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Passaggi per altre realtà, altre
vite, altri io…
In un certo senso ogni storia o poesia, ogni quadro
o scultura, ogni fumetto o film, ogni musica o
opera, possono essere dei passaggi verso altre
realtà. Soprattutto nei miti o nelle fiabe è chiaro
come ciò che si narra sia pensato appositamente per
trasportare tanto i protagonisti che i lettori in un
mondo fantastico del tutto diverso dal nostro.
Eppure il passaggio in un mondo di pure metafore può
anche condurre a una migliore comprensione di sé o
della propria vita, dopodichè spesso i personaggi
tornano insieme ai lettori nella loro abituale
realtà di ogni giorno, proprio come accade dopo
l'inconscio passaggio notturno attraverso i propri
sogni, anche quando non ce ne accorgiamo.
Mito e fiaba, due parole la cui etimologia
rispettivamente in greco e in latino rimanda al
significato generico di racconto immaginario, sono
mezzi con cui gli autori possono portare alla luce
non solo i propri sogni ma in qualche modo anche
quelli collettivi del tempo in cui si trovano a
vivere, ovvero quei passaggi delle fantasie
interiori diffuse o individuali sentiti come
particolarmente significativi.
Non a caso scrittori come Robert Louis Stevenson o
Bram Stoker avevano sognato certi passaggi
fondamentali dei loro futuri romanzi prima di
scriverli. E probabilmente non è neanche un caso se,
nello stesso periodo del tardo '800 in cui questi
due scrittori iniziavano a dar vita ai propri mostri
interiori conferendo loro le sembianze dello
spietato Mister Hyde e del vampiro Dracula, un
mostro concreto come il mai identificato Jack lo
Squartatore commetteva efferatezze meno fantasiose
ma ben più truculente, scomparendo nel nulla dopo
aver lasciato una scia di sangue e terrore al suo
passaggio, come ad anticipare i più vasti e
sistematici orrori del nuovo secolo che stava per
iniziare.
In che misura il sogno individuale possa
intercettare le tensioni del suo tempo e esserne
influenzato, o in che misura i sogni collettivi
possano essere influenzati da quelli di singoli
artisti o innovatori quando i tempi sono maturi per
recepirli, sono quesiti difficilmente risolvibili,
ma che ci sia un collegamento tra le due cose non è
in fondo né strano né facilmente negabile. Ci sono
momenti di passaggio in cui tali coincidenze e
reciproche ispirazioni sembrano diventare
inevitabili.
Nei miti greco-romani, eroi come Orfeo, Ulisse o
Enea devono superare dei passaggi difficili o
rischiosi per accedere al regno dell'aldilà abitato
dagli spiriti dei morti e praticamente lo stesso fa
poi Dante nella propria Commedia, in cui il poeta
fonde la mitologia classica con l'altrettanto
immaginaria e onirica mitologia cristiana,
anticipando le commistioni che di lì a qualche
secolo avrebbero caratterizzato in modo ben più
vasto il sincretismo simbolico del Rinascimento.
Nel poema dantesco, l'aver adottato per
l'architettura dell'aldilà una complessa struttura a
strati sovrapposti e cerchi concentrici, mutuata
tanto dalle mitologie orientali, come quelle
islamica e indiana, quanto dalla simbologia
cabalistica ebraica, ha permesso al poeta di
ritrarsi in una lunga serie di passaggi da un
livello spirituale all'altro, che costituiscono
altrettante metafore di una graduale evoluzione
interiore da una presa di coscienza all'altra,
ovvero da una serie di comprensioni mistiche
parziali fino a una comprensione che si fa sempre
più completa, fino a identificarsi infine del tutto
con la divinità, o se si vuole con l'idea della
divinità.
Tale concezione, molto più panteista che monoteista,
coincide anche con una accettazione delle
responsabilità di un io realmente evoluto, ormai
giunto a comprendere come la vera divinità di ognuno
sta solo in noi stessi e non altrove (il ché non
esclude la possibilità di identificarsi in senso
mistico con tutte le altre cose che lo circondano e
con cui condividerebbe la stessa scintilla divina).
Il percorso, di solito articolato invece in tre soli
passaggi, compiuto spesso dai giovani protagonisti
delle fiabe, conduce a sua volta a uno stato di
maggiore maturità, qui rappresentata dalla raggiunta
ricchezza, dal matrimonio con una principessa o
dalla conquista di un trono, se non da tutte e tre
le cose insieme. Nel loro piccolo quindi, anche i
più o meno piccoli eroi delle fiabe compiono in
pratica lo stesso viaggio iniziatico di Dante
(infatti molti studiosi ritengono che le loro
avventure derivino da antichi miti connessi a
rituali di iniziazione). Anche loro viaggiano
nell'altro regno, quello dei sogni o degli spiriti,
scoprendone i passaggi segreti, superandone le prove
e affrontandovi le loro paure, rappresentate dai
vari orchi, streghe, draghi e giganti, talvolta
pronti anche a trasformarsi in creature più
rassicuranti e benevole, qualora ci si rivolga loro
nel modo giusto.
