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Intervista a Mauro
Bertoli
Mauro Bertoli ha fondato i
Pooh oltre mezzo secolo fa insieme a Valerio
Negrini, uscendo dal gruppo nel 1967, prima di
"Piccola Katy"; nel 2014 pubblica con Mabert
Edizioni - l'etichetta editoriale da lui fondata -
il libro "Pooh. Atto di
nascita - 1962-1967" che ho avuto recentemente
il piacere di leggere, da fan accanito dello
storico gruppo. Ho così pensato di contattare
l'autore, il quale mi ha dato gentilmente la
disponibilità ad un'intervista, realizzata tramite
e-mail nel dicembre 2016, a pochi giorni
dall'ultimo concerto dei miei amati Pooh.
Cominciamo dalla tua formazione culturale e
artistica: che studi hai fatto? qual è stato il
tuo approccio personale al mondo della musica?
Quando hai iniziato a suonare la chitarra?
Fin da bambino, perduto nei miei giochi, su un
tappetino, ascoltavo mia madre, impegnata nei suoi
studi quotidiani del quinto anno di pianoforte ed
immagazzinavo "quintali" di arie classiche di
Mozart, Shubert, Bach, Beethoven e tanti altri, da
qui la mia propensione, inclinazione verso musiche
classicheggianti. Implorai i miei genitori di
iscrivermi al conservatorio, purtroppo senza
risultato: era contrario all'educazione che mi
stavano impartendo. In seguito, acquistai la mia
prima chitarra che imparai a suonare da solo, con
l'aiuto di piccoli metodi: avevