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Boz Trio: un
gruppo musicale giovane e dinamico, un itinerario
musicale popolare che va da Danzica ad Atene
Si chiamano Boz Trio: sarà un acronimo, avrà un
significato preciso, o solo un gioco di parole? Il
gruppo musicale, giovane e dinamico, ci presenta
un repertorio tutto incentrato su musiche popolari
che da Danzica, si può dire, fino ad Atene si
estende toccando diversi generi, diverse
tradizioni, diverse storie, diversi suoni e
differenti narrazioni. Musica Klezmer, Balcanica,
greca, ma anche quella gipsy, sono i testi che
vengono proposti da un trio, spesso anche
quintetto, molto vario nel numero dei componenti e
degli elementi, che affascina per la capacità di
presentare, attraverso aneddoti e storie, niente
di inventato, i vari brani che vengono eseguiti,
coinvolgendo il pubblico in un approfondimento di
culture, oggetti di ricerca e di studio da parte
dei ragazzi. Abbiamo intervistato Rouben Vitali,
clarinetto, e Davide Longoni, chitarra, che ci
hanno presentato la storia, i momenti importanti
del loro lavoro, le modalità di composizione, i
vari pezzi eseguiti e, infine, i futuri progetti
musicali che si troveranno, e si trovano ad
affrontare come gruppo musicale: non ci resta che
andarli ad ascoltare e vedere, rimandando al loro
sito ufficiale, www.boztrio.it, dove poter essere
aggiornati sui passi, molti, che interesserà la
giovane band.
Il trio Boz: dove e come è nato?
Siamo nati nel dicembre 2011, molto
probabilmente il 27 dicembre, suonando al
matrimonio di un caro amico. Rouben e Davide in
quel periodo facevano parte di un altro gruppo che
faceva tutt'altro genere di musica: cantautorale,
soul, musiche da colonne sonore di film. Rouben
propose per l'appuntamento a cui era stato
chiamato per suonare un trio formato da Rouben
stesso, da Alberto e da Alfonso. Gli elementi che
si troavano presenti erano, cosi, il contrabbasso,
la fisarmonica e il clarinetto. Rouben e gli altri
tre componenti sono andati avanti per un anno nel
trio che si era costituito, incidendo un disco Zob,
il nostro nome, Boz, scritto al contrario.
Davide in quel periodo era a Londra per studi
universitari ma era riuscito a registrare il disco
come ospite nella realizzazione di Zob. L'idea
rimane sempre quella di suonare in tre e, poi,
quando ve ne sia il bisogno, si pensa bene di
rinforzare coinvolgendo altre persone. Ci sono
spesso delle aggiunte esterne e, queste, sono
presenti sia nel primo sia nel secondo disco.
Nella copertina ci sono anche altri strumenti,
quali la batteria e il violino. Davide ha
sotituito, poi, Alfonso, rimanendo la formazione
sempre trio per qualche mese a cui, dopo, si è
aggiunto Luca Pedeferri.
Il nome: perché questa scelta, Boz Trio?
Parliamo di un'origine bizzarra e
improvvisata. Noi non avevamo un gruppo
costituito, ma ci si era messi insieme per
affrontare quell'impresa matrimoniale. Le persone
al matrimonio hanno apprezzato il tutto e ci
continuavano a chiedere il nostro nome, i nostri
contatti, un nostro sito, mentre noi rispondevamo
che avevamo preparato tutto all'improvviso.
Abbiamo dato, poi, un nome per stabilizzare il
gruppo e mai avremmo potuto pensare che potesse
nascere una simile idea in quel frangente. Boz in
milanese significa bozzo, oppure significa grezzo
in brianzolo, oppure, ancora, grigio in azero: ma
questi sono tutti significati a cui abbiamo fatto
riferimento dopo la scelta del nome. Tutti quelli
che ce lo chiedevano non capivano cosa
significasse il nostro nome e quale fosse, invece,
il nostro vero nome e, pertanto, abbiamo pensato
bene di scriverlo su un gonfalone per renderlo
visibile. La questione dell'acronimo è stata da
noi cavalcata: sul primo disco c'è scritto che il
nome del gruppo corrisponde alle iniziali dei
nostri nomi, ed è capitato che qualcuno chiedesse
a Rouben se il suo nome fosse Orouben. Si stava
comunque al gioco. Dopo più di un anno, nel 2014,
si è aggiunto il quinto elemento, Luca, il
trombettista. Luca era il testimone di nozze dello
sposo al cui matrimonio abbiamo suonato, ed è
stato anche colui che ha chiamato Rouben per
suonare qualche pezzo alla stessa festa. Nel
secondo disco Luca è ospite. L'idea dietro al
gruppo è agile, prevedendo di volta in volta un
ruolo integrativo necessario: non abbiamo, per
esempio, la batteria e questo fatto limita. Vale
la pena che Boz si concepisca meno come trio, dato
che questo risulta essere nello spirito della
stessa idea del gruppo. C'è stata una vera e
propria assunzione di Luca trombettista sul campo:
quando suoniamo in cinque le persone apprezzano
molto. Luca è stato trombettista nella Nemo
Problema Orchestra e spesso abbiamo anche una
ballerina, soprattutto quando suoniamo per strada
o in contesti adatti per questa performance.
