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Editoriale

Storie d'altri mondi
di Massimo Acciai

Storie d'altri mondi
 




In letteratura i mondi alieni sono stati esplorati da sempre da narratori di ogni paese. In ogni mitologia di ogni popolo ci sono immaginari luoghi misteriosi, paradisi elevati, inferni sotterranei, isole incantate piene di meraviglie o strane terre con insidie mortali. Che siano vasti o circoscritti, posti oltre barriere invalicabili, al di sopra delle nuvole o nascosti nelle profondità, sono sempre luoghi separati dalla vita abituale e concreta degli uomini e quindi si possono benissimo considerare a tutti gli effetti dei mondi alieni, forse in gran parte solo luoghi d'evasione ma anche scenari metaforici che possono prestarsi a interpretazioni simboliche d'ogni tipo. Ma limitiamoci ai mondi intesi come altri pianeti, o l'argomento rischierebbe di risultare vastissimo…


Antichi precursori del viaggio lunare (dal II al XVIII secolo)

La prima storia conosciuta ambientata su un altro corpo celeste si può datare al II secolo d. C., quando l'oratore greco Luciano di Samosata scrisse il breve romanzo "Alethón Dieghematón" (Una Storia Vera) in cui una nave, oltre a visitare varie isole meravigliose, è portata sulla Luna dal vortice di una tempesta e vi trova il popolo di soli maschi dei Seleniti (o Lunari), che cavalcando grandi avvoltoi combatte gli abitanti del Sole per il dominio del pianeta Lucifero, cioè Venere. Non è il solo testo di Luciano che anticipi i viaggi spaziali. Il suo '"Ikaromenippos Ipernéfelos" (Menippo come Icaro Superatore di Nuvole) narra come il filosofo Menippo si munisce di ali per volare sulla Luna e verificare la rotondità della Terra, spingendosi poi oltre il Sole.
Per quindici secoli non si scrissero altri racconti di viaggi su corpi celesti, poiché la concezione del Cosmo era regredita dalle avanzate idee astronomiche greche alle superstizioni monoteiste che riducevano l'Universo a uno spazio chiuso sospeso tra Paradiso e Inferno, coi pianeti visti solo come dei grandi lumi in movimento su una volta celeste di dimensioni limitate, una metafora di come le idee possano essere rinchiuse in piccoli spazi dalle superstizioni costruite e imposte dalle dittature religiose. È quello spazio immaginario e non quello reale, che percorre Maometto in una leggenda islamica e Dante nel suo poema, viaggiando verso i rispettivi paradisi senza incontrare né pianeti abitabili né popoli alieni, ma solo schiere di angeli e beati osannanti, felici di starsene rinchiusi in cieli concentrici che in fondo non sono che i bracci di una celestiale prigione.
Finalmente, dopo le osservazioni astronomiche di Niccolò Copernico, Johannes Kepler, William Gilbert e Galileo Galilei, che misero in dubbio l'immobilità della Terra descrivendone il moto su sé stessa e attorno al Sole, la concezione del Cosmo iniziò a mutare, nonostante le dure opposizioni (e persecuzioni) da parte della dittatura ecclesiastica. Già tra il XV e il XVII secolo molti filosofi e letterati come Nikolaus di Cues, Thomas Digges, Giordano Bruno, Pierre Borel, Cyrano de Bergerac e Bernard de Fontenelle, teorizzarono un Universo composto da infiniti sistemi stellari, ognuno con pianeti che possono essere abitati come la Terra.
Anche Ludovico Ariosto nel suo "Orlando Furioso" narra come il paladino Astolfo voli sulla Luna trovandola "uguale, o minor poco di ciò ch'in questo globo…". È vero che prima di recarvisi deve avere il permesso delle autorità celesti ed esservi guidato da un santo a bordo del carro di Elia, ma Ariosto è un autore satirico come Luciano, quindi mettendo in scena santi e miracoli prende bonariamente in giro le superstizioni cristiane…
E benché Shakespeare o Swift ambientassero le loro fantasie su lontane isole, gli abitanti di zone remote come quelli de "La Tempesta" o de "I Viaggi di Gulliver" hanno già molto di alieno. Il fatto è che col tempo le Terre Incognite via via si ridussero sul nostro pianeta e la nuova visione del Cosmo permise di estenderle a comprendere anche gli altri pianeti, finché una volta rimasto ben poco di ignoto sulla Terra, i miti su mostri e strani popoli di cui la nostra psiche pare aver bisogno sarebbero sopravvissuti ambientandoli tra le stelle.
Tra XVII e XIX secolo chi scrisse di viaggi su altri mondi, continuò a prendere di mira soprattutto il corpo celeste più vicino e che il telescopio aveva reso meglio osservabile, cioè la Luna. Il grande astronomo tedesco Kepler nel suo scritto "Il Sogno ovvero l'Astronomia Lunare", pubblicato postumo nel 1634, immagina d'essere portato sulla Luna da un demone e descrive il paesaggio che riteneva esistervi realmente.
È invece abitata da indigeni la Luna del racconto del 1638 "L'Uomo sulla Luna" del vescovo inglese Francis Godwin, il cui protagonista raggiunge il satellite su una specie di trespolo con legati dei grossi uccelli e che si potrebbe considerare uno dei primi tentativi di descrizione di un'aeronave. Altri viaggi verso la Luna e il Sole furono compiuti, ma solo nelle loro fantastiche storie, da due allegri spaccamontagne come lo scrittore francese Hector Savinien Cyrano de Bergerac e il barone tedesco Hieronymus Karl Friedrich Münchhausen.
Cyrano, nella sua "Storia Comica degli Stati e Imperi della Luna" del 1656, racconta di aver raggiunto il satellite legandosi addosso tante ampolle piene di rugiada, che poi è attratta verso l'alto dal calore solare. Invece per raggiungere il Sole, nella sua incompiuta "Storia Comica degli Stati e Imperi del Sole" del 1662, dice d'aver usato un marchingegno di legno coperto di lenti che focalizzando i raggi solari creano un vortice capace di sollevare in aria la macchina, quasi fosse un'antenata delle astronavi a reazione della Fantascienza.
Da parte sua il barone di Münchhausen, nelle sue storie scritte in origine da Rudolf Erich Raspe e pubblicate dal 1786, arriva sulla Luna una prima volta arrampicandosi su una lunghissima pianta di fagiolo e una seconda a bordo di una nave resa talmente veloce dal vento da navigare sulle nuvole e sbarcare sul satellite. Inutile dire che con dei metodi simili nella realtà nessuno sarebbe mai riuscito a staccarsi dal nostro globo, ma naturalmente queste sono ancora opere satiriche e non hanno nessuna pretesa di verosimiglianza.
E satirico è anche il racconto del 1750 "Micromégas", in cui il filosofo francese Voltaire descrive per primo la visita sulla Terra di un alieno originario di un'altra stella, per la precisione di Sirio. Versione ben più grande dei giganti incontrati da Gulliver, Micromégas ha dimensioni immense e visita prima Saturno, i cui abitanti, pur essendo nani rispetto a lui, sono anch'essi enormi rispetto ai terrestri. Insieme a un saturniano si sposta poi sulla Terra, di cui i due riescono appena a scorgere con gran difficoltà i microscopici abitanti. Il risultato che l'autore si prefigge e ottiene, coi due giganteschi alieni dotati della parlantina di un filosofo del '700, è soprattutto quello di far sentire i terrestri molto molto piccoli, anche e soprattutto a livello mentale…
Ma la maggior parte degli scrittori, cercando d'essere realistica, per il momento si accontentava di sognare di raggiungere la Luna. In "Un Viaggio sulla Luna" scritto da Aratus nel 1793, viene usato il mezzo aereo più moderno disponibile, una mongolfiera, senza che l'autore possa vedere la sua inadeguatezza allo scopo.


