|
Storie d'altri mondi
In letteratura i mondi alieni sono stati esplorati
da sempre da narratori di ogni paese. In ogni
mitologia di ogni popolo ci sono immaginari luoghi
misteriosi, paradisi elevati, inferni sotterranei,
isole incantate piene di meraviglie o strane terre
con insidie mortali. Che siano vasti o circoscritti,
posti oltre barriere invalicabili, al di sopra delle
nuvole o nascosti nelle profondità, sono sempre
luoghi separati dalla vita abituale e concreta degli
uomini e quindi si possono benissimo considerare a
tutti gli effetti dei mondi alieni, forse in gran
parte solo luoghi d'evasione ma anche scenari
metaforici che possono prestarsi a interpretazioni
simboliche d'ogni tipo. Ma limitiamoci ai mondi
intesi come altri pianeti, o l'argomento
rischierebbe di risultare vastissimo…
Antichi precursori del viaggio lunare (dal II al
XVIII secolo)
La prima storia conosciuta ambientata su un altro
corpo celeste si può datare al II secolo d. C.,
quando l'oratore greco Luciano di Samosata scrisse
il breve romanzo "Alethón Dieghematón" (Una Storia
Vera) in cui una nave, oltre a visitare varie isole
meravigliose, è portata sulla Luna dal vortice di
una tempesta e vi trova il popolo di soli maschi dei
Seleniti (o Lunari), che cavalcando grandi avvoltoi
combatte gli abitanti del Sole per il dominio del
pianeta Lucifero, cioè Venere. Non è il solo testo
di Luciano che anticipi i viaggi spaziali. Il suo '"Ikaromenippos
Ipernéfelos" (Menippo come Icaro Superatore di
Nuvole) narra come il filosofo Menippo si munisce di
ali per volare sulla Luna e verificare la rotondità
della Terra, spingendosi poi oltre il Sole.
Per quindici secoli non si scrissero altri racconti
di viaggi su corpi celesti, poiché la concezione del
Cosmo era regredita dalle avanzate idee astronomiche
greche alle superstizioni monoteiste che riducevano
l'Universo a uno spazio chiuso sospeso tra Paradiso
e Inferno, coi pianeti visti solo come dei grandi
lumi in movimento su una volta celeste di dimensioni
limitate, una metafora di come le idee possano
essere rinchiuse in piccoli spazi dalle
superstizioni costruite e imposte dalle dittature
religiose. È quello spazio immaginario e non quello
reale, che percorre Maometto in una leggenda
islamica e Dante nel suo poema, viaggiando verso i
rispettivi paradisi senza incontrare né pianeti
abitabili né popoli alieni, ma solo schiere di
angeli e beati osannanti, felici di starsene
rinchiusi in cieli concentrici che in fondo non sono
che i bracci di una celestiale prigione.
Finalmente, dopo le osservazioni astronomiche di
Niccolò Copernico, Johannes Kepler, William Gilbert
e Galileo Galilei, che misero in dubbio l'immobilità
della Terra descrivendone il moto su sé stessa e
attorno al Sole, la concezione del Cosmo iniziò a
mutare, nonostante le dure opposizioni (e
persecuzioni) da parte della dittatura
ecclesiastica. Già tra il XV e il XVII secolo molti
filosofi e letterati come Nikolaus di Cues, Thomas
Digges, Giordano Bruno, Pierre Borel, Cyrano de
Bergerac e Bernard de Fontenelle, teorizzarono un
Universo composto da infiniti sistemi stellari,
ognuno con pianeti che possono essere abitati come
la Terra.
Anche Ludovico Ariosto nel suo "Orlando Furioso"
narra come il paladino Astolfo voli sulla Luna
trovandola "uguale, o minor poco di ciò ch'in questo
globo…". È vero che prima di recarvisi deve avere il
permesso delle autorità celesti ed esservi guidato
da un santo a bordo del carro di Elia, ma Ariosto è
un autore satirico come Luciano, quindi mettendo in
scena santi e miracoli prende bonariamente in giro
le superstizioni cristiane…
E benché Shakespeare o Swift ambientassero le loro
fantasie su lontane isole, gli abitanti di zone
remote come quelli de "La Tempesta" o de "I Viaggi
di Gulliver" hanno già molto di alieno. Il fatto è
che col tempo le Terre Incognite via via si
ridussero sul nostro pianeta e la nuova visione del
Cosmo permise di estenderle a comprendere anche gli
altri pianeti, finché una volta rimasto ben poco di
ignoto sulla Terra, i miti su mostri e strani popoli
di cui la nostra psiche pare aver bisogno sarebbero
sopravvissuti ambientandoli tra le stelle.
Tra XVII e XIX secolo chi scrisse di viaggi su altri
mondi, continuò a prendere di mira soprattutto il
corpo celeste più vicino e che il telescopio aveva
reso meglio osservabile, cioè la Luna. Il grande
astronomo tedesco Kepler nel suo scritto "Il Sogno
ovvero l'Astronomia Lunare", pubblicato postumo nel
1634, immagina d'essere portato sulla Luna da un
demone e descrive il paesaggio che riteneva
esistervi realmente.
È invece abitata da indigeni la Luna del racconto
del 1638 "L'Uomo sulla Luna" del vescovo inglese
Francis Godwin, il cui protagonista raggiunge il
satellite su una specie di trespolo con legati dei
grossi uccelli e che si potrebbe considerare uno dei
primi tentativi di descrizione di un'aeronave. Altri
viaggi verso la Luna e il Sole furono compiuti, ma
solo nelle loro fantastiche storie, da due allegri
spaccamontagne come lo scrittore francese Hector
Savinien Cyrano de Bergerac e il barone tedesco
Hieronymus Karl Friedrich Münchhausen.
