtà,
evocando il sole o la pioggia, la primavera o la
salute, a seconda delle necessità. I suoni emessi da
sciamani o sacerdoti si ispirano spesso a quelli
degli animali e della natura, per entrare in
risonanza con essa e col mondo degli spiriti da cui
la si ritiene abitata. Concetti analoghi sono alla
base dei tanti riti religiosi collettivi in cui
musiche, danze e canti sono ritenuti fondamentali
per connettersi con una dimensione che trascenda
l'io individuale. Ciò accomuna i riti induisti che
si affidano soprattutto al canto, le danze
vorticanti dei Sufi, le elaborate coreografie degli
indios messicani, la Danza del Sole del
Nord-America, o i rituali di popoli africani come
gli Yoruba, evolutisi poi nel Vudù di Haiti, nel
Candomblé brasiliano e nella Santerìa di Cuba, da
cui derivano danze ritmate come la rumba e la samba.
In Oriente, da riti mongolici, buddisti e
scintoisti, come le danze sacre giapponesi dette
kagura (musica degli dèi), sono invece derivate
particolari sintesi di musica, recitazione, danza e
canto, come l'Opera Lirica in Cina e il Teatro
Kabuki e il Teatro Nô in Giappone. Kabuki significa
arte della danza e della poesia mentre nô significa
arte, abilità, come il cinese kung, che in origine
voleva dire musica e oggi indica ogni attività che,
come la musica, aspiri alla perfezione di modelli
divini. Non a caso è anche il nome del leggendario
filosofo Kung-fu-tzu (il maestro Kung), o Confucio,
che tra l'altro si dedicò infatti anche allo studio
della musica.
Tutto fa pensare che dall'uso magico ed esclusivo
della musica da parte di sciamani e sacerdoti, si
sia poi passati a un suo uso puramente estetico da
parte di semplici artisti, a cui però i profani
devono aver continuato a lungo ad attribuite facoltà
misteriose, per l'evidente potere "di incantamento"
che la musica esercita sui sensi, con effetti
rilassanti o eccitanti, suscitando in chi la ascolta
la voglia di cantare e ballare. Così dovettero
naturalmente nascere leggende come quelle cinesi sui
musicisti che fanno danzare gli animali, equivalenti
a quelle su Orfeo che placa le bestie e gli dèi
inferi col canto, o alla fiaba del pifferaio che
attira i topi con la sua musica. Il chiaro
significato dell'allegoria è che l'intelletto può
controllare e guidare gli istinti e le passioni, ma
anche che le giuste vibrazioni sono in grado di
curare l'anima e liberarla da ciò che l'affligge.
I miti simbolici hanno poi trovato conferma in
risultati concreti, visto che oggi la musico-terapia
è una pratica ampiamente accettata nel trattamento
di disagi psichici di varia natura. È probabile
quindi che anche certi "esorcismi musicali" degli
sciamani, in realtà consistessero proprio in questo.
Del resto già Aristotele aveva osservato gli effetti
rilassanti di certe melodie su persone disturbate,
mentre pare che Pitagora sia stato tra i primi ad
usare coi malati di mente quella che lui chiamava
"medicina musicale". Ma i Greci attribuivano simili
cure anche al dio-medico Esculapio, nei cui templi
c'erano dei cantori che assistevano i pazienti.
Del resto il padre di Esculapio era ritenuto Apollo,
il dio solare patrono delle Muse, che era allo
stesso tempo dio della Musica e della Medicina.
Secondo alcuni, Apollo stesso era anche l'inventore
della kythara, la grossa lira con sette corde che
suonava, secondo altri l'ebbe da Ermes, l'originario
dio della magia e delle arti, ambiti in seguito
attribuiti ad Apollo. In ogni caso, le sette corde
della sua lira, forse equivalenti alle sette note,
avevano un significato mistico, in quanto simbolo
dell'armonia razionale, ed è probabile che fossero
quindi suonate anche a scopo terapeutico.
Corrispondevano alle sette vocali del tardo alfabeto
greco, appositamente modificato dai sacerdoti di
Apollo. Anche in Egitto i sacerdoti intonavano inni
agli dèi pronunciando "sette vocali" in successione,
che avevano un "piacevole effetto musicale" sugli
ascoltatori.
Alla lira di Apollo era invece contrapposto l'aulos,
il flauto a due canne, simbolo della melodia
passionale. Benché la sua invenzione fosse
attribuita ad Atena, dea dell'intelletto, il flauto
era collegato al culto di Dioniso, dio dell'ebbrezza
e della natura selvaggia. A causa del forte impatto
della sua musica sulle emozioni, i Greci ritenevano
che il flauto producesse la catarsi, ovvero che
svolgesse un'azione purificatrice destando e facendo
sfogare le passioni. Analogamente gli Arabi usarono
la musica del flauto per la cura dei disturbi
mentali e qualcosa di simile accadeva anche
nell'Europa medievale, in cui il disturbo nervoso
chiamato tarantolismo era curato per mezzo di
musiche e danze frenetiche.
Invece la musica della lira, o di altri strumenti
simili, secondo Aristotele contribuiva allo sviluppo
della mente, forse anche perché poteva accompagnare
i canti. In Occidente furono appunto i versi dei
canti lirici, una volta che furono semplicemente
recitati, a dare origine a quella che chiamiamo
Poesia, un'arte basata sulla composizione di frasi
secondo un senso e un ritmo musicale, pur in assenza
di musica. Secondo gli antichi Greci, oltre a dar
voce ai cantori e agli indovini, Apollo e le Muse
possedevano e ispiravano allo stesso modo anche i
poeti, che venivano adornati con corone di foglie
d'alloro, o lauro (da cui il termine laurearsi).
Questa pianta era sacra ad Apollo in quanto nata al
posto di una ninfa da lui vanamente desiderata,
Dafne, che significa appunto lauro, ma che essendo
femminile sarebbe più giusto tradurre Laura, come
l'ispiratrice del Petrarca. Il mito non dice se il
dio avesse poi composto canti su di lei, ma la
storia di Apollo e Dafne sembra suggerire come
l'ispirazione poetica nasca spesso da un desiderio
inappagato, da un'unione apparentemente impossibile
e solo sognata, come quella tra il reale e il
divino, tra la Natura e la Musica.
Andrea Cantucci
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Un ringraziamento agli autori che ancora una volta
hanno inviato il loro prezioso contributo a questo
numero. Li invito di nuovo, insieme agli altri
autori che ancora non hanno trovato spazio sulle
pagine elettroniche di SDP, ad inviare le loro opere
entro il
31 agosto 2014. Il prossimo tema:
La follia.
Massimo Acciai
Direttore di Segreti di Pulcinella
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