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Buddismo e dipendenze
Articolo di Massimo Acciai

 

Buddismo e dipendenze
 

Massimo Acciai


Fino a qualche tempo fa veniva a farmi visita Pasquale, un giovane Testimone di Geova che si era messo in testa di convertirmi. Abbandonato infine, o così credo, l'obiettivo di fronte alla mia ferma opposizione a qualunque tipo di divinità - monoteista o politeista che sia - si era istaurata col tempo un'amicizia e un bel dialogo che toccava vari argomenti. Vista la pazienza con cui avevo ascoltato le sue argomentazioni pro Geova, Pasquale aveva accettato di buon grado che gli parlassi a mia volta di buddismo. Premetto che da 12 anni abbondanti pratico il buddismo di Nichiren Daishonin, monaco giapponese vissuto nel XIII secolo, ed in particolare sono membro della Soka Gakkai, l'organizzazione laica che ha avuto un incredibile sviluppo a livello mondiale negli ultimi decenni.
Ad un certo punto del mio "shakubuku" (termine con cui molti fraitendono "proselitismo", ma che è invece la semplice azione di parlare della propria fede, nel pieno rispetto delle idee dell'altro) Pasquale mi interruppe con un'osservazione che mi lasciò per un attimo interdetto. Mi disse qualcosa del tipo: "Sì, però perché ci sono così tanti fumatori tra i buddisti?". Lì per lì non seppi cosa rispondere, ben sapendo che non vi sono fumatori tra i Testimoni di Geova: dovetti solo riconoscere che su questo punto loro sono più coerenti di noi buddisti. Era evidente. Tra i principi fondanti del buddismo, di qualunque scuola o corrente si tratti, vi è quello del rispetto per la propria vita e quella degli altri. Rispetto per la salute. C'è anche un altro principio basilare: il buddità viene descritta come una condizione di assoluta libertà. Libertà da cosa? Da attaccamenti e dipendenze. L'atto di fumare, e quindi da una parte immettere sostanze nocive nell'organismo, (accorciando la vita) e creare una dipendenza dall'altra, viola palesemente tutti e tre i principi: è un'offesa alla nostra vita e a quella degli altri (fumo passivo) e ci rende schiavi di un brutto vizio. È in pratica un'offesa alla Legge.
Mentre Pasquale attendeva una mia replica io pensai al principio di "Segui la Legge, non seguire la persona": ossia non guardare se gli altri sbagliano, cerca di non sbagliare tu. Premetto che io non ho mai fumato in vita mia e che anzi la puzza del fumo mi è insopportabile. Aggiungo anche che non per questo non ho anch'io le mie pecche e contraddizioni, ma la domanda del mio amico era ben precisa e circostanziata: perché i buddisti, che predicano il rispetto per la vita e la libertà da dipendenze, fumano?
Dovetti riconoscere che non aveva tutti i torti, anzi aveva risvegliato in me una domanda latente che già mi ero posto in modo superficiale al momento in cui avevo iniziato la mia pratica. Qualcosa che pensavo mentre facevo volontariato al Kaikan (il centro buddista) spazzando il cortiletto dalle numerose cicche buttate per terra, tra l'altro senza rispetto per il luogo e il lavoro dei volontari. Insomma, la cosa non mi tornava. Non mi tornava affatto. La questione è stata poi accantonata per anni nella mia mente, fino a reclamare di recente la mia attenzione, senza un motivo particolare. Sentivo che dovevo andare a fondo, che non mi basta più il "Segui la Legge, non seguire la persona". C'è una reale contraddizione? Chi fuma sta praticando correttamente questo buddismo o no? Insomma, avevo bisogno di confrontarmi con altri su questo tema.
La prima persona a cui mi sono rivolto è stato proprio un buddista, ex fumatore. Non so bene cosa mi aspettassi: forse ero solo curioso di sapere cosa mi avrebbe risposto. Mi avrebbe dato ragione? Mi avrebbe dato torto? E con quali argomentazioni?
Bene. Mi ha dato torto. Devo dire che le argomentazioni non mi hanno convinto assolutamente. Ha iniziato col dirmi che buddismo è assoluta libertà - e fin qui pienamente d'accordo, anzi la questione era proprio il concetto di libertà; ma stavamo parlando chiaramente di due libertà diverse: io intendevo "libertà dalle dipendenze", lui intendeva "libertà personale di fare ciò che si vuole con la propria vita". Io obiettai che molti buddisti, soprattutto quando questo buddismo è stato introdotto il Italia, hanno abbracciato la fede proprio per liberarsi da problemi di tossicodipendenza1. Lui rispose (prevedibile) che non si può paragonare il tabacco all'eroina. Io ribattei che si tratta comunque in entrambi i casi di dipendenza e per quanto riguarda il danno alla salute è solo una questione di quantità: chiaro che l'eroina fa più male del fumo, ma quest'ultimo - lo sanno anche i bambini - aumenta il rischio di cancro e malattie cardiovascolari (per quanto ne dicano alcuni folli che sostengono il contrario). Insomma si tratta in entrambi i casi di droghe: l'una legale, l'altra no; l'una uccide lentamente, l'altra