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Miti mutanti 26
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Sopravvissuto - The Martian
(2015)
Marte ha sempre avuto
un'attrattiva particolare per me, fin da quando vidi
per la prima volta una foto della sua superficie
ripresa da una delle prime sonde americane posatesi
sulla sua superficie desertica (ero un bambino e
trovai il paesaggio marziano incredibilmente simile
a quello terrestre, e la cosa mi affascinò). Ho
visto successivamente vari film ambientati sul
Pianeta Rosso che descrivevano improbabili missioni
umane. Questo è uno dei più interessanti e dei più
plausibili, anche se non mancano le pecche che
perfino un profano di scienze come me non ha mancato
di notare. Innanzitutto uno si aspetterebbe che su
un pianeta dove la gravità è un terzo di quella
terrestre gli astronauti si muovano in modo
particolare, un po' come nelle familiari immagini di
Armstrong sulla Luna: un po' a balzi insomma, anche
se un po' di meno. Certo, per rendere verosimile la
cosa il film avrebbero dovuto girarlo direttamente
su Marte, cosa improponibile anche per i budget
stratosferici di Hollywood, ma si potevano sforzare
un po' di più. Paradossalmente appare più
verosimile, solo per questo aspetto, la
trasposizione cinematografica di John Carter di
Marte, per il resto del tutto fantasiosa.
Altro punto che non convince: come fa un astronauta
a resistere per un anno e mezzo sulla superficie
marziana senza perire a causa delle micidiali
radiazioni solari, non schermate da un'atmosfera
"seria" e da un campo magnetico, e addirittura a
coltivarvi delle patate? Non ci vuole un premio
Nobel per sapere che il problema delle radiazioni è
il principale ostacolo ad una missione umana su
Marte, oltre alla lunghezza del viaggio, e la
coltivazione delle patate appare come "fantabotanica".
Il film è ambientato in un futuro talmente prossimo
che è indistinguibile dal presente, a parte la cosa
irrealistica di una missione umana su Marte, appunto
(cosa annunciata da decenni per mantenere
l'interesse del pubblico per il lavoro della NASA,
ma che non avverrà finché non si sarà scoperto
perlomeno un sistema di propulsione che accorcerà il
viaggio a tempi ragionevoli… o a quando sarà
possibile l'ibernazione); gli americani sono sempre
stati ottimisti su queste cose, ma Marte non è la
Luna e 80 milioni di chilometri non sono bazzecole.
Il paesaggio marziano è abbastanza convincente, ma
non del tutto: le riprese del Pathfinder (che tra
l'altro ha un ruolo chiave nel film) mostrano un
mondo con rilievi più dolci e un orizzonte più curvo
(ma, ripeto, avrebbero dovuto girarlo "in loco").
La trama è semplice e questo è un punto di forza: un
astronauta americano viene creduto morto ed
abbandonato dai compagni su Marte in seguito ad una
tempesta di sabbia (di cui è implausibile sia la
forza sia un decollo in tale frangente): sopravvive
e riuscirà a tornare sul suo pianeta d'origine tra
mille improbabili peripezie. Il "Robinson Crusoe"
marziano deve cavarsela in un mondo certo più ostile
della sua controparte terrestre, ma riesce a
comunicare con la Terra e la NASA non esita a
spendere milioni di dollari e a dirottare una
missione in rietro per salvare un solo uomo (e le
moltitudini di bambini africani che si potevano
salvare sulla Terra con quei soldi? Non fanno
notizia, quella è ordinaria amministrazione).
Immancabili i riferimenti religiosi (gli USA sono un
pubblico di bigotti, si sa) ma per fortuna meno
presenti che in altri kolossal americani (riusciremo
mai a vedere un film di genere
scientifico-catastrofico dove non c'è qualcuno che
invoca qualche divinità?). Interessante la colonna
sonora (come poteva mancare David Bowie e, sui
titoli di coda, "I will survive"?), ma non si
capisce bene l'insistenza sulla disco music anni
'70. Ci sono però anche brani ambient gradevoli.
Spiace un po' quella volgarità di linguaggio che
caratterizza i film d'azione made in USA, ma sarebbe
strano non trovarla: qualche imprecazione o qualche
battuta cretina serve a smorzare la tensione.
La cosa però forse più inverosimile di tutte è come
fa il nostro eroe a mantenersi sano di mente dopo un
anno e mezzo da solo su un pianeta deserto e ad
avere anche senso dell'umorismo: io probabilmente mi
sarei suicidato il secondo giorno. Il video-diario
che l'astronauta tiene per testimoniare la sua vita
da marziano ricorda forse un po' troppo i reality
show, ma è d'altronde l'unico mezzo per rendere
chiaro al pubblico ciò che sta combinando e non
lasciare inquietanti silenzi nel film (forse anche
per questo Tom Hanks in "Cast away" si mette a
parlare con una palla, altrimenti la palla sarebbe
stato il film completamente muto). Tuttavia i
dialoghi avrebbero potuto essere più verosimili e
meno scopertamente orribili spiegoni per il
pubblico.
Probabilmente quando l'Uomo andrà davvero su Marte,
se mai ci andrà, rivedere questo film farà lo stesso
effetto che fa oggi rivedere "Voyage dans la Lune"
di Méliès…
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