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Pisa nel Cuore

Questo è per me un numero particolarmente importante perché in esso si realizza, almeno in parte, un progetto sul quale avevo sognato per quasi due anni, ossia quello di...
di Francesco Felici

Pisa ‘nder Core

Vesione in lingua pisana
Questo numero ‘he qui gliè per me parecchio ‘mportante perché alle fatte fine ci s’è avverato armeno un pezzettino d’un progetto ‘he ciavo sognato e arrimuginato guasi du’ anni, ossia vello di ...

di Francesco Felici

Pisa nel Cuore

di Francesco Felici


Questo è per me un numero particolarmente importante perché in esso finalmente si realizza, almeno in parte, un progetto sul quale avevo ragionato e sognato per quasi due anni, ossia quello di vedere la mia bella lingua materna, il Pisano, elevata nella sua dignità, liberata dal giogo odioso, sciatto e frustrante che la rendeva esclusiva espressione di tematiche burlesche da Bar Sport di provincia.

Non mi si fraintenda, non voglio certo disprezzare la ricchissima tradizione popolare di cui la mia lingua ha saputo essere veicolo perfetto, colorito, sfavillante. Tutt’altro. Senza tradizione popolare, senza il teatro umoristico, senza i sonetti, quello che dovrei fare ora non sarebbe un semplice tentativo di rilanciare la lingua nella sfera colta, ma un vero e proprio processo di riesumazione e risurrezione! Se il Pisano è ancora vivo lo dobbiamo infatti proprio alla sua sfera popolare, l’unica che per ora sia stata in grado di opporre una seppur debole resistenza al dilagare dello standard, tra l’altro sempre più intarmito, contaminato e compromesso (e fatemelo dire, una volta per tutte, maremma cignala!!) dall’irriverente, incauta e incolta centralizzazione romana (1).

Niente di male quindi nell’usare la nostra lingua per ridere e far ridere, è uno degli aspetti naturali di ogni lingua esistente. Uno. E gli altri aspetti, le altre potenzialità che ogni lingua può avere, avanti a tutto la sua dignità, dove sono? Possibile che la nostra cara lingua sia ridotta a campanello di un giullare? A simbolo del barrocciaio che bestemmia o del cretinone, ignorante compiaciuto, che passa le giornate al Bar Sport a dire spacconate sulle sue presunte risse, a vantarsi di quanto veloce vada la sua macchina o a parlar male dei livornesi?(2) È forse questo quello che vogliamo per la lingua della nostra terra, della nostra cultura, della nostra nostalgia?(3) Vi sentite davvero di dire, pensando alla vostra lingua: “Che ci vuoi fare, in fondo va bene così”? Ve la sentite? Io no. Io no.

Da questo nasce il nostro progetto, che almeno provvisoriamente abbiamo chiamato Pisano Lingua ‘Órta (Pisano Lingua Colta). Per una spiegazione più dettagliata, una “storia” sulla nascita dell’idea, e un programma indicativo del progetto, vi rimando all’opuscolo illustrativo PLO: Programma appressappoo delle ‘ose da fà (purtroppo solo in Pisano, scusate, ma in origine era stato scritto solo per i collaboratori) e al mio articolo dal titolo Pisano Lingua ‘Órta: S’ha a provà?, entrambi contenuti in questo numero di SDP. L’articolo, che purtroppo non ho avuto il tempo di tradurre in Italiano, è uscito anche sul trimestrale di cultura Pisana Er Tramme (numero di giugno), chi fosse interessato ad averne una copia me lo faccia sapere. Mi scuso ancora con i non Toscani per non aver avuto il tempo di tradurlo, se qualcuno dovesse avere dei problemi a leggerlo (ma non credo), può contattarmi personalmente dalla pagina di redazione: sarò ben lieto di aiutarvi.

Le cose in programma sono moltissime, importante sicuramente la prossima (spero!) apertura di un sito internet tutto dedicato a questo progetto, apertura che sarà tempestivamente comunicata a tutti i lettori di SDP. Stiamo poi già lavorando ad una traduzione in Pisano del vangelo di Matteo, di cui qui troverete una piccola parte insieme a quella del testo sulla torre di Babele, che ci auguriamo sarà poi seguita da traduzioni di altri libri della Bibbia e non solo. Riguardo a questo numero volevo poi segnalarvi la presenza di alcune poesie “serie” in Pisano con testo a fronte in italiano: due di Massimo Acciai, tradotte da me, e quattro mie.

Contattateci se siete interessati a partecipare, anche se non siete Pisani: le lingue si possono imparare, come del resto sta facendo il mio collega direttore Massimo Acciai (un Fiorentinaccio), tra l’altro con ottimi risultati.

Si tratta per me di un’avventura meravigliosa per la quale ringrazio innanzitutto i collaboratori più stretti come Maurizio Tani (abita in Islanda!), Giorgio Casini, Massimo Acciai. Un ringraziamento va poi anche alla redazione di Er Tramme, e in particolar modo al suo direttore, Benozzo Gianetti, che fin da subito ha sostenuto con entusiasmo questo progetto. Ringrazio poi enormemente Gianfranco Raspolli Galletti, personalità di spicco del mondo della lingua Pisana, che mi ha perfino scritto a casa per spedirmi il suo libro e manifestarmi la sua stima e il suo appoggio. Grazie a tutti, o meglio: Grazzi’ a tutti!

Vorrei concludere questo editoriale con un appello. Naturalmente tutte le cose che ho detto sul Pisano valgono anche per tutte le altre lingue regionali d’Italia (tranne le ufficiali, che hanno già una loro dignità), quindi invito tutti coloro che si sentono coinvolti dal problema linguistico a fare per la loro lingua regionale quello che stiamo tentando di fare noi per la nostra. La dignità delle lingue viene dalle persone, e voi potete dargliela se volete. Pensate a un articolo di linguistica, di letteratura, di medicina, di biologia o di qualunque altra disciplina, scritto in Milanese, Bergamasco, Genovese, Napoletano, Barese, Siciliano.... Provate a pensarci, contattateci, possiamo scambiarci delle idee. Non sarebbe meraviglioso se la nostra Nazione, oltre alla sua lingua nazionale, avesse anche tante altre lingue non solo vive a livello di conversazione familiare, ma attive anche nella vita intellettuale e letteraria moderna della regione cui appartengono? Non vi piacerebbe? Chi vuole provare a realizzare una piccola parte di questo sogno?  

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