Spedizioni avveniristiche su Luna, Marte e dintorni (1800-1905)

Un pallone permette di volare sulla Luna anche ne "L'Impareggiabile Avventura di un Certo Hans Pfaal" scritta nel 1835 dall'americano Edgar Allan Poe, che almeno si preoccupò di dotare la navicella di copertura di gomma e filtro per comprimere all'interno la scarsa aria esterna, ponendosi così per primo il problema essenziale della pressurizzazione dell'abitacolo, indispensabile all'incolumità di chi viaggia nello spazio.
Nel romanzo "Dalla Terra alla Luna", pubblicato dal francese Jules Verne nel 1865, il viaggio verso il satellite è descritto in modo molto più verosimile, addirittura avvicinandosi in parecchi punti ai dati della spedizione dell'Apollo 11, che sulla Luna sarebbe realmente arrivata poco più di un secolo dopo. È simile la forma da proiettile del missile, l'energia e velocità necessarie a vincere la gravità terrestre, i calcoli della traiettoria, la zona e il periodo scelti per il lancio… Perfino l'equipaggio è di tre uomini come quello dell'Apollo, solo che Verne non li fa scendere sulla Luna. Nella seconda parte del romanzo, intitolata "Intorno alla Luna", si limita a farli girare attorno al satellite e tornare sulla Terra, ammarando però come i loro epigoni del XX secolo.
Un giro spaziale ancora più ampio, stavolta attraverso tutto il Sistema Solare, avviene in un altro romanzo di Verne del 1877, "Le Avventure di Ettore Servadac", in cui è il passaggio di una cometa a trascinare con sé una porzione di superficie terrestre con relativi abitanti. Ma gli scrittori statunitensi potevano usare metodi ancora più fantasiosi, per entrare in contatto con mondi alieni. Nel romanzo di André Laurie del 1889 "La Conquista della Luna", il satellite è attirato sulla Terra da potenti magneti anziché viaggiare verso di esso.
Anche lo scrittore umoristico e illustratore italiano Enrico Novelli, in arte Yambo, narrò a sua volta vari viaggi spaziali in stile Verne, da "Attraverso l'Infinito" del 1889 a "La Colonia Lunare" del 1908, in cui il nostro satellite è raggiunto grazie a una polvere minerale attratta dai raggi solari, un po' come la rugiada di Cyrano.
Si può dire che ancora più realistici di quelli di Verne furono invece i romanzi di anticipazione scientifica del matematico e fisico russo Konstantin Kiolkovskij, uno dei primi teorici del volo spaziale che ne scrisse vari, da "Sulla Luna" del 1893 a "Oltre la Terra"del 1896, in cui descrive il lancio di un satellite artificiale per mezzo di un razzo tenendo conto di molte problematiche reali dei viaggi nello spazio, come l'assenza di gravità, il bisogno di rigenerare ossigeno, l'adattamento a sbalzi di temperatura, la protezione dall'attrito, ecc. ecc.…
A fine '800, vari scrittori presero a interessarsi a Marte, poiché le apparenti striature sulla sua superficie descritte nel 1878 dall'astronomo italiano Giovanni Schiaparelli e scambiate per canali, fecero sperare che vi fosse vita intelligente. L'esistenza di una civiltà superiore marziana fu sostenuta nel 1892 dall'astronomo francese Camille Flammarion e poi anche dal miliardario e astronomo statunitense Percival Lowell. Quindi anche i libri di fantasia non tardarono ad arrivare e nel solo 1897 furono pubblicati almeno quattro romanzi in tema: "La Marziana" di George Du Maurier, la cui eroina comunica con un terrestre per telepatia senza muoversi da Marte, "Su Due Pianeti" del filosofo tedesco Kurt Lasswitz, che per primo descrisse un tentativo d'invasione della Terra da parte di Marziani umanoidi, il fondamentale "La Guerra dei Mondi" dell'inglese Herbert George Wells, su un'invasione di Marziani molto più alieni e spietati che ebbero anche molto più successo in tutti i sensi, e "In Guerra con Marte" di Weldon J. Cobb, un'imitazione del romanzo di Wells.
Nel 1898 uscirono altri due romanzi ispirati alla "Guerra dei Mondi". "La Conquista di Marte da parte di Edison", dell'astronomo e giornalista statunitense Garrett Putnam Serviss, è un seguito del libro di Wells in cui il famoso inventore Thomas Alva Edison guida una contro-invasione di Marte con astronavi e armi a raggi da lui ideate. "La Guerra delle Venusiane" degli inglesi Graves e Lucas, è invece una parodia satirica in cui la Terra viene invasa da delle belle donne provenienti da Venere che vogliono portarsi via i maschi terrestri.
Ma neanche i viaggi sulla Luna cessarono. Nel 1900 l'inglese George Griffith pubblicò sei racconti intitolati prima "Storie di Altri Mondi" e poi "Luna di Miele nello Spazio", il cui protagonista Lord Redgrave inventa un'energia antigravità che chiama Forza R e che gli permette di fare un bel viaggio di nozze in astronave, visitando la Luna, Marte, Venere, Giove, Saturno e l'asteroide Cerere, con tanto di civiltà e città aliene.
Lo stesso anno G. P. Serviss pubblicò il romanzo "Il Metallo Lunare", in cui uno scienziato estrae dal satellite un metallo così raro che diventa più prezioso dell'oro. Nel 1909 seguì un altro romanzo dello stesso autore, "Un Colombo dello Spazio", in cui Serviss teorizza l'uso di astronavi atomiche per arrivare sul pianeta Venere.
Da parte sua H. G. Wells, nel romanzo "I Primi Uomini sulla Luna" uscito tra 1900 e 1901, inventò una sostanza con proprietà antigravitazionali, la Cavorite, per far volare l'astronave sferica dei suoi personaggi. Erano stati così introdotti i precursori dei futuri mezzi spaziali alimentati da fonti d'energia immaginarie.
Invece nel romanzo di Emilio Salgari "Alla Conquista della Luna" del 1901, l'astronave a forma di cupola dei due protagonisti è dotata di specchi che captano i raggi del Sole come moderni pannelli solari e azionano delle eliche, meccanismi che nella realtà sarebbero risultati abbastanza inutili per viaggiare nello spazio…
Altri iniziavano a sognare le stelle. Già tra 1904 e 1905 uscirono due romanzi ambientati su pianeti fuori del nostro sistema, "Attorno a una Stella Lontana" dell'inglese Jean Delaire, i cui personaggi superano la velocità della luce, e "Vita in un Migliaio di Mondi" del reverendo statunitense W. S. Harris, ma entrambi avevano un approccio molto più religioso che scientifico e forse per questo non diedero il via a una tendenza diffusa.


La Space Opera e i viaggi interstellari (1905-1937)

