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Chissą come ci vede un gatto, con
quegli occhi enormi ed enigmatici. Chissą chissą
come vede il mondo un gatto e quali sono i suoi
pensieri. Non lo sapremo forse mai, ma vi sono
momenti in cui un gatto e un essere umano entrano in
sintonia, comunicano, si comprendono, si amano.
Inutile cercare di penetrare la mente felina, molto
meglio lasciarsi trasportare da quel fascino senza
tempo che invade chiunque - non solo i gattofili -
nel trovarsi davanti ad un esponente di questa
antica fiera razza. Personalmente sono sicuro di
essere stato un gatto in una mia precedente vita:
sento un legame particolarmente forte con queste
creature pelose, non spiegabile altrimenti.
Da sempre amante dei gatti, non avevo tuttavia mai
visitato un'esposizione felina. L'occasione si č
presentata oggi, 25 marzo 2017, all'Obi Hall nella
mia Firenze, nel magnifico scenario del lungarno. La
lunga coda alla biglietteria gią rivelava quanto sia
amato questo animale domestico, quanti siano i
gattofili disposti a pagare per vedere i loro amici
a quattro zampe, antichi dči egizi, seppur per brevi
fuggevoli momenti, senza neanche poterli toccare (i
cartelli parlano chiaro). L'interno dello storico
teatro, sede di eventi di ogni genere, č gremito di
persone di tutte le etą che si accalcano intorno
alle gabbie per ammirare gli occupanti.
Decine e decine sono i gatti presenti, di ogni razza
e dimensione. Alcuni sono giganteschi, altri
minuscoli; alcuni ricordano dei ghepardi in
miniatura per le caratteristiche striature del
manto, altri il manto non ce l'hanno proprio ed
esibiscono con fierezza una pelle glabra e rugosa
agli sguardi incuriositi: sono i mitici sphynx, che
avevo visto solo in foto: hanno un aspetto alieno ma
non li trovo affatto brutti, come sostengono in
molti, anzi hanno un fascino particolare che me li
rende simpatici (č tra l'altro il gatto ideale per
chi soffre di allergia o che non vuole avere nulla a
che fare con lo spelacchiamento delle altre razze).
I persiani col loro muso schiacciato e lo sguardo
severo osservano il va e vieni di persone con
impassibile dignitą. Gli abissini e i sacri di
Birmania (di cui una coppia di miei amici possiede
un esemplare a cui ho badato alcuni giorni quando
sono andati via) sono straordinariamente eleganti e
signorili. Tutti i gatti sono belli, su questo non
ci piove: sia che abbiano un pedigree e un'alta
quotazione, sia che siano semplici "comuni" europei.
Viene annunciata la premiazione del gatto pił bello.
Mi avvio insieme alla calca sul palco dove il
giudice, con in mano un bastoncino alla cui
estremitą ci sono alcune piume colorate (serve per
attirare l'attenzione dei mici), chiama via via i
gatti - tenuti in collo dai rispettivi padroni - in
ordine decrescente dalla decima alla prima
posizione. Una signora appare visibilmente provata
dal peso della sua belva. Colpisce il fatto che
tutti i gatti se ne stanno buoni buoni nelle braccia
dei padroni, "subendo" quello show (certo strano
agli occhi di un felino) con stoica pazienza. Il mio
gatto non sarebbe stato in collo per pił di cinque
secondi, figuriamoci un quarto d'ora. Si vede che
sono abituati. Anche i loro colleghi nelle gabbie
appaiono tranquilli e per nulla a disagio nonostante
la folla che li osserva bramosa: temevo di trovare
povere bestie stressate, invece appaiono tutte
tranquille, molte ronfanti, e a loro agio.
Sicuramente sono pił stressati i visitatori, ma
ripagati di questa esperienza cosģ come lo sono io
alla fine del giro, mentre mi avvio verso l'uscita
portandomi a casa il ricordo di questa breve
panoramica sull'universo felino e qualche foto
ricordo.
Firenze, 25 marzo 2017
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