Nel passaggio dall'infanzia all'età adulta, che
risulta essere il principale significato simbolico
delle fiabe, in teoria nei conflitti si dovrebbe
passare a privilegiare l'uso dell'intelligenza,
dell'astuzia, della compassione o della generosità,
che in modo furbesco o sincero possono riuscire a
trasformare i potenziali nemici in amici (oppure a
farli combattere tra loro), anziché avere per sola
arma quella di attaccare frontalmente con la rozza e
ottusa brutalità della violenza. E se certi passaggi
delle fiabe richiedono grande coraggio al piccolo
eroe umano, altri gli richiedono piuttosto prudenza,
cervello e circospezione, doti utilissime a chi, per
età o inesperienza, non può competere coi propri
nemici in uno scontro fisico, e che sono proprio
quelle che le fiabe invitano a sviluppare invece dei
muscoli.
Molto diverso è l'approccio degli eroi delle
leggende, calati in contesti storici o
pseudo-storici, che devono dimostrare direttamente
il loro valore, forza e resistenza, anche
affrontando dei cosiddetti passaggi perigliosi, come
in tanti poemi cavallereschi medievali. Un cavaliere
dovrà attraversare un ponte tagliente strisciandovi
sopra senza armatura, mentre un altro si
sottometterà a un possibile taglio della testa per
mantenere la parola data. In questi casi si tratta
di affrontare una sofferenza da sopportare o un
rischio, pur di raggiungere un obiettivo o
conservare il proprio onore di uomo leale.
In genere alla fine della storia di ogni eroe
leggendario si arriva alla scena in cui deve
affrontare il suo estremo sacrificio, ovvero
l'ultimo dei passaggi possibile, quello dalla vita
alla morte, donando volontariamente sé stesso per i
propri ideali o per i propri simili, anche quando
potrebbe salvarsi rinnegando gli uni o tradendo gli
altri. Nell'accezione più comune del termine è
proprio tale fermo coraggio, o integrità estrema, a
fare di un personaggio un vero e proprio eroe.
L'etimologia poi del termine sacrificio, che in
latino significa fare o diventare una cosa sacra,
allude alla divinizzazione dell'eroe che si
sacrifica, così come all'identificazione tra un dio
e coloro che in varie culture antiche si offrivano
volontari per i sacrifici umani rituali, spesso
considerati dei passaggi necessari per mantenere
l'ordine naturale, in un tragico equivoco tra rito
simbolico e atto concreto.
Una volta che l'eroe è considerato un vero dio, o un
semidio in quanto figlio di qualche divinità, il
passaggio tra la vita e la morte smette di essere a
senso unico e in molti racconti mitici, a carattere
strettamente religioso o meno, possiamo così
assistere al suo ritorno dall'aldilà o alla
resurrezione del suo corpo, che a ben vedere non
sono che due diverse rappresentazioni dello stesso
evento, visto dall'interno o dall'esterno della
coscienza individuale di quel certo personaggio
eroico o divino.
Anche Dante, prima di poter fare ritorno sulla
Terra, deve raggiungere il livello mistico più alto,
quello dell'identificazione con la divinità, che a
giudicare dal lungo percorso che ha dovuto
percorrere per arrivarci, si direbbe per gli antichi
fosse molto più a portata di mano. A Ulisse, che per
tutto il suo poema rimane decisamente attaccato alla
sua fragile umanità, era bastato unirsi carnalmente
a una semidea come Circe, che era figlia del dio del
Sole, per poter usufruire del potere di lei, così da
andare e venire facilmente dal regno degli spiriti,
senza dover fare troppa strada.
La relativa facilità con cui vari eroi greci
potevano trovare dei passaggi per gli inferi e
tornare, era ovviamente dovuta al discreto numero di
semidei che all'epoca si riteneva avessero vagato
sulla Terra. Tali erano Orfeo, Ercole ed Enea, tutti
figli di divinità recatisi in visita all'aldilà per
motivi diversi. Ma dopo che i fanatici culti
monoteisti, coi loro brutali massacri ai danni di
adoratori della Natura per lo più innocui,
spazzarono via le credenze in una molteplicità di
dèi e semidei, diventò ovviamente molto più
difficile e rischioso immaginare dei viaggi
oltremondani del genere, a meno di attribuirli a un
presunto profeta come Maometto o a un esiliato senza
più molto da perdere come Dante, che dovette
comunque ripetere ogni dieci versi come ogni tappa
suo viaggio fosse compiuta per volontà del dio
dittatoriale cristiano, per sperare di non essere
accusato di qualche eresia.
