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Libri a fumetti
Cinema
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Miti mutanti 13
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PROMETHEA
La doppia natura dell'esistenza
Andrea Cantucci
tratto dalla rivista in pdf
DE:CODE n°1
Per ingrandire le immagini cliccarci sopra
Se
c'è una serie a fumetti che ha l'obiettivo
dichiarato di contribuire all'evoluzione della
coscienza umana, anche nella speranza del futuro
superamento di ogni forma di conflitto interiore ed
esteriore, questa è "Promethea" di Alan Moore e J.
H. Williams III. La protagonista, la giovane
studentessa Sophie Bangs, per opporsi a violenze
fisiche o psicologiche usa come unica arma il potere
delll'immaginazione e non ha bisogno di travestirsi
come un qualunque eroe mascherato, né subisce una
semplice scissione della personalità come chi è
affetto da tendenze schizoidi (1), insomma non fa
finta di essere qualcun altro, ma permette a
qualcosa di più vasto, qualcosa che riveste un
maggior significato e che esiste ad un livello
diverso, di esprimersi attraverso di lei. In pratica
Promethea è il suo doppio magico, ma non solo. E'
un'idea vivente che rappresenta l'essenza stessa
della magia, cioè dell'immaginazione concepita come
qualcosa che non andrebbe considerato come fittizio,
ma che in un certo senso esiste e permea il mondo in
cui viviamo, né più né meno di quanto faccia la
materia.
Ovviamente
nella serie questi presupposti sono portati alle
estreme conseguenze. Attraverso la magia, gli esseri
immaginari riescono a prendere sostanza e ad agire
nel mondo fisico, allo stesso modo in cui quelli
dotati di un corpo fisico possono entrare
mentalmente nel mondo immaginario dell'Immateria, un
equivalente narrativo di ciò che nei suoi scritti
Alan Moore ha definito anche come Ideaspace, uno
spazio mentale in cui le idee possono muoversi ed
evolversi, fino a prendere apparentemente vita.
Questo non riguarderebbe solo l'ambito privato di
ognuno, ma coinciderebbe anche con una sorta di
inconscio collettivo a cui tutti possono accedere,
superando i limiti delle proprie fantasie personali
così come un corpo supera i limiti di un'abitazione
uscendo di casa (2). In questa ipotesi, sviluppata
in un fumetto, ma avanzata anche come seria
possibilità, si potrebbe intravedere l'esistenza di
un doppio magico anche Agora è un film del 2009
diretto da Alejandro Amenábar, interpretato da
Rachel Weiszper l'intero mondo in cui viviamo, un
doppio la cui presenza è stata più volte sospettata
in varie e presunte dimensioni ultraterrene e che
invece potrebbe essere chiamato tranquillamente
Immaginazione (3).
Questa teoria è stata sviluppata ed espressa
genialmente a fumetti, attraverso immagini raffinate
ed evocative, accompagnate da continue
sperimentazioni tecniche e grafiche, nell'arco di 32
albi, poi raccolti in 5 volumi, pubblicati sotto
l'etichetta America's Best Comics tra il 1999 e il
2004. Anche la durata della serie non è stata
casuale, poiché il 32 è il numero che nella Cabala è
associato al viaggio spirituale che partendo dal
livello della Terra si dirige verso la Corona
Suprema, l'essenza universale indifferenziata che
qualcuno superficialmente chiama Dio.
Il fuoco dell'Arte
Le
origini di Promethea sono mostrate in flashback
nell'albo numero uno: la figlioletta di un mago
egizio è messa in salvo dal padre facendola
rifugiare nel luogo in cui vivono gli dèi, prima che
dei monaci cristiani vengano a linciarlo e ucciderlo
(4). Il luogo è Alessandria d'Egitto nel 411 d.C.,
un'ambientazione non casuale. Nella prima pagina
infatti si cita la bella Ipazia, maestra di
filosofia di Alessandria uccisa veramente quattro
anni prima da quegli stessi "monaci guerrieri", una
dei più importanti martiri "pagani", eliminati
dall'intolleranza del potere cristiano appena
insediatosi (5).
Anche
il dio che accoglie la bimba nell'Immateria è un
essere doppio, come molti dèi antichi che si
identificavano l'uno con l'altro, essendo composto
da Toth, dio egizio della scrittura e delle scienze
arcane e da Ermes, dio greco dei messaggi e degli
incantesimi, che è anche la guida delle anime
nell'aldilà. Il caduceo di quest'ultimo, simbolo
doppio e magico per eccellenza, diventerà
l'attributo principale attraverso cui si incanala il
potere di Promethea. La bimba si trasforma quindi in
un'idea vivente che può manifestarsi nei due mondi,
ma per assumere forma fisica, deve essere evocata
dalla fantasia di un mortale e prendere possesso di
un corpo ospite che si identifichi con lei. Di volta
in volta, nel corso degli anni, è fatta rivivere da
poeti, illustratrici e naturalmente autori di
fumetti, che proiettandone l'immagine sui corpi
propri o di persone a loro care, danno vita a
diverse versioni di Promethea, una diversa
dall'altra ma tutte ugualmente vere e vitali, che ne
mantengono l'aspetto anche dopo la morte,
continuando a vivere nell'Immateria. Scrivendo una
poesia su di lei, Sophie diventa quindi la nuova
Promethea, e come le precedenti deve vedersela con
una serie di minacce ultraterrene, "immaginarie" o
concrete, da cui deve proteggere sé stessa e coloro
che la circondano.