velocemente. Il responsabile ammise che in ogni caso è sempre meglio non fumare, ma che se prendevo questa strada di rigidità ed intransigenza sarebbe andata a finire male. Che insomma anch'io avevo i miei difetti (sì, lo riconosco, più che giusto, ma mi sembra un comodo modo per sviare il discorso…). Ribattei anche che non si può dire "fumare non è contro il buddismo" solo per attrarre persone alla fede, per "far numero": il buddismo è una cosa seria, o lo si pratica correttamente o è meglio lasciar perdere. È giusto porre la questione, senza temere di offendere la sensibilità dei fumatori, i quali è bene che si prendano la responsabilità delle loro azioni - secondo un altro grande principio enunciato da Shakyamuni: la Legge di Causa ed Effetto. Buddismo è Libertà, ma è anche Responsabilità. Tutto ciò che facciamo alla nostra vita, e a quella degli altri, di buono o di cattivo ci ritorna indietro. Se si nega questo evidente principio è bene far festa e smetterla di perder tempo a recitare il mantra.
Sorvolo sull'argomentazione "Anche il secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda, fumava, e non poco" - con cui mi avrebbero ribattuto poi in molti - perché è talmente autoevidente l'assurdità che non vale la pena spenderci molte parole: probabilmente ai tempi di Toda non si conoscevano i reali danni del fumo, ma anche se fosse stato consapevole di quanto si stava autoinfliggendo (ricordiamo che è morto giovane, di malattia) non è certo un esempio da seguire per quanto riguarda quest'aspetto: era un essere umano anche lui, aveva i suoi difetti.
Uscito insomma del tutto insoddisfatto da questo primo confronto, decisi di mettere un post su varie pagine di Facebook dedicate alla Soka Gakkai e al buddismo in generale. La prima risposta venne da un fumatore il quale ribadì con forza che non c'era nessuna contraddizione con la dottrina buddista, a patto che uno accettasse consapevolmente i rischi del fumo e non stesse ad interrogarsi sulla questione. Un "peccato veniale" insomma, su cui non vale la pena soffermarsi (nel buddismo non c'è il concetto di "peccato" ma vabbé, facciamo ad intendersi). Replicato anche a questo, ho visto accorrere altri buddisti fumatori in rinforzo al primo, con argomentazioni analoghe (tra cui quella onnipresente di Toda) ma anche per fortuna interventi contro il fumo. Io quando sostengo una cosa che credo giusta vado avanti anche se fossi l'unico in tutto l'universo a sostenerla, ma devo riconoscere che umanamente fa piacere constatare di non essere soli. Qualcuno mi dava ragione! Anzi, non pochi! La maggioranza - tra ex fumatori, non fumatori e perfino fumatori - sosteneva la mia tesi, portando la propria esperienza. Altri ribattevano che non bisogna essere inflessibili, ed altri ancora estendevano la questione a quella del vegetarianesimo e ad altre collegate. Ponendo la domanda anche al di fuori della comunità buddista ho scoperto che la questione del fumo si pone anche per altre religioni come ad esempio quella cattolica (pare che cattolici e buddisti si questo siano concordi nel non essere concordi, a differenza dei già citati Testimoni di Geova o dei Mormoni che addirittura evitano anche il caffè in quanto sostanza psicotropa).
La questione insomma è tutt'altro che risolta, anzi il dibattito è sempre pronto ad accendersi al momento in cui qualcuno pone il dubbio. Da parte mia vorrei fare alcune precisazioni: non sono contro i fumatori ma contro il vizio del fumo (principio "condanna il peccato, non il peccatore"), i fumatori non vanno incriminati ma semmai invitati a riflettere sulle conseguenze che il loro vizio porta a loro stessi e a chi gli sta intorno. Ecco, questo mi ripropongo con questo piccolo articolo pieno di domande e parco di risposte: semplicemente far riflettere, di modo che ciascuno tragga per proprio conto le proprie conclusioni. Mi sono interrogato a lungo prima di scriverlo, se facessi bene o no; mi sono risposto alla fine che non solo ho fatto bene a scriverlo ma che era anche doveroso da parte mia, altrimenti avrei mancato di compassione. Nichiren stesso invitava a rimproverare chi commetteva un'offesa verso la Legge; ma si tratta non di un "rimprovero" fine a se stesso, bensì un invito a migliorarsi e a migliorare la propria vita. Con la pratica buddista è possibile liberarsi dal fumo, niente è impossibile: basta volerlo.


Firenze, 27 dicembre 2014


1 Proprio ieri ho letto una frase dell'attuale presidente Daisaku Ikeda che cade a proposito: "Buona salute è buddismo. Evitare incidenti stradali e preoccuparsi di essere in buona salute fanno parte della nostra pratica buddista. È importante vivere con saggezza, coscienti che tutte le azioni e le attività che stiamo conducendo per kosen rufu contribuiranno alla nostra salute e al nostro benessere" (Giorno per giorno, Esperia, 2000, 26 dicembre)

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