Cyrano, nella sua "Storia Comica degli Stati e
Imperi della Luna" del 1656, racconta di aver
raggiunto il satellite legandosi addosso tante
ampolle piene di rugiada, che poi è attratta verso
l'alto dal calore solare. Invece per raggiungere il
Sole, nella sua incompiuta "Storia Comica degli
Stati e Imperi del Sole" del 1662, dice d'aver usato
un marchingegno di legno coperto di lenti che
focalizzando i raggi solari creano un vortice capace
di sollevare in aria la macchina, quasi fosse
un'antenata delle astronavi a reazione della
Fantascienza.
Da parte sua il barone di Münchhausen, nelle sue
storie scritte in origine da Rudolf Erich Raspe e
pubblicate dal 1786, arriva sulla Luna una prima
volta arrampicandosi su una lunghissima pianta di
fagiolo e una seconda a bordo di una nave resa
talmente veloce dal vento da navigare sulle nuvole e
sbarcare sul satellite. Inutile dire che con dei
metodi simili nella realtà nessuno sarebbe mai
riuscito a staccarsi dal nostro globo, ma
naturalmente queste sono ancora opere satiriche e
non hanno nessuna pretesa di verosimiglianza.
E satirico è anche il racconto del 1750 "Micromégas",
in cui il filosofo francese Voltaire descrive per
primo la visita sulla Terra di un alieno originario
di un'altra stella, per la precisione di Sirio.
Versione ben più grande dei giganti incontrati da
Gulliver, Micromégas ha dimensioni immense e visita
prima Saturno, i cui abitanti, pur essendo nani
rispetto a lui, sono anch'essi enormi rispetto ai
terrestri. Insieme a un saturniano si sposta poi
sulla Terra, di cui i due riescono appena a scorgere
con gran difficoltà i microscopici abitanti. Il
risultato che l'autore si prefigge e ottiene, coi
due giganteschi alieni dotati della parlantina di un
filosofo del '700, è soprattutto quello di far
sentire i terrestri molto molto piccoli, anche e
soprattutto a livello mentale…
Ma la maggior parte degli scrittori, cercando
d'essere realistica, per il momento si accontentava
di sognare di raggiungere la Luna. In "Un Viaggio
sulla Luna" scritto da Aratus nel 1793, viene usato
il mezzo aereo più moderno disponibile, una
mongolfiera, senza che l'autore possa vedere la sua
inadeguatezza allo scopo.
Spedizioni avveniristiche su Luna, Marte e
dintorni (1800-1905)
Un pallone permette di volare sulla Luna anche ne
"L'Impareggiabile Avventura di un Certo Hans Pfaal"
scritta nel 1835 dall'americano Edgar Allan Poe, che
almeno si preoccupò di dotare la navicella di
copertura di gomma e filtro per comprimere
all'interno la scarsa aria esterna, ponendosi così
per primo il problema essenziale della
pressurizzazione dell'abitacolo, indispensabile
all'incolumità di chi viaggia nello spazio.
Nel romanzo "Dalla Terra alla Luna", pubblicato dal
francese Jules Verne nel 1865, il viaggio verso il
satellite è descritto in modo molto più verosimile,
addirittura avvicinandosi in parecchi punti ai dati
della spedizione dell'Apollo 11, che sulla Luna
sarebbe realmente arrivata poco più di un secolo
dopo. È simile la forma da proiettile del missile,
l'energia e velocità necessarie a vincere la gravità
terrestre, i calcoli della traiettoria, la zona e il
periodo scelti per il lancio… Perfino l'equipaggio è
di tre uomini come quello dell'Apollo, solo che
Verne non li fa scendere sulla Luna. Nella seconda
parte del romanzo, intitolata "Intorno alla Luna",
si limita a farli girare attorno al satellite e
tornare sulla Terra, ammarando però come i loro
epigoni del XX secolo.
Un giro spaziale ancora più ampio, stavolta
attraverso tutto il Sistema Solare, avviene in un
altro romanzo di Verne del 1877, "Le Avventure di
Ettore Servadac", in cui è il passaggio di una
cometa a trascinare con sé una porzione di
superficie terrestre con relativi abitanti. Ma gli
scrittori statunitensi potevano usare metodi ancora
più fantasiosi, per entrare in contatto con mondi
alieni. Nel romanzo di André Laurie del 1889 "La
Conquista della Luna", il satellite è attirato sulla
Terra da potenti magneti anziché viaggiare verso di
esso.
Anche lo scrittore umoristico e illustratore
italiano Enrico Novelli, in arte Yambo, narrò a sua
volta vari viaggi spaziali in stile Verne, da
"Attraverso l'Infinito" del 1889 a "La Colonia
Lunare" del 1908, in cui il nostro satellite è
raggiunto grazie a una polvere minerale attratta dai
raggi solari, un po' come la rugiada di Cyrano.
