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da'namaste: la recensione di " in2i"
 

Articolo di Eduardo Vitolo


Lo attendevo con trepidazione e molta curiosità e finalmente è tra le mie mani il nuovo cd dei da'namaste, in2i, per esteso indietro nei 2005 inverno, distribuito (direi "meritatamente") a livello nazionale dalla Venus.
Ma direi di raccontare tutta la storia dal principio:
Invitato ufficialmente dai gentilissimi fratelli Teresa e Francesco Tedesco (entrambi voce, chitarre e compositori della band) alla presentazione del cd presso l'Arcadia, teatro sito in Angri, Salerno, ho potuto ascoltare in anteprima dal vivo i nuovi pezzi presentati orgogliosamente e con una buona dose di entusiasmo dai nostri.
L'atmosfera è molto rilassata, quasi informale; tanti sorrisi, incitamenti, pacche sulla spalla, e una risposta di pubblico che mi ha lasciato piacevolmente sorpreso.
Mi piazzo al lato del palco e con "orecchio clinico" (scusate il "non sense") seguo l'evolversi dei brani ma soprattutto l'atmosfera e i temi che mi sembrano (a primo ascolto) cambiati rispetto al primo, stupendo, album. Parliamo di atmosfera, di mood in termini musicali, e subito quello che si materializza nelle testa è che i nuovi pezzi hanno una sorta di apertura verso melodie e tematiche meno cupe e dolorose. Una sorta di spiraglio verso una luce intimamente agognata, cercata, sognata.
Luce: un termine che in varie sfumature e significati ritroveremo costantemente in questa recensione. Sia chiaro, i da'namaste non hanno composto canzoni facili o allegre ( anzi alcune sono tra le più complesse e personali che abbiano mai composto) ma si avverte una sorta di rinascita verso nuove dimensioni di struttura musicale e ispirazione.
Torno a casa deciso ad indagare con maggiore lucidità e raziocinio quella visione che è scaturita di getto, quasi onirica, dal contatto diretto con la musica e il giorno seguente mettendo il cd nel lettore e guardando attentamente la copertina tutto mi è chiaro.
Mentre in "Priva di rilievo" il colore dominante era il grigio, tonalità che trasfigurava in musica sentimenti come l'incomunicabilità, la solitudine metropolitana, il vuoto di una vita sprecata e insensibile ( e la copertina ne era una chiara manifestazione) senza alcun speranza o attesa, nel nuovo in2ì, i da'namaste dipingono tutto di bianco.
Il bianco malinconico di un paesaggio d'inverno ( non più soffocante ma quasi consolante) in attesa (spasmodica) che la primavera ritorni nuovamente nell'eterno ciclo delle stagioni.
Il bianco della speranza che seppur lacera e costruisce aspettative troppo lontane e sfuggenti ( il personaggio in copertina ne è la riprova) alla fine del tunnel vi è sempre una luce calda e avvolgente che dirada le ombre e distrugge le insicurezze ( vedi il retro copertina).
Bianco come il tepore di un sogno ( Attendo quasi un sogno che mi sorprenda, attendo quasi un sogno che mi svegli… cantano Teresa e Francesco nel pezzo Come ora, capolavoro dell'intero album).
Ma analizziamo i vari capitoli di questo lavoro:
Chiara come d'assenza, primo brano del cd, si ricollega al loro cd d'esordio, Priva di rilievo, ma nello stesso tempo lo supera e lo consegna all'oblio. Atmosfere intimiste, desolate, cupe dove l' influenza dei Tool ( band onirica e "altra" per antonomasia) è lampante ma mai ingombrante. Parlavamo di attesa. Sono l'ansia e l'angoscia però, qui a farla da padrone mentre la luce è così lontana da sembrare quasi un miraggio. Il desiderio di afferrarla è invece una costante selvaggia e prepotente che sembra lasciare quasi tramortiti e prostrati. Ottimo il lavoro del bassista Giulio Citarella.
Mira le Cattedrali se ancora non è chiaro nel titolo, racconta lo sguardo della band, attraverso vetri opachi e gocciolanti, verso cattedrali solitarie e maestose ( simbolo del successo a cui aspirano o solo di un "semplice capirsi", finalmente?) attorniate da un deserto di ghiaccio e neve. Ecco l'inverno, ecco il bianco, colore cardine della visione da'namastiana. Psichedelia e post rock in un turbine di suoni e sentimenti cangianti. La nuova stagione è ancora lontana.
Nebbia è personale struggimento; è il dolore dell'anima che non si riesce a rivelare ( eppur vorrebbe…) senza sentirsi poi spoglia e inutile. La nebbia ( bianco denso, freddo e avvolgente) è nel cuore come fumo che soffoca e uccide l'io.
L'uomo e il resto registra una sezione ritmica da paura ( alla batteria è Rita Marchitiello) e un post rock maturo e contaminato da diversi generi. Concettualmente è una fuga estemporanea dalla sfera intima per poter abbracciare tematiche più universali e di attenzione comune. Non esiste solo il paesaggio innevato fuori dalla finestra, ma un mondo di problemi e paure ancora più insormontabili e estreme. Forse una momentanea rassicurazione, seppur egoistica…
Con Come ora la forma canzone raggiunge i suoi risultati più compiuti ed esaltanti e si grida al capolavoro ( potrebbe diventare un singolo di successo se spinto a dovere). Le voci di Teresa e Francesco sono le voci dell' intera umanità che prostata da un inverno rigido e tagliente si ristora dall'intravedere i primi bagliori ( ancora luce ) della nuova stagione mai tanto agognata e cercata, sempre con sofferenza.
Per nulla è tutto è la rabbia che scema lentamente ma il ricordo è ancora presente e lancia scudisciate verso se stessi e chi non ha ancora compreso o non vuole comprendere la complessità di un sentimento (l'attesa) che seppure nulla( per gli altri) è tutto( per i da'namaste). Musicalmente il brano è durezza( mai come prima nella musica della band) e dolcezza insieme. Secondo capolavoro.
Pre-visione è come svegliarsi di notte nel proprio letto, caldo e rassicurante, dopo un brutto incubo. Soltanto un deja-vu di cose e pensieri ormai persi nella sfera onirica.
Inverno è come descrivere un sogno o un ricordo del passato attraverso l'arte ( poesia, racconto, musica), interpretando il proprio sentire con occhio distaccato e critico. La nuova stagione già c'è, ora è il momento del rimembrare e del capire. Prima che arrivi un nuovo inverno e un sentire diverso.
La pancia dei pesci è la stanchezza ma anche il conforto e l'eccitazione per essere arrivati. Ora sono solo promesse ( a volte vaghe, altre inutili perché difficilmente mantenibili) che tutto sarà diverso e che i da'namaste saranno diversi perché tutto intorno a loro è cambiato. Ingenuità ( concettuale) vestita di una composizione acustica e molto intima. Pregevoli gli inserti di violino. Terzo capolavoro espressivo.
L'idea del secolo è l'uomo/ donna/ eroe/eroina che si sente forte e immortale dopo un lungo viaggio (interiore) irto di trappole infime e di ferite ormai quasi del tutto rimarginate. Voltandosi indietro ha la sicurezza e la presunzione insieme di poter spianare la strada anche per quelli che verranno dopo. Brano solare e pieno di luce positiva.
Lieto fine è semplicemente la fine di tutto. Non più speranza, non più attesa non più sofferenza, non più eccitazione. Solo il godimento cieco ma appagante di una fine di cui si assapora ogni istante come un nettare divino.

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