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Caffè Letterario Musicale
Disfunzione sonore
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da'namaste: la recensione di "
in2i"
Lo
attendevo con trepidazione e molta curiosità e
finalmente è tra le mie mani il nuovo cd dei da'namaste,
in2i, per esteso indietro nei 2005 inverno,
distribuito (direi "meritatamente") a livello
nazionale dalla Venus.
Ma direi di raccontare tutta la storia dal
principio:
Invitato ufficialmente dai gentilissimi fratelli
Teresa e Francesco Tedesco (entrambi voce, chitarre
e compositori della band) alla presentazione del cd
presso l'Arcadia, teatro sito in Angri, Salerno, ho
potuto ascoltare in anteprima dal vivo i nuovi pezzi
presentati orgogliosamente e con una buona dose di
entusiasmo dai nostri.
L'atmosfera è molto rilassata, quasi informale;
tanti sorrisi, incitamenti, pacche sulla spalla, e
una risposta di pubblico che mi ha lasciato
piacevolmente sorpreso.
Mi piazzo al lato del palco e con "orecchio clinico"
(scusate il "non sense") seguo l'evolversi dei brani
ma soprattutto l'atmosfera e i temi che mi sembrano
(a primo ascolto) cambiati rispetto al primo,
stupendo, album. Parliamo di atmosfera, di mood in
termini musicali, e subito quello che si
materializza nelle testa è che i nuovi pezzi hanno
una sorta di apertura verso melodie e tematiche meno
cupe e dolorose. Una sorta di spiraglio verso una
luce intimamente agognata, cercata, sognata.
Luce: un termine che in varie sfumature e
significati ritroveremo costantemente in questa
recensione. Sia chiaro, i da'namaste non hanno
composto canzoni facili o allegre ( anzi alcune sono
tra le più complesse e personali che abbiano mai
composto) ma si avverte una sorta di rinascita verso
nuove dimensioni di struttura musicale e
ispirazione.
Torno
a casa deciso ad indagare con maggiore lucidità e
raziocinio quella visione che è scaturita di getto,
quasi onirica, dal contatto diretto con la musica e
il giorno seguente mettendo il cd nel lettore e
guardando attentamente la copertina tutto mi è
chiaro.
Mentre in "Priva di rilievo" il colore dominante era
il grigio, tonalità che trasfigurava in musica
sentimenti come l'incomunicabilità, la solitudine
metropolitana, il vuoto di una vita sprecata e
insensibile ( e la copertina ne era una chiara
manifestazione) senza alcun speranza o attesa, nel
nuovo in2ì, i da'namaste dipingono tutto di bianco.
Il bianco malinconico di un paesaggio d'inverno (
non più soffocante ma quasi consolante) in attesa
(spasmodica) che la primavera ritorni nuovamente
nell'eterno ciclo delle stagioni.
Il bianco della speranza che seppur lacera e
costruisce aspettative troppo lontane e sfuggenti (
il personaggio in copertina ne è la riprova) alla
fine del tunnel vi è sempre una luce calda e
avvolgente che dirada le ombre e distrugge le
insicurezze ( vedi il retro copertina).
Bianco come il tepore di un sogno ( Attendo quasi un
sogno che mi sorprenda, attendo quasi un sogno che
mi svegli… cantano Teresa e Francesco nel pezzo Come
ora, capolavoro dell'intero album).
Ma analizziamo i vari capitoli di questo lavoro:
Chiara come d'assenza, primo brano del cd, si
ricollega al loro cd d'esordio, Priva di rilievo, ma
nello stesso tempo lo supera e lo consegna
all'oblio. Atmosfere intimiste, desolate, cupe dove
l' influenza dei Tool ( band onirica e "altra" per
antonomasia) è lampante ma mai ingombrante.
Parlavamo di attesa. Sono l'ansia e l'angoscia però,
qui a farla da padrone mentre la luce è così lontana
da sembrare quasi un miraggio. Il desiderio di
afferrarla è invece una costante selvaggia e
prepotente che sembra lasciare quasi tramortiti e
prostrati. Ottimo il lavoro del bassista Giulio
Citarella.
Mira le Cattedrali se ancora non è chiaro nel
titolo, racconta lo sguardo della band, attraverso
vetri opachi e gocciolanti, verso cattedrali
solitarie e maestose ( simbolo del successo a cui
aspirano o solo di un "semplice capirsi",
finalmente?) attorniate da un deserto di ghiaccio e
neve. Ecco l'inverno, ecco il bianco, colore cardine
della visione da'namastiana. Psichedelia e post rock
in un turbine di suoni e sentimenti cangianti. La
nuova stagione è ancora lontana.
Nebbia è personale struggimento; è il dolore
dell'anima che non si riesce a rivelare ( eppur
vorrebbe…) senza sentirsi poi spoglia e inutile. La
nebbia ( bianco denso, freddo e avvolgente) è nel
cuore come fumo che soffoca e uccide l'io.
L'uomo e il resto registra una sezione ritmica da
paura ( alla batteria è Rita Marchitiello) e un post
rock maturo e contaminato da diversi generi.
Concettualmente è una fuga estemporanea dalla sfera
intima per poter abbracciare tematiche più
universali e di attenzione comune. Non esiste solo
il paesaggio innevato fuori dalla finestra, ma un
mondo di problemi e paure ancora più insormontabili
e estreme. Forse una momentanea rassicurazione,
seppur egoistica…
Con Come ora la forma canzone raggiunge i suoi
risultati più compiuti ed esaltanti e si grida al
capolavoro ( potrebbe diventare un singolo di
successo se spinto a dovere). Le voci di Teresa e
Francesco sono le voci dell' intera umanità che
prostata da un inverno rigido e tagliente si ristora
dall'intravedere i primi bagliori ( ancora luce )
della nuova stagione mai tanto agognata e cercata,
sempre con sofferenza.
Per nulla è tutto è la rabbia che scema lentamente
ma il ricordo è ancora presente e lancia scudisciate
verso se stessi e chi non ha ancora compreso o non
vuole comprendere la complessità di un sentimento
(l'attesa) che seppure nulla( per gli altri) è
tutto( per i da'namaste). Musicalmente il brano è
durezza( mai come prima nella musica della band) e
dolcezza insieme. Secondo capolavoro.
Pre-visione è come svegliarsi di notte nel proprio
letto, caldo e rassicurante, dopo un brutto incubo.
Soltanto un deja-vu di cose e pensieri ormai persi
nella sfera onirica.
Inverno è come descrivere un sogno o un ricordo del
passato attraverso l'arte ( poesia, racconto,
musica), interpretando il proprio sentire con occhio
distaccato e critico. La nuova stagione già c'è, ora
è il momento del rimembrare e del capire. Prima che
arrivi un nuovo inverno e un sentire diverso.
La pancia dei pesci è la stanchezza ma anche il
conforto e l'eccitazione per essere arrivati. Ora
sono solo promesse ( a volte vaghe, altre inutili
perché difficilmente mantenibili) che tutto sarà
diverso e che i da'namaste saranno diversi perché
tutto intorno a loro è cambiato. Ingenuità (
concettuale) vestita di una composizione acustica e
molto intima. Pregevoli gli inserti di violino.
Terzo capolavoro espressivo.
L'idea del secolo è l'uomo/ donna/ eroe/eroina che
si sente forte e immortale dopo un lungo viaggio
(interiore) irto di trappole infime e di ferite
ormai quasi del tutto rimarginate. Voltandosi
indietro ha la sicurezza e la presunzione insieme di
poter spianare la strada anche per quelli che
verranno dopo. Brano solare e pieno di luce
positiva.
Lieto fine è semplicemente la fine di tutto. Non più
speranza, non più attesa non più sofferenza, non più
eccitazione. Solo il godimento cieco ma appagante di
una fine di cui si assapora ogni istante come un
nettare divino.
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