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Interviste

Awélé: la musica come espressione del sentimento della diversità come contaminazione positiva
di Alessandro Rizzo

Awélé: la musica come espressione del sentimento della diversità come contaminazione positiva
 

intervista di Alessandro Rizzo



 

E' un gioco africano fatto da piccole bacinelle con semi ed è consuetudine ludica per la popolazione povera: si chiama Awélé. E questo è anche il titolo della nuova opera musicale di Emanuele Scataglini, il quale con la collaborazione attiva e forte di Barbara Rosenberg, sua compagna e coautrice dei testi. Abbiamo intervistato a proposito Emanuele e Barbara.

Perché questo titolo?

Perché indica un'opera povera fatta con mezzi poveri ma molto musicale e con grande qualità fonica e di suggestione artistica.

L'idea da dove nasce?

E' una serie di canzoni con musica di impostazione italiana ma unita e commissionata con sonorità interetniche "world music". Ci sono 9 canzoni con stili tutti differenti e vari: dalla musica africana a quella gitana, esempio il pezzo titolato 2Zingari in metrò"; da quella sudamericana a quella mediorientale, come il motivo "Gente nel porto", sempre presente nell'opera.

Quale massaggio esprime a livello culturale Awélé?

Vuole parlare alle persone povere e viventi la propria quotidianità, nella loro complessità sociologica e comportamentale, culturale ed etnica. Sono riportate canzoni che narrano storie diverse e varie con sonorità e giochi di sonorità tipici della propria cultura. "Zingari in metrò" prospetta una visione artistica di alto contenuto di coloro che suonano giornalmente nei metrò, magari in pieno clima di indifferenza immeritata del pubblico distratto e, a volte, un po' annoiato e infastidito. Vogliamo parlare di questioni sociali e fare musica con scopo sociale: non è un racconto, ma ha un valore in sé stessa come arte e come insieme di parole e di suoni che si cantano.

Hai dei riferimenti artistici musicali tipici della storia della canzone popolare italiana?

Sì De Andrè è l'ispiratore maggiore delle canzoni e dei loro motivi. Ma ci riferiamo anche a Fossati e ad autori come i Pink Floid, Capussela. Ci sono anche stili musicali tipici del rock anni 70/80.

I testi come sono stati realizzati?

Ho scritto il testo con Barbara, prendendo anche poesie elaborate da amici nostri, racconti vari e comunicando immagini.

Avete già avuto occasione di presentare pubblicamente l'opera?

Sì abbiamo fatto una presentazione ufficiale lo scorso 16 giugno in occasione di "Ethnoword", etichetta indipendente, presso il Chicobar di Milano, in occasione di uno spettacolo dedicato integralmente a musica e poesia. Cerchiamo di commettere una contaminazione delle due arti con forte riferimento al mondo femminile. In questo evento l'impianto di fondo era la riflessione sulla condizione femminile attraverso l'apporto di musicisti e scrittori. In Italia la donna è fortemente ancora soggetta discriminazioni irrazionali e ignobili.

Nella vostra opera vengono messe in risalto le emarginazioni e fatte oggetto di denuncia?

Certamente: la povertà è elemento di emarginazione nella società attuale, così come il vagabondaggio, l'apolidia, la pazzia: noi abbiamo voluto comunicare che bisogna obiettare a questo sistema e disobbedire dicendo di NO. Dicendo no ai cartelloni pubblicitari, ai messaggi consumeristici, alla guerra, al sistema di guerra, alla marcia militare. Bisogna tornare al cuore e all'umanità, al sentimento e non affossarsi solamente sui messaggi invadenti che le notizie ci tramandano e ci vogliono trasmettere: "Aprirsi all'amore" è il pezzo che comunica questo messaggio forte. Dobbiamo autodeterminarci come cittadini e saper tornare a casa facendo cadere la divisa per scoprire cose vere e reali.

"Zingari in metrò" è un titolo di un vostro pezzo e mi ha molto interessato in quanto credo possa esplicare fortemente tutto questo contenuto filosofico e artistico dell'opera.

Esattamente: gli zingari propongono una cultura costruita tramite un viaggio eterno e la loro è una conoscenza basata sul viaggio, appunto. Loro portano con sé il valore dell'apolidia che è insieme di storie di popoli, di contaminazione positiva. Hanno molto da insegnare a noi che viaggiamo sulla stessa linea metropolitana ma siamo chiusi nella nostra eterna diffidenza disumana e nelle nostre paure insensate. Terminiamo il pezzo con la frase:"buttami una moneta nel mio bicchiere" che esprime la richiesta di un semplice gesto ma che dietro di sé significa molto a livello sociale ed etico.

Su quale sensazione dell'essere umano cercate di fare perno per entrare con maggiore capacità comunicativa e sensazionale nell'animo dell'ascoltatore?

Cerchiamo di adottare la stessa tecnica del teatro sperimentale e d'avanguardia: fare in modo che lo spettatore, in questo caso l'uditore, entri nel personaggio immedesimandosi in esso. Solo così riusciamo a rendere coinvolgente il contenuto del messaggio sociale e culturale dell'opera. Non voglio contaminare l'uditore presentando il miop punto di vista, che è celato in Awélé: io voglio dire ciò che gli altri fanno, come Guccini mi insegna. Io voglio mettere in risalto le storie del mondo della diversità, creando un ponte sensazionale di vicinanza sociale rispetto la diversità e le differenze. Non voglio scadere nel moralismo ma, bensì, voglio solamente creare vicinanza tramite la forza comunicativa della musica e con la forza dell'analisi della realtà quotidiana nel suo complesso e nella sua complessità. Voglio creare una contaminazione positiva.

Cosa hai in programma adesso, dopo la presentazione di Awélé presso il Chicobar di Milano?

Realizzare degli spettacoli dal vivo e un video in collaborazione con l'"Opera nomandi"; infine spettacoli sul tema dell'immigrazione, dove poter apportare il messaggio di Awélé. Il problema rimane aperto ed è purtroppo una piaga del sistema artistico italiano, ormai commercializzato: la distribuzione e la proposta di prodotti musicali indipendenti.

Credo che dietro alla realizzazione di Awélé ci sia stato un forte lavoro di studio e di analisi antropologica ed etnico culturale.

Si ho svolto molto lavoro dietro alla realizzazione dell'opera. Le canzoni sono immaginative e vogliono anche dare elemento di di accedere al mando della creatività e della fantasia nell'apatia e nella consuetudinarietà quotidiana alienante. "Il segreto della nebbia" esprime questo, appunto. Lo sguardo infantile è un approccio comunicativo molto presente in Awélé: con gli occhi del bambino si vede la diversità come valore, si concepisce il valore delle piccole cose semplici e si riesce meglio a comprendere complessivamente il reale nella sua complessità e variegata natura. La differenza è solo esteriore e le circostanze quotidiane e della vita che ti rendono diversi.
In "Gente del porto" voglio accedere dal mondo sociale al mondo esistenziale: ossia tutti, che fanno il mestiere del portuale sono uguali tra di loro, sono parte di una comune esistenza. Il protagonista si vede negli altri perché a lui medesimo simili.

Voglio ringraziare per questo lavoro e per aver fatto possibile che Awélé si potesse realizzare come progetto musicale e proposta culturale sia Barbara, che mi ha aiutato nello stilare i testi delle canzoni e dei motivi in esso presenti, ma anche Livio Boccioni, arrangiatore e chitarrista e Max Palazzini autore del testo del pezzo "Confine del vento".

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