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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi in prosa inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Fiction di Giuseppe Costantino
Budetta, Memorie di
un cavaliere di Nicolò Maccapan,
Io sono cattivo
di Lorenzo Spurio,
Brigitta no di Lorenzo Spurio,
La verità del signor
Nolte di Mattia Tasso,
Il parroco di
Mattia Tasso
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, in lingua diversa
dall'italiano, purché rispettino i più
elementari principi morali e di decenza...
poesie di Lucia
Dragotescu,
Emanuela Ferrari
Recensioni
In questo numero:
- "Asini e filosofi" di Giuseppe Pulina, nota
di Massimo Acciai
- "La cura. Anche tu sei un essere speciale"
di Giuseppe Pulina, nota di Massimo Acciai
- "Le vele di Astrabat" (2a edizione) di
Antonio Messina, nota di Massimo Acciai
- "Perry Mason e il caso orologio sepolto" di
Erle Stanley Gardner, nota di Emanuela Ferrari
- "Sentire che stai male mi toglie il respiro…
perdutamente" di Alessandra Galdiero
- "Di esperanto in esperanto" di Giuseppe
Macrì
- "Dalla struttura alla poesia e dalla terza
alla quinta dimensione" di Nicola Mazzeo
- "Nascosta e lo Specchio" di Maria Carla
Trapani, recensione di Fortuna Della Porta
- "Coeva" di S.Capecchi, M.P.Carlucci, F.Corbi,
M.Verdini, recensione di Duccio Trombadori
- "Parcometri e dismissioni" di Paolo Ragni,
nota di Matteo Nicodemo
- "Poesie dei tempi di lotta" di Paolo Ragni
- "Interventi, saggi, recensioni" di Paolo
Ragni
- "Rapsodia su un solo tema - Colloqui con
Rafail Dvoinikov" di Claudio Morandini
- "Alice senza niente" di Pietro De Viola
- "Incidente em Antares" di Erico Verissimo,
recensione di Eugenio Lucotti
- "Iroca e l'ateo che inventò Dio Capitolo 1"
di Kylen Logan, nota di Massimo Acciai
- "Ostaggio del sesso" di Andrea Mucciolo,
nota di Massimo Acciai
- "Dolseur e altri racconti" di Giorgio
Michelangeli, nota di Enrico Pietrangeli
- "L'apostolo sciagurato" di Maddalena Lonati
Incontri nel giardino
autunnale
Interviste
Articoli
Letteratura per la Storia
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Decine di monumenti mostrano che
nella democratica Spagna la memoria è
contraddittoria: il caudillo è lo sterminatore del
'900 di cui in Europa si trovano ancora statue e
bronzi. (Guido Rampoldi - 'Torna il fantasma di
Franco e risveglia la Spagna dal sonno', La
Repubblica, 25 Novembre 2002, pag. 17)
Ogni dittatura è difficile da vivere. Allo stesso
tempo è complicato raccontare una dittatura, compito
che si fa ulteriormente più arduo se uno non l'ha
vissuta direttamente. Una dittatura qualsiasi perché
tutte le dittature in fondo sono uguali. La loro
uguaglianza o affinità risiede in una serie di
elementi che sono facile da intendere e da
immaginare: l'utilizzo della forza, della violenza e
del potere di un'unica persona (o di un modesto
numero di persone che si attorniano al dittatore),
l'utilizzo di misure repressive, militari e,
ovviamente, la messa al bando di pensieri,
ideologie, religioni, etnie che non sono
riconosciute all'interno della dittatura.
Chiaramente sono molteplici gli interessi di ogni
dittatura che nasce e si sviluppa all'interno di
particolari condizioni culturali e geografiche. La
dittatura staliniana o quella fascista nascono da
presupposti ed ideologie completamente diverse, da
una parte l'ideologia comunista dall'altra quella
nazionalsocialista, per usare un termine caro ai
tedeschi.
Ma ciò che riguarda la gente comune non è tanto
l'ideologia che ne sta alla base ma gli effetti che
queste dittature portano: povertà, miseria,
violenza, sangue e morte.
La difficoltà di studiare e di parlare di una
qualsiasi dittatura dipende tutt'oggi dalla
variegata presenza di posizioni di storici e
critici. Alcuni storici sottolineano che Mussolini,
oltre a rendersi responsabile di gravi abomini tra
cui le leggi razziali e aver condotto l'Italia in
guerra, durante il suo governo fece opere positive
per l'Italia, che in molti tendono a dimenticare o a
tralasciare. Se da una parte le dittature vengono
stigmatizzate in maniera negativa, vedendoci spesso
al loro interno l'immagine del diavolo, di Satana, o
più in generale del male, dall'altra i dittatori, in
qualità di duce, führer, caudillo o raïs si sono
operati in qualche misura per il benessere del loro
paese.
Ovviamente questo articolo non ha la pretesa di
ripercorrere la storia e le ideologie delle varie
dittature, cosa che mi sarebbe difficile in quanto
non dispongo di conoscenze storiche tanto
approfondite. Ciò che mi piace ricordare in questo
senso è un elemento che potrebbe essere considerato
ininfluente ma che al tempo stesso denota una grande
importanza all'interno delle coscienze nazionali.
All'annuncio della firma dell'armistizio nel 1943,
nel momento in cui gli italiani passarono di fatto
da alleati dei tedeschi a nemici, scoppiò il
fermento antimussoliniano che prima era stato
ampiamente tenuto a tacere con varie tecniche del
regime. Quell'episodio, assieme alle operazioni di
liberazione degli angloamericani delle varie città
italiane rimanda alla mente alcuni immagini
importanti: la gente scendere nelle piazze,
abbracciarsi e forse sorridere, alcune bandiere
americane e soprattutto l'imbrattatura, lo sfregio e
la deturpazione dei simboli architettonici che
celebravano il ventennio: i fasci, le aquile e
alcune iscrizioni.
