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Note rockeggianti:
tra musica e letteratura
Una sera di mezz'estate, ad un
concerto di musica classica in un parco
fiorentino, l'amica musicista Giulia Nuti (già
intervistata su queste pagine nell'ambito dei
concerti Agimus a Careggi) mi ha regalato una
copia fresca di stampa di un libro a cui ha preso
parte come autrice. Si tratta del terzo volume di
"Appunti Rock", a cura di Andrea Gozzi: una
raccolta di articoli su questo popolarissimo
genere musicale nelle sue varie forme - dal
progressive al metal, dalla canzone d'autore al
rock sperimentale. Inutile dire che ho cominciato
la lettura proprio dal capitolo di Giulia: non
solo per l'amicizia che ci lega, ma anche perché
il mio genere musicale preferito è il progressive
e, assieme ai grandi gruppi degli anni '60 e '70,
adoro i Moody Blues.
Il capitolo indaga le origini di questo genere di
difficile definizione per la sua vastità e
varietà: possiamo essere d'accordo che nasce in
Inghilterra nei favolosi anni sessanta e che,
sebbene molti storici della musica indichino
l'album dei King Crimson "In the court of the
Crimson King" (1969) un punto fondamentale per la
genesi del progressive, possiamo trovare degli
elementi embrionali già nel rivoluzionario album
dei Beatles "Sgt. Pepper' Lonely Hearts Club Band"
(1967). In quello stesso anno esce anche "Days of
future passed" dei Moody Blues, band nata nel 1964
da tutt'altro genere musicale: un concept album
con brani lunghi e un ruolo importante
dell'orchestra. Tutto pare indicare quindi il 1967
quale anno ufficiale di nascita di un genere che,
pur modificandosi nel tempo, continua ad
appassionare ancora oggi intere generazioni di
fan, me compreso.
Il mio incontro con questo particolare tipo di
musica parte non dalle grandi band inglesi bensì
da quelle italiane, in particolar modo dal mitico
Banco del Mutuo Soccorso (ho dedicato una poesia
al recentemente scomparso Francesco Di Giacomo).
L'omonimo album del 1972 ed il successivo
"Darwin!" (1972) mi hanno aperto un mondo
affascinante ed insospettato: queste melodie
complesse, a volte inquietanti, a volte sognanti,
unite a testi coltissimi, con molti riferimenti
letterari, mi hanno fatto sognare fin dall'età di
vent'anni. Il mio incontro con la musica infatti
non prescinde dalla comprensione del testo e
quindi non poteva che essere la musica italiana.
Solo successivamente, quando avevo ventisei anni,
ho scoperto che il Banco, la PFM e Le Orme
dovevano molto a band precedenti quali i Genesis,
i Pink Floyd, gli Yes, i King Crimson, i Jethro
Tull e i Moody Blues, appunto. Vista la mia
ignoranza e antipatia verso l'inglese ho potuto
godere solo nella melodia e degli arrangiamenti
delle canzoni straniere, facendomi in seguito
un'idea dei testi tramite traduzioni
approssimative trovate in rete. È quindi un po' un
peccato che il volume di cui sto parlando non
faccia riferimento a nessun artista o gruppo
italiano pure importante, con l'unica eccezione
dell'ultimo capitolo in cui il curatore Andrea
Gozzi intervista la band contemporanea Il Teatro
degli Orrori (mai sentita prima e non apprezzata
ad un primo ascolto su Youtube).
C'è un altro capitolo dedicato al progressive: una
dettagliata e molto tecnica analisi di "Larks'
Tongues in Aspic", un album dei King Crimson del
1973, redatta da Lelio Camilleri. Conoscevo
l'album anche se non è tra i miei preferiti del
gruppo; lo trovo troppo sperimentale e poco
melodico, delle sei tracce che lo compongono mi
piace solo "Exiles". Il capitolo è dedicato agli
addetti ai lavori, quindi abbastanza ostico per un
profano come me che ha solo un'infarinatura di
teoria musicale, comunque mi ha dato lo spunto per
riascoltarmi l'intero album su Youtube ed
apprezzarlo nuovamente.
Altro capitolo che ho apprezzato è stato quello
sul rapporto tra Nick Cave e la religione
cristiana. Michele Mingrone mette in luce la
visione particolare e dissacrante che il
cantautore australiano ha del dio crudele e
sanguinario dell'Antico Testamento, dell'amore
come sofferenza, della totale indifferenza della
divinità per i destini dell'uomo, dei suoi
capricci che costano la vita ad interi popoli:
tematiche che ricorrono spesso nei testi dei primi
album. Cave considera malvagio dio e pare
affascinato da quella malvagità unita
all'onnipotenza. Con la disintossicazione dalle
droge Cave comincia a prendere in considerazione
anche il Nuovo Testamento e la figura di una
divinità più umana, più improntata all'amore.
Memorabile la battuta di Cave, presa dal recente
film-documentario "20.000 Days on Earth" (2014) e
riportata anche da Mingrone:
"Quando io e mia moglie Suzie ci siamo incontrati
la prima volta, ero messo molto male, andavo
continuamente in Chiesa ed ero dipendente
dall'eroina. Lei mi pregò di smetterla con queste
abitudini pericolose e autodistruttive. Così,
smisi di andare in Chiesa."1
Cave è la mia più recente scoperta musicale, fatta
per caso una sera guardando il summensionato film.
Ho imparato ad apprezzare anche questo artista e
la sua musica malinconica grazie all'amica
Patrizia Beatini, cultrice di Cave e di David
Bowie (altro artista che amo). Ho trovato
particolarmente interessante il suo album
"Push the Sky Away" (2013) con quella copertina
che sembra suggerire una storia: si vede Cave in
piedi vicino alla porta aperta di una camera da
letto che indica l'uscita ad una donna
completamente nuda (che ho scoperto poi essere la
moglie Suzie) che si copre il viso (e non le parti
intime) in un gesto che suggerisce disperazione.
Non conoscendo così bene l'inglese da decifrare i
testi, ammesso che contengano una chiave di
lettura per quella bizzarra copertina, mi sono
creato una storia mia.
Una rapida panoramica agli altri capitoli.
Il primo, di Andrea Gozzi, è dedicato ai Deep
Purple e Ritchie Blackmore. Il secondo è quello
già citato di Giulia Nuti. Il terzo, di Beatrice
Pagni, parla di Leonard Cohen. Il quarto è quello
già citato di Camilleri. Il quinto, lunghissimo,
di Andrea Gozzi, racconta una serie di concerti
degli U2 in America. Il sesto, di Salvatore Miele,
è dedicato ai Metallica (sebbene io abbia fatto
parte di una band metal, epic-metal per la
precisione, non è un genere che mi è molto
congeniale). Quello summensionato di Mingrone
dedicato a Cave è il settimo capitolo, seguito da
quello Lorenzo Mortai su un tour degli Iron Maiden
degli anni '80. Chiudono il libro un capitolo di
Giulia Sarno su "Hyperballad" di Bjork e la già
ricordata intervista ai Teatro degli Orrori.
Firenze, 29 luglio 2016
Note
1. AAVV, Appunti di Rock. Vo. 3: dai Deep Purple
agli U2, Piombino, Edizioni Il Foglio, 2016, pag.
247.
Bibliografia
- AAVV, Appunti di Rock. Vo. 3: dai Deep Purple
agli U2, Piombino, Edizioni Il Foglio, 2016.
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