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Boz Trio: un gruppo musicale giovane e dinamico, un itinerario musicale popolare che va da Danzica ad Atene


a cura di Alessandro Rizzo




Si chiamano Boz Trio: sarà un acronimo, avrà un significato preciso, o solo un gioco di parole? Il gruppo musicale, giovane e dinamico, ci presenta un repertorio tutto incentrato su musiche popolari che da Danzica, si può dire, fino ad Atene si estende toccando diversi generi, diverse tradizioni, diverse storie, diversi suoni e differenti narrazioni. Musica Klezmer, Balcanica, greca, ma anche quella gipsy, sono i testi che vengono proposti da un trio, spesso anche quintetto, molto vario nel numero dei componenti e degli elementi, che affascina per la capacità di presentare, attraverso aneddoti e storie, niente di inventato, i vari brani che vengono eseguiti, coinvolgendo il pubblico in un approfondimento di culture, oggetti di ricerca e di studio da parte dei ragazzi. Abbiamo intervistato Rouben Vitali, clarinetto, e Davide Longoni, chitarra, che ci hanno presentato la storia, i momenti importanti del loro lavoro, le modalità di composizione, i vari pezzi eseguiti e, infine, i futuri progetti musicali che si troveranno, e si trovano ad affrontare come gruppo musicale: non ci resta che andarli ad ascoltare e vedere, rimandando al loro sito ufficiale, www.boztrio.it, dove poter essere aggiornati sui passi, molti, che interesserà la giovane band.
 


Il trio Boz: dove e come è nato?
Siamo nati nel dicembre 2011, molto probabilmente il 27 dicembre, suonando al matrimonio di un caro amico. Rouben e Davide in quel periodo facevano parte di un altro gruppo che faceva tutt'altro genere di musica: cantautorale, soul, musiche da colonne sonore di film. Rouben propose per l'appuntamento a cui era stato chiamato per suonare un trio formato da Rouben stesso, da Alberto e da Alfonso. Gli elementi che si troavano presenti erano, cosi, il contrabbasso, la fisarmonica e il clarinetto. Rouben e gli altri tre componenti sono andati avanti per un anno nel trio che si era costituito, incidendo un disco Zob, il nostro nome, Boz, scritto al contrario.
Davide in quel periodo era a Londra per studi universitari ma era riuscito a registrare il disco come ospite nella realizzazione di Zob. L'idea rimane sempre quella di suonare in tre e, poi, quando ve ne sia il bisogno, si pensa bene di rinforzare coinvolgendo altre persone. Ci sono spesso delle aggiunte esterne e, queste, sono presenti sia nel primo sia nel secondo disco. Nella copertina ci sono anche altri strumenti, quali la batteria e il violino. Davide ha sotituito, poi, Alfonso, rimanendo la formazione sempre trio per qualche mese a cui, dopo, si è aggiunto Luca Pedeferri.

Il nome: perché questa scelta, Boz Trio?
Parliamo di un'origine bizzarra e improvvisata. Noi non avevamo un gruppo costituito, ma ci si era messi insieme per affrontare quell'impresa matrimoniale. Le persone al matrimonio hanno apprezzato il tutto e ci continuavano a chiedere il nostro nome, i nostri contatti, un nostro sito, mentre noi rispondevamo che avevamo preparato tutto all'improvviso. Abbiamo dato, poi, un nome per stabilizzare il gruppo e mai avremmo potuto pensare che potesse nascere una simile idea in quel frangente. Boz in milanese significa bozzo, oppure significa grezzo in brianzolo, oppure, ancora, grigio in azero: ma questi sono tutti significati a cui abbiamo fatto riferimento dopo la scelta del nome. Tutti quelli che ce lo chiedevano non capivano cosa significasse il nostro nome e quale fosse, invece, il nostro vero nome e, pertanto, abbiamo pensato bene di scriverlo su un gonfalone per renderlo visibile. La questione dell'acronimo è stata da noi cavalcata: sul primo disco c'è scritto che il nome del gruppo corrisponde alle iniziali dei nostri nomi, ed è capitato che qualcuno chiedesse a Rouben se il suo nome fosse Orouben. Si stava comunque al gioco. Dopo più di un anno, nel 2014, si è aggiunto il quinto elemento, Luca, il trombettista. Luca era il testimone di nozze dello sposo al cui matrimonio abbiamo suonato, ed è stato anche colui che ha chiamato Rouben per suonare qualche pezzo alla stessa festa. Nel secondo disco Luca è ospite. L'idea dietro al gruppo è agile, prevedendo di volta in volta un ruolo integrativo necessario: non abbiamo, per esempio, la batteria e questo fatto limita. Vale la pena che Boz si concepisca meno come trio, dato che questo risulta essere nello spirito della stessa idea del gruppo. C'è stata una vera e propria assunzione di Luca trombettista sul campo: quando suoniamo in cinque le persone apprezzano molto. Luca è stato trombettista nella Nemo Problema Orchestra e spesso abbiamo anche una ballerina, soprattutto quando suoniamo per strada o in contesti adatti per questa performance.