Il viaggio dell'eroe nell'aldilà e il suo ritorno
sulla Terra, ovvero i due passaggi dalla vita alla
morte e dalla morte alla vita, in cui i lettori più
superficiali potrebbero vedere un'allusione
all'ingenua idea di una reincarnazione fisica di un
particolare piccolo io, se si interpretano più
correttamente in un senso metaforico ampio,
rappresentano piuttosto una trasformazione interiore
della coscienza. Questa, dopo il viaggio onirico al
di fuori della realtà materiale che l'ha portata a
identificarsi con qualcosa di molto più vasto di sé
stessa, può ritornare alla propria vita con la
consapevolezza di non essere affatto quel piccolo e
limitato io che aveva creduto di essere fino a quel
momento.
Si può notare facilmente come qualcosa di abbastanza
simile, anche se in genere circoscritto a delle
scoperte personali molto più specifiche, accada
anche in opere fiabesche relativamente più recenti,
anche quando i viaggi vengono apparentemente
compiuti sulla Terra o nella fantasia del sogno.
Il dottor Lemuel Gulliver è in grado di comprendere
qualcosa di più sui pregi e difetti della natura
umana, dopo ognuno dei suoi passaggi in terre
sconosciute abitate da esseri umani dalle peculiari
e abnormi caratteristiche. La piccola Alice, dopo
aver attraversato un paio di volte dei passaggi
verso il mondo dei sogni, ritorna in quello della
veglia più consapevole del fatto che le persone
arroganti che vogliono comandare sugli altri non
valgono di più dei monarchi delle carte da gioco o
dei pezzi degli scacchi. La giovane Wendy, dopo il
suo passaggio nell'Isola che non c'è di Peter Pan,
decide di assumersi la responsabilità di crescere
così da poter vivere una vita completa e adulta,
anziché restare bambina per sempre come la piccola e
spensierata divinità locale di cui è stata ospite,
per la quale gli impegni non possono andare oltre
l'effimero momento di un breve gioco. Ognuno di
questi personaggi torna dai suoi fantastici viaggi
in qualche modo cambiato, per cui i loro passaggi
attraverso realtà diverse sono soprattutto dei
passaggi profondi all'interno di sé stessi.
Oggi che i territori davvero sconosciuti si sono
ormai spostati al di fuori della nostra atmosfera e
del nostro sistema solare, un analogo senso di
enigmatico mistero fantastico, di passaggi
esistenziali e di trasmutazione dell'io si può
ottenere anche ambientando una storia nello spazio
esterno, come hanno ampiamente dimostrato Arthur C.
Clarke e Stanley Kubrick con "2001: Odissea nello
Spazio", opera filmica e letteraria in cui
all'astronauta superstite viene fatta iniziare alla
fine una nuova vita, probabile metafora di un
successivo livello evolutivo. Altri scrittori di
fantascienza di un certo spessore, come Philip Josè
Farmer, rielaborano i più disparati archetipi
mitologici antichi e moderni, trasferendoli nello
spazio o in altre dimensioni e continuando così in
qualche modo a esplorare, attraverso tali metafore
relativamente familiari, i passaggi esistenziali
dell'animo umano.
Ma per gli odierni pregiudizi verso le componenti
narrative fantastiche, nella più vasta letteratura
contemporanea i momenti evolutivi dei protagonisti
tendono più spesso a essere ambientati in contesti
realistici e verosimili, ricorrendo magari a sottili
metafore meno evidenti, come quella del sanatorio
nel romanzo La Montagna Incantata di Thomas Mann. È
in tale luogo montano, sospeso tra Terra e Cielo
come certi monti sacri delle mitologie di molti
popoli, che si svolge ciò che si può considerare
l'iniziazione filosofica o l'evoluzione
intellettuale del giovane protagonista, ovvero
alcuni degli ennesimi passaggi fondamentali nella
vita di un preciso personaggio immaginario.
E tutto sommato è proprio questo ciò che le storie,
le poesie, o in genere le opere d'arte di un certo
spessore cercano spesso di rappresentare, ispirare o
descrivere, uno o più passaggi cruciali da una fase
all'altra di una particolare esistenza umana, che
nelle opere più ambiziose e riuscite possono anche
diventare metafore di analoghi passaggi storici
vissuti o auspicati nell'intera umanità...
Andrea
Cantucci
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