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Intervista agli
Underfloor
Ormai da 15 anni frequento i
concerti Agimus a Careggi, qui a Firenze, tutte le
domeniche. Ad un certo punto ha cominciato a fare
la sua comparsa questa ragazza giovane che
introduceva i concerti e che talvolta si esibiva
con la viola. Era Giulia. Una domenica la sentii
mentre si suonava col suo gruppo, gli Underfloor,
e ne rimasi piuttosto colpito. Finalmente ho
realizzato un'intervista col gruppo, tramite mail,
dopo aver ricevuto in dono il loro ultimo album,
"Quattro", su cui ho scritto una
breve nota.
Guido Melis: basso e voce
Lorenzo Desiati: batteria
Giulia Nuti: viola
Alessandro Alajmo: chitarra elettrica
1. Cominciamo dalla vostra formazione culturale
e artistica: che studi avete fatto? qual è stato
il vostro approccio personale al mondo della
musica?
Guido: ho iniziato a studiare chitarra
classica a 11 anni, avendo la fortuna di trovare
un insegnante fantastico (ora noto concertista)
che mi fece appassionare allo strumento al di là
del repertorio strettamente classico. Dopo una
brevissima parentesi con la chitarra elettrica
sono passato al basso: a 19 anni ho iniziato a
suonare col gruppo dei Time Escape, una realtà
importante in quegli anni a Firenze (tanto che
ancora c'è chi mi scrive chiedendo dei demo su
cassetta registrati a fine anni '80);
successivamente, e per un decennio circa, ho preso
parte a vari progetti in qualità di bassista:
Diaframma, Green e altri. Ho iniziato a scrivere
musica e testi e, nel 2003, ho dato vita agli
Underfloor assieme a Lorenzo e a Matteo Urro,
assumendomi anche il ruolo di cantante dal 2009 in
poi.
Giulia: Ho iniziato gli studi a 7 anni alla
Scuola di Musica di Fiesole, prima con il violino
e poi con la viola. Verso i 16 anni ho però
sviluppato la passione per altri generi musicali
come il rock, la mia prima influenza sono stati i
Beatles. Nello stesso periodo ho conosciuto il
giornalista Ernesto De Pascale, purtroppo
scomparso nel 2011, che scriveva per La Nazione,
Rolling Stone e lavorava per la RAI e che ha
prodotto anche alcuni album degli Underfloor. Ho
iniziato ad affiancare Ernesto nella sua attività
e grazie a lui moltiplicato la mia passione per la
musica e iniziato a conoscere la musica a 360°
Lorenzo: Ho cominciato a suonare a 14 anni,
ho studiato molto e con vari insegnanti.
La mia formazione musicale nasce dal rock, il mio
gruppo di riferimento sono senz'altro i Beatles.
Alessandro: Ho iniziato a suonare la
chitarra verso i 15-16 anni, principalmente da
autodidatta. Successivamente ho iniziato le prime
esperienze di gruppo, privilegiando sempre la
musica originale rispetto alle cover.
2. Quando e come si è formato il vostro gruppo?
Quali sono state le esperienze musicali
precedenti? Come vi siete incontrati?
Guido: come detto, il gruppo si è formato
nell'estate del 2003. Dopo pochi mesi abbiamo
vinto il Premio della Critica al Rockcontest
fiorentino, e subito dopo abbiamo registrato il
nostro primo Cd, intitolato semplicemente "Underfloor":
un'esperienza che ricordo ancora con un senso di
ebbrezza e grande soddisfazione... quella che si
prova quando ti accorgi che la musica sta andando
esattamente nella direzione che avresti sempre
voluto. Delle esperienze precedenti ho parlato
prima, ma aggiungerei anche molto lavoro in studio
di registrazione, dapprima come fonico e,
successivamente, dal 2010, anche come produttore.
Lorenzo: Il gruppo è nato dalle ceneri di
un'altra esperienza precedente e dalla voglia di
andare avanti.
All'epoca io Guido e Matteo Urro ci siamo
incontrati e da subito fu musica.
Partecipammo al Rock Contest di Controradio
arrivando secondi e da li registrammo il nostro
primo album "Underfloor".