Qualcosa di simile è successo nel 2005 in seguito
alla cattura americana del raïs Saddam Hussein in
Iraq. Il dittatore venne consegnato nelle mani della
giurisdizione locale che poi decise di mandarlo a
morte per impiccagione. Allo stesso tempo, al
momento della cattura del raïs, grandi folle di
iracheni si diedero da fare per demolire le statue
bronze del raïs presenti nelle varie città. Così che
viene da pensare che quando cade un dittatore, la
prima cosa da fare è quella di eliminare le statue
che lo riguardano o i segni che, durante il suo
governo, sono stati installati.
Il popolo nel momento della cattura o della morte di
un dittatore riacquista la sua libertà e, contento,
reagisce collettivamente inveendo contro quel capo a
cui troppo tempo ha dovuto sottostare e
sottomettersi. Si tratta di un atteggiamento
completamente lecito e sensato. In un certo senso lo
spaccare, lo sfregiare e il demolire i segni della
dittatura, o ancor più le statue celebrative, è un
mezzo del popolo per ucciderlo e per sottolineare
che è il popolo ora che ha il coltello dalla parte
del manico.
Non so se durante il ventennio fascista vennero
installate delle statue bronzee o di marmo del duce
nelle piazze italiane o dei busti. Non sono neppure
a conoscenza se una tale pratica fosse diffusa in
Germania per il fuhrer. Ciò che so è che se tale
pratiche erano state osservate, al momento del
fracasso dei rispettivi dittatori il popolo e poi la
nascente democrazia si operò tempestivamente per
eliminarli.
Fatte alcune premesse di questo tipo, non avendo
detto niente di strano e di nuovo, posso passare a
parlare di una questione che riguarda quanto appena
detto.
La dittatura in Spagna, denominata franchismo durò
dal 1939 anno di termine della guerra civile sino al
1975 anno in cui il generale Francisco Franco morì.
Fu una dittatura molto lunga, dominata dal
militarismo, dal caudillismo e dal machismo. Al pari
delle altre dittature fu molto feroce e portò alla
tomba un gran numero di persone. Dei paesi
dell'Europa occidentale è proprio la Spagna quella
che si è liberata più tardi da una dittatura di tipo
fascista (l'Italia se ne liberò nel 1943 mentre la
Germania se ne liberò nel 1945).
La cosa curiosa è che i monumenti celebrativi in
onore a Franco, soprattutto monumenti equestri del
dittatore, non vennero tolti l'indomani del fracasso
del franchismo. Questo principalmente per un motivo.
Diversamente dall'Italia, in cui alla data
dell'armistizio il paese si incamminò verso la
democrazia, in Spagna con la caduta di Franco per
alcuni anni il franchismo continuò ad esistere anche
se si trattò sempre più di un franchismo meno
fascista. Juan Carlos, nominato come erede di
Franco, riuscì solo alcuni anni dopo a gestire la
transizione democratica (1975-1978) che portò la
Spagna ad essere un paese democratico. Per questo
alla caduta di Franco alcuni dei monumenti
celebrativi rimasero.
Due anni fa mi trovavo in Spagna e decisi di andare
a visitare la città di Burgos che, assieme a
Salamanca, faceva parte del quartier generale di
Franco durante la guerra civile.
Fui impressionato di trovare proprio dinanzi alla
stazione una targa metallica in cui si diceva che la
tratta ferroviaria Madrid-Burgos era stata
inaugurata dal caudillo, ossia il dittatore.
La targa conteneva esattamente queste parole:
FRANCISCO FRANCO
Caudillo de España
Inauguró el Ferrocarril Madrid-Burgos
IV Julio MCMLXVIII
Al di sopra della scritta torreggiava un simbolo
strano con delle C intrecciate ed una V. Capii che
si trattava di un simbolo dell'ideologia franchista
ma quando ritornai a casa mi documentai meglio. Si
trattava del victor o escudo de la victoria, una
delle effigi utilizzate dal franchismo. La V
all'interno faceva riferimento direttamente alla
Victoria. Cioè celebrava il franchismo stesso.
Una targa di questo tipo che avesse contenuto il
nome di Mussolini in Italia sarebbe stata eliminata
prontamente.
Questo consente di domandarsi se certe dittature
siano realmente morte. La risposta è si. E' un si
molto deciso. Ma allo stesso tempo ci fanno
riflettere sulla diversa sensibilità dei popoli nel
considerare i loro dittatori a distanza di tempo.
Come si può vedere dalla foto che allego a questo
mio articolo, non celo di dire però che
sulla targa di cui ho appena parlato qualcuno,
sicuramente un giovane che conosce la storia
spagnola o che ha vissuto direttamente la perdita in
famiglia di un membro a causa della dittatura, ha
scritto con una bomboletta spray colorata: Hijo de
puta e Asesino. Non è necessaria una traduzione
delle due espressioni perché risulta interpretabile
benissimo anche per chi non conosce la lingua
spagnola.
Diciamo che rimasi abbastanza stupito di trovare una
targa con il nome del caudillo e che nessuno dal
1968, anno in cui era stata posta, non l'avesse
eliminata. Tuttavia il mio stupore venne in parte
ridestato da quelle scritte sopra la targa metallica
che richiamavano direttamente il diniego, la
vergogna e la reazione indignata di uno spagnolo
contemporaneo dinanzi ad aberrazioni probabilmente
da lui non vissute direttamente ma non per questo
meno gravi.
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