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Storie che girano
Le storie, purtroppo o
per fortuna, trovano quasi sempre qualcuno che
le racconta....
di
Massimo Acciai
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* Le storie, purtroppo o per fortuna, trovano
quasi sempre qualcuno che le racconta. Avviene spesso per caso,
poi cominciano a circolare, a girare di bocca in bocca come api
in cerca di polline tra i fiori primaverili, e infine qualcuno
le fissa sulla pagina e lì riprendono il loro giro sotto altra
forma, oppure rimangono chiuse in qualche cassetto come farfalle
che non riescono a trovare la via che le conduce all'aria
libera. Perché ci piace così tanto raccontarle, leggerle o
starle a sentire? Potrebbero cadere nell'oblio, altrimenti,
invece di assumere una loro particolare forma di immortalità, o
almeno di longevità difficile da chiarire completamente. Perché?
* Il bello di viaggiare in treno è quando la ferrovia segue una
stradina di campagna, diritta e deserta tra i campi di grano o
in mezzo al bosco. Gli occhi percorrono dal vetro veloce la
campagna domata dall'uomo attraverso ponti e solchi, tra siepi e
alberi giovani, e rincorrono pensieri vivaci o malinconici,
quando la nebbia al crepuscolo esala in fantasmici lenzuoli e
prelude ad un mondo di confine.
* L'unico elemento che segnava il confine tra Belgio e
Lussemburgo era un piccolo cartello quadrato, con stelle bianche
disposte in cerchio su fondo blu e la scritta bianca Luxembourg
al centro. Con l'Europa Unita viene a mancare quel brivido
nell'attraversare una frontiera ed entrare in un altro mondo.
Eravamo già in una nuova nazione e quasi non ce ne siamo
accorti. La strada continuava a correre diritta dividendo
un'immensa pianura boscosa.
La Capitale era a soli 16 chilometri dal castello di Hollenfels.
Tutto in Lussemburgo è vicino. Sulle strade praticamente deserte
si può benissimo tenere una media di 80 orari, con punte fino a
120 nei frequenti rettilinei. Benché attraversino paesaggi
piuttosto monotoni, quelle strade erano fantastiche. Tratti al
sole, tra i campi con le mucche a pascolo, si alternano a
boschetti ombrosi o a file di platani come nei viali cittadini.
Un paesaggio molto rilassante per chi guida. Strano a dirsi,
sono proprio le strade ciò che forse ricordo meglio di quella
minuscola nazione europea, scarsamente popolata, l'unico
granducato esistente al mondo.
* Ampi spazi deserti nella luce del crepuscolo d'ottobre. Linee
diritte, taglienti; colori artificiali, giganti di cemento senza
voce e senza storia dove la vita pare sospesa. All'uscita nel
parcheggio un dettaglio mi riscalda il cuore: un piccolo
ristorante cinese, con lanterne rosse appese all'entrata, da
poco accese nel gelido tramonto industriale.
* Le città sono tutte uguali agli occhi di chi viaggia e passa
una notte in un viale deserto, stanco, solo come al solito
perché "solo" è la sua condizione e sì… in fondo l'accetta…
eppure… La nebbia di novembre sfuma le luci, leviga le ombre,
rende brillanti ed oscuri i palazzi di periferia. I passi
risuonano indiscreti. Una lattina vuota mossa dal vento rotola
sull'asfalto - un suono minaccioso. I volti dei passanti hanno
un aspetto ostile per il viaggiatore inquieto, estraneo al
cosmo. |
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