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Fino a qualche tempo fa veniva a
farmi visita Pasquale, un giovane Testimone di Geova
che si era messo in testa di convertirmi.
Abbandonato infine, o così credo, l'obiettivo di
fronte alla mia ferma opposizione a qualunque tipo
di divinità - monoteista o politeista che sia - si
era istaurata col tempo un'amicizia e un bel dialogo
che toccava vari argomenti. Vista la pazienza con
cui avevo ascoltato le sue argomentazioni pro Geova,
Pasquale aveva accettato di buon grado che gli
parlassi a mia volta di buddismo. Premetto che da 12
anni abbondanti pratico il buddismo di Nichiren
Daishonin, monaco giapponese vissuto nel XIII
secolo, ed in particolare sono membro della Soka
Gakkai, l'organizzazione laica che ha avuto un
incredibile sviluppo a livello mondiale negli ultimi
decenni.
Ad un certo punto del mio "shakubuku" (termine con
cui molti fraitendono "proselitismo", ma che è
invece la semplice azione di parlare della propria
fede, nel pieno rispetto delle idee dell'altro)
Pasquale mi interruppe con un'osservazione che mi
lasciò per un attimo interdetto. Mi disse qualcosa
del tipo: "Sì, però perché ci sono così tanti
fumatori tra i buddisti?". Lì per lì non seppi cosa
rispondere, ben sapendo che non vi sono fumatori tra
i Testimoni di Geova: dovetti solo riconoscere che
su questo punto loro sono più coerenti di noi
buddisti. Era evidente. Tra i principi fondanti del
buddismo, di qualunque scuola o corrente si tratti,
vi è quello del rispetto per la propria vita e
quella degli altri. Rispetto per la salute. C'è
anche un altro principio basilare: il buddità viene
descritta come una condizione di assoluta libertà.
Libertà da cosa? Da attaccamenti e dipendenze.
L'atto di fumare, e quindi da una parte immettere
sostanze nocive nell'organismo, (accorciando la
vita) e creare una dipendenza dall'altra, viola
palesemente tutti e tre i principi: è un'offesa alla
nostra vita e a quella degli altri (fumo passivo) e
ci rende schiavi di un brutto vizio. È in pratica
un'offesa alla Legge.
Mentre Pasquale attendeva una mia replica io pensai
al principio di "Segui la Legge, non seguire la
persona": ossia non guardare se gli altri sbagliano,
cerca di non sbagliare tu. Premetto che io non ho
mai fumato in vita mia e che anzi la puzza del fumo
mi è insopportabile. Aggiungo anche che non per
questo non ho anch'io le mie pecche e
contraddizioni, ma la domanda del mio amico era ben
precisa e circostanziata: perché i buddisti, che
predicano il rispetto per la vita e la libertà da
dipendenze, fumano?
Dovetti riconoscere che non aveva tutti i torti,
anzi aveva risvegliato in me una domanda latente che
già mi ero posto in modo superficiale al momento in
cui avevo iniziato la mia pratica. Qualcosa che
pensavo mentre facevo volontariato al Kaikan (il
centro buddista) spazzando il cortiletto dalle
numerose cicche buttate per terra, tra l'altro senza
rispetto per il luogo e il lavoro dei volontari.
Insomma, la cosa non mi tornava. Non mi tornava
affatto. La questione è stata poi accantonata per
anni nella mia mente, fino a reclamare di recente la
mia attenzione, senza un motivo particolare. Sentivo
che dovevo andare a fondo, che non mi basta più il
"Segui la Legge, non seguire la persona". C'è una
reale contraddizione? Chi fuma sta praticando
correttamente questo buddismo o no? Insomma, avevo
bisogno di confrontarmi con altri su questo tema.
La prima persona a cui mi sono rivolto è stato
proprio un buddista, ex fumatore. Non so bene cosa
mi aspettassi: forse ero solo curioso di sapere cosa
mi avrebbe risposto. Mi avrebbe dato ragione? Mi
avrebbe dato torto? E con quali argomentazioni?
Bene. Mi ha dato torto. Devo dire che le
argomentazioni non mi hanno convinto assolutamente.
Ha iniziato col dirmi che buddismo è assoluta
libertà - e fin qui pienamente d'accordo, anzi la
questione era proprio il concetto di libertà; ma
stavamo parlando chiaramente di due libertà diverse:
io intendevo "libertà dalle dipendenze", lui
intendeva "libertà personale di fare ciò che si
vuole con la propria vita". Io obiettai che molti
buddisti, soprattutto quando questo buddismo è stato
introdotto il Italia, hanno abbracciato la fede
proprio per liberarsi da problemi di
tossicodipendenza1. Lui rispose (prevedibile) che
non si può paragonare il tabacco all'eroina. Io
ribattei che si tratta comunque in entrambi i casi
di dipendenza e per quanto riguarda il danno alla
salute è solo una questione di quantità: chiaro che
l'eroina fa più male del fumo, ma quest'ultimo - lo
sanno anche i bambini - aumenta il rischio di cancro
e malattie cardiovascolari (per quanto ne dicano
alcuni folli che sostengono il contrario). Insomma
si tratta in entrambi i casi di droghe: l'una
legale, l'altra no; l'una uccide lentamente, l'altra
velocemente. Il responsabile ammise che in ogni caso
è sempre meglio non fumare, ma che se prendevo
questa strada di rigidità ed intransigenza sarebbe
andata a finire male. Che insomma anch'io avevo i
miei difetti (sì, lo riconosco, più che giusto, ma
mi sembra un comodo modo per sviare il discorso…).