Un approccio altrettanto fantastico ma ben più avventuroso ebbero due saghe marziane. "Gulliver di Marte" dell'inglese Edwin Lester Arnold, uscì nel 1905 e narra l'arrivo sul pianeta del tenente Gulliver Jones, il cui nome richiama l'eroe di Swift e che vive avventure epiche in un contesto barbarico e selvaggio. Simile ma di maggior successo è l'ex-capitano sudista John Carter, eroe del primo romanzo dell'americano Edgar Rice Burroughs "Sotto le Lune di Marte", che nel 1911 diede inizio a un ciclo di undici libri. I due personaggi inaugurarono il sotto-genere detto allora Scientific Romance (Avventura Romantica Scientifica) e in seguito Space Opera (Opera Spaziale), certo per analogia tra gli esotici costumi di guerrieri e principesse alieni e i loro omologhi dell'Opera Lirica, con cui condividevano anche trame convenzionali ed esagerazioni enfatiche.
In una space opera, che bada soprattutto all'intreccio avventuroso e sentimentale, la scienza è naturalmente lasciata in secondo piano e non ci si sofferma troppo a spiegare come si possano percorrere rapidamente le immense distanze tra un corpo celeste e l'altro. Burroughs infatti risolve il problema con candore e semplicità disarmanti, poiché al suo John Carter per trasferirsi su Marte basta concentrarsi su quel pianeta e sentirsene attratto. E ciò che lo attrae di più e lo spinge ogni volta a tornare sul pianeta rosso, ha un volto femminile...
È indubbio che il terrestre Carter e la principessa marziana Dejah Thoris tra una battaglia e l'altra abbiano rapporti carnali, visto che nel primo romanzo si sposano (con rito marziano) e nel secondo hanno un figlio. Benché solo in modo allusivo, fu così introdotta l'idea dell'improbabile unione tra persone di mondi diversi, mentre il fatto che la minore gravità marziana conferisse a John Carter forza e agilità potenziate si può dire che fu l'embrione da cui negli anni '30 si sarebbe sviluppato il concetto dei personaggi con super-poteri.
Burroughs scrisse in seguito altre due saghe planetarie dello stesso genere, il ciclo in tre romanzi del "Popolo della Luna" tra il 1919 e il 1925 e il ciclo di "Carson di Venere" in cinque volumi usciti tra il 1934 e il 1964. In entrambi i casi dei viaggiatori terrestri naufragano su quei corpi celesti e sono scaraventati ancora una volta in un mondo barbaro ostile, tra pericoli e dittature di vario genere, un po' come accade nella vita a tutti noi…
Come Verne e Wells prima di lui, Burroughs ebbe molti imitatori e gran parte dei viaggiatori interplanetari successivi saranno creati da scrittori statunitensi, come Robert Erwin Howard che nel suo lungo racconto "Il Manoscritto di Esaù Cairn" narra avventure simili a quelle dei suoi abituali eroi fantasy, ma vissute da un uomo che un meccanismo più magico che scientifico ha trasferito sul pianeta Almuric, in orbita chissà dove.
Il fatto è che dopo il 1923, con la nascita della rivista "Weird Tales" (Racconti Bizzarri) specializzata nel Fantastico tendente all'orrido e con la pubblicazione sulle sue pagine, tra gli altri, dei racconti di Howard Phillips Lovecraft, iniziò a diffondersi il tema degli alieni mostruosi che arrivano da stelle perdute nelle profondità dello spazio e non più solo da pianeti del nostro piccolo sistema solare. Col racconto del 1926 "Il Richiamo di Cthulhu", Lovecraft in particolare cominciò a definire meglio la sua mitologia dei Grandi Antichi, incentrata su dei terribili esseri demoniaci discesi dalle stelle in epoche arcaiche. Così anche l'idea del Diavolo finì per essere tolta dall'ambito della superstizione religiosa per acquistare una più concreta plausibilità scientifica, pur senza perdere e anzi aumentando così il suo carattere di entità inquietante e spaventosa.
Un altro racconto di Lovecraft, "Il Colore Uscito dallo Spazio", su un essere invisibile portato sulla Terra da un meteorite, fu rifiutato da Weird Tales, forse anche perché l'impostazione era più scientifica che fantastica, e non a caso fu invece pubblicato nel 1927 dalla rivista concorrente "Amazing Stories" (Storie Stupefacenti). Nata l'anno precedente, fu questa la prima testata dedicata esclusivamente al genere fantascientifico, che il fondatore Hugo Gernsback battezzò prima Scientifiction e poi Science Fiction (Fantasia Scientifica, appunto).
