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L'assurdo è l'anatomia del
pensiero
Apostolos Apostolou
Se la dialettica è l'ultimo
passo della ragione, la via dell'assurdo è la sola
praticabile del vero.
Se il razionale è il "pane" della nostra vita,
l'assurdo è il "companatico" e senza di esso la vita
perderebbe quel sapore che la rende degna di essere
vissuta dice Giuliano Toraldo. Zenone tentava di
affermare - attraverso la dialettica e l'assurdo -
le teorie di immutabilità dell' Essere. In accordo
con la letteratura Greca antica, il termine
"dialettica" indica "la maggiore conoscenza
scientifica" [1], la quale procede dall' arte del
"domandare, e del darsi delle risposte"[2], in
quanto vi è "dialogo" [3] tra le creature viventi.
Insomma, la dialettica si fonda sul "linguaggio
sempre esistente"[4], il quale rappresenta un
concetto complesso, che include il "discorso"[5] e
la "narrazione"[6], l'"argomentazione logica"[7] e
1' "intelletto"[8]. Per estensione, attraverso la
dialettica, le creature razionali s'interrogano
circa 1'"essere" e il "non essere"[9], ricercando la
"sostanza"[10] e la "vera natura"[11] tanto delle
cose quanto delle creature. Cosi gli uomini si
soccorrono scambievolmente, onde scoprire e
diffondere la "verità"[12]. Da una parte il
"linguaggio inarticolato" costituisce una
caratteristica fisiologica "di tutti gli animali",
di modo che essi possano "comunicare l'afflizione e
il piacere" che sentono. Dall' altra, il "linguaggio
articolato" è coltivato dalla società ovvero dalla
"polis" e dalla civiltà, dalle creature animate che
si distinguono come "gli animali più civili che si
esprimono su ciò che è vantaggioso o nocivo, su ciò
che è giusto o ingiusto"[13] . Dialetticamente, di
conseguenza, sulla base della pedagogia "entrano in
sintonia i sentimenti impulsivi" dei membri della
società[14] e attraverso 1' "insegnamento"[15]
sopravviene la "purificazione tramite compassione e
timore di questi patimenti"[16].
Durante il periodo arcaico della civiltà Greco
antica, Eraclito (554-480 a.C.) produsse 1' idea che
"tutto mutta"[17]. Durante 1' età classica,
Aristotele (384- 322 a.C), ha definito la natura
come "il principio del movimento e del mutamento".
Nella fattispecie, i mutamenti susseguenti derivano
dalle passioni, ma diventano avvertibili sotto forma
di patimenti. In genere, si manifestano o come
"genesi", o come "corruzioni e alterazioni"[18], le
quali sono provocate per effetto di "opposizioni",
dal momento che "ciò di cui non esiste l'opposto,
non può essere distrutto"[19]. Assai di più, da
parte del cambiamento, viene prodotto "rifiuto", il
quale costituisce un "residuo della situazione
antecedente"[20], nonostante continui a sussistere
all' interno della sintesi della realtà
sviluppatasi, in ogni caso come non in atto ma in
potenza o come biologicamente infettivo, o come un
elemento ideologicamente profanatore. Per tale
ragione, simbolicamente o in modo autoritario, la
comunità organizzata tende ad estrudere o ad
ostracizzare dallo spazio della collettività, tanto
dell' azione poetica quanto dell' azione civile,
tutti i membri non omologabili e quelli che si
pongono contro il regime, caratterizzandoli come
"cacciati" o come "capri espiatori", come
"velenosi" o "carogne" e "miserabili"
(rifiuti)[21]. Di conseguenza, la dialettica
necessaria si espande alla realtà,
"estemporaneamente"[22] e in maniera
incontrollabile, in base delle antinomie che
regolano la "tragedia vera", la quale si fonda sulla
polis e si incentra sulle contraddizioni che si
sviluppano tra il logo e 1' antilogo egocentrico
[23]. Inversamente, la buona dialettica richiede di
sopprimere il "comportamento ingiurioso o
tirannico" [24], il quale viene alla ribalta
corrispettivamente alle "sei parti della tragedia
poetica", il mito e la morale, la parola e lo
spirito, la prospettiva e la melo-pea[25]. A questo
modo, tramite le opposizioni imitative i "reggitori
civili"[26] e gli "esarchi cerimoniali"[27], cercano
di trovare il modo di attenuare le opposizioni
autentiche, portando i membri di ogni consesso
sociale, dal concetto soggettivo alla saggezza
oggettiva, e dalla disarmonia iniziale all' accordo
finale.