Parliamo dei vari tour che come Boz Trio avete
affrontato ...
Il primo tour risale al 2014, un giro di
strade, di borghi, di agriturismi, di taverne e di
piazze, suonando da Lucca, nel blog c'è un vero e
proprio diario di viaggio, a Casole d'Elsa, da San
Gimignano a Certaldo, da Monteriggione a Perugia,
da Gubbio a Rimini, meta, questa, che è risultata
essere stata molto interessante nel tour
complessivo. In questi contesti abbiamo incontrato
persone che ci hanno, poi, richiamato per dei loro
eventi. Quest'anno abbiamo suonato in Germania con
uguale tipologia di viaggio, nei locali e anche in
strada. L'ultimo tour ha registrato un ottimo
feedback: in Germania suonavamo all'aperto davanti
a un locale che si riempiva dopo mezz'ora e,
avvenendo tutto in quel contesto, la situazione
risultava avere una grande capacità attrattiva.
Parliamo dei vostri rispettivi percorsi
musicali formativi ...
Luca Pedeferri è diplomato in pianoforte, Luca
Grazioli è diplomato alla scuola triennale di jaz
a Rovigo, Rouben è diplomato in clarinetto a
Milano, Alberto è privatista e Davide ha fatto il
CPM, Centro di Professione Musica, iniziando, poi,
la Scuola civica di Musica di Milano, e seguendo
corsi di jaz.
In pratica quale è il genere che seguite e che
trattate?
Principalmente Klezmer, tradizionale yiddish:
stiamo, poi, ampliando il repertorio con il genere
musicale balcanico con un cambio di strumenti,
anziché, per esempio, il clarinetto mettiamo il
sassofono proprio per dare un suono più originale.
Trattiamo, poi, musica greca, per esempio la Zorba,
idea, questa, nata e sorta dopo aver suonato
questo motivo a Malpensa, in una serata promossa
all'interno dell'aeroporto.
La scelta dei generi è dovuta principalmente a
quale fattore?
Rouben usava suonare il klezmer per gli
allievi, a fine didattico. Al matrimonio si
propose un trio, una formazione standard per il
genere Klezmer: questa musica risulta essere
adatta per seguire i matrimoni, gioiosa
nell'ascolto e nella danza. Rouben si è trovato a
rovoluzionare tutto il discorso musicale: in un
primo periodo pensava di seguire generi più
semplici, ma, una volta inseritosi Davide, la
formazione si è stabilizzata e ci si è trovati a
lavorare tutti su temi filologici, comprendendo
molta ricerca, informandosi e ascoltando diversi
concerti per avere un'idea e degli spunti, che
sorgono nel sentire altri gruppi trattare il
genere. Ragionando su ogni brano, ascoltando,
vedendo se funziona dal vivo, le tonalità si
cambiano e, pertanto, si avanza. L'arrangiamento è
conseguente sia agli ascolti che facciamo, ma, in
buona parte, dipende anche direttamente da noi.
L'ascolto porta a capire meglio l'approccio da
tenere sul genere: la musica e il montaggio fanno
parte dell'arrangiamento interno. Alle prove ci si
trova a spaccare il capello impiegando diverso
tempo sul passaggio di battute.
La fase compositiva di un brano: come avviene e
come procede?
Si tratta più di arrangiamento, dato che i
temi sono temi tradizionali. In questo genere
musicale, come in quasi tutta la musica popolare,
è tradizionale comporre propri brani mettendo
insieme idee diverse: quando si ascolta si
capiscono i passaggi fatti ed eseguiti, mentre
ognuno si trova a mettere del proprio. All'interno
dell'arrangiamento si cerca di essere filologici,
mantenendosi all'interno della tradizione.
Risultano esserci più temi disponibili per uno
stesso brano. In noi rimane qualcosa di vecchio
nell'arrangiamento: qualcosa viene mantenuta così
com'è perché funziona. Molto spesso ci si
suddivide i compiti: Rouben e Luca mantengono
l'attenzione sulle tematiche, mentre le soluzioni
ritmiche vengono analizzate dagli altri tre
componenti. Ognuno ha delle proprie responsabilità
e dei propri ruoli. Nel primo disco c'era del
tango come genere affrontato, musica popolare che
poteva benissimo andare in giro in tutta Europa e
questo elemento rendeva molto come genere.
Come viene impostato il rapporto col pubblico,
dato che non solo vi si ascolta nel suonare, ma vi
si vede suonare?
Il rapporto viene sperimentato in base a testi
diversi: esiste un concetto di pubblico che vede
quest'ultimo seduto in silenzio davanti a
un'esibizione del gruppo, modalità molto teatrale.