Si può dire che ancora più realistici di quelli di
Verne furono invece i romanzi di anticipazione
scientifica del matematico e fisico russo Konstantin
Kiolkovskij, uno dei primi teorici del volo spaziale
che ne scrisse vari, da "Sulla Luna" del 1893 a
"Oltre la Terra"del 1896, in cui descrive il lancio
di un satellite artificiale per mezzo di un razzo
tenendo conto di molte problematiche reali dei
viaggi nello spazio, come l'assenza di gravità, il
bisogno di rigenerare ossigeno, l'adattamento a
sbalzi di temperatura, la protezione dall'attrito,
ecc. ecc.…
A fine '800, vari scrittori presero a interessarsi a
Marte, poiché le apparenti striature sulla sua
superficie descritte nel 1878 dall'astronomo
italiano Giovanni Schiaparelli e scambiate per
canali, fecero sperare che vi fosse vita
intelligente. L'esistenza di una civiltà superiore
marziana fu sostenuta nel 1892 dall'astronomo
francese Camille Flammarion e poi anche dal
miliardario e astronomo statunitense Percival Lowell.
Quindi anche i libri di fantasia non tardarono ad
arrivare e nel solo 1897 furono pubblicati almeno
quattro romanzi in tema: "La Marziana" di George Du
Maurier, la cui eroina comunica con un terrestre per
telepatia senza muoversi da Marte, "Su Due Pianeti"
del filosofo tedesco Kurt Lasswitz, che per primo
descrisse un tentativo d'invasione della Terra da
parte di Marziani umanoidi, il fondamentale "La
Guerra dei Mondi" dell'inglese Herbert George Wells,
su un'invasione di Marziani molto più alieni e
spietati che ebbero anche molto più successo in
tutti i sensi, e "In Guerra con Marte" di Weldon J.
Cobb, un'imitazione del romanzo di Wells.
Nel 1898 uscirono altri due romanzi ispirati alla
"Guerra dei Mondi". "La Conquista di Marte da parte
di Edison", dell'astronomo e giornalista
statunitense Garrett Putnam Serviss, è un seguito
del libro di Wells in cui il famoso inventore Thomas
Alva Edison guida una contro-invasione di Marte con
astronavi e armi a raggi da lui ideate. "La Guerra
delle Venusiane" degli inglesi Graves e Lucas, è
invece una parodia satirica in cui la Terra viene
invasa da delle belle donne provenienti da Venere
che vogliono portarsi via i maschi terrestri.
Ma neanche i viaggi sulla Luna cessarono. Nel 1900
l'inglese George Griffith pubblicò sei racconti
intitolati prima "Storie di Altri Mondi" e poi "Luna
di Miele nello Spazio", il cui protagonista Lord
Redgrave inventa un'energia antigravità che chiama
Forza R e che gli permette di fare un bel viaggio di
nozze in astronave, visitando la Luna, Marte,
Venere, Giove, Saturno e l'asteroide Cerere, con
tanto di civiltà e città aliene.
Lo stesso anno G. P. Serviss pubblicò il romanzo "Il
Metallo Lunare", in cui uno scienziato estrae dal
satellite un metallo così raro che diventa più
prezioso dell'oro. Nel 1909 seguì un altro romanzo
dello stesso autore, "Un Colombo dello Spazio", in
cui Serviss teorizza l'uso di astronavi atomiche per
arrivare sul pianeta Venere.
Da parte sua H. G. Wells, nel romanzo "I Primi
Uomini sulla Luna" uscito tra 1900 e 1901, inventò
una sostanza con proprietà antigravitazionali, la
Cavorite, per far volare l'astronave sferica dei
suoi personaggi. Erano stati così introdotti i
precursori dei futuri mezzi spaziali alimentati da
fonti d'energia immaginarie.
Invece nel romanzo di Emilio Salgari "Alla Conquista
della Luna" del 1901, l'astronave a forma di cupola
dei due protagonisti è dotata di specchi che captano
i raggi del Sole come moderni pannelli solari e
azionano delle eliche, meccanismi che nella realtà
sarebbero risultati abbastanza inutili per viaggiare
nello spazio…
Altri iniziavano a sognare le stelle. Già tra 1904 e
1905 uscirono due romanzi ambientati su pianeti
fuori del nostro sistema, "Attorno a una Stella
Lontana" dell'inglese Jean Delaire, i cui personaggi
superano la velocità della luce, e "Vita in un
Migliaio di Mondi" del reverendo statunitense W. S.
Harris, ma entrambi avevano un approccio molto più
religioso che scientifico e forse per questo non
diedero il via a una tendenza diffusa.
La Space Opera e i viaggi interstellari
(1905-1937)
Un approccio altrettanto fantastico ma ben più
avventuroso ebbero due saghe marziane. "Gulliver di
Marte" dell'inglese Edwin Lester Arnold, uscì nel
1905 e narra l'arrivo sul pianeta del tenente
Gulliver Jones, il cui nome richiama l'eroe di Swift
e che vive avventure epiche in un contesto barbarico
e selvaggio. Simile ma di maggior successo è
l'ex-capitano sudista John Carter, eroe del primo
romanzo dell'americano Edgar Rice Burroughs "Sotto
le Lune di Marte", che nel 1911 diede inizio a un
ciclo di undici libri. I due personaggi inaugurarono
il sotto-genere detto allora Scientific Romance
(Avventura Romantica Scientifica) e in seguito Space
Opera (Opera Spaziale), certo per analogia tra gli
esotici costumi di guerrieri e principesse alieni e
i loro omologhi dell'Opera Lirica, con cui
condividevano anche trame convenzionali ed
esagerazioni enfatiche.