Circa ventitré secoli dopo i Greci classici, la
dialettica si è imposta come una delle principali
correnti filosofiche in Europa. Il suo fondatore è
stato il G.W.F. Hegel (1770 -1841), il quale ha
sostenuto che il processo ininterrotto della
formazione del mondo storico è iniziato allorché
"l'essere puro ma inconsapevole" si è unito con il
"non-essere", conducendo verso il "divenire".
L'"unione degli opposti" ha prodotto il "movimento
dialettico dell'idea"[28] e ha creato la
"determinazione ideologica originaria". In generale,
il movimento dialettico dell'idea si sviluppa tra
la "tesi" determinata, alla quale si oppone una
determinata "antitesi", da cui scaturisce la
formazione di una "sintesi". Di conseguenza, le
determinazioni ideologiche rendono la coscienza,
alla stregua di un ricettacolo di "conoscenze
acquisite"[29]. Le convinzioni idealiste di Hegel
sono state "ribaltate" dai filosofi
materialisti[30], i quali hanno respinto lo
"sviluppo metafìsico "dell'essere" verso lo "spirito
assoluto""[31]. In particolare, F. Engels (1820 -
1895) accoglie la dialettica esclusivamente come "la
conflittualità naturale tra la tesi e V
antitesi"[32]. Indissolubile viene considerato il
rapporto tra la dialettica e le due manifestazioni
della tragedia. D'altronde, come sostiene Aristotele
" il complesso"[33] della poetica è il corrispettivo
della "creazione e dell' azione"[34]. Di
conseguenza, la causa generatrice sia del movimento
civile, sia della creazione scenica, dipende dalla
dialettica, la quale orienta qualsiasi movimento e
provoca ciascun mutamento. Inizialmente, la tragedia
civile si sviluppa in seno ad una società
organizzata, tramite 1'agire reale, in virtù del
quale si manifestano le "contrapposizioni
dialettiche reali" dei membri della società.
Inoltre, le azioni sono valutate sulla base di
determinazioni ideologiche date e si caratterizzano
sia come "importanti e condotte a termine"[35], sia
come "grottesche e sfortunate"[36]. Ovviamente, le
prime vengono utilizzate come paradigmi della
"tragedia" e le seconde come paradigmi della
"commedia", nei confronti di ciascuna delle quali si
esercita la "mimica", che costituisce "una tendenza
congenita in tutti gli uomini sin doli ' infanzia",
ed è atta ad offrire "conoscenza" ai membri del
pubblico della rappresentazione drammatica[37].
Il filosofo Zenone è celebre per aver elaborato una
logica, che portata alle sue estreme conseguenze
razionali prefigurava una dimensione reale
dell'impossibile. Uno dei suoi "paradossi" meno noti
è quello del "mucchietto": prendete una certa
quantità di miglio e con la metà di essa fate un
mucchietto, poi prendete metà del rimanente e
aggiungetelo al mucchietto, poi metà del rimanente e
così via. Zenone pone il problema fra logica e
assurdo. Il termine assurdo (dal latino absurdus,
composto dalla particella ab (da), che indica
allontanamento, e una supposta forma volgare sardus,
da cui deriva l'antico verbo sardare (parlare
saviamente) vuole significare tutto ciò che è
contrario alla logica, contraddittorio o che genera
un senso di ridicolo. Nella letteratura l'assurdo è
stato usato con contrastanti significati: Sartre e
Camus ad esempio, nei loro romanzi e opere teatrali
hanno trattato dell'assurdo implicito nell'esistenza
dell'uomo in forme letterarie classiche, non diverse
da quelle utilizzate da altri autori: la loro, e fra
questi anche James Joyce e Franz Kafka, è una
trattazione logica dall'esterno dell'assurdo. Il
teatro dell'assurdo si caratterizza per dialoghi
senza senso. Il dialogo sono ridotti al minimo, le
vicende sono apparentemente senza senso: in questo
modo si scardina ogni convenzione e regola teatrale,
si capovolge ogni criterio di verosimiglianza e di
realtà. Nel maggio del 1950 era andata in scena La
cantatrice chauve ( La Cantatrice calva ),
anticommedia in atto unico su una famiglia inglese
di nome Smith da dove aveva preso avvio il suo
teatro detto dell'assurdo, come assurde erano le
opere di Beckett, Genet e Adamov grazie alle quali
la crisi dell'uomo contemporaneo si manifestava
attraverso la mancanza di logica, e la logica (vedi
le parole?) difficoltà/impossibilità di
comunicazione. (Secondo Marco Iacona).
