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Cento, mille, un milione, un miliardo di asamkhya kalpa
Ci sono luoghi, qui sulla terra, dove non esistono parole. Luoghi vicini. Uno arriva lì… e non riesce a dire nulla. Spesso si sente a disagio. Ci siamo stati un po’ tutti...
di Massimo Acciai
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Cento, mille, un milione, un miliardo di asamkhya kalpa
Ci sono luoghi, qui sulla terra, dove non esistono parole. Luoghi vicini. Uno arriva lì… e non riesce a dire nulla. Spesso si sente a disagio. Ci siamo stati un po’ tutti.
Ci sono altresì luoghi affollati di parole, al punto che diventano un unico caotico rumore di fondo, ormai puro significante. Uno arriva lì… e spesso si sente a disagio. Non capisce se ciò che ascolta ha un senso e dov’esso sia. Anche qui ci siamo stati un po’ tutti.
C’è un luogo intermedio, dove si cerca di fare un discorso logico, organico, con una sua coerenza dall’inizio alla fine. Si cerca d’esser sinceri, dire le cose come sono senza mascherarsi con le parole.
L’altra notte stavo disteso su una panchina, lo sguardo verso le stelle. Era una notte straordinaria, limpida. Poco lontano l’orchestra improvvisava su ritmi brasiliani. C’era un ritaglio di cielo tra le fronde da cui speravo di vedere qualche meteora, in quella notte di San Lorenzo urbana. Niente stelle cadenti stasera. Neanche una.
Cercavo parole per descrivere cosa si prova quando la ragazza che ami non solo non ti ricambia ma ti è anche ostile. Ti lancia frecciatine e non sai perché. Un messaggio senza risposta sul cellulare. Pensi che è tutto così banale, osservato dall’esterno, così inutile. Cerchi un senso che forse non c’è.
E c’è il silenzio che sovrasta tutto. Sovrasta le voci dei passanti, sovrasta l’orchestra, sovrasta il traffico. È un silenzio fatto di assenza di parole. C’è tutto il resto, le parole non servono – puoi dire – così come non servivano cinque milioni di anni fa ai nostri antenati per soffrire senza il morso di un caimano o le percosse dei suoi simili. Eppure anche le parole fanno male, così come il silenzio –
il silenzio che è assenza di parole, non il silenzio che non ha bisogno di parole.
Lei non chiama e non scrive…
[10.8.2004]
All my songs are for you… al concerto c’era odore di circo luci e un mare di mani tese verso la musica…
all my songs are for you… e le note correvano veloci come la sinfonia furiosa che è la vita ricordi che mai si cancelleranno neanche dal nulla ritornano alla sera come nostalgie mai superate…un’auto corre verso il sole…
all my songs are for you …una radio e la paura al volante… e pensare a te se ti rivedrò se passerà l’estate e precipitare in pensieri che vorrei tenere lontani lontani per non ritornare sulle solite strade tortuose…una nota stonata talvolta un ritmo che batte insistente in testa e porta i pensieri in giro per il mondo… nuvole dalla finestra colle ombre delle sera… sera che colora i palazzi e la musica fugge lontana dal pianeta Terra sulle spesse nubi di Venere sulle rosse montagne di Marte sulle tempeste di Giove sul ghiaccio di Plutone e lontano dal Sistema Solare in una frazione di secondo che quasi rimani ad ascoltare parole e parole vane mentre non sai perché sono solo come una sonda lanciata nello spazio profondo.
[14.2.1994]
Non facciamo come tutti – ti dicevo spesso – finché non seguire le mode non diventerà una moda. Un mio amico aveva l’ideale di non avere ideali. La notte è piena di parole e zanzare tigre. Un altro mio amico colleziona lingue; le passa in rassegna come giocattoli stupendi. Mi affascina il suono di certe parole:
Äsä sagol, if neai primoy, neai plöpoy…
La totale nudità delle parole. Sull’autobus una ragazza dormiva, gli occhi si socchiusero mentre la fissavo affascinato. Occhi di sfinge. A volte si è soli in mezzo alla folla. Si avvertono presenze in stanze vuote; un soffio, un fruscio, anche lo stesso silenzio sembra preludere a un’apparizione improvvisa…
[13.8.2004]
…e vien da chiedersi se esistiamo veramente se vorresti qualcuno che capisse ciò che fai e che sogni la notte ascoltando magari un valzer sotto le stelle che brillano sulla piazza affollata del paese…
I want dance with you… ballare questo lento anche se non
so ballare ma ballare lo stesso seguendo l’istinto e il ritmo e
non farsi più compagnia con qualche stralcio di poesia
accartocciata in tasca per pura usanza di amara solitudine… e
dicevo – sono stanco – sulla via di casa anche se quella non era
casa mia e il paese danzava sotto la luna mentre mi si
chiudevano gli occhi il pensiero vagava senza freno tra le cose
più assurde e dolci di questo mondo.
[14.2.1994] |
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