In una space opera, che bada soprattutto
all'intreccio avventuroso e sentimentale, la scienza
è naturalmente lasciata in secondo piano e non ci si
sofferma troppo a spiegare come si possano
percorrere rapidamente le immense distanze tra un
corpo celeste e l'altro. Burroughs infatti risolve
il problema con candore e semplicità disarmanti,
poiché al suo John Carter per trasferirsi su Marte
basta concentrarsi su quel pianeta e sentirsene
attratto. E ciò che lo attrae di più e lo spinge
ogni volta a tornare sul pianeta rosso, ha un volto
femminile...
È indubbio che il terrestre Carter e la principessa
marziana Dejah Thoris tra una battaglia e l'altra
abbiano rapporti carnali, visto che nel primo
romanzo si sposano (con rito marziano) e nel secondo
hanno un figlio. Benché solo in modo allusivo, fu
così introdotta l'idea dell'improbabile unione tra
persone di mondi diversi, mentre il fatto che la
minore gravità marziana conferisse a John Carter
forza e agilità potenziate si può dire che fu
l'embrione da cui negli anni '30 si sarebbe
sviluppato il concetto dei personaggi con
super-poteri.
Burroughs scrisse in seguito altre due saghe
planetarie dello stesso genere, il ciclo in tre
romanzi del "Popolo della Luna" tra il 1919 e il
1925 e il ciclo di "Carson di Venere" in cinque
volumi usciti tra il 1934 e il 1964. In entrambi i
casi dei viaggiatori terrestri naufragano su quei
corpi celesti e sono scaraventati ancora una volta
in un mondo barbaro ostile, tra pericoli e dittature
di vario genere, un po' come accade nella vita a
tutti noi…
Come Verne e Wells prima di lui, Burroughs ebbe
molti imitatori e gran parte dei viaggiatori
interplanetari successivi saranno creati da
scrittori statunitensi, come Robert Erwin Howard che
nel suo lungo racconto "Il Manoscritto di Esaù Cairn"
narra avventure simili a quelle dei suoi abituali
eroi fantasy, ma vissute da un uomo che un
meccanismo più magico che scientifico ha trasferito
sul pianeta Almuric, in orbita chissà dove.
Il fatto è che dopo il 1923, con la nascita della
rivista "Weird Tales" (Racconti Bizzarri)
specializzata nel Fantastico tendente all'orrido e
con la pubblicazione sulle sue pagine, tra gli
altri, dei racconti di Howard Phillips Lovecraft,
iniziò a diffondersi il tema degli alieni mostruosi
che arrivano da stelle perdute nelle profondità
dello spazio e non più solo da pianeti del nostro
piccolo sistema solare. Col racconto del 1926 "Il
Richiamo di Cthulhu", Lovecraft in particolare
cominciò a definire meglio la sua mitologia dei
Grandi Antichi, incentrata su dei terribili esseri
demoniaci discesi dalle stelle in epoche arcaiche.
Così anche l'idea del Diavolo finì per essere tolta
dall'ambito della superstizione religiosa per
acquistare una più concreta plausibilità
scientifica, pur senza perdere e anzi aumentando
così il suo carattere di entità inquietante e
spaventosa.
Un altro racconto di Lovecraft, "Il Colore Uscito
dallo Spazio", su un essere invisibile portato sulla
Terra da un meteorite, fu rifiutato da Weird Tales,
forse anche perché l'impostazione era più
scientifica che fantastica, e non a caso fu invece
pubblicato nel 1927 dalla rivista concorrente "Amazing
Stories" (Storie Stupefacenti). Nata l'anno
precedente, fu questa la prima testata dedicata
esclusivamente al genere fantascientifico, che il
fondatore Hugo Gernsback battezzò prima
Scientifiction e poi Science Fiction (Fantasia
Scientifica, appunto).
Quindi dal 1926 con l'avvento, pur non ancora
premiato da grande successo, di Amazing e di tante
altre riviste di Fantascienza più o meno effimere
che nacquero sulla sua scia, le storie ambientate su
altri pianeti si moltiplicarono. Ne apparvero anche
su Weird Tales, dove nel 1928 uscì uno dei primi
racconti di Space Opera ambientati fuori del Sistema
Solare, "I Soli che si Scontrano" di Edmond Hamilton,
che dava inizio al suo ciclo della "Pattuglia dello
Spazio" e che introdusse l'idea della comunità
interstellare di mondi diversi.
In contemporanea su Amazing usciva a puntate "The
Skylark of Space" (L'Allodola dello Spazio) di
Edward Elmer Smith, primo di quattro romanzi sulle
astronavi Skylark e prima grande space opera moderna
che ispirò molta Fantascienza successiva. È
considerata la prima in assoluto a svolgersi fuori
dal Sistema Solare anche perché l'autore ne scrisse
il primo romanzo tra il 1915 e il 1920, ma nessuna
rivista volle pubblicarlo fino all'uscita di Amazing
Stories. Nel 1930 nasceva anche la testata che ne
sarebbe diventata la principale rivale nel campo
della Fantascienza, "Astounding Stories" (Storie
Sbalordivite), mentre su Amazing usciva il secondo
romanzo della saga di Skylark, che ancor più del
primo si svolge in vasti scenari cosmici tra popoli
di stelle lontane, con immense astronavi che
compiono viaggi interstellari e ingaggiano battaglie
spaziali tra raggi e schermi di energia. Iniziava
così il filone che, nel bene e nel male, avrebbe
portato a Guerre Stellari.