Quindi dal 1926 con l'avvento, pur non ancora premiato da grande successo, di Amazing e di tante altre riviste di Fantascienza più o meno effimere che nacquero sulla sua scia, le storie ambientate su altri pianeti si moltiplicarono. Ne apparvero anche su Weird Tales, dove nel 1928 uscì uno dei primi racconti di Space Opera ambientati fuori del Sistema Solare, "I Soli che si Scontrano" di Edmond Hamilton, che dava inizio al suo ciclo della "Pattuglia dello Spazio" e che introdusse l'idea della comunità interstellare di mondi diversi.
In contemporanea su Amazing usciva a puntate "The Skylark of Space" (L'Allodola dello Spazio) di Edward Elmer Smith, primo di quattro romanzi sulle astronavi Skylark e prima grande space opera moderna che ispirò molta Fantascienza successiva. È considerata la prima in assoluto a svolgersi fuori dal Sistema Solare anche perché l'autore ne scrisse il primo romanzo tra il 1915 e il 1920, ma nessuna rivista volle pubblicarlo fino all'uscita di Amazing Stories. Nel 1930 nasceva anche la testata che ne sarebbe diventata la principale rivale nel campo della Fantascienza, "Astounding Stories" (Storie Sbalordivite), mentre su Amazing usciva il secondo romanzo della saga di Skylark, che ancor più del primo si svolge in vasti scenari cosmici tra popoli di stelle lontane, con immense astronavi che compiono viaggi interstellari e ingaggiano battaglie spaziali tra raggi e schermi di energia. Iniziava così il filone che, nel bene e nel male, avrebbe portato a Guerre Stellari.
A questo punto si poneva il problema di una propulsione per raggiungere stelle lontane senza impiegare secoli. L'inglese Olaf Stapledon, nel suo romanzo del 1930 "Ultimi e Primi Uomini" (in italiano "Infinito"), in cui narra la graduale evoluzione dell'Umanità e la sua futura migrazione prima su Venere e poi su Nettuno, per superare gli spazi cosmici continuava a usare semplici e misteriosi trasferimenti con la forza del pensiero.
E. E. Smith invece, nei romanzi "Triplanetario" e "Skylark di Valeron" usciti nel 1934, introdusse i principi del viaggio nell'iperspazio, un'idea ispirata a ipotesi matematiche ottocentesche per cui, spostandosi nella quarta dimensione dove le leggi fisiche tridimensionali non valgono più, le abituali barriere e distanze si annullano e sono superate all'istante. Il concetto fu riutilizzato, già tra il 1934 e il 1939, nei tre romanzi de "La Legione dello Spazio" di Jack Williamson e in seguito fu ripreso anche da Isaac Asimov, diventando d'uso comune.
Un altro tipico elemento della Space Opera sono anche gli alieni dalle doti sovrumane. Nel romanzo "La Macchina più Potente" (in italiano "I Figli di Mu"), uscito su Astounding Stories tra il 1934 e il 1935, John Wood Campbell junior creò lo scienziato di Giove Aarn Munro, ritenuto una delle ispirazioni per Superman. La sua enorme massa e forza sono infatti indispensabile su un pianeta ad alta gravità come Giove, dove la pressione di quattro tonnellate per centimetro quadrato ridurrebbe molto male chi non fosse invulnerabile…
Sempre su Astounding tra il 1937 e il 1948 E. E. Smith pubblicò i primi quattro romanzi del ciclo dei Lensmen (gli Uomini-Lente), in cui fu il primo a parlare di alieni che fanno evolvere la vita su vari pianeti, rilanciando il concetto della comunità dei mondi e di una pattuglia galattica, i Lensmen appunto, che usano e sviluppano poteri mentali e fisici tali da dare origine a una nuova razza superiore. Tra 1948 e 1950 Smith vi aggiunse altri due romanzi come prologo, spiegando come e perché gli alieni avevano fecondato vari mondi e dato inizio alla pattuglia galattica. I superuomini di E. E. Smith avrebbero ispirato molti scrittori successivi e se ne vedono precisi riflessi anche in certe serie a fumetti, come quelle sul corpo interstellare delle Lanterne Verdi.