Caratteristica assai singolare di questo teatro era
l'utilizzo di un dialogo fitto e insistente, creato
su situazioni o proposizioni senza senso (sul
giornale: " c'è una cosa che non capisco. Perché
nella rubrica dello stato civile è sempre indicata
l'età dei morti e mai quella dei nati? È un
controsenso "), reali e irreali insieme,
confusionarie, incoerenti e slegate dal contesto nel
quale si verificavano. "Il teatro dell'assurdo
attacca le consolatorie certezze dell'ortodossia
religiosa e politica. Il suo scopo è quello di
scioccare il pubblico, costringendolo a guardare in
faccia la durezza della condizione umana…E' una
sfida accettare la condizione umana così com'è, in
tutto il suo mistero e in tutta la sua assurdità,
sopportarla con dignità, nobiltà e responsabilità:
perché non c'è nessuna soluzione facile ai misteri
dell'esistenza…Alla fine ogni uomo si trova solo in
un mondo senza significato…Rispetto a tutto ciò, il
teatro dell'assurdo non provoca lacrime di
disperazione ma una risata liberatoria" secondo il
critico Martin Esslin, che pubblicò nel 1961 il
celebre saggio "The Theatre of the Absurd" e pochi
anni dopo "The Absurd Drama" (1965). Per esempio il
Rhinocéros di Ionesco è il fantasma del
totalitarismo politico ed ideologico che si è
trasformato progressivamente in mito, storia,
racconto, e infine opera teatrale. Il delirio della
rinocerontite parla con un certo linguaggio,
testimonia dello smarrimento dell'uomo dove tutto è
menzogna. Ma si pretende di vivere nella verità
assoluta e incontrovertibile dei fatti. Ionesco
riporta con queste parole l'episodio che segnerà
indelebilmente la nuova vita. Possiamo vedere il
monologo finale di Rinoceronte di Ionesco e possiamo
capire che un momento di irragionevolezza o assurdo
può essere il nostro momento più alto. Siccome
l'assurdo è essenzialmente un divorzio, che non
consiste nell'uno o nell'altro degli elementi
comparati, ma nasce dal loro confronto come dirà
Albert Camus.
Il monologo finale di Rinoceronte di Ionesco.
BERENGER
In fondo un uomo non è poi tanto brutto! Credimi,
Daisy! Daisy! Daisy! Dove sei, Daisy? Non farai
anche tu questa pazzia! Daisy! Daisy! Daisy! Torna
indietro, Daisy! Non hai neanche mangiato... Daisy,
non lasciarmi! Daisy! Daisy! Torna indietro! Non
lasciarmi! Me lo avevi promesso! Daisy! Daisy! Se
n'è andata così, senza una parola... Non è il modo
di fare! E adesso sono proprio solo. Solo! Ma io non
mi arrendo! Avete capito? lo non mi arrendo! Non vi
seguirò mai, non vi capisco! Resterò quello che
sono... Sono un essere umano. Un essere umano! Non
voglio sentirli... Non voglio sentirli! E se, come
diceva Daisy, fossero proprio loro ad aver ragione?
Eppure un uomo non è brutto, un uomo non è brutto!