A questo punto si poneva il problema di una
propulsione per raggiungere stelle lontane senza
impiegare secoli. L'inglese Olaf Stapledon, nel suo
romanzo del 1930 "Ultimi e Primi Uomini" (in
italiano "Infinito"), in cui narra la graduale
evoluzione dell'Umanità e la sua futura migrazione
prima su Venere e poi su Nettuno, per superare gli
spazi cosmici continuava a usare semplici e
misteriosi trasferimenti con la forza del pensiero.
E. E. Smith invece, nei romanzi "Triplanetario" e "Skylark
di Valeron" usciti nel 1934, introdusse i principi
del viaggio nell'iperspazio, un'idea ispirata a
ipotesi matematiche ottocentesche per cui,
spostandosi nella quarta dimensione dove le leggi
fisiche tridimensionali non valgono più, le abituali
barriere e distanze si annullano e sono superate
all'istante. Il concetto fu riutilizzato, già tra il
1934 e il 1939, nei tre romanzi de "La Legione dello
Spazio" di Jack Williamson e in seguito fu ripreso
anche da Isaac Asimov, diventando d'uso comune.
Un altro tipico elemento della Space Opera sono
anche gli alieni dalle doti sovrumane. Nel romanzo
"La Macchina più Potente" (in italiano "I Figli di
Mu"), uscito su Astounding Stories tra il 1934 e il
1935, John Wood Campbell junior creò lo scienziato
di Giove Aarn Munro, ritenuto una delle ispirazioni
per Superman. La sua enorme massa e forza sono
infatti indispensabile su un pianeta ad alta gravità
come Giove, dove la pressione di quattro tonnellate
per centimetro quadrato ridurrebbe molto male chi
non fosse invulnerabile…
Sempre su Astounding tra il 1937 e il 1948 E. E.
Smith pubblicò i primi quattro romanzi del ciclo dei
Lensmen (gli Uomini-Lente), in cui fu il primo a
parlare di alieni che fanno evolvere la vita su vari
pianeti, rilanciando il concetto della comunità dei
mondi e di una pattuglia galattica, i Lensmen
appunto, che usano e sviluppano poteri mentali e
fisici tali da dare origine a una nuova razza
superiore. Tra 1948 e 1950 Smith vi aggiunse altri
due romanzi come prologo, spiegando come e perché
gli alieni avevano fecondato vari mondi e dato
inizio alla pattuglia galattica. I superuomini di E.
E. Smith avrebbero ispirato molti scrittori
successivi e se ne vedono precisi riflessi anche in
certe serie a fumetti, come quelle sul corpo
interstellare delle Lanterne Verdi.
I mondi della Fantascienza sociologica
(1938-1954)
La svolta che fece acquistare alle storie su altri
mondi più spessore letterario coincise con
l'affidamento della direzione della rivista
Astounding Stories a J. W. Campbell jr., che nel
1938 le cambiò nome in "Astounding Science-Fiction"
(Fantascienza Sbalorditiva) e in un anno ne fece un
laboratorio in cui far evolvere il genere a livelli
più complessi e adulti, con storie di autori
innovativi i cui racconti andavano oltre il semplice
intrattenimento, descrivendo i mondi alieni con
approcci più sociologici, realistici, filosofici,
storici o ironici. Tra i migliori autori di
Fantascienza pubblicati da Astounding dal 1939 ci
furono l'ex-scrittore radiofonico Alfred Elton van
Vogt, un diciannovenne di nome Isaac Asimov e
l'esordiente Robert Anson Heinlein.
A. E. van Vogt, nei quattro racconti de "Il Viaggio
della Space Beagle" (in italiano "Crociera
nell'Infinito") usciti tra il 1939 e il 1950, narra
le esplorazioni di un'astronave che incontra
inattese e complesse minacce aliene, introducendo
temi poi divenuti tipici di saghe televisive e
cinematografiche come Star Trek e Alien. Invece nel
suo romanzo del 1941 "Il Cronista" (in italiano
"L'Occhio dell'Infinito") a un terrestre si apre in
mezzo alla fronte un terzo occhio, che lo mette in
grado di vedere ciò che accade su un altro pianeta e
poi di interagire fisicamente con quel diverso piano
di realtà, in cui è in corso un conflitto tra due
fazioni nemiche.
In uno dei più famosi cicli di van Vogt, "I
Fabbricanti d'Armi di Isher", uscito tra il 1941 e
il 1949, il Sistema Solare è governato da un impero
in cui dominano banche e grandi imprese, gli altri
pianeti sono alterati per renderli simili alla
Terra, i viaggi interplanetari costano molto cari e
l'invenzione del viaggio interstellare desta
l'allarme di alieni più evoluti, che iniziano a
studiare i terrestri stentando a comprenderne le
strane emozioni.
Un ennesimo ciclo di van Vogt uscito su Astounding
dal 1945 e durato per tre romanzi, è quello del
"Non-A", una disciplina filosofica in base alla
quale chi sviluppa certe facoltà e vince dei Giochi
è ammesso sul "Non-Aristotelico" pianeta Venere, una
società utopica minacciata da varie cospirazioni,
sia da parte del governo terrestre che da un impero
interstellare militarista. Molto militarista è anche
la Terra futura del suo ciclo di racconti "L'Impero
dell'Atomo", concluso nel 1950, in cui a somiglianza
dell'antica Roma si adorano gli dèi degli elementi
atomici e si conquistano e si rendono schiavi i
popoli degli altri pianeti del Sistema Solare.