I mondi della Fantascienza sociologica (1938-1954)

La svolta che fece acquistare alle storie su altri mondi più spessore letterario coincise con l'affidamento della direzione della rivista Astounding Stories a J. W. Campbell jr., che nel 1938 le cambiò nome in "Astounding Science-Fiction" (Fantascienza Sbalorditiva) e in un anno ne fece un laboratorio in cui far evolvere il genere a livelli più complessi e adulti, con storie di autori innovativi i cui racconti andavano oltre il semplice intrattenimento, descrivendo i mondi alieni con approcci più sociologici, realistici, filosofici, storici o ironici. Tra i migliori autori di Fantascienza pubblicati da Astounding dal 1939 ci furono l'ex-scrittore radiofonico Alfred Elton van Vogt, un diciannovenne di nome Isaac Asimov e l'esordiente Robert Anson Heinlein.
A. E. van Vogt, nei quattro racconti de "Il Viaggio della Space Beagle" (in italiano "Crociera nell'Infinito") usciti tra il 1939 e il 1950, narra le esplorazioni di un'astronave che incontra inattese e complesse minacce aliene, introducendo temi poi divenuti tipici di saghe televisive e cinematografiche come Star Trek e Alien. Invece nel suo romanzo del 1941 "Il Cronista" (in italiano "L'Occhio dell'Infinito") a un terrestre si apre in mezzo alla fronte un terzo occhio, che lo mette in grado di vedere ciò che accade su un altro pianeta e poi di interagire fisicamente con quel diverso piano di realtà, in cui è in corso un conflitto tra due fazioni nemiche.
In uno dei più famosi cicli di van Vogt, "I Fabbricanti d'Armi di Isher", uscito tra il 1941 e il 1949, il Sistema Solare è governato da un impero in cui dominano banche e grandi imprese, gli altri pianeti sono alterati per renderli simili alla Terra, i viaggi interplanetari costano molto cari e l'invenzione del viaggio interstellare desta l'allarme di alieni più evoluti, che iniziano a studiare i terrestri stentando a comprenderne le strane emozioni.
Un ennesimo ciclo di van Vogt uscito su Astounding dal 1945 e durato per tre romanzi, è quello del "Non-A", una disciplina filosofica in base alla quale chi sviluppa certe facoltà e vince dei Giochi è ammesso sul "Non-Aristotelico" pianeta Venere, una società utopica minacciata da varie cospirazioni, sia da parte del governo terrestre che da un impero interstellare militarista. Molto militarista è anche la Terra futura del suo ciclo di racconti "L'Impero dell'Atomo", concluso nel 1950, in cui a somiglianza dell'antica Roma si adorano gli dèi degli elementi atomici e si conquistano e si rendono schiavi i popoli degli altri pianeti del Sistema Solare.
R. A. Heinlein, nei racconti del ciclo "La Storia Futura" usciti su tra 1939 e 1949, descrive un'ironica possibile evoluzione spaziale della civiltà terrestre, con la Luna conquistata da privati che devono poi guadagnarci… Nel racconto "Universo", uscito su Astounding nel 1941, racconta invece il viaggio di un'enorme astronave alla deriva nello spazio da generazioni, i cui occupanti hanno perso quasi ogni memoria del passato, finché alcuni scoprono la verità e, in un secondo episodio, se ne vanno su un scialuppa e sbarcano su un pianeta ignoto. Ma Heinlein ha scritto molte altre storie ambientate nello spazio e su altri mondi, con alieni che possono essere minacciosi, come quelli originari di una luna di Saturno che prendono il controllo degli esseri umani nel suo romanzo del 1951 "I Burattinai" (in italiano "Il Terrore dalla Sesta Luna"), o del tutto pacifici, come i grandi Marziani che vivono in disparte nelle loro città nel romanzo del 1954 "Il Pianeta Rosso", in cui descrive una plausibile colonizzazione di Marte, coi coloni terrestri che vogliono l'indipendenza dalla Terra.
Isaac Asimov, con le prime storie del ciclo della Fondazione, uscite tra 1942 e 1950 e raccolte in tre volumi, raccontò nientemeno che la fine di un impero galattico di venticinque milioni di mondi colonizzati dall'Uomo, un crollo previsto grazie a una disciplina detta Psicostoriografia, il ché permette di progettarne la rinascita istituendo appunto a tale scopo una Fondazione. Tra il 1950 e il 1952 Asimov scrisse un'altra trilogia di romanzi dedicati all'Impero e ai suoi rapporti con la Terra, ridotta a pianeta periferico i cui abitanti sono i soli a credere che sia il luogo d'origine dell'Umanità. Dal 1954 iniziò invece un ciclo di romanzi sui Robot, che finì anch'esso per collegarsi ai precedenti narrando tra l'altro le origini dell'Impero Galattico, quando le prime colonie terrestri si scontrano con una civiltà aliena che già domina su cinquanta mondi. L'autore avrebbe poi ripreso il ciclo della Fondazione in altri romanzi ambientati sia prima che dopo la trilogia originale, componendo così in tutto un affresco di una quindicina di volumi sulla storia della sua comunità galattica.
Dal 1944 si unì agli autori di Astounding anche Clifford Donald Simak, autore di una serie di ironici e geniali racconti raccolti nel 1952 sotto il titolo "City" (in italiano "Anni Senza Fine"), in cui si colonizzano i pianeti del Sistema Solare trasformando i corpi dei terrestri per adattarli alle condizioni locali. Ma chi prende la forma degli abitanti di Giove scopre che i nuovi corpi telepatici comportano una condizione evolutiva superiore, estatica, piena di gioie e virtualmente immortale, da cui nessuno vuole più tornare indietro. L'intera Umanità decide così di emigrare su Giove sotto quella forma e il dominio della Terra è ereditato dai cani, che intanto si sono evoluti e per i quali il ricordo dell'Uomo persiste solo come un mito a cui ormai nessuno crede più.
Col successo del nuovo corso di Astounding fu rilanciato l'intero genere. Certi autori rimasero legati alla Space Opera, come Edmond Hamilton che dal 1940 al 1951 scrisse la prima rivista su un singolo eroe spaziale, "Capitan Futuro", e nel 1947 diede inizio a un nuovo ciclo col romanzo "I Sovrani delle Stelle", in cui la mente di un uomo di oggi è trasferita nel corpo di un principe di un futuro impero della Via Lattea.
Molti altri autori aderirono però alla nuova tendenza, pur scrivendo su altre riviste o in altri paesi. Sono per esempio idealmente affini alla Fantascienza realistica di Astounding le storie dell'inglese Arthur Charles Clarke. In alcune di esse, come il suo primo racconto del 1948 "La Sentinella" o il romanzo del 1953 "Fine dell'Infanzia" (in italiano "Le Guide del Tramonto"), il tema è il controllo dell'evoluzione umana da parte di una più progredita civiltà aliena, idea su cui l'autore avrebbe poi bastato la sceneggiatura di "2001: Odissea nello Spazio" e il relativo romanzo. Ma quasi tutti i testi scritti da Clarke, fin dal suo primo romanzo del 1951 "Le Sabbie di Marte", si caratterizzano soprattutto per la notevole e ben documentata accuratezza scientifica, che ne fece un maestro del nuovo realismo tecnologico nel descrivere l'esplorazione futura di altri mondi.


Verso mondi più surreali e infiniti… (1942-1955)