Giulia: Io mi sono unita al gruppo nella
primavera 2011 anche se già avevamo collaborato in
passato. Suono la viola come ospite sull'album
precedente al mio ingresso, Vertigine. Inoltre
avevo arrangiato due brani per quartetto d'archi,
Ancora Un Inverno e Bambino Mio, cover di Piero
Ciampi grazie a cui gli Underfloor hanno vinto il
Premio Ciampi 2008. Personalmente invece ci siamo
conosciuti nel 2004 al Rock Contest di Controradio:
è stata la prima volta che, da spettatore, ho
visto gli Underfloor dal vivo.
Le mie esperienze precedenti includevano varie
collaborazioni come quelle con Graziano Romani,
Lightshine, Hypnodance. Gli Underfloor è la prima
esperienza in cui ho iniziato a suonare la viola
in modo veramente elettrico.
Alessandro: io sono l'ultimo arrivato negli
Underfloor, essendo entrato nella band a inizio
2014. Ci conoscevamo già da un po' di tempo, in
particolare con Giulia che era anche mia compagna
di liceo, e seguivo con piacere gli Underfloor,
che avevo avuto occasione di vedere dal vivo
qualche volta negli ultimi anni. Tra le mie altre
esperienze musicali le più significative sono la
collaborazione con la cantautrice Chiara White e i
suoi Itaca, e gli Elephant, nati nel 2011, in cui
oltre che chitarrista sono autore della maggior
parte delle canzoni e mi sono ritrovato nella
veste di cantante, per me fino ad allora inedita.
3. Com'è nato il nome Underfloor? Cosa
significa (per chi non sa l'inglese)? Chi lo ha
scelto?
Guido: il nome Underfloor l'ho scelto io, e
la scelta è stata essenzialmente in base alla sua
sonorità. Ovviamente anche il significato ha avuto
il suo peso: come quasi tutti quelli che suonano,
anche noi abbiamo una sala prove "sotterranea", ed
è lì che è sempre nata la nostra musica.
Lorenzo: Ahahahah.......sinceramente non
ricordo come è nato il nome, ma credo perchè il
nostro studio è in un sottoscala....
4. Come definireste la vostra musica? A quale
genere musicale appartiene?
Guido: il fatto di cantare in italiano ci
differenzia da altri gruppi che hanno sonorità
simili alle nostre. Certamente non siamo indie
rock, ma siamo indipendenti. Credo sinceramente
che con Quattro siamo riusciti ad emanciparci
definitivamente dai nostri modelli musicali, che
ci hanno ovviamente influenzato nei dischi
precedenti, arrivando a trovare un nostro sound e
una nostra poetica musicale. E devo dire che la
critica è stata veramente ottima... peccato non
riuscire a suonare dal vivo quanto vorremmo.
Lorenzo: non penso di appartenere ad un
genere musicale....
Cmq ci siamo sempre ispirati al britpop ( Beatles,
Radiohead,Coldplay etc...)
Giulia: Rock con testi in italiano,
influenze psichedeliche e aperture strumentali e
progressive. Cerchiamo comunque di non
etichettarci in alcun modo e, per quanto
possibile, di mantenere la nostra personalità. Non
cerchiamo infatti esplicitamente di imitare un
genere. Semplicemente siamo tutti appassionati di
musica, abbiamo assimilato alcune influenze che
poi tornano fuori nel momento in cui ognuno di noi
dà il proprio apporto personale ai brani.
Alessandro: dovessi descrivere in poche
parole lo stile musicale degli Underfloor direi
rock in italiano con una certa propensione alla
psichedelia.
5. Che musica ascoltate? Avete dei modelli
musicali?
Guido: i Beatles sono stati la prima
passione, e ancora adesso sono il mio gruppo
preferito. Ma, ovviamente, ho ascoltato di tutto:
dalla musica classica al jazz classico, dall'hard
rock dei Led Zeppelin e dei Black Sabbath al
grunge dei Nirvana. E poi i grandi nomi del prog,
come Genesis e Rush. Di italiano, a parte i grandi
come De André o Battisti, ho apprezzato
soprattutto i Verdena.... uno dei gruppi che ho
più ascoltato negli ultimi anni.