R. A. Heinlein, nei racconti del ciclo "La Storia
Futura" usciti su tra 1939 e 1949, descrive
un'ironica possibile evoluzione spaziale della
civiltà terrestre, con la Luna conquistata da
privati che devono poi guadagnarci… Nel racconto
"Universo", uscito su Astounding nel 1941, racconta
invece il viaggio di un'enorme astronave alla deriva
nello spazio da generazioni, i cui occupanti hanno
perso quasi ogni memoria del passato, finché alcuni
scoprono la verità e, in un secondo episodio, se ne
vanno su un scialuppa e sbarcano su un pianeta
ignoto. Ma Heinlein ha scritto molte altre storie
ambientate nello spazio e su altri mondi, con alieni
che possono essere minacciosi, come quelli originari
di una luna di Saturno che prendono il controllo
degli esseri umani nel suo romanzo del 1951 "I
Burattinai" (in italiano "Il Terrore dalla Sesta
Luna"), o del tutto pacifici, come i grandi Marziani
che vivono in disparte nelle loro città nel romanzo
del 1954 "Il Pianeta Rosso", in cui descrive una
plausibile colonizzazione di Marte, coi coloni
terrestri che vogliono l'indipendenza dalla Terra.
Isaac Asimov, con le prime storie del ciclo della
Fondazione, uscite tra 1942 e 1950 e raccolte in tre
volumi, raccontò nientemeno che la fine di un impero
galattico di venticinque milioni di mondi
colonizzati dall'Uomo, un crollo previsto grazie a
una disciplina detta Psicostoriografia, il ché
permette di progettarne la rinascita istituendo
appunto a tale scopo una Fondazione. Tra il 1950 e
il 1952 Asimov scrisse un'altra trilogia di romanzi
dedicati all'Impero e ai suoi rapporti con la Terra,
ridotta a pianeta periferico i cui abitanti sono i
soli a credere che sia il luogo d'origine
dell'Umanità. Dal 1954 iniziò invece un ciclo di
romanzi sui Robot, che finì anch'esso per collegarsi
ai precedenti narrando tra l'altro le origini
dell'Impero Galattico, quando le prime colonie
terrestri si scontrano con una civiltà aliena che
già domina su cinquanta mondi. L'autore avrebbe poi
ripreso il ciclo della Fondazione in altri romanzi
ambientati sia prima che dopo la trilogia originale,
componendo così in tutto un affresco di una
quindicina di volumi sulla storia della sua comunità
galattica.
Dal 1944 si unì agli autori di Astounding anche
Clifford Donald Simak, autore di una serie di
ironici e geniali racconti raccolti nel 1952 sotto
il titolo "City" (in italiano "Anni Senza Fine"), in
cui si colonizzano i pianeti del Sistema Solare
trasformando i corpi dei terrestri per adattarli
alle condizioni locali. Ma chi prende la forma degli
abitanti di Giove scopre che i nuovi corpi
telepatici comportano una condizione evolutiva
superiore, estatica, piena di gioie e virtualmente
immortale, da cui nessuno vuole più tornare
indietro. L'intera Umanità decide così di emigrare
su Giove sotto quella forma e il dominio della Terra
è ereditato dai cani, che intanto si sono evoluti e
per i quali il ricordo dell'Uomo persiste solo come
un mito a cui ormai nessuno crede più.
Col successo del nuovo corso di Astounding fu
rilanciato l'intero genere. Certi autori rimasero
legati alla Space Opera, come Edmond Hamilton che
dal 1940 al 1951 scrisse la prima rivista su un
singolo eroe spaziale, "Capitan Futuro", e nel 1947
diede inizio a un nuovo ciclo col romanzo "I Sovrani
delle Stelle", in cui la mente di un uomo di oggi è
trasferita nel corpo di un principe di un futuro
impero della Via Lattea.
Molti altri autori aderirono però alla nuova
tendenza, pur scrivendo su altre riviste o in altri
paesi. Sono per esempio idealmente affini alla
Fantascienza realistica di Astounding le storie
dell'inglese Arthur Charles Clarke. In alcune di
esse, come il suo primo racconto del 1948 "La
Sentinella" o il romanzo del 1953 "Fine
dell'Infanzia" (in italiano "Le Guide del
Tramonto"), il tema è il controllo dell'evoluzione
umana da parte di una più progredita civiltà aliena,
idea su cui l'autore avrebbe poi bastato la
sceneggiatura di "2001: Odissea nello Spazio" e il
relativo romanzo. Ma quasi tutti i testi scritti da
Clarke, fin dal suo primo romanzo del 1951 "Le
Sabbie di Marte", si caratterizzano soprattutto per
la notevole e ben documentata accuratezza
scientifica, che ne fece un maestro del nuovo
realismo tecnologico nel descrivere l'esplorazione
futura di altri mondi.
Verso mondi più surreali e infiniti… (1942-1955)
Tra gli anni '40 e '50, una rivista d'avventure come
"Startling Stories" (Storie Allarmanti), pur non
avendo grandissimo successo, aveva il coraggio di
ospitare anche storie di Fantascienza surreali o
provocatorie che Astounding avrebbe rifiutato,
comprese quelle che rivisitavano in chiave moderna o
parodistica le vecchie convenzioni del genere. Ciò
permise di esprimersi liberamente ad alcuni autori a
cui il realismo sociologico e tecnologico di
Astounding andava un po' stretto e alcuni di loro,
passati inizialmente quasi inosservati data la
collocazione su una rivista meno venduta, sarebbero
stati enormemente rivalutati negli anni successivi.