Ribattei anche che non si può dire "fumare non è
contro il buddismo" solo per attrarre persone alla
fede, per "far numero": il buddismo è una cosa
seria, o lo si pratica correttamente o è meglio
lasciar perdere. È giusto porre la questione, senza
temere di offendere la sensibilità dei fumatori, i
quali è bene che si prendano la responsabilità delle
loro azioni - secondo un altro grande principio
enunciato da Shakyamuni: la Legge di Causa ed
Effetto. Buddismo è Libertà, ma è anche
Responsabilità. Tutto ciò che facciamo alla nostra
vita, e a quella degli altri, di buono o di cattivo
ci ritorna indietro. Se si nega questo evidente
principio è bene far festa e smetterla di perder
tempo a recitare il mantra.
Sorvolo sull'argomentazione "Anche il secondo
presidente della Soka Gakkai, Josei Toda, fumava, e
non poco" - con cui mi avrebbero ribattuto poi in
molti - perché è talmente autoevidente l'assurdità
che non vale la pena spenderci molte parole:
probabilmente ai tempi di Toda non si conoscevano i
reali danni del fumo, ma anche se fosse stato
consapevole di quanto si stava autoinfliggendo
(ricordiamo che è morto giovane, di malattia) non è
certo un esempio da seguire per quanto riguarda
quest'aspetto: era un essere umano anche lui, aveva
i suoi difetti.
Uscito insomma del tutto insoddisfatto da questo
primo confronto, decisi di mettere un post su varie
pagine di Facebook dedicate alla Soka Gakkai e al
buddismo in generale. La prima risposta venne da un
fumatore il quale ribadì con forza che non c'era
nessuna contraddizione con la dottrina buddista, a
patto che uno accettasse consapevolmente i rischi
del fumo e non stesse ad interrogarsi sulla
questione. Un "peccato veniale" insomma, su cui non
vale la pena soffermarsi (nel buddismo non c'è il
concetto di "peccato" ma vabbé, facciamo ad
intendersi). Replicato anche a questo, ho visto
accorrere altri buddisti fumatori in rinforzo al
primo, con argomentazioni analoghe (tra cui quella
onnipresente di Toda) ma anche per fortuna
interventi contro il fumo. Io quando sostengo una
cosa che credo giusta vado avanti anche se fossi
l'unico in tutto l'universo a sostenerla, ma devo
riconoscere che umanamente fa piacere constatare di
non essere soli. Qualcuno mi dava ragione! Anzi, non
pochi! La maggioranza - tra ex fumatori, non
fumatori e perfino fumatori - sosteneva la mia tesi,
portando la propria esperienza. Altri ribattevano
che non bisogna essere inflessibili, ed altri ancora
estendevano la questione a quella del
vegetarianesimo e ad altre collegate. Ponendo la
domanda anche al di fuori della comunità buddista ho
scoperto che la questione del fumo si pone anche per
altre religioni come ad esempio quella cattolica
(pare che cattolici e buddisti si questo siano
concordi nel non essere concordi, a differenza dei
già citati Testimoni di Geova o dei Mormoni che
addirittura evitano anche il caffè in quanto
sostanza psicotropa).
La questione insomma è tutt'altro che risolta, anzi
il dibattito è sempre pronto ad accendersi al
momento in cui qualcuno pone il dubbio. Da parte mia
vorrei fare alcune precisazioni: non sono contro i
fumatori ma contro il vizio del fumo (principio
"condanna il peccato, non il peccatore"), i fumatori
non vanno incriminati ma semmai invitati a
riflettere sulle conseguenze che il loro vizio porta
a loro stessi e a chi gli sta intorno. Ecco, questo
mi ripropongo con questo piccolo articolo pieno di
domande e parco di risposte: semplicemente far
riflettere, di modo che ciascuno tragga per proprio
conto le proprie conclusioni. Mi sono interrogato a
lungo prima di scriverlo, se facessi bene o no; mi
sono risposto alla fine che non solo ho fatto bene a
scriverlo ma che era anche doveroso da parte mia,
altrimenti avrei mancato di compassione. Nichiren
stesso invitava a rimproverare chi commetteva
un'offesa verso la Legge; ma si tratta non di un
"rimprovero" fine a se stesso, bensì un invito a
migliorarsi e a migliorare la propria vita. Con la
pratica buddista è possibile liberarsi dal fumo,
niente è impossibile: basta volerlo.
Firenze, 27 dicembre 2014
1 Proprio ieri ho letto una frase dell'attuale
presidente Daisaku Ikeda che cade a proposito:
"Buona salute è buddismo. Evitare incidenti stradali
e preoccuparsi di essere in buona salute fanno parte
della nostra pratica buddista. È importante vivere
con saggezza, coscienti che tutte le azioni e le
attività che stiamo conducendo per kosen rufu
contribuiranno alla nostra salute e al nostro
benessere" (Giorno per giorno, Esperia, 2000, 26
dicembre)
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