Oltre
ad occuparsi di magia e immaginazione, si tratta
ovviamente anche di una serie sull'Arte con la A
maiuscola, trattandosi di tre concetti che per Moore
sono strettamente interconnessi, anzi, praticamente
identificabili. Molti termini, come "opera" o
"creazione", sono infatti utilizzati sia nei riti
esoterici che nell'espressione artistica ed entrambe
le cose tentano di dare forma ad un qualche potere
della fantasia sulla materia, che è esattamente
quello che si esprime in Promethea. Il dono del
fuoco all'umanità narrato dal mito di Prometeo, qui
diventa il dono di un fuoco interiore, quello della
Fantasia, della Magia e dell'Arte, viste come realtà
metaforiche, ma che hanno in sé la capacità di
cambiare il mondo in base ai nostri desideri, poiché
immaginarlo diverso è comunque il primo passo per
modificarlo. Moore insomma, nelle sue attività
artistiche ritiene di aver compiuto
contemporaneamente degli atti magici, suscettibili
potenzialmente di smuovere qualcosa anche nel mondo
fisico (6). Per esplorare a fondo i territori della
fantasia, sostiene anche di essersi dotato lui
stesso di un aiutante magico, scegliendo come
propria guida l'immaginario dio-serpente Glicone
(7). Comunque sia, la sua dimestichezza con questi
territori appare evidente anche per i profani,
soprattutto nei testi delle sue performance coi
musicisti Tim Perkins e Dave J (8) e naturalmente
nelle sceneggiature di Promethea, profondamente
imbevute di forme e teorie esoteriche.
Le
elaborate tecniche con cui queste storie sulle
storie sono realizzate, affidate per lo più alle
matite di un eccezionale disegnatore come J. H.
Williams III e alle chine di un altrettanto
raffinato autore come Mick Gray, non sono infatti
secondarie, ma, come sempre dovrebbe accadere sia
nella magia che nell'arte, sono parte integrante del
messaggio. Fin dall'inizio, la composizione delle
copertine e delle pagine interne si accompagna a
decorazioni simboliche e soluzioni grafiche sempre
diverse, in sintonia con i contenuti di ogni
episodio, che esprimono quanto non sarebbe possibile
dire a parole. Ciò influisce ovviamente anche sul
montaggio narrativo delle vignette, spesso disposte
anche su due tavole, qualche volta seguendo
addirittura un ordine che stravolge con successo
l'abituale senso di lettura. Naturalmente questo può
creare qualche problema ai lettori più pigri, ma non
può mancare di entusiasmare quelli più esigenti e in
cerca di autentica creatività. In Promethea nulla è
lasciato al caso, pur di ottenere un buon effetto
"magico"…
Le quattro armi magiche
Dopo
qualche scaramuccia con dei demoni e un primo
viaggio nell'Immateria, che soddisfano anche
esigenze commerciali d'azione e divertimento, Sophie
comincia a conoscere meglio le Promethee precedenti,
che a turno la guidano nei rispettivi territori
immaginari e le forniscono metaforicamente quattro
armi magiche, cioè degli insegnamenti che le diano
maggior comprensione e potere sia sulla fantasia che
sulla realtà. Le quattro armi, ispirate ai semi
delle carte spagnole e napoletane: Coppe, Spade,
Denari e Bastoni, in qualche modo coincidono con i
quattro strumenti magici della tradizione celtica
che si dice i mitici dèi irlandesi, i Tuatha De
Danann (Le Genti della Dea Dana), avessero portato
da Tir Nan Og (La Terra della Gioventù): il
calderone di Dagda, la spada di Nuada, la pietra di
Fal e la lancia di Lug, attributi dei più importanti
dèi o eroi d'Irlanda (9). Secondo Moore, la coppa
rappresenta la Compassione, la spada l'Intelletto, i
denari il Mondo Fisico e il bastone la Volontà, ma
si identificano anche coi quattro elementi: Acqua,
Aria, Terra e Fuoco, a significare che senza
l'unione di tutti e quattro la nostra natura non
sarebbe completa.
E'
interessante notare come l'Immateria vive di
metafore che rimandano al mondo concreto; benché
teoricamente privo di limiti, nei primi episodi
sembra uno specchio deformato della realtà materiale
in cui certi eventi restano cristallizzati. Non si
può dire comunque che uno dei due mondi, fisico o
immaginario, derivi dall'altro; sono due realtà
intrecciate inestricabilmente, di cui a volte è
difficile stabilire dove si trovino i confini.
Bisogna considerare però che le precedenti Promethee
non si erano allontanate molto dal mondo materiale.
Una di loro, che agiva durante la I Guerra Mondiale,
abita un mondo fiabesco dei sogni, la Misty Magic
Land (Nebbiosa Terra della Magia), ispirata
direttamente alla Slumberland (Terra del Sonno) in
cui agiva Little Nemo nei fumetti di Winsor McCay ai
primi del '900 (10). Un'altra affronta mostri usciti
dai pulps degli anni '30, in una terra chiamata
Hy-Brasil, nome di un'isola mitica della tradizione
celtica (che pare abbia dato il nome al Brasile), ma
che qui indica un antico mondo fittizio affine a
quello in cui si muove Conan il barbaro nei racconti
di Robert Erwin Howard. Un'altra ancora appartiene a
storie a metà tra quelle dei supereroi e quelle dei
fumetti rosa degli anni '50. Ognuna cita una forma
di narrativa popolare di un diverso periodo del
'900, in cui l'unico limite è la fantasia degli
autori, che è pur sempre un limite.
