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Editoriali

Senza la crisi l'arte cosa sarebbe?
di Alessandro Rizzo
Crisi
di Andrea Cantucci

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Rubrica a cura di Paolo Filippi

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Crisi
 

Stato transitorio di particolare difficoltà o di turbamento nella vita di un uomo o di una società, o repentino aggravamento del corso clinico di una malattia, questo è ciò che dice il dizionario Garzanti sulla parola "crisi". D'altronde quel particolare tipo di difficoltà che va sotto il nome di crisi creativa è perfettamente noto a scrittori ed artisti in genere, che spesso ne sono periodicamente afflitti. Ora poi, nella vecchia Europa ma non solo, ci ritroviamo collettivamente immersi in uno stato di crisi generale, economica ma anche politica, che tutto sembra fuorché transitoria, che assomiglia semmai all'aggravamento della malattia suddetta e che può fare purtroppo temere non solo per la futura salute, ma addirittura per una dignitosa sopravvivenza di quel paziente sempre più grave che oggi siamo tutti noi, tanto che la principale preoccupazione è ormai diventata come uscire da questa onnipresente e apparentemente irreversibile crisi.
Ovviamente non sarà certo un racconto o una poesia, per quanto belli, a dare il colpo determinante per invertire la tendenza e salvarci tutti, ma anche scrivere può servire a riflettere su situazioni personali o generali, a denunciarle e soprattutto a prenderne coscienza, magari fino a rendersi conto che, come suggeriscono le due definizioni del dizionario, qualunque crisi non è che il sintomo di qualcosa che non va, qualcosa che può intaccare la salute psicologica e sociale come accade per le malattie dei corpi fisici. La guarigione sarà quindi condizionata dalla disponibilità a intraprendere seriamente la cura giusta, dalla capacità di individuare le cause e rimuoverle, fino a ché non subentri finalmente un cambiamento che sia davvero salutare, perché ricordiamoci che in greco antico la parola "crisis" significava sia "difficoltà" che "opportunità", l'opportunità di migliorare le cose e sé stessi reagendo in modo adeguato.
Nel caso dell'attuale crisi, poiché sembra dipendere essenzialmente dal modo in cui è organizzata l'economia globale e poiché i principi economici su cui questa si basa non sono parte naturale della società, ma sono stati inventati dagli economisti degli ultimi secoli, se ci interessano davvero la salute e il benessere collettivi, l'ovvia e inevitabile contromisura dovrebbe essere quella di mettere in discussione tali principi, modificandoli nel senso di una maggiore giustizia sociale e di una più equa ripartizione delle limitate ricchezze del pianeta, constatando l'impossibilità che queste possano essere fatte aumentare e sfruttate all'infinito a vantaggio quasi esclusivo di pochi privilegiati, come si è tentato ciecamente di fare finora. Occorrerebbe insomma cambiare medicina, ovvero cambiare sistema, prima che sia troppo tardi, abbandonare le speculazioni che non producendo nulla "drogano" il mercato anziché curarlo e disintossicarsi gradualmente dal capitalismo prima che subentri un'overdose fatale.

Andrea Cantucci
redattore della sezione arti visive

* * *

Un ringraziamento agli autori che ancora una volta hanno inviato il loro prezioso contributo a questo numero. Li invito di nuovo, insieme agli altri autori che ancora non hanno trovato spazio sulle pagine elettroniche di SDP, ad inviare le loro opere entro il
31 dicembre 2012. Il prossimo tema: istruzione.

Massimo Acciai
Direttore di Segreti di Pulcinella

Contatore visite dal 6 giugno 2011
 
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