A Gavazzana in Piemonte, per esempio, durante una
rassegna di concerti si è avuto un pubblico che ti
ascoltava e che era li per te: ci si sente bene,
cercando di riuscire a capire i dettagli. Da parte
del pubblico c'è sempre una grande richiesta, una
grande aspettativa e tanta energia. I contesti da
strada o da locale, poi, sono più accomunati: è un
rapporto più diretto, informale, genuino per certi
versi e, soprattutto, per strada chi ti ascolta
risulta veramente interessato. Il repertorio
seguito per la musica eseguita per strada si
restringe, proprio perché si cerca di accattivare
l'ascolto del pubblico pedonale. Normalmente
Rouben fa lo showman, raccontando brani, aneddoti
e storie.
E in che cosa consiste lo show?
Ci si deve sforzare a trovare degli espedienti
per rendere interessante ciò che si propone. Viene
spontaneo musicare ma, poi, quando ci si trova,
per esempio, a eseguire Misielou, musica
tradizionale greca, si passa a un momento
divertente e si cerca di trovare legami con Pulp
Fiction. La musica è coinvolgimento ed è emozione.
Ci si è trovati anche a tenere concerti in
contesti molto raccolti, esempio in una casa con
poche persone e a basso volume: un'interessante
esperienza.
Presentiamo la cultura Klezmer e quella
balcanica, così come spesso vi capita di fare
prima dell'esecuzione di un pezzo?
Curiosità, aneddoti e storie tradizionali
fanno più presa, magari risultando il tutto essere
un discorso nozionistico e da cultura in pillole,
ma l'uditorio è vario e la conversazione risulta
essere sporca, non chiara: la cosa semplice,
stravagante e buffa, in questo caso, funziona
sempre, soprattutto in strada. Ci si trova, cosi,
a raccontare l'origine di un titolo, l'etimologia
delle parole quando ci si rifà alla musica zigana,
gipsy, le rispettive lingue interessate, il
periodo dell'anno in cui vengono eseguite, la zona
di origine e le varie celebrazioni del caso.
L'intento risulta essere quello di intrattenere,
il contenuto, invece, risulta essere quello
divulgativo. Le nozioni che vengono date non sono
inventate e il discorso intrapreso risulta essere
leggero senza andare pesanti. Moni Ovadia è un
mentore per noi, attingendo agli aneddoti presi
dai suoi libri, dalla cultura Yiddish. Lo Shtetl,
il villaggio ebraico, è un concetto e un luogo
cancellato nella seconda guerra mondiale: questa è
cultura yiddish nell'est europeo, legante
geografico del repertorio, klezmer e balcanico,
che si affronta. In ordine geografico si potrebbe
mettere insieme una linea di duemila chilometri
che va da Danzica fino ad Atene e i Balcani, per
disegnare le zone dei generi che si propongono.
Attraverso "Thalassaki mou", che in greco signifca
"mio piccolo mare", raccontiamo, ler esempio, le
canzoni delle isole greche, e il titolo riprende
già cosa racconta la canzone, la storia di una
donna che attende il marito dal mare. Ci si limita
a questo, niente di più approfondito, quando si
presenta e si racconta il pezzo che si va a
eseguire.
Qual è per voi il significato di fare musica
oggi, domanda un po' generica, ma interessabile
chi ci legge?
Esiste a riguardo un punto di vista generico e
un punto di vista soggettivo. Dal punto di vista
generico è importante fare musica soprattutto per
te come persona, pensando di portare del valore
aggiunto ad altri, per divertire, per fare
riflettere, per rilassare, per fare passare bene
la serata. La musica è qualcosa di cui non puoi
fare a meno, ci sono momenti in cui ti tiene in
compagnia, esplorando e rilassandoti. Il
significato di fare musica per Davide tocca una
"marea di aspetti" della propria vita e diventa
tale quando si fa musica per gli altri: ti senti
bene a farla e magari questo può funzionare anche
per gli altri. C'è una sensazione di godimento che
si avverte essere spontaneo e genuino quando si
suona, si ascolta e ci si rende partecipi.
Possiamo anticipare le prossime esibizioni e
serate tenute dai Boz Trio?
Il 29 ottobre si suonerà nel locale Piano
Terra che si trova in zona Isola a Milano, mentre
il 13 novembre ci si troverà a suonare al Circolo
Scighera di Milano. Il 21 novembre, infine, si
suonerà a Gorizia.
Le due produzioni finora fatte: cosa si può
dire dei loro contenuti?
Si sono realizzati finora due cd dal titolo
Zob! e un altro dal titolo Boz trip, che riprende
il primo viaggio.
Ci sono produzioni in programma?
Sicuramente prevediamo una chicca che deriva
da una nostra esibizione tenutasi a Berlino in un
giardino, durante una sessione di registrazione,
dove, nello stesso momento e luogo, anche un
musicista di musica elettronica stava registrando.
La futura produzione riguarderà, poi, dei brani
nuovi registrati dirante quel viaggio e, adesso,
si sta decidendo quale versione tenere, ma il
tutto sarà raccolto da noi in tre tracce da
pubblicare in una compilation.
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