Anche
il mondo di Sophie, una New York di un anno 2000 più
avanzato del nostro, è un luogo ideato da uno
scrittore, quindi, a rigor di logica, dovrebbe
anch'esso far parte dell'Immateria, ma meglio stare
al gioco e fingere che sia reale, o le domande
successive sarebbero: "Quanto è reale il nostro
mondo?" - "Ci sarà qualcuno che sta immaginando
noi?". Eppure il nome Sophie Bangs non sembra
casuale, anche se Moore dice che quando iniziò la
serie non sapeva che un altro scrittore di nome
Bangs avesse già ambientato un romanzo in un mondo
immaginario (11). Sophie è diminutivo di Sophia, che
in greco significa Sapienza, proprio ciò di cui sono
"amanti" coloro che si dicono filosofi (12). Inoltre
nella Cabala, la fonte nascosta del Tutto,
identificata con Dio, è chiamata En Soph
(l'Infinito) e Sophie è spesso chiamata Soph
dall'amica Stacia. Come le dice il mago Jack Faust
prima di far sesso con lei, "tutto ha un significato
magico". Sophie, che non a caso è una studentessa,
in quanto simbolo non dichiarato della potenziale
"Sapienza Infinita" a cui gli esseri umani possono
accedere, ha bisogno però che qualcuno le insegni, o
le ricordi, ciò che in fondo dentro di sé potrebbe
già sapere. Molte rivelazioni somigliano ad un
risveglio di ciò che è già in noi.
Pur
senza essere freudiani, diventa quindi chiaro, se ci
si pensa, che la coppa rappresenta anche il sesso e
la natura femminile, mentre il bastone è anche il
sesso e il principio maschile, come Jack Faust
insegna alla nuova Promethea con una dimostrazione
molto, molto esplicita. Invece nelle carte francesi
e toscane, appartenenti evidentemente ad ambienti
più raffinati, i semi si stilizzano e si
"ingentiliscono": le coppe diventano i cuori,
simbolo ancora più chiaro della compassione, le
spade diventano le picche (in inglese spades,
"vanghe", come se l'intelletto dovesse anche scavare
oltre ad essere affilato), i denari diventano i
quadri (in inglese diamonds, "rombi" o "diamanti",
quindi ancora più legati alla terra e al mondo
fisico) e i bastoni diventano i fiori (ma in inglese
conservano lo stesso nome, clubs, letteralmente
"clave" o "mazze").
L'apprendistato
della magia, come dell'arte, non può però essere
solo intellettuale e necessita di esperienze
pratiche. L'atto sessuale con Faust, più che a
soddisfare un vecchio libertino, serve a
Promethea-Sophie per comprendere non solo con la
testa, ma con tutto il suo essere, cosa significa
spostarsi su altri livelli di coscienza. Il
cosiddetto sesso tantrico (13), creando
identificazioni successive con i diversi chakra, le
fa sperimentare anticipatamente le emozioni
contrastanti ed estatiche che la attendono in quello
che sarà il suo viaggio più importante: l'ascesa
verso le sfere più elevate della Cabala (14).
L'Albero della Cabala
Dopo
un periodo di studi con Jack Faust, ricevuta
un'ultima serie di insegnamenti dai serpenti del suo
caduceo in un episodio particolarmente sperimentale
(15), Promethea si immerge nell'Immateria seguendo
la mappa dell'Albero della Vita, una struttura
evidentemente immaginaria messa a punto dalla
Cabala, la tradizione mistica ebraica, a cui sono
stati sovrapposti nel corso dei secoli moltissimi
simboli di diversa provenienza. E' considerata una
rappresentazione sintetica sia della natura umana
che dell'intero Universo, in una stretta
corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo, tra ogni
individuo e l'Essere Cosmico che costituirebbe il
doppio privo di limiti di ognuno di noi (16). Libri
recenti sulla Cabala tendono a proporre l'uso
dell'Albero della Vita per affrontare e risolvere
anche i più banali problemi quotidiani, più che per
pure meditazioni mistiche, trattandone i segreti, a
questo punto non più tanto "segreti", in modo meno
serioso e più accessibile, ma anche enormemente
semplificato, rispetto ai trattati antichi. Senza
togliere nulla alla profondità degli studi esoterici
di Moore, devono essere stati probabilmente manuali
"pratici" di questo tipo a fornirgli gli strumenti
più utili per districarsi nella materia (17).
La
scusa per il viaggio è fornita dalla ricerca
dell'anima di Barbara Shelley, la Promethea prima di
Sophie, che dopo morta si è addentrata nell'Immateria
per ricongiungersi allo spirito del marito. Da
questo momento gli elementi più avventurosi e
dinamici, già messi da parte più d'una volta, sono
delegati alle apparizioni saltuarie di un'altra
Promethea che sostituisce Sophie sulla Terra, mentre
gli autori passano a concentrarsi sulle fantastiche
rappresentazioni delle sfere cabalistiche,
accompagnate da dotte e ironiche dissertazioni
filosofiche. I lettori neofiti scoprono così che
l'Albero della Vita è diviso in dieci sfere o centri
manifesti, chiamati Sefiroth (Numeri), disposti in
ordine progressivo a partire dall'alto, identificati
tra l'altro coi pianeti e collegati da ventidue
"vie" o "strade", a loro volta identificabili con le
carte dei Tarocchi (18).
Il
viaggio di Promethea parte ovviamente dalla Sefirah
di Malkut, il "Regno", che corrisponde al pianeta e
all'elemento Terra ed è il piano materiale su cui
viviamo fisicamente, mentre dentro e attorno a noi
si svolge il "discorso divino" (19). Da qui prende
la 32° via, corrispondente alla carta dell'Universo
(o "Il Mondo"), che raffigura una donna che danza
con un serpente (20). Supera poi il fiume Stige, che
nei miti greci divide il mondo dei vivi da quello
dei morti, e giunge alla Sefirah di Yesod, il
"Fondamento", che corrisponde alla Luna ed è legata
alla sessualità (21) e ai sogni, che già nella
Cabala si identificavano con un abisso della
coscienza analogo al Subconscio. Qui Promethea, in
mezzo a immagini di personaggi reali e fantastici,
tra cui vari "viaggiatori lunari", ritrova la
propria amica e proseguono insieme la ricerca.