Che strano essere, però! Chissà mai a che cosa
assomiglio.. E no. ..io non sono bello. ..non sono
bello... non sono per niente bello! Sono loro che
sono belli! Avevo torto! Ah, vorrei essere come
loro! Non ho niente in testa, neanche un corno!
Com'è brutta la mia fronte così piatta, così
liscia... ci vorrebbero un corno o due, così anche i
miei tratti risalterebbero meglio... Chissà, forse
spunteranno, e allora non mi sentirò più così
umiliato, potrò andare a raggiungerli. ..Ma no ..le
corna non spuntano... le corna non spuntano! Ecco le
mie mani sono sudate... Ah, che schifo! Chissà se
diventeranno grosse, rugose. ..La mia pelle è
flaccida. Ah questo corpo bianco, schifoso! Come
vorrei avere una pelle ruvida e quel magnifico
colore verde scuro... Il loro canto è attraente,
forse un po' rauco, ma certo attraente! Se potessi
anch 'io cantare così! Proviamo! A ah! a ah! Brr!
Bee! No, non è così! Proviamo più forte! A ah! A ah!
Brr! Brr! No, non è così! Troppo debole, manca di
forza, manca di vigore! Aaht A ah! Brr! Non riesco a
barrire! Urlo soltanto! Come mi sento in colpa!
Avrei dovuto seguirli quand'ero ancora in tempo!
Troppo tardi! È finita, sono un mostro! lo sono un
mostro! Non diventerò mai un rinoceronte, mai, mai,
mai! E non posso più sopportarmi, mi faccio schifo,
ho vergogna di me stesso! Oh Dio, come sono brutto!
Non posso cambiare! Vorrei tanto, ma non posso, no,
non posso! E allora tanto peggio! Mi difenderò
contro tutti! Contro tutti quanti mi difenderò,
contro tutti quanti! Sono l'ultimo uomo, e lo
resterò fino alla fine! lo non mi arrendo ! Non mi
arrendo! Non mi arrendo!
Note
1 Plato, The Republic 534B.
2 Idem, Cratylus 390C.
3 Idem, Protagoras 335D.
4 Heracleitus, fr. 1.
5 Plato, Apology 26B.
6 Aristotle, The Art ofRhetoric 1393b.
7 Plato, Gorgias 508B-C.
8 Idem, Euthydemw 275B.
9 Idem, Theaetetus 185C.
10 Aristotle, Metaphysics 1017b.
11 Plato, Phaedo 65D.
12 Idem, Merton 75D.
13 Aristotle, Politics 1253a.
14 Plato, Laws 659C-D.
15 Brockett, G.O., History ofthe Theatre, ed. Allyn
and Bacon ink., Boston 1982, ch. II.
16 Aristotle, Poetics 1449b.
17 Idem, Metaphysics 987a.
18 Idem, Physics 200b.
19 Idem, Parva Naturalia 465b.
20 IBID.
21 Nilsson, M.P., A History of Greek Religion, ed.
Oxford University Press, New York 1949, eh. III.
22 Aristotle, Poetics 1449a.
23 Plato, laws 687B.
24 See Sophocles, Oedipus Tyrannus, v. 873.
25 Aristotle, Poetics 1450a.
26 IBEM,Athenian Constitution LVI.
27 Idem, Poefics 1449a.
28 Hegel, G.W.F., Science of Logic (Engl. Trans. A.
V. Miller), ed. Alien and Union Press, London, 1977,
§§ 84-89.
29 Freud, S., Totem and Taboo (Eng. Trans. J.
Strachey), ed. Routledge & Kegan Paul, New York
1950, § 4.
30Marx, K., Engels, Fr., The German Ideology, ed.
International Publishers, New York, eh. I.
31 Hegel, G.W.F., The Phenomenology ofMind (Engl.
Trans. J.B. Baillie), ed. Harper & Row's Torchbooks,
New York 1967, eh. A.
32 Engels, Fr., Dialectics of Nature, in Marx and
Engels, Selected Works, ed. Lawrence & Wishart,
London 1950, voi. I, pp. 413-414.
33 Aristotle, Metaphysics 1023b.
34 IDEM,Nicomachean Ethics 1140a.
35 IDEM,.Poetfcsl449b.
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