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Editoriali
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Marco Bazzato
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Catalogo
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Crisi
Stato transitorio di particolare difficoltà o di
turbamento nella vita di un uomo o di una società, o
repentino aggravamento del corso clinico di una
malattia, questo è ciò che dice il dizionario
Garzanti sulla parola "crisi". D'altronde quel
particolare tipo di difficoltà che va sotto il nome
di crisi creativa è perfettamente noto a scrittori
ed artisti in genere, che spesso ne sono
periodicamente afflitti. Ora poi, nella vecchia
Europa ma non solo, ci ritroviamo collettivamente
immersi in uno stato di crisi generale, economica ma
anche politica, che tutto sembra fuorché
transitoria, che assomiglia semmai all'aggravamento
della malattia suddetta e che può fare purtroppo
temere non solo per la futura salute, ma addirittura
per una dignitosa sopravvivenza di quel paziente
sempre più grave che oggi siamo tutti noi, tanto che
la principale preoccupazione è ormai diventata come
uscire da questa onnipresente e apparentemente
irreversibile crisi.
Ovviamente non sarà certo un racconto o una poesia,
per quanto belli, a dare il colpo determinante per
invertire la tendenza e salvarci tutti, ma anche
scrivere può servire a riflettere su situazioni
personali o generali, a denunciarle e soprattutto a
prenderne coscienza, magari fino a rendersi conto
che, come suggeriscono le due definizioni del
dizionario, qualunque crisi non è che il sintomo di
qualcosa che non va, qualcosa che può intaccare la
salute psicologica e sociale come accade per le
malattie dei corpi fisici. La guarigione sarà quindi
condizionata dalla disponibilità a intraprendere
seriamente la cura giusta, dalla capacità di
individuare le cause e rimuoverle, fino a ché non
subentri finalmente un cambiamento che sia davvero
salutare, perché ricordiamoci che in greco antico la
parola "crisis" significava sia "difficoltà" che
"opportunità", l'opportunità di migliorare le cose e
sé stessi reagendo in modo adeguato.
Nel caso dell'attuale crisi, poiché sembra dipendere
essenzialmente dal modo in cui è organizzata
l'economia globale e poiché i principi economici su
cui questa si basa non sono parte naturale della
società, ma sono stati inventati dagli economisti
degli ultimi secoli, se ci interessano davvero la
salute e il benessere collettivi, l'ovvia e
inevitabile contromisura dovrebbe essere quella di
mettere in discussione tali principi, modificandoli
nel senso di una maggiore giustizia sociale e di una
più equa ripartizione delle limitate ricchezze del
pianeta, constatando l'impossibilità che queste
possano essere fatte aumentare e sfruttate
all'infinito a vantaggio quasi esclusivo di pochi
privilegiati, come si è tentato ciecamente di fare
finora. Occorrerebbe insomma cambiare medicina,
ovvero cambiare sistema, prima che sia troppo tardi,
abbandonare le speculazioni che non producendo nulla
"drogano" il mercato anziché curarlo e
disintossicarsi gradualmente dal capitalismo prima
che subentri un'overdose fatale.
Andrea Cantucci
redattore della sezione arti visive
* * *
Un ringraziamento agli autori che ancora una volta
hanno inviato il loro prezioso contributo a questo
numero. Li invito di nuovo, insieme agli altri
autori che ancora non hanno trovato spazio sulle
pagine elettroniche di SDP, ad inviare le loro opere
entro il
31 dicembre 2012. Il prossimo tema:
istruzione.
Massimo Acciai
Direttore di Segreti di Pulcinella
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