Può anche darsi che qualche autore avvertisse un po'
l'influenza della famosa fiaba "Il Piccolo Principe"
di Antoine de Saint-Exupéry, uscita negli U. S. A.
nel 1943. Il viaggio tra i corpi celesti del suo
protagonista che interroga strambi personaggi,
ognuno chiuso in una mania corrispondente al suo
piccolo pianeta, non è poi una situazione troppo
lontana da quelle più buffe e inattese che
iniziarono a popolare anche la Fantascienza. Basti
pensare ai cani parlanti di C. D. Simak o al piccolo
roditore intelligente originario di un minuscolo
asteroide nel racconto del 1942 "Il Topo Stellare"
di Fredric Brown, uno dei più originali autori di
storie ironiche che stravolgono le convenzioni del
genere, anche nel modo di rappresentare gli alieni.
Nel suo primo romanzo di fantascienza "Assurdo
Universo", uscito su Startling Stories nel 1949,
Brown introdusse per primo l'idea dell'universo
parallelo. Da allora i mondi alieni non furono più
solo in orbita nello spazio, ma anche adiacenti al
nostro in altre dimensioni alternative, il ché aprì
letteralmente infiniti universi di possibilità. Ma
Brown scriveva anche polizieschi e nel suo romanzo
del 1950 "Il Vagabondo delle Stelle" trasferì nello
spazio il tipico gangster, creando un
contrabbandiere interplanetario dal missile facile
di nome Crab, una simpatica canaglia refrattaria
alla vita sui pianeti civili, il quale dopo morto è
resuscitato dai poteri di un asteroide vivente che,
volendolo per amico, si trasforma in un pianeta
selvaggio fatto su misura per lui. Un altro romanzo
di Brown del 1953, "Le Luci del Cielo Sono Stelle"
(in italiano "Progetto Giove"), si svolge sulla
Terra di un futuro plausibile, narrando con realismo
e umanità la storia di un frustrato astronauta di
mezz'età che si sente ormai un fallito e tenta di
far ripartire il programma spaziale per andare su
Giove.
Temi altrettanto vitali e intimi, incentrati
sull'umanità dei personaggi pur in contesti alieni,
si ritrovano anche in tanti racconti scritti da Ray
Bradbury, soprattutto dal 1947 in poi, in
particolare in quelli raccolti nel 1950 nel volume
"Cronache Marziane". Qui la colonizzazione di Marte
è trattata da un punto di vista interiore, poetico,
mistico e nostalgico, descrivendo un mondo in cui i
Marziani e la loro civiltà sono esistiti ma sono
ormai quasi estinti, anche per gli incontri più o
meno traumatici coi coloni terrestri. Bradbury è più
un autore Fantasy che di Fantascienza, poiché in
genere non si preoccupa di spiegare realisticamente
come e perché accadono gli eventi fantastici che
descrive, ma solo di come tali eventi agiscono
sull'animo dei personaggi, terrestri o alieni, che
vi si trovano coinvolti. I suoi Marziani in via
d'estinzione sono quasi una metafora di tutto ciò
che di meraviglioso e appassionante l'Uomo rischia
di perdere, se lascia del tutto i suoi sogni per
inseguire solo la fredda logica, o se rinuncia alla
magia dell'infanzia per il disincanto dell'età
adulta.
Le nuove tendenze sociologiche e ironiche si
riunirono poi alla vecchia Fantascienza epica nelle
storie di Jack Vance, che dal 1948 al 1952 pubblicò
su Startling Stories undici racconti del ciclo di
Magnus Ridolph, un astuto avventuriero spaziale che
risolve situazioni strane e paradossali su altri
mondi. Sulla stessa rivista uscì nel 1952 anche il
romanzo di Vance "Il Grande Pianeta" (in italiano
"L'Odissea di Glystra") in cui, come nelle storie di
Burroughs, dei terrestri naufragano su un vasto
mondo semiselvaggio, solo che qui tutti gli abitanti
discendono da dissidenti, fanatici e indesiderabili
di ogni tipo emigrati dalla Terra e quindi la storia
è anche l'occasione per fare della satira sulle loro
idee dogmatiche e i loro usi, eccessivi e assurdi ma
non più di tanti adottati realmente dall'Umanità.
Anche in seguito Vance scrisse altri cicli planetari
in cui le culture aliene, che siano coloniali o
autoctone, sono comunque molto più complesse
rispetto alla Space Opera del passato.
Nel 1951 il racconto "Gli Amanti di Siddo" di Philip
Josè Farmer ruppe un tabù parlando esplicitamente di
sesso tra un terrestre e un'aliena, perciò fu
rifiutato da Astounding e uscì invece su Startling
Stories. Oltre al vocabolario più esplicito su certi
argomenti, i mondi immaginati da Farmer, che
appartengano al nostro o ad altri universi, sono
spesso collegati a miti religiosi o letterari
preesistenti, come nel ciclo di Padre Carmody, in
cui un prete crede che il potente alieno che governa
un lontano pianeta sia il Demonio. Ma l'autore
utilizza sempre le figure simboliche del passato in
modi anticonvenzionali, giusto per tentare di
scuotere e aprire la mente dei lettori rispetto alle
loro credenze abituali e non certo per sostenere
delle antiquate superstizioni.
Quasi in contemporanea a Farmer, nel 1952 esordì
l'autore che gli ispirò lo stile ironico, brillante
e surreale con cui trattava i mondi alieni e i loro
abitanti. Robert Sheckley si inserì nella corrente
sociologica e al tempo stesso se ne differenziò per
il tono molto meno serio con cui creava dei piccoli
capolavori di umorismo. Per esempio nel racconto del
1953 "I Mostri" descrive l'arrivo di un'astronave
terrestre su un altro pianeta dal punto di vista
degli indigeni, che trovano i visitatori mostruosi e
il loro modo di pensare e di agire incomprensibile.