Tra gli anni '40 e '50, una rivista d'avventure come "Startling Stories" (Storie Allarmanti), pur non avendo grandissimo successo, aveva il coraggio di ospitare anche storie di Fantascienza surreali o provocatorie che Astounding avrebbe rifiutato, comprese quelle che rivisitavano in chiave moderna o parodistica le vecchie convenzioni del genere. Ciò permise di esprimersi liberamente ad alcuni autori a cui il realismo sociologico e tecnologico di Astounding andava un po' stretto e alcuni di loro, passati inizialmente quasi inosservati data la collocazione su una rivista meno venduta, sarebbero stati enormemente rivalutati negli anni successivi.
Può anche darsi che qualche autore avvertisse un po' l'influenza della famosa fiaba "Il Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupéry, uscita negli U. S. A. nel 1943. Il viaggio tra i corpi celesti del suo protagonista che interroga strambi personaggi, ognuno chiuso in una mania corrispondente al suo piccolo pianeta, non è poi una situazione troppo lontana da quelle più buffe e inattese che iniziarono a popolare anche la Fantascienza. Basti pensare ai cani parlanti di C. D. Simak o al piccolo roditore intelligente originario di un minuscolo asteroide nel racconto del 1942 "Il Topo Stellare" di Fredric Brown, uno dei più originali autori di storie ironiche che stravolgono le convenzioni del genere, anche nel modo di rappresentare gli alieni.
Nel suo primo romanzo di fantascienza "Assurdo Universo", uscito su Startling Stories nel 1949, Brown introdusse per primo l'idea dell'universo parallelo. Da allora i mondi alieni non furono più solo in orbita nello spazio, ma anche adiacenti al nostro in altre dimensioni alternative, il ché aprì letteralmente infiniti universi di possibilità. Ma Brown scriveva anche polizieschi e nel suo romanzo del 1950 "Il Vagabondo delle Stelle" trasferì nello spazio il tipico gangster, creando un contrabbandiere interplanetario dal missile facile di nome Crab, una simpatica canaglia refrattaria alla vita sui pianeti civili, il quale dopo morto è resuscitato dai poteri di un asteroide vivente che, volendolo per amico, si trasforma in un pianeta selvaggio fatto su misura per lui. Un altro romanzo di Brown del 1953, "Le Luci del Cielo Sono Stelle" (in italiano "Progetto Giove"), si svolge sulla Terra di un futuro plausibile, narrando con realismo e umanità la storia di un frustrato astronauta di mezz'età che si sente ormai un fallito e tenta di far ripartire il programma spaziale per andare su Giove.
Temi altrettanto vitali e intimi, incentrati sull'umanità dei personaggi pur in contesti alieni, si ritrovano anche in tanti racconti scritti da Ray Bradbury, soprattutto dal 1947 in poi, in particolare in quelli raccolti nel 1950 nel volume "Cronache Marziane". Qui la colonizzazione di Marte è trattata da un punto di vista interiore, poetico, mistico e nostalgico, descrivendo un mondo in cui i Marziani e la loro civiltà sono esistiti ma sono ormai quasi estinti, anche per gli incontri più o meno traumatici coi coloni terrestri. Bradbury è più un autore Fantasy che di Fantascienza, poiché in genere non si preoccupa di spiegare realisticamente come e perché accadono gli eventi fantastici che descrive, ma solo di come tali eventi agiscono sull'animo dei personaggi, terrestri o alieni, che vi si trovano coinvolti. I suoi Marziani in via d'estinzione sono quasi una metafora di tutto ciò che di meraviglioso e appassionante l'Uomo rischia di perdere, se lascia del tutto i suoi sogni per inseguire solo la fredda logica, o se rinuncia alla magia dell'infanzia per il disincanto dell'età adulta.
Le nuove tendenze sociologiche e ironiche si riunirono poi alla vecchia Fantascienza epica nelle storie di Jack Vance, che dal 1948 al 1952 pubblicò su Startling Stories undici racconti del ciclo di Magnus Ridolph, un astuto avventuriero spaziale che risolve situazioni strane e paradossali su altri mondi. Sulla stessa rivista uscì nel 1952 anche il romanzo di Vance "Il Grande Pianeta" (in italiano "L'Odissea di Glystra") in cui, come nelle storie di Burroughs, dei terrestri naufragano su un vasto mondo semiselvaggio, solo che qui tutti gli abitanti discendono da dissidenti, fanatici e indesiderabili di ogni tipo emigrati dalla Terra e quindi la storia è anche l'occasione per fare della satira sulle loro idee dogmatiche e i loro usi, eccessivi e assurdi ma non più di tanti adottati realmente dall'Umanità. Anche in seguito Vance scrisse altri cicli planetari in cui le culture aliene, che siano coloniali o autoctone, sono comunque molto più complesse rispetto alla Space Opera del passato.