Giulia: Ascolto un po' di tutto e in questo
mi aiuta anche il mio lavoro di giornalista e
operatore musicale. Spazio dal rock al blues al
cantautorato, che sono i miei principali campi di
interesse. Ad esempio, però, seguo molto anche le
novità discografiche.
Non ho propriamente dei modelli ma di sicuro dei
riferimenti. Ad esempio, per quanto riguarda
l'utilizzo della viola, i violinisti rock, dagli
italiani Mauro Pagani e Lucio Fabbri della PFM
agli stranieri Don "Sugarcane" Harris, Jerry
Goodman, Dave Arbus.
Alessandro: I miei gusti e influenze
musicali sono abbastanza variegati, ma sicuramente
le sonorità a cui mi sento più vicino sono quelle
legate al rock anni '70, Led Zeppelin, Pink Floyd,
Neil Young tanto per fare qualche grande nome. In
ambito italiano privilegio i cantautori, il mio
preferito è da sempre De Gregori, mentre a livello
di gruppi rock mi piacciono molto i primi Litfiba
e alcune cose dei Diaframma e dei Virginiana
Miller.
Lorenzo: Ascolto veramente di tutto....
Rock, jazz, classica.
Comunque come ho già detto i Beatles sopratutto.
6. Chi scrive la vostra musica? Come nascono i
vostri pezzi e gli arrangiamenti?
Guido: Quattro, a
differenza del precedente Solitari blu e dei due
album nei quali c'era Matteo Urro è stato un
lavoro scritto essenzialmente da me e arrangiato
collettivamente, anche se certi spunti melodici li
devo a Marco e a Giulia. Ho scritto i brani di
Quattro avendo sempre in mente il gruppo e il
ruolo che ognuno di noi avrebbe avuto nella
stesura finale. Senza false modestie, credo che
sia notevole soprattutto lo spazio "conquistato"
per uno strumento come la viola, lavorando sui
temi anziché su assoli. Per i testi ho cercato di
privilegiare la sonorità della parola rispetto
alla narrazione, ritenendolo un approccio molto
più vicino al rock anglofono che rimane la nostra
fonte di ispirazione musicale.
Giulia: soprattutto li scrive Guido, ma ci
piace che ognuno di noi dia il suo contributo
specialmente nei brani in cui si può lavorare
"strumenti alla mano". I brani nascono a volte a
casa, a volte da un'idea in sala prove. Agli
arrangiamenti cerchiamo di lavorare tutti insieme,
è la parte che coinvolge più l'intero gruppo.
7. C'è un brano che sentite come più
rappresentativo? Un cavallo di battaglia?
Guido: in Quattro senz'altro Dont'mind, sia
per il testo che per la musica. Dal vivo amo molto
Le cose più belle, dal nostro primo disco e Luci
di ruggine da Solitari blu.
Giulia: Per me Indian Song da Quattro
perché rappresenta bene l'incarnazione presente
della formazione e le sfumature che abbiamo
cercato di dare al nostro ultimo album.
Alessandro: il pezzo che più mi colpì
quando conobbi gli Underfloor fu Solitari Blu,
mentre dopo essere entrato a far parte della band,
dovessi dire due pezzi direi Luci di ruggine e
Fragile, che credo sia stato il primo che abbiamo
suonato insieme.
8. Dove suonate di solito? Dove vi esibite?
Giulia: Specialmente in Toscana comunque
ovunque ci sia uno spazio pronto ad ospitare una
formazione a quattro e che sia idoneo a un
concerto rock. Con la nostra formazione non è
semplice suonare nei piccoli club acustici.
Possiamo fare anche quello, spazio permettendo, ma
non è la nostra veste naturale.
9. Le nuove tecnologie hanno cambiato il modo
di fare musica nell'èra digitale? Che peso ha la
tecnologia nella vostra musica?
Guido: assolutamente nessun peso. Suoniamo
tutto noi e Quattro, come pure Vertigine, è stato
registrato su 16 piste a nastro, senza editing.
