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Dedalo e le radici mitiche del
progresso
Il linguaggio è spesso specchio
di credenze inconsapevoli. Vi circolano significanti
particolarmente ricorrenti e carichi di fascino. Uno
dei motivi di questo è che ciascun significante può
rimandare ad altri significanti più pregnanti
appartenenti alla stessa catena associativa
inconscia. Questi fungono allora da significato
producendo effetti propriamente trascendenti sulle
persone. La Storia evidenzia infatti che l'uomo può
credere alle cose più insensate, purché rientrino in
un discorso.
Uno di questi significanti è certamente quello di
"progresso". La parola "progresso" proviene
etimologicamente dal latino progressus che significa
"andare avanti". Ora, la nostra idea di progresso è
strettamente legata allo sviluppo dell'economia e
della tecnologia, due delle "qualità" sulle quali la
nostra società si fonda maggiormente. L'economia
appare, oggi più che mai, dipendente dallo sviluppo
tecnologico (si pensi per esempio alla manipolazione
genetica e al tipo di agricoltura che ne consegue).
Nel mettere avanti la tecnologia e nell'affidarsi
così tanto ad essa l'uomo moderno è
irrimediabilmente portato a sostituire la
riflessione con l'azione. Nell'etica interventista
che ne deriva il "perché" è sostituito dal "come".
Il problema primario diventa "come agire" per
ottenere quel che si vuole: il Progresso. Per capire
meglio le implicazioni di una simile unilateralità
psicologica evocheremo l'antico eroe greco Dedalo,
il quale rappresenta in qualche modo il prototipo
dell'ingegnere di oggi.
Il mito racconta che quando il re cretese Minosse
cercò di ottenere il trono, chiese un segno a
Poseidone che fece emergere dal mare un toro
meraviglioso. Quel toro era così bello che Minosse
scelse di non sacrificarlo al dio, come avrebbe
dovuto fare, ma di tenerlo per sé. Per punizione
Poseidone ispirò alla moglie di Minosse, Pasifae,
una irresistibile passione per l'animale. Minosse
incaricò il suo ingegnere Dedalo di trovare il modo
per rendere possibile tale unione, forse nell'intima
convinzione che nessuno vi sarebbe mai riuscito.
Questi allora costruì una vacca in legno e in pelle
(un po' come quelle che esistono oggi presso i
centri di inseminazione artificiale) che permise a
Pasifae di copulare con l'animale. Da questa unione
nacque il Minotauro, un mostro metà uomo e metà
toro. Di nuovo interpellato per rimediare alla
situazione, Dedalo inventò il suo famoso labirinto
dove confinarvi il mostro. A questo punto la vicenda
s'incrocia con un altro mito, quello di Teseo, altra
grande figura eroica della Grecia antica. Questi
venne incaricato di uccidere il Minotauro la cui
sopravvivenza era subordinata al sacrificio annuale
di nove ragazzi e nove fanciulle ateniesi imposto
dal re cretese. Arianna, figlia di Minosse, si era
innamorata di Teseo e chiese al solito Dedalo di
escogitare uno stratagemma che permettesse al suo
benamato di uscire dal labirinto. L'impareggiabile
ingegnere le indicò la tecnica del filo da srotolare
durante il percorso di andata nel labirinto. Grazie
a tale astuzia Teseo riuscì ad uscire dal labirinto
dopo avere ucciso il mostro, dimenticandosi però
Arianna per strada. Forse a causa di questa perdita,
oppure, a secondo delle versioni dello stesso mito,
a causa del congegno che permise a Pasifae di
copulare con il toro, Minosse imprigionò Dedalo e
suo figlio Icaro nel labirinto. Allora Dedalo, che
evidentemente nutriva una grande fiducia nei propri
espedienti tecnici, fabbricò per lui e suo figlio
delle ali fatte di cera e piume di uccelli che
permisero loro di fuggire dal labirinto. Ma Icaro,
esaltato dal volo, non seguì il monito del padre.
Egli si avvicinò troppo al sole, le ali si
staccarono dal corpo e quindi precipitò nel mare
sotto agli occhi del padre disperato.
Questa vicenda mostra bene come, partendo da una
richiesta illegittima (sprovvisto del giusto
contrappeso d'anima), il ricorso sistematico alla
tecnica non fa che generare nuovi problemi fino ad
arrivare al tragico esito finale. Oggi, sostiene
P.H.Gouyon, professore al Museo di Storia Naturale
di Parigi e specialista della biodiversità (1),
coesistono fondamentalmente due tipi di persone (2):
il primo pensa che la corsa al progresso (così come
lo abbiamo qui definito, tutto teso al profitto
economico e al dominio sulla Natura) rappresenta
l'unica via di salvezza e che gli eventuali problemi
che ne potranno derivare si affronteranno strada
facendo. Nel mio ultimo libro (3) ho cercato di
dimostrare la natura propriamente religiosa di
questo punto di vista. Il secondo tipo ritiene
invece che l'atteggiamento tecnico superficiale
dell'uomo abbia già provocato abbastanza danni così
e che sia giunto il momento di anteporre all'agire
la giusta dose di riflessione. Un simile
provvedimento si rende oggigiorno più impellente che
mai per via dell'enorme potenziale dei moderni
strumenti tecnologici. L'uomo moderno, in
particolare l'uomo politico, è posseduto da una vera
e propria mania (4) del fare in nome di Economia. La
tecnologia, in quanto prodotto di un certo
atteggiamento umano, diventa pertanto la via
privilegiata attraverso la quale Economia si
concretizza nel mondo moderno.
A questo punto una domanda urgente s'impone:
lasceremo la follia del Progresso invadere
completamente la nostra società oppure riusciremo a
trovarvi un giusto contrappeso d'anima ?
Fidenza il 17/01/2010
Note
1) P.H.Gouyon, La biologie, la diversité et la
société, Bulletin N°138 de l'Académie Européenne
Interdisciplinaire des Sciences.
2) Ricercatori e scienziati non fanno eccezione.
3) A.Fratini, , CSA Editrice, Crotone, 2009.
4) Nel senso antico di "esaltazione religiosa" (vedi
A.Conforti, Filosofia e psicoanalisi: una nascita
comune - prima parte - www.aepsi.it
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