Nel 1951 il racconto "Gli Amanti di Siddo" di Philip Josè Farmer ruppe un tabù parlando esplicitamente di sesso tra un terrestre e un'aliena, perciò fu rifiutato da Astounding e uscì invece su Startling Stories. Oltre al vocabolario più esplicito su certi argomenti, i mondi immaginati da Farmer, che appartengano al nostro o ad altri universi, sono spesso collegati a miti religiosi o letterari preesistenti, come nel ciclo di Padre Carmody, in cui un prete crede che il potente alieno che governa un lontano pianeta sia il Demonio. Ma l'autore utilizza sempre le figure simboliche del passato in modi anticonvenzionali, giusto per tentare di scuotere e aprire la mente dei lettori rispetto alle loro credenze abituali e non certo per sostenere delle antiquate superstizioni.
Quasi in contemporanea a Farmer, nel 1952 esordì l'autore che gli ispirò lo stile ironico, brillante e surreale con cui trattava i mondi alieni e i loro abitanti. Robert Sheckley si inserì nella corrente sociologica e al tempo stesso se ne differenziò per il tono molto meno serio con cui creava dei piccoli capolavori di umorismo. Per esempio nel racconto del 1953 "I Mostri" descrive l'arrivo di un'astronave terrestre su un altro pianeta dal punto di vista degli indigeni, che trovano i visitatori mostruosi e il loro modo di pensare e di agire incomprensibile. Invece nei suoi sette racconti della serie "AAA Asso", usciti tra il 1954 e il 1955, i due titolari di questa ditta si occupano di disinfestare i pianeti dalle creature indesiderabili per conto dei proprietari, ma essendo ogni pianeta diverso e imprevedibile i metodi impiegati sono spesso inadeguati e si creano situazioni esilaranti. La serie della "AAA ASSO", come molte storie di Sheckley, uscì sulla rivista "Galaxy", una testata di sola Fantascienza che ospitava autori innovativi, differenziandosi sia da Amazing che da Astounding.
Molto più classico e serio fu l'approccio di un paio di autori europei dello stesso periodo. L'inglese John Wyndham, degno erede dello stile di H. G. Wells, nel romanzo del 1953 "Il Risveglio dell'Abisso" racconta la discesa di misteriosi alieni acquatici negli oceani terrestri, da cui portano poi un attacco su larga scala contro l'Umanità. Ma a differenza di altri qui l'autore non descrive mai gli alieni, la cui forma rimane del tutto ignota.
Il francese Jean-Gaston Vandel, con la sua accuratezza nel descrivere i fenomeni astronomici, è a sua volta un continuatore dell'opera di Verne, ma rivisitata in chiave moderna e in spazi più vasti. Nel suo romanzo del 1954 "I Naufraghi delle Galassie" un viaggio intergalattico è compiuto con dei salti attraverso il subspazio, equivalente all'iperspazio degli autori statunitensi, per preservare la razza umana dalle radiazioni che hanno contaminato la Terra. A tale scopo un'astronave da turismo è dirottata verso una lontana nebulosa, ma i rischi non sono tanto di incontrare degli alieni, quanto di essere distrutti da scontri con stelle o asteroidi.
Tornando agli autori americani, il viaggio al di là dei pianeti conosciuti verso le vastità dello spazio esterno è anche l'argomento del romanzo del 1955 "La Conquista del Mare dello Spazio" (in italiano "Sulle Soglie dell'Infinito") del giornalista Robert Moore Williams che, con uno stile sostanzialmente intermedio tra la vecchia Space Opera avventurosa e le più moderne tendenze realistiche, racconta l'incontro dei Terrestri con una razza aliena più progredita e dotata di notevoli poteri che vorrebbe impedire loro di andare oltre.
Un tema quasi analogo è trattato sia pur marginalmente anche nel primo romanzo di Philip Kindred Dick, "Lotteria Solare" (in italiano, "Il Disco di Fiamma") del 1955, in cui un'ex-astronave mercantile va alla ricerca di un mitico decimo pianeta, che era stato descritto con accenti profetici da un antico pioniere dello spazio.
Questi e molti altri autori continuarono a narrare, ognuno con la sua particolare voce, nuove storie di viaggi verso, attraverso o da mondi alieni più o meno originali e stravaganti, storie a volte serie e a volte divertenti, a volte più plausibili e altre del tutto incredibili, opera di scrittori come Kurt Vonnegut, James Graham Ballard, Robert Silverberg, Raphael Aloysius Lafferty, Walter Tevis, Frank Herbert, Ursula Le Guin, Roger Zelazny… ma sarà meglio fermarci qui, perché i nomi che potremmo ancora citare sono davvero troppi.