Parliamo dei vari tour che come Boz Trio avete affrontato ...
Il primo tour risale al 2014, un giro di strade, di borghi, di agriturismi, di taverne e di piazze, suonando da Lucca, nel blog c'è un vero e proprio diario di viaggio, a Casole d'Elsa, da San Gimignano a Certaldo, da Monteriggione a Perugia, da Gubbio a Rimini, meta, questa, che è risultata essere stata molto interessante nel tour complessivo. In questi contesti abbiamo incontrato persone che ci hanno, poi, richiamato per dei loro eventi. Quest'anno abbiamo suonato in Germania con uguale tipologia di viaggio, nei locali e anche in strada. L'ultimo tour ha registrato un ottimo feedback: in Germania suonavamo all'aperto davanti a un locale che si riempiva dopo mezz'ora e, avvenendo tutto in quel contesto, la situazione risultava avere una grande capacità attrattiva.

Parliamo dei vostri rispettivi percorsi musicali formativi ...
Luca Pedeferri è diplomato in pianoforte, Luca Grazioli è diplomato alla scuola triennale di jaz a Rovigo, Rouben è diplomato in clarinetto a Milano, Alberto è privatista e Davide ha fatto il CPM, Centro di Professione Musica, iniziando, poi, la Scuola civica di Musica di Milano, e seguendo corsi di jaz.

In pratica quale è il genere che seguite e che trattate?
Principalmente Klezmer, tradizionale yiddish: stiamo, poi, ampliando il repertorio con il genere musicale balcanico con un cambio di strumenti, anziché, per esempio, il clarinetto mettiamo il sassofono proprio per dare un suono più originale. Trattiamo, poi, musica greca, per esempio la Zorba, idea, questa, nata e sorta dopo aver suonato questo motivo a Malpensa, in una serata promossa all'interno dell'aeroporto.

La scelta dei generi è dovuta principalmente a quale fattore?
Rouben usava suonare il klezmer per gli allievi, a fine didattico. Al matrimonio si propose un trio, una formazione standard per il genere Klezmer: questa musica risulta essere adatta per seguire i matrimoni, gioiosa nell'ascolto e nella danza. Rouben si è trovato a rovoluzionare tutto il discorso musicale: in un primo periodo pensava di seguire generi più semplici, ma, una volta inseritosi Davide, la formazione si è stabilizzata e ci si è trovati a lavorare tutti su temi filologici, comprendendo molta ricerca, informandosi e ascoltando diversi concerti per avere un'idea e degli spunti, che sorgono nel sentire altri gruppi trattare il genere. Ragionando su ogni brano, ascoltando, vedendo se funziona dal vivo, le tonalità si cambiano e, pertanto, si avanza. L'arrangiamento è conseguente sia agli ascolti che facciamo, ma, in buona parte, dipende anche direttamente da noi. L'ascolto porta a capire meglio l'approccio da tenere sul genere: la musica e il montaggio fanno parte dell'arrangiamento interno. Alle prove ci si trova a spaccare il capello impiegando diverso tempo sul passaggio di battute.

La fase compositiva di un brano: come avviene e come procede?
Si tratta più di arrangiamento, dato che i temi sono temi tradizionali. In questo genere musicale, come in quasi tutta la musica popolare, è tradizionale comporre propri brani mettendo insieme idee diverse: quando si ascolta si capiscono i passaggi fatti ed eseguiti, mentre ognuno si trova a mettere del proprio. All'interno dell'arrangiamento si cerca di essere filologici, mantenendosi all'interno della tradizione. Risultano esserci più temi disponibili per uno stesso brano. In noi rimane qualcosa di vecchio nell'arrangiamento: qualcosa viene mantenuta così com'è perché funziona. Molto spesso ci si suddivide i compiti: Rouben e Luca mantengono l'attenzione sulle tematiche, mentre le soluzioni ritmiche vengono analizzate dagli altri tre componenti. Ognuno ha delle proprie responsabilità e dei propri ruoli. Nel primo disco c'era del tango come genere affrontato, musica popolare che poteva benissimo andare in giro in tutta Europa e questo elemento rendeva molto come genere.