L'associazione tra il mondo inconscio dei sogni e il
regno dei morti mitologico è esplicita (22). Qui si
possono incontrare solo parvenze di vita, dei sogni
appunto, doppi inconsistenti e prevedibili delle
vite reali; per trovare i simboli che danno forza e
sostanza all'anima occorre andare oltre.
Percorrendo
a ritroso la "folgore" dell'Albero della Vita,
ovvero la strada simbolica che avrebbe compiuto lo
Spirito Divino per manifestare il Mondo, prendono
quindi la via che equivale alla carta del Sole e che
le conduce alla Sefirah di Hod, lo "Splendore" (o
"Maestà"), la sfera di Mercurio, associata anche
all'omonima sostanza, che è il regno dell'intelletto
razionale e del linguaggio. Qui trovano gli dèi
della magia che avrebbero inventato Promethea e i
loro corrispondenti di altre culture, oltre ad
alcuni moderni maghi. Poi attraversano la via della
Torre e passano nella Sefirah di Netzach, la
"Vittoria" (o "Eternità", o "Pazienza"), sfera dei
sentimenti istintivi e del pianeta Venere, che
bilancia quella dell'intelletto ed è associata
all'elemento Acqua (23). Il successivo passaggio
cruciale è la via della Morte, che è indispensabile
accettare e superare, rinunciando al proprio io
terreno, per accedere alla Sefirah di Tifareth, la
"Bellezza" (o "Gloria", detta anche Rachamim,
"Pietà"), sfera del centro della coscienza che si
identifica col Sole e con l'Oro e rappresenta il
punto più alto della personalità umana, l'io di
ognuno di noi che coincide con quello dell'Universo,
la voce percepibile del respiro divino, ovvero suo
figlio (24).
Viene
poi la strada della Giustizia che le porta alla
Sefirah di Geburah, la "Forza" (o "Potenza", detta
anche Din, "Giustizia"), la sfera di Marte associata
all'elemento Fuoco, che rappresenta la volontà e il
giudizio della parte superiore dell'Anima, un luogo
pericoloso se ci si identifica troppo con esso
perché può portare a eccessiva severità e
distruzione, ma da lì la via della Forza le conduce
alla Sefirah che lo bilancia, Chesed, la
"Misericordia" (o "Amore"), sfera del pianeta Giove
associata all'Aria (ma anche all'Acqua, per
contrapporla al fuoco di Geburah), in cui ci si
identifica con la benevolenza paterna, l'aspetto
creativo e protettivo degli dèi del cielo. Da questo
punto però non c'è sull'Albero un sentiero diretto
che porti alla sfera successiva lungo la "folgore
divina" e del resto nei miti sembra che la folgore
venga da qui, dalla mano di Zeus o dal martello di
Thor. Si direbbe che abbia percorso una via che non
esiste più, o che solo la Divinità poteva
percorrere. Inoltre lungo la sua strada è posta una
sfera occulta priva di numero, chiamata Daath, la
"Conoscenza" (25), nel punto in cui un "abisso"
divide le sfere degli archetipi dell'Anima da quelle
più alte, appartenenti direttamente allo Spirito
Divino. In realtà sulla "mappa" ci sarebbero altre
strade secondarie che potrebbero portare lassù (26),
ma è chiaro che Moore, come autore, non ama le
comode scorciatoie, quindi deve far superare alle
sue eroine quel baratro e lo fa creando qualcosa di
originale, enigmatico e, come sempre, geniale, in
cui si intravedono soprattutto gli echi delle opere
di Howard Phillips Lovecraft.
In
qualche modo riescono dunque a raggiungere la terza
Sefirah, Binah, la "Comprensione" (o
"Intelligenza"), la stabile sfera di Saturno, che
rappresenta l'amore e la consapevolezza spirituale,
il principio passivo, la parola interna non udibile,
il "Mondo Futuro" a cui tornano le anime. Qui appare
loro la doppia natura dell'aspetto più alto della
Dea Madre, di cui la stessa Promethea non è che un
aspetto. Poi la via dell'Imperatrice, un altro
simbolo del potere generativo della Dea, le porta
alla seconda Sefirah, Chokmah, la "Saggezza" (o
"Sapienza"), il pensiero abissale che rappresenta la
volontà e il fine dello Spirito Divino, che origina
e governa ogni attività e dinamismo (27), il
principio maschile che si unisce al principio
femminile e che Moore e Williams rappresentano senza
nessuna soggezione o censura dogmatica. L'11°
sentiero, quello del Matto, le porta infine a
ritrovare il marito di Barbara nella prima Sefirah,
Kether 'Eliyon, la "Corona Suprema" (chiamata anche
Ayn, il "Nulla"), l'Io Universale in cui tutte le
differenze si dissolvono, il punto abbagliante senza
dimensioni o movimento, il vuoto in cui l'Infinito
si manifesta e da cui scaturisce il Tutto (28).
Ogni
tappa, compresa l'ultima, è rappresentata con una
cura e un'attenzione ai minimi dettagli che rasenta
la perfezione Questo viaggio potrà anche risultare
un po' noioso per chi si entusiasma solamente quando
può tifare tra due energumeni che se le suonano, ma
è quanto di più vicino alla Divina Commedia sia mai
stato realizzato nel mondo del Fumetto (29), anzi,
senza entrare nel merito artistico, Moore usa delle
allegorie più universali di quelle di padre Dante e
pur rivendicando una certa sostanza alla fantasia,
ha l'accortezza di tenere separati i diversi piani,
senza confondere le metafore con delle realtà
concrete.
Doppia battaglia tra esseri duplici
Promethea
n° 24 è l'ennesimo numero particolarmente originale
in una serie in cui non esistono episodi banali.
Tornata dal suo viaggio, Sophie si deve scontrare
con la Promethea che aveva lasciato al suo posto e
che è un po' refrattaria a ritornarsene in pensione.