Invece nei suoi sette racconti della serie "AAA
Asso", usciti tra il 1954 e il 1955, i due titolari
di questa ditta si occupano di disinfestare i
pianeti dalle creature indesiderabili per conto dei
proprietari, ma essendo ogni pianeta diverso e
imprevedibile i metodi impiegati sono spesso
inadeguati e si creano situazioni esilaranti. La
serie della "AAA ASSO", come molte storie di
Sheckley, uscì sulla rivista "Galaxy", una testata
di sola Fantascienza che ospitava autori innovativi,
differenziandosi sia da Amazing che da Astounding.
Molto più classico e serio fu l'approccio di un paio
di autori europei dello stesso periodo. L'inglese
John Wyndham, degno erede dello stile di H. G. Wells,
nel romanzo del 1953 "Il Risveglio dell'Abisso"
racconta la discesa di misteriosi alieni acquatici
negli oceani terrestri, da cui portano poi un
attacco su larga scala contro l'Umanità. Ma a
differenza di altri qui l'autore non descrive mai
gli alieni, la cui forma rimane del tutto ignota.
Il francese Jean-Gaston Vandel, con la sua
accuratezza nel descrivere i fenomeni astronomici, è
a sua volta un continuatore dell'opera di Verne, ma
rivisitata in chiave moderna e in spazi più vasti.
Nel suo romanzo del 1954 "I Naufraghi delle
Galassie" un viaggio intergalattico è compiuto con
dei salti attraverso il subspazio, equivalente
all'iperspazio degli autori statunitensi, per
preservare la razza umana dalle radiazioni che hanno
contaminato la Terra. A tale scopo un'astronave da
turismo è dirottata verso una lontana nebulosa, ma i
rischi non sono tanto di incontrare degli alieni,
quanto di essere distrutti da scontri con stelle o
asteroidi.
Tornando agli autori americani, il viaggio al di là
dei pianeti conosciuti verso le vastità dello spazio
esterno è anche l'argomento del romanzo del 1955 "La
Conquista del Mare dello Spazio" (in italiano "Sulle
Soglie dell'Infinito") del giornalista Robert Moore
Williams che, con uno stile sostanzialmente
intermedio tra la vecchia Space Opera avventurosa e
le più moderne tendenze realistiche, racconta
l'incontro dei Terrestri con una razza aliena più
progredita e dotata di notevoli poteri che vorrebbe
impedire loro di andare oltre.
Un tema quasi analogo è trattato sia pur
marginalmente anche nel primo romanzo di Philip
Kindred Dick, "Lotteria Solare" (in italiano, "Il
Disco di Fiamma") del 1955, in cui un'ex-astronave
mercantile va alla ricerca di un mitico decimo
pianeta, che era stato descritto con accenti
profetici da un antico pioniere dello spazio.
Questi e molti altri autori continuarono a narrare,
ognuno con la sua particolare voce, nuove storie di
viaggi verso, attraverso o da mondi alieni più o
meno originali e stravaganti, storie a volte serie e
a volte divertenti, a volte più plausibili e altre
del tutto incredibili, opera di scrittori come Kurt
Vonnegut, James Graham Ballard, Robert Silverberg,
Raphael Aloysius Lafferty, Walter Tevis, Frank
Herbert, Ursula Le Guin, Roger Zelazny… ma sarà
meglio fermarci qui, perché i nomi che potremmo
ancora citare sono davvero troppi.
Intanto nel 1952 in Italia era nata la rivista
"Urania", che tradusse gran parte delle opere di
quegli autori e che presto ispirò anche molte altre
collane italiane di Fantascienza, compresa
l'edizione nostrana della rivista Galaxy uscita da
noi nel 1958. La passione per i mondi alieni poté
così diffondersi anche nel nostro paese, tanto che
già tra gli anni '50 e '60 alcuni importanti
scrittori nostrani tentarono, sia pur in modo
piuttosto accidentale e ironico, di cimentarsi col
genere. Ennio Flaiano col racconto "Un Marziano a
Roma", Dino Buzzati con racconti come "Il Disco si
Posò", Italo Calvino con "Le Cosmicomiche", scelsero
tutti di buttarla un po' sul ridere, come del resto
facevano già tanti autori del passato e del
presente. Sembra che gli scrittori italiani di
allora stentassero a prendere quel tipo di storie
sul serio… poi anche questo col tempo cambiò.
Comunque ognuno di noi può compiere uno di quei
viaggi, leggendo o scrivendo di luoghi che non sono
mai esistiti ma che potrebbero esistere… perché a
tutti prima o poi può venire la voglia di fuggire da
un piccolo pianeta che troppo spesso ci va stretto e
di provare a sostituirlo con un altro… almeno per un
po'. In fondo potremmo anche scoprire che il
viaggio, anziché farci allontanare, ci porta un po'
più vicini a noi stessi…
Andrea
Cantucci
* * *
Un ringraziamento agli autori che ancora una volta
hanno inviato il loro prezioso contributo a questo
numero. Li invito di nuovo, insieme agli altri
autori che ancora non hanno trovato spazio sulle
pagine elettroniche di SDP, ad inviare le loro
opere. Il prossimo tema:
L'Evoluzione.
Massimo Acciai
Direttore di Segreti di Pulcinella
|
|
|