Come viene impostato il rapporto col pubblico, dato che non solo vi si ascolta nel suonare, ma vi si vede suonare?
Il rapporto viene sperimentato in base a testi diversi: esiste un concetto di pubblico che vede quest'ultimo seduto in silenzio davanti a un'esibizione del gruppo, modalità molto teatrale. A Gavazzana in Piemonte, per esempio, durante una rassegna di concerti si è avuto un pubblico che ti ascoltava e che era li per te: ci si sente bene, cercando di riuscire a capire i dettagli. Da parte del pubblico c'è sempre una grande richiesta, una grande aspettativa e tanta energia. I contesti da strada o da locale, poi, sono più accomunati: è un rapporto più diretto, informale, genuino per certi versi e, soprattutto, per strada chi ti ascolta risulta veramente interessato. Il repertorio seguito per la musica eseguita per strada si restringe, proprio perché si cerca di accattivare l'ascolto del pubblico pedonale. Normalmente Rouben fa lo showman, raccontando brani, aneddoti e storie.

E in che cosa consiste lo show?
Ci si deve sforzare a trovare degli espedienti per rendere interessante ciò che si propone. Viene spontaneo musicare ma, poi, quando ci si trova, per esempio, a eseguire Misielou, musica tradizionale greca, si passa a un momento divertente e si cerca di trovare legami con Pulp Fiction. La musica è coinvolgimento ed è emozione. Ci si è trovati anche a tenere concerti in contesti molto raccolti, esempio in una casa con poche persone e a basso volume: un'interessante esperienza.

Presentiamo la cultura Klezmer e quella balcanica, così come spesso vi capita di fare prima dell'esecuzione di un pezzo?
Curiosità, aneddoti e storie tradizionali fanno più presa, magari risultando il tutto essere un discorso nozionistico e da cultura in pillole, ma l'uditorio è vario e la conversazione risulta essere sporca, non chiara: la cosa semplice, stravagante e buffa, in questo caso, funziona sempre, soprattutto in strada. Ci si trova, cosi, a raccontare l'origine di un titolo, l'etimologia delle parole quando ci si rifà alla musica zigana, gipsy, le rispettive lingue interessate, il periodo dell'anno in cui vengono eseguite, la zona di origine e le varie celebrazioni del caso. L'intento risulta essere quello di intrattenere, il contenuto, invece, risulta essere quello divulgativo. Le nozioni che vengono date non sono inventate e il discorso intrapreso risulta essere leggero senza andare pesanti. Moni Ovadia è un mentore per noi, attingendo agli aneddoti presi dai suoi libri, dalla cultura Yiddish. Lo Shtetl, il villaggio ebraico, è un concetto e un luogo cancellato nella seconda guerra mondiale: questa è cultura yiddish nell'est europeo, legante geografico del repertorio, klezmer e balcanico, che si affronta. In ordine geografico si potrebbe mettere insieme una linea di duemila chilometri che va da Danzica fino ad Atene e i Balcani, per disegnare le zone dei generi che si propongono. Attraverso "Thalassaki mou", che in greco signifca "mio piccolo mare", raccontiamo, ler esempio, le canzoni delle isole greche, e il titolo riprende già cosa racconta la canzone, la storia di una donna che attende il marito dal mare. Ci si limita a questo, niente di più approfondito, quando si presenta e si racconta il pezzo che si va a eseguire.

Qual è per voi il significato di fare musica oggi, domanda un po' generica, ma interessabile chi ci legge?
Esiste a riguardo un punto di vista generico e un punto di vista soggettivo. Dal punto di vista generico è importante fare musica soprattutto per te come persona, pensando di portare del valore aggiunto ad altri, per divertire, per fare riflettere, per rilassare, per fare passare bene la serata. La musica è qualcosa di cui non puoi fare a meno, ci sono momenti in cui ti tiene in compagnia, esplorando e rilassandoti. Il significato di fare musica per Davide tocca una "marea di aspetti" della propria vita e diventa tale quando si fa musica per gli altri: ti senti bene a farla e magari questo può funzionare anche per gli altri. C'è una sensazione di godimento che si avverte essere spontaneo e genuino quando si suona, si ascolta e ci si rende partecipi.

Possiamo anticipare le prossime esibizioni e serate tenute dai Boz Trio?
Il 29 ottobre si suonerà nel locale Piano Terra che si trova in zona Isola a Milano, mentre il 13 novembre ci si troverà a suonare al Circolo Scighera di Milano. Il 21 novembre, infine, si suonerà a Gorizia.

Le due produzioni finora fatte: cosa si può dire dei loro contenuti?
Si sono realizzati finora due cd dal titolo Zob! e un altro dal titolo Boz trip, che riprende il primo viaggio.

Ci sono produzioni in programma?
Sicuramente prevediamo una chicca che deriva da una nostra esibizione tenutasi a Berlino in un giardino, durante una sessione di registrazione, dove, nello stesso momento e luogo, anche un musicista di musica elettronica stava registrando. La futura produzione riguarderà, poi, dei brani nuovi registrati dirante quel viaggio e, adesso, si sta decidendo quale versione tenere, ma il tutto sarà raccolto da noi in tre tracce da pubblicare in una compilation.

 

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