Assistiamo in parallelo al flashback di un lontano
ricordo sepolto, di un'epoca in cui ci furono
contemporaneamente due Promethee, una cristiana e
una musulmana, incapaci di comprendersi e destinate
a combattersi senza esclusione di colpi, pur essendo
due forme della stessa persona simbolica. Mentre
passato e presente si confondono, assistiamo quindi
ad un doppio conflitto tra due coppie di fantastici
doppi magici incarnati in corpi di donne diverse,
che però condividono essenzialmente una sola natura
ed una sola anima. Chi ne ha voglia, può anche
approfittarne per chiedersi se quando combattiamo
qualcuno non stiamo per caso combattendo noi stessi,
o riflettere su quale sia il senso di considerare
sempre giusta la nostra violenza e sbagliata solo
quella degli altri. Non male in fondo, per un
episodio su una semplice "scazzottata".
L'Apocalisse prossima ventura
Il
quinto e ultimo volume della serie è ambientato tre
anni dopo il quarto; nel frattempo Sophie Bangs ha
tentato di evitare i suoi doveri di Promethea,
perché sembra che questi comprendessero qualcosa di
cui la maggior parte della gente ha una cattiva
opinione: la fine del Mondo. In questo caso, diciamo
però che si tratta della fine di un mondo fatto di
guerre, sopraffazioni, odio, miserie e sistematiche
violenze di ogni genere, un mondo politico,
economico, religioso, ideologico e tecnologico che
troppo spesso continua ad essere disumano e
disumanizzante e la cui fine, tutto sommato, non
sarebbe quindi necessariamente una brutta cosa. In
cosa poi consista esattamente questa "fine del
Mondo" non è del tutto chiaro fino alla conclusione
della storia e non si può certo essere così crudeli
da anticiparlo qui.
Comunque di Apocalissi ne sono già state raccontate
tante, soprattutto se si considera che ancora non ne
è mai capitata nessuna. Le più belle, come sempre,
sono quelle mitologiche, che se non altro hanno il
pregio di poter essere interpretate in molti modi.
Nei miti dell'India (30) come nel Ragnarok della
Scandinavia (31), nonostante certi elementi cruenti,
c'è un aspetto consolante: dopo la fine del mondo
attuale ne nascerebbe un altro, con degli dèi nuovi
di zecca, probabilmente destinati a loro volta a
scomparire per poi essere sostituiti da altri
insieme al loro mondo. La morale è che l'esistenza è
un ciclo, perché nasca qualcosa di nuovo deve morire
il vecchio e da ogni fine può rinascere qualcosa.
Invece nelle religioni monoteiste o legate ad un
presunto profeta storico, che si chiami Siddharta,
Jesus o futuro Messia, c'è questo dio umanizzato, o
essere umano divinizzato, a cui viene lasciata la
bella responsabilità di venire alla fine di tutto a
constatare i disastri che si saranno combinati nel
frattempo, a rimettere a posto in qualche modo i
cocci e a spengere la luce definitivamente dietro di
sé allo scadere dell'orario di chiusura.
Il
ciclo conclusivo di Promethea prende qualcosa da
entrambi questi modi di concepire la fine, ma non
sposa completamente nessuno dei due. Per la verità
non si può dire che la rivelazione finale della
storia giunga del tutto inattesa, per lo meno per
chi si intende minimamente di cose esoteriche, anche
perché Moore, nel suo desiderio di diffusione della
sapienza misterica, aveva distillato tutta una serie
di rivelazioni continue, un po' per volta, nel corso
della serie e, così facendo, inevitabilmente aveva
già anticipato molto. Un lettore smaliziato insomma
potrebbe anche intuire a grandi linee cosa lo
attende nell'ultimo volume, al di là del fatto che
la storia è come sempre narrata in modo
meraviglioso, col notevole apporto dei "dipinti
fotografici" di Josè Villarubia e ricorrendo in modo
inatteso anche ad elementi quotidiani che vengono
caricati di un significato magico senza limiti. La
realtà apparente delle cose viene semplicemente
scardinata più volte e poi ricomposta. La doppia
natura dell'esistenza risulta ormai evidente agli
occhi di chiunque voglia vederla. Il dirompente
potere della fantasia si mostra in tutta la sua
innegabile verità e poi si nasconde ancora dietro
tentativi di spiegazioni razionali. La protagonista
cresce, matura, cambia e compie azioni definitive e
"irrimediabili", senza nessuna apparente possibilità
di tornare sui suoi passi. Sullo sfondo intanto,
personaggi estremi, colti nel loro più estremo
momento di inquietudine, tentano di cogliere le loro
ultime occasioni prima della fine… ma quello che
comunque è veramente affascinante e rivoluzionario
in questa Apocalisse, al di là del fatto che il
mondo raggiunga o meno la tanto sospirata pace, è
che ad accoglierci, alla fine, una volta tanto ci
sia una bella donna.
Titolo: Promethea (serie di 5 volumi)
Testi: Alan Moore
Matite e dipinti: J. H. Williams III (con la
collaborazione di Charles Vess e Josè Villarubia)
Chine: Mick Gray
Colori digitali: Jeremy Cox
Edizione italiana: Magic Press
Formato: variabile tra 168 e 192 pagine
Rilegatura: in brossura con bandelle
Prezzo: variabile tra € 13 e € 15,50 a volume
Su Promethea vedere anche
www.angelfire.com/comics/eroomnala/Promethea.htm
Note:
1) Sul carattere schizoide e schizofrenico vedere ad
esempio il volume di Ronald Laing "The Divided
Self", Tavistock Publications 1959 - edizione
italiana "L'Io Diviso", Einaudi 1969.