Aggiungo a margine che già nel 1989 con i Time
Escape utilizzavamo il computer per le sequenze e
tutto il resto, e ovviamente abitualmente utilizzo
dal 2000 una DAW, quindi credo che le scelte
operate per il sound di Quattro e degli Underfloor
in generale siano consapevoli e non snobistiche.
Giulia: Senza presunzione direi… zero.
Quattro è registrato su nastro in analogico.
Ovviamente ci serviamo volentieri della
tecnologia. Registrare le nostre prove in sala
prove vuol dire già servirsi della tecnologia.
Comunque penso di poter dire che avremmo potuto
realizzare la stessa musica anche senza la
tecnologia, non è indispensabile per noi.
Alessandro: per quanto mi riguarda la
tecnologia di cui faccio uso io sono la mia Les
Paul, l'amplificatore, e qualche pedalino nel
mezzo, ma non so se ho capito bene la domanda!
Lorenzo: La tecnologia non ha nessun peso.
10. Ho visitato il vostro sito Internet (www.underfloor.it),
chi l'ha realizzato? Cosa pensate della musica
on-line? Progetti per il futuro?
Guido: il sito è stato realizzato in
proprio... non abbiamo pretese artistiche al
riguardo! La musica on line è e sarà sempre di più
un macigno sul futuro di artisti e operatori
musicali (basta vedere in questi giorni l'opinione
che tanti artisti hanno di portali quali Spotify).
La trovo una cosa priva di fascino e, siccome
continuo a pensare che si dovrebbe far musica per
passione e romanticismo, e a me piace avere in
mano un "oggetto sonoro" pensato in quanto tale,
la trovo una triste e stanca replica di quello che
è stato il vinile e poi il cd. Ovviamente è una
realtà con cui è necessario fare i conti, infatti
anche noi siamo distribuiti anche digitalmente...
Per il futuro non saprei dirti. Sicuramente sono
cambiate alcune dinamiche interne al gruppo, e
oltre dieci anni da indipendenti autofinanziati e
autoprodotti hanno lasciato il segno.
Quattro sarebbe senz'altro un ottimo epitaffio
all'avventura degli Underfloor, ma al tempo stesso
le idee non mancano. Certo la difficoltà di
trovare spazi per suonare dal vivo, e quindi
diffondere la nostra musica, non aiuta a portare
avanti un progetto artisticamente impegnativo
quali gli Underfloor.
Giulia: Del sito si occupa Guido. Della
musica on line penso che di certo accresce la
conoscenza in modo esponenziale. Anni fa non c'era
modo di conoscere così velocemente i gruppi a cui
oggi si arriva con un semplice click. La
conoscenza, tuttavia, passa anche attraverso
l'assimilazione. Non c'è conoscenza vera se non
c'è modo e tempo di assimilare quel che si ascolta
e condividerlo con gli altri. On line siamo
sottoposti a troppi stimoli diversi e il rischio è
quello di abbassare la qualità, sia della proposta
che della capacità di ascolto. Questo ovviamente
senza entrare nel merito del download illegale. Mi
interessano le nuove frontiere on line solo nei
limiti del rispetto nei confronti del lavoro di
tutti e della legalità.
Progetti per il futuro qualche uscita live e
magari nuovi progetti di studio. Verosimilmente
qualcosa che dagli Underfloor non avete mai
sentito prima.
Alessandro: la musica on-line ha
indubbiamente dei pro e dei contro. Come
ascoltatore è bello poter accedere a qualsiasi
cosa in qualsiasi momento, ma l'altra faccia della
medaglia è che non ho abbastanza tempo per
ascoltare con attenzione tutte le cose che ci mi
piacerebbe ascoltare, quindi il rischio è di
ascoltare troppa roba tutta insieme, oltretutto
con una qualità audio non eccelsa. Anche per
questo, quando ho tempo mi piace spegnere il
computer e mettermi all'ascolto di qualche Lp
sullo stereo buono. Come musicista, adesso tutti
abbiamo la possibilità di mettere le nostre opere
a disposizione di tutti, però proprio per questo
il rischio è che anche chi fa cose di buona
qualità resti sommerso in questo oceano di link.
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