Intanto nel 1952 in Italia era nata la rivista "Urania", che tradusse gran parte delle opere di quegli autori e che presto ispirò anche molte altre collane italiane di Fantascienza, compresa l'edizione nostrana della rivista Galaxy uscita da noi nel 1958. La passione per i mondi alieni poté così diffondersi anche nel nostro paese, tanto che già tra gli anni '50 e '60 alcuni importanti scrittori nostrani tentarono, sia pur in modo piuttosto accidentale e ironico, di cimentarsi col genere. Ennio Flaiano col racconto "Un Marziano a Roma", Dino Buzzati con racconti come "Il Disco si Posò", Italo Calvino con "Le Cosmicomiche", scelsero tutti di buttarla un po' sul ridere, come del resto facevano già tanti autori del passato e del presente. Sembra che gli scrittori italiani di allora stentassero a prendere quel tipo di storie sul serio… poi anche questo col tempo cambiò.
Comunque ognuno di noi può compiere uno di quei viaggi, leggendo o scrivendo di luoghi che non sono mai esistiti ma che potrebbero esistere… perché a tutti prima o poi può venire la voglia di fuggire da un piccolo pianeta che troppo spesso ci va stretto e di provare a sostituirlo con un altro… almeno per un po'. In fondo potremmo anche scoprire che il viaggio, anziché farci allontanare, ci porta un po' più vicini a noi stessi…

Andrea Cantucci


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Un ringraziamento agli autori che ancora una volta hanno inviato il loro prezioso contributo a questo numero. Li invito di nuovo, insieme agli altri autori che ancora non hanno trovato spazio sulle pagine elettroniche di SDP, ad inviare le loro opere. Il prossimo tema:
L'Evoluzione.

Massimo Acciai
Direttore di Segreti di Pulcinella

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