2) "Lo spazio all'interno della nostra casa è
interamente nostro, eppure se facciamo un passo
fuori dalla porta d'ingresso ci ritroviamo in una
strada, in un mondo che è mutuamente accessibile e
aperto a tutti. E se questo fosse vero anche per la
mente? E se potessimo viaggiare oltre i confini
dello spazio mentale individuale verso lo spazio
comune esterno, dove potremmo incontrare le menti di
altre persone in uno spazio condiviso? Questo
potrebbe spiegare di colpo fenomeni controversi come
quella che viene definita telepatia o trasmissione
delle conoscenze a distanza, ma spiegherebbe anche
dei fenomeni più ordinari, anche se altrettanto
intriganti. Quando James Watt scoprì la propulsione
a vapore, per esempio, ci fu un gran numero di altri
inventori a cui venne la stessa idea nello stesso
anno, in modo del tutto indipendente…" (da "Alan
Moore intervistato da Eddie Campbell" - traduzione
di Smoky Man - introduzione al volume "Serpenti e
Scale" di Moore e Campbell, edizione italiana Black
Velvet Editrice 2003)
3) "Quando venni per la prima volta iniziato alla
magia, si trattò di un evento spontaneo, non
stabilito: i miei pensieri parvero focalizzarsi su
un argomento, che la consapevolezza è uno spazio, la
mente può essere osservata come uno spazio e quello
spazio può essere occupato. Ci possono essere entità
che sono indigene di quello spazio. Flora e fauna
del mondo mentale, il ché credo sia più che
sufficiente a spiegare tutti i demoni, gli angeli,
le chimere, gli alieni grigi, gli elfi, i folletti,
le fate della cultura umana." (da un'intervista ad
Alan Moore, a cura di Barry Kavanagh - traduzione di
Smoky Man dal sito Ultrazine.it)
4) Con gli editti di Tessalonica (380 d.C.) e
Costantinopoli (392 d.C.) emanati da Teodosio, il
Cristianesimo di confessione cattolica diventò la
religione ufficiale di stato dell'Impero Romano e
tutti gli altri culti, cristiani e non cristiani,
vennero aboliti e dichiarati fuori legge, tutto ciò
anche come conseguenza dell'opera propagandistica e
autoritaria, profondamente fanatica e intollerante,
del vescovo di Milano Ambrogio, poi naturalmente
santificato dai cattolici.
5) Nel 415 d.C., il patriarca cristiano di
Alessandria d'Egitto, Cirillo, istigò i suoi monaci
combattenti ad uccidere la nota "maestra di
filosofia" Ipazia (Hypatia: 370-415 d.C.), figlia di
Teone, matematico e Rettore dell'Università di
Alessandria. Donna di grande saggezza versata in
filosofia, matematica e astronomia, Ipazia aveva
fondato una scuola rinomata, rivolgendo i suoi
insegnamenti soprattutto alle giovani donne, per
emanciparle dall'atteggiamento maschilista
dell'epoca. (…) Cirillo ordinò la sua cattura e la
mandò a morte, in una chiesa, facendola scarnificare
viva con conchiglie taglienti; i suoi resti furono
gettati in una cloaca. (…) Cirillo fu in seguito
canonizzato dalla chiesa ed ancora oggi viene
celebrato ad Alessandria il 9 Febbraio e nelle
chiese latine il 28 Gennaio. Ipazia era talmente
stimata e apprezzata per la sua brillante
intelligenza che il suo assassinio è stato
considerato da molti come la morte del mondo e della
cultura pagana. (…) anche i suoi discepoli furono
uccisi, gli scritti bruciati ed i suoi insegnamenti
andarono in parte perduti. Alcuni suoi lavori,
conosciuti anche in Oriente, vennero tradotti in
arabo e furono resi noti in Occidente dopo oltre
mille anni di silenzio. (sintetizzato dal sito
Alatheus.it) - Ipazia è apparsa anche in un fumetto,
nella storia di Corto Maltese "Sirat Al-Bunduqiyyah
- Favola di Venezia", realizzata da Hugo Pratt nel
1977, e in un film del 2009, "Agorà" diretto da
Alejandro Amenábar e interpretato da Rachel Weisz
6) "Non faccio distinzioni tra magia e arte. Quando
mi misi nella magia, compresi che lo avevo fatto per
tutto il tempo, da quando scrissi la mia prima
patetica storia o poesia quando avevo dodici anni o
qualsiasi altra cosa. Questa è stata la mia magia,
il mio modo di averci a che fare." (da un'intervista
ad Alan Moore, a cura di Barry Kavanagh - traduzione
di Smoky Man dal sito Ultrazine.it)
7) Glykon fu un dio venerato per breve tempo in
Dacia, oggi parte della Romania, nel II secolo d.C.
8) sulle performance di Alan Moore e le versioni a
fumetti di Eddie Campbell che ne sono state tratte,
vedere articolo "Alan Moore: Eroi, orchi e serpenti"
www.de-code.net/approfondimenti_scheda.asp?tipo=1&id=10
9) Sia la Spagna che la Francia, in cui gli attuali
semi e figure furono aggiunti alle carte da gioco
provenienti dai paesi arabi, erano e sono abitate da
popoli d'origine celtica. - Le quattro armi magiche
dei Thuata De Danann sono anche al centro di una
storia a fumetti della serie di Slaine, The Horned
God, scritta da Pat Mills, dipinta da Simon Bisley e
liberamente ispirata a leggende irlandesi (edizione
italiana, in tre album: Il Dio Cornuto, Magic
Press). - Il tema di queste quattro armi mitiche è
stato sviluppato, in modo molto diverso, anche da
Alfredo Castelli nella sua serie di Martin Mystère,
ipotizzando una loro improbabile origine
extraterrestre.
10) su Little Nemo di Winsor McCay, vedere
l'articolo "Da Freud a Little Nemo… e oltre -
Viaggio cosciente nei sogni a fumetti", alla pagina
www.segretidipulcinella.it/sdp19/art_02.htm
11) Si tratta di John Kendrick Bangs, autore di "Un
Houseboat sullo Stige", Harper 1896. Moore ha usato
il suo libro come spunto per Promethea n° 14,
spacciandone l'autore per un "lontano zio" di Sophie.
12) In greco, Filosofia significa letteralmente
"Amore per la Sapienza". Sophia o Sofa era anche un
appellativo di Athena, in quanto dea della Sapienza.
- Nel Cristianesimo gnostico, Sophia è la luce nata
dalla Fede, che separa il cosmo dal Caos
sottostante, cioè dall'illimitato abisso oscuro
delle acque primordiali, secondo il mito delle
origini del testo copto Pistis Sophia (rinvenuto a
Nag Hammadi, in Egitto, nel 1945 e risalente al 400
d.C.) - In Promethea n°21, Moore identifica la
Sophia con la Shekinah, la Presenza Divina della
Cabala, che si manifesta discendendo nella sfera
materiale di Malkut, così come Promethea si
manifesta nel corpo di Sophie.
13) Col termine "sesso tantrico" si indicano
impropriamente atti di "magia sessuale" ispirati a
teorie dalle filosofie indiane dello Yoga e del
Tantra, ma in India non risulta sia praticato
fisicamente, almeno non da adepti ortodossi delle
attuali religioni locali, che nonostante l'uso di
simboli sessuali, come il linga (il sesso maschile)
e la yoni (il sesso femminile), attuano una
repressione dei propri istinti anche maggiore di
quelle occidentali.
14) Da sempre le discipline magiche tendono ad
identificare strutture simboliche di diverse
tradizioni mistiche. I sette chakra indiani (una
sorta di centri energetici), si possono far
coincidere con i sette livelli dell'Albero della
Vita cabalistico ed entrambi si possono sovrapporre
a punti del corpo umano in modo abbastanza coerente.
15) In Promethea n° 12 si sovrappongono in modo
coerente: la storia del mondo narrata in rima dai
serpenti, le figure dei Tarocchi, degli anagrammi
del nome Promethea e una barzelletta raccontata
dall'occultista Alistair Crowley. Ogni pagina è una
vignetta che continua nella successiva e l'ultima si
collega alla prima. Il senso può essere che, nella
magia, le corrispondenze (artificiose o meno)
unificano i concetti e svelano le verità comuni.
16) Nei testi cabalistici raccolti sotto il nome di
Zohar (Il Libro dello Splendore) si fa anche una
distinzione interna all'Albero della Vita tra
"Grande Volto" e "Piccolo Volto", descritti
minuziosamente come simboli della doppia natura
dello Spirito Divino e dell'Anima, ovvero il Padre e
il Figlio, che si riflettono l'uno nell'altro.
17) Vedere il libro di Will Parfitt "The Elements of
the Qabalah", Elements Books Limited 1991 - edizione
italiana "La Cabala", Oscar Mondadori 2000 - un
manualetto di Cabala semplificata che descrive
esattamente la stessa struttura e le stesse
corrispondenze dell'Albero della Vita utilizzate da
Moore per Promethea.
18) In versioni antiche le Sefiroth si identificano
anche coi vari nomi di Dio, gli Arcangeli, le
gerarchie angeliche e addirittura con ordini
demoniaci e Arcidiavoli, che ne costituirebbero
l'aspetto negativo, nascosto nei cosiddetti Qliphoth,
i "gusci" che ne restano quando se ne allontana lo
Spirito Divino. Le Sefiroth e le vie che le uniscono
possono essere associate anche a divinità, animali,
piante, pietre, elementi, lettere, punti cardinali o
segni zodiacali, rappresentando tutte le forme in
cui si manifesta la Divinità e quindi l'intero
Universo. - L'identificazione delle ventidue vie con
i ventidue Tarocchi maggiori è dovuta ad occultisti
del XIX secolo, mentre in origine il loro numero era
messo in relazione soprattutto con le ventidue
lettere dell'alfabeto ebraico.
19) La Sefirah di Malkut si identifica anche con la
Shekinà, la "Presenza Divina", in quanto
manifestazione fisica della Divinità, ed è quindi
chiamata anche Regina o Moglie (di Dio). - Nello
Yoga corrisponderebbe al chakra Muladhara, il
"Sostegno alla base", collocato tra ano e genitali,
dove l'energia femminile di Kundalini è
attorcigliata su sé stessa come un serpente (sul
significato di questo simbolo, vedi nota 20)
20) Moore ritiene che rappresenti l'Immaginazione
che si intreccia con la Vita (identificando il
Serpente con la doppia elica del D.N.A.). In effetti
la Dea Madre dei culti antichi (identificabile anche
con Maya, l'Illusione) è spesso associata al
Serpente, simbolo di trasformazione e rinnovamento
legato agli elementi e in genere a tutto ciò che
fluisce, come i fiumi a cui assomiglia, l'energia,
il Tempo e come appunto la Vita. L'interpretazione
di Moore ha il solo difetto di essere un po'
restrittiva, poiché in molti miti il Serpente, in
quanto simbolo del fluire dell'esistenza, è
associato anche ad eventi ciclici naturali come
alluvioni o siccità e non unicamente agli esseri
viventi. - Un grande serpente, o più esattamente un
drago, di nome Nidhogg, si trova anche alle radici
di Yggdrasill, il frassino cosmico che costituisce
un equivalente dell'Albero cabalistico nella
tradizione nordica.
21) In origine Yesod rappresenta il simbolo della
circoncisione, considerata il "fondamento" del culto
ebraico. - Nello Yoga sarebbe il chakra Svadhisthana,
"Che sta al proprio posto", alla base dell'organo
genitale.
22) L'affinità tra simboli degli Inferi e
dell'Inconscio è stata trattata nel 1979 dallo
psicologo James Hillman, nel suo libro "The Dream
and the Underworld" - edizione italiana "Il Sogno e
il Mondo Infero", Adelphi 2003.
23) Hod e Netzach, nello Yoga corrisponderebbero al
chakra Manipura, la "Città della Gemma", posto nella
zona dell'ombelico, in cui si concentrano le
tendenze possessive che in effetti possono essere
comuni sia all'ambito intellettuale e razionale che
a quello sentimentale e istintivo.
24) Tifareth rappresenta la pietà, in quanto
intermediaria tra le sfere superiori del Giudizio e
dell'Amore. - Nello Yoga sarebbe il chakra del
cuore, Anahata, "Che risuona senza colpo", il luogo
in cui gli opposti si uniscono.
25) Nella cabala moderna, Daath è stata identificata
col pianeta Urano, un tempo sconosciuto, mentre
Moore ha preferito un'altra soluzione. - Nello Yoga
corrisponderebbe al chakra della gola, Vishudda, il
"Purissimo".
26) Una delle pochissime imprecisioni di Moore è
quando, su Promethea n° 20, fa dire a Sophie che
"non ci sono vie che partono dalla quarta sfera". In
effetti, oltre a tre vie che tornano indietro, ci
sarebbe stata la 16° strada, quella del Papa, che
però avrebbe avuto il difetto di passare
direttamente alla seconda sfera saltando la terza,
quella della Madre Divina (si sa, i papi negano da
sempre l'aspetto femminile della Divinità…)
27) Nella Bibbia, Binah corrisponde alle acque
primordiali, mentre Chokmah, che nella Cabala
moderna è stata associata al pianeta Nettuno,
corrisponde allo Spirito di Dio che aleggia sulle
acque. - Binah e Chokmah nello Yoga corrispondono al
"terzo occhio" tra le sopracciglia, Ajna, "Dove si
realizza il comando", e infatti quando Promethea
visita queste due sfere appare sulla sua fronte un
terzo occhio inscritto in un triangolo. - In Binah,
sfera di Saturno, Moore inserisce anche delle falene
di una specie chiamata Saturniae Promethea, "Promethea
di Saturno", della cui esistenza pare non fosse a
conoscenza quando iniziò a scrivere la serie.
28) Nella Cabala moderna, Kether è fatta coincidere
col pianeta Plutone, probabilmente perché anche
l'antico dio degli Inferi rappresentava il Nulla che
segue o precede l'esistenza. - Nello Yoga
corrisponderebbe al chakra Sahasrara, il "Loto dai
Mille Petali", alla sommità del capo, appena sotto o
appena sopra la calotta cranica.
29) La struttura dell'Universo della Divina Commedia
è simile ad un'altra immagine cabalistica delle
Sefiroth: l'Adam Qadmon, l'"Adamo Celeste", l'Uomo
Cosmico inscritto in dieci sfere concentriche, il
cui punto centrale, la Sefirah di Yesod, coincide
con il suo sesso e corrisponde anche alla posizione
dell'Inferno dantesco. Dante prima scende negli
Inferi e poi risale dall'altra parte della Terra, ma
la sua direzione non cambia, come se percorresse in
linea retta l'Albero della Cabala, da Malkut verso
Kether. Quindi il cunicolo che dal centro della
Terra lo porta all'isola del Purgatorio e poi il
monte del Purgatorio stesso corrisponderebbero alla
via dell'Arte, che si interseca con quella della
Torre e che conduce a Tifareth, la sfera del Sole.
Questa si può considerare in relazione con il
giardino dell'Eden che è in cima al Purgatorio, dove
Dante invoca Apollo e vede sorgere un Sole che lo
illumina. L'albero proibito della Conoscenza, che
sovrasta l'Eden, può essere in relazione con la
Sefirah occulta della Sapienza, Daath, o con le
Sefiroth superiori in genere, come dice anche il
testo cabalistico dello Zohar. Saranno coincidenze,
ma mentre la guida di Dante lungo la "via dell'Arte"
era un artista, Virgilio, lungo l'equivalente della
via della Papessa, che porta da Tifareth a Kether,
lo accompagna invece una donna, Beatrice. I nove
cieli del Paradiso dantesco più quello della Terra
sono poi identici ai dieci cerchi dell'Adam Qadmon e
rappresentano le stesse sfere dei pianeti
cabalistici (quelli conosciuti dagli antichi)
associate a significati più o meno analoghi e poste
nello stesso ordine, anche se numerate in senso
inverso. Infine l'Empireo di Dante corrisponde
perfettamente a Kether.
30) Il principale mito apocalittico indù, dice che
l'ultima incarnazione di Vishnu, chiamata Kalkin,
col suo cavallo bianco e la sua spada fiammante
"purificherà" il Mondo dal male, ponendo fine al
Kali Yuga, l'attuale "Età Perdente", a cui, dopo un
crepuscolo di 360.000 anni, seguirà un nuovo Krta
Yuga, o "Età Perfetta".
31) Il Ragnarok, o Crepuscolo degli Dèi, degli
antichi popoli nordici, in cui i Troll e i Giganti
insorgeranno contro gli dèi di Asgard e l'oscuro dio
Surtur salirà dall'abisso con la sua spada di fuoco
a incendiare il Mondo, è stato narrato anche a
fumetti, da Lee e Kirby in due puntate di Tales of
Asgard del 1966, e poi ha minacciato di verificarsi
più volte nelle storie di Thor. La versione
operistica germanica, capitolo conclusivo del ciclo
dell'Anello di Wagner, è stata adattata a fumetti
due volte, da Roy Thomas e Gil Kane e da P.Craig
Russell.
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