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Il Poligrafo
Mio padre era un
appassionato esperantista, parlava e scriveva
piuttosto bene l'Esperanto, lingua
internazionale che il polacco Ludovico
Zamenhof inventò alla fine dell'ottocento ...
di Giorgio Casini
La presa della Bastiglia
Per il mio secondo articolo ho deciso di trattare
un argomento più propriamente storico: la
Rivoluzione Francese...
di Barbara Cornaglia
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Mio padre era un appassionato esperantista, parlava
e scriveva piuttosto bene l'Esperanto, lingua
internazionale che il polacco Ludovico Zamenhof
inventò alla fine dell'ottocento proponendo un sogno
tuttora inseguito da milioni d'appassionati in tutto
il mondo: capire e farsi capire parlando con persone
in ogni parte del pianeta Terra.
Non è questo il posto per valutare i risultati
raggiunti dall'Esperanto, mi preme ricordare
l'impegno, la passione, la dedizione completa che
mio padre aveva per questa lingua.
In quei tempi (anni '30 - '40 - inizio '50) non
credo esistessero veri e propri "circoli" o
associazioni, ma esisteva una specie di passaparola
che collegava gli esperantisti di tutto il mondo, i
quali si scambiavano lettere nelle quali si
raccontavano i propri pensieri e gli eventi della
loro vita. Mio padre faceva di più: metteva su carta
i suoi pensieri, le considerazioni sulle vicende del
momento, abbandonandosi spesso a voli di fantasia,
il tutto sempre con finale moraleggiante.
Ad un certo punto si spinse più in là, scriveva
periodicamente un piccolo giornale - una due pagine
- dal titolo piuttosto impegnativo: "Flugiloj de la
Penso" ovvero "Ali del Pensiero". Aveva anche un
timbro dove, sotto al suo nome Giovanni Casini e
l'indirizzo faceva bella mostra un pensiero: "Cion
per amo, nenìon per forto" se non ricordo male, che
tradotto suonava: "Tutto per amore, niente per
forza" che, al tempo del fascismo era piuttosto
imprudente far circolare. Mio padre, orgoglioso di
questo parto della sua fantasia, lo apponeva
imperterrito per ogni dove.
Naturalmente, per mandare ai corrispondenti in tutto
il mondo il suo "giornalino" bisognava farne diverse
copie ma non esistevano all'epoca fotocopiatrici né
computer; la macchina per scrivere era un lusso
riservato a pochi e solo in seguito ne entrò una in
casa, esisteva solo qualche misero foglio di carta
carbone (la 'arta 'opiativa o carta 'arcante, cioè
calcante) che, al massimo garantiva due o tre copie
non sempre leggibili perfettamente.
Esisteva però il Poligrafo, consistente in una
bacinella d'alluminio dalle dimensioni di un foglio
di carta da lettere, una boccetta d'inchiostro verde
e un barattoli pieno di polvere o grani non ricordo
bene di quale sostanza. La messa in opera consisteva
nel gettare il contenuto del barattolo dentro un
pentolino d'acqua bollente; mescolando si otteneva
una pasta da versare nella bacinella dove,
raffreddandosi raggiungeva una consistenza gommosa e
un piano perfettamente liscio.
A quel punto si scriveva a mano, intingendo il
pennino nell'inchiostro verde, il testo. Si prendeva
poi il foglio così scritto e lo si poneva sopra la
pasta poligrafica, una leggera pressione con il
dorso della mano e, meraviglia delle meraviglie, su
quella superficie olivastra restava impresso lo
scritto, naturalmente alla rovescia. Bastava, a
questo punto, poggiarvi sopra un foglio bianco, la
solita leggera pressione col dorso della mano, si
levava il foglio che, meraviglia ancor più grande
era scritto e leggibile… con tutti i suoi eventuali
errori di ortografia e grammatica.
L'operazione era ripetuta tante volte quanti erano
gli esperantisti cui inviare il prezioso messaggio.
Per il foglio successivo bisognava ricominciare
tutto da capo: staccare la pasta dalla bacinella,
farla ribollire e versarla di nuovo. Succedeva che
dopo un certo numero di scritture e bolliture, la
pasta un colorito verdastro, impossibile da
eliminare; era necessario comprare un nuovo
barattolo di quella roba e ricominciare tutto da
capo.
Il processo di stampa era parecchio laborioso,
tuttavia sempre più rapido e riposante del dover
scrivere foglio per foglio.
Le meraviglie del progresso! Mio padre era
orgoglioso di avere una stamperia tutta sua! |
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