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Editoriali
Il desiderio, tra tragedia e tensione: oggi
dov'è questo anelito creativo?
di
Alessandro Rizzo
Il senso del desiderio
di Andrea Cantucci
Progetto Emmaus
Il romanzo thriller di Marco Bazzato, autore
de
Il Campo del Vasaio (Mt. 27,7), è
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Marco Bazzato
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Il desiderio, tra tragedia e
tensione: oggi dov'è questo anelito creativo?
Se ci domandiamo che cosa muove intrinsecamente
l'essere umano nella sua tenuta esistenziale è
solamente in una parola la risposta chiara e
precisa: il desiderio. Diversi psicologi, sessuologi,
ma anche scienziati, nonché artisti e letterati
hanno voluto domandarsi nella storia dell'umanità
che cosa sia quell'impulso recondito e interiore,
irrefrenabile, vivo nella sua dirompenza, che esula
dal corpo, esce dallo spazio fisico e tangibile, per
volgersi verso altri panorami, reconditi, infiniti,
universali, di ricerca di un oggetto, o di un'idea,
di un valore, che, se trovato, porterebbe quello che
Shaw definisce cessazione della stessa esistenza. La
cessazione dell'azione di agognare è sinonimo di
cessazione di vita, in quanto il significato, che
diventa lirico, delle nostre giornate va a
tramontare: e questo crea la fine totale di ogni
impulso, di ogni fonte di ispirazione e di ricerca
che hanno mosso l'essere umano verso
l'inafferrabile, spesso l'ineffabile, spesso
l'impossibile da ottenere.
Si sa le ossessioni, conseguenza comportamentale che
deriva dal desiderio, creano arte: ogni autore, ogni
pittore, ogni fotografo persegue le proprie
ossessioni al momento della produzione. L'arte
diventa infinito e universale, proprio perchè
garantisce la soddisfazione, attraverso quell'immaginazione
che diventa reale, concreto oggetto, delle pulsioni
che alimentano visioni eteree e metafisiche. Ma il
raggiungimento della creazione dell'opera nella sua
completezza può dire di essere elemento
soddisfacente il trasporto umano che alimenta la
tensione verso l'elemento irraggiungibile? Non è
necessariamente un momento che possa coincidere con
la fine totale del desiderio, essendo quello
rappresentato una semplice sua similitudine,
allegoria, significante dell'oggetto del desiderio,
non l'elemento tanto agognato. Nell'artista il moto
del desiderio prosegue, non cessa.
Oggi si parla dell'epoca della fine del desiderio.
Una società, come quella in cui viviamo, dove viene
proposto tutto e in modo diretto e facile nel
raggiungerlo, alimenta solo frustrazioni o bisogni
indotti, che non sono configurabili come desideri:
sussiste l'edonismo effimero, la ricerca ossessiva
di qualcosa che non si alimenta partendo dal nostro
io ma che viene alimentato da qualcosa di esterno,
indotto, generato in modo estraneo dalla nostra
personalità, quindi alienante e alienato.
Il desiderio nasce da un vuoto, in quanto, come
dicono Deleuze e Guattari, è itinerario verso una
conquista di qualcosa di diverso, di non
disponibile, di astratto, come l'amore, la felicità,
la beatitudine. Nei romanzi di Calvino e di Borges
troviamo la trama che si identifica con un vero e
proprio viaggio, quell'itinerario e quel percorso
che nasce dal desiderio di raggiungere una finalità,
dal desiderio di riscatto di un eroe, dal desiderio
del proibito di un antieroe, in certa letteratura
distopica, in un circolo che si può definire come
chiuso ma infinito, tra l'anelito di cambiamento
rivoluzionario, la tensione verso l'inafferrabile, e
l'appartenenza a un mondo reale e contingente, che
nega l'oggetto del desiderio, in quanto non lo
include, ma, bensì, lo prefigura come proiezione
della soggettività dell'individuo, che tende verso
il qualcosa di assoluto in quanto bramato. È la
volizione dell'inconscio direbbe Lacan: ossia quel
procedere in avanti, elevandosi dal tangibile e
concreto presente. In questo sta la duplicità e la
complessità del desiderio come motore della nostra
esistenza, un misto tra memoria del nostro essere e
un futuro dove il desiderio è realizzato, direbbe
Eliot. Dalla macchinazione del desiderio, come
liquiderebbe puntualmente Peter Brooks, nasce e
sorge la trama di un racconto: ma nasce anche la
narrazione di un'opera, sia essa visiva,
fotografica, pittorica, musicale. Nuovi mondi
possibili e, matericamente impossibili, quindi, che
vengono cercati e ricercati, in un circuito dinamico
e continuo, fatto di asperità e di ostacoli verso la
conclusione, si spera mai raggiungibile, di questo
viaggio. Questo è il miglior mondo possibile è la
titpica asserzione, di leibniziana memoria, che nega
l'anelito e la tensione verso il desiderio, ora
indisponibile. In tutto questo la compulsione,
frenesia evanescente che ci è incussa dalla società
alienata post moderna, è, quindi, negazione del
desiderio. È la cessazione di ogni spinta verso
l'anelito. È la fine dell'arte, la sua sepoltura, la
sua devastazione, il suo totale abbattimento. La
compulsione insterilisce l'opera, la rende una non
opera, banale e scontata, asfittica e inutile, dato
che è solo dal desiderio che nascono i significanti
che spiegano l'arte, affidandole, esteticamente,
quel valore concettuale di pensiero e di visione,
rivisitazione del reale e una sua riproposizione. Il
desiderio è anche la necessità verso l'immortalità,
"perpetuazione in eterno di un grande errore"
direbbe Arthur Schopenhauer.
Solo l'arte, quindi, può dare significato estetico e
contenutistico, qui il significante lirico e
poetico, a quell'eternità che è la base del nostro
desiderio umano e collettivo: un movimento che
dall'individuo cresce e che va a inserirsi nel
"meccanismo della volizione", che vede i nostri
consimili uniti da un file rouge di continuo
movimento, quindi di esistenza, di vita, di
creatività, dato che il proibito, soprattutto,
eterodossia rispetto all'omologante imposizione
sociale e culturale dei bisogni, che non sono
desideri, è spesso quella negazione che crea il
vuoto da riempire con la tensione verso l'alto,
quindi narrativamente artistica, per impossessarsi
del desiderato: Ovidio è presente in questo. Il
raggiungimento del desiderio crea anche l'elemento
tragico, quindi artistico e lirico, della narrazione
di un'opera, dovuto alla ricerca spasmodica che si
autoalimenta di una tensione che mai potrà essere
placata, direbbe Oscar Wilde, perchè non
soddisfacibile.
Alessandro
Rizzo
* * *
Un ringraziamento agli autori che ancora una volta
hanno inviato il loro prezioso contributo a questo
numero. Li invito di nuovo, insieme agli altri
autori che ancora non hanno trovato spazio sulle
pagine elettroniche di SDP, ad inviare le loro opere
entro il
31 dicembre 2013. Il prossimo tema:
Il verde.
Massimo Acciai
Direttore di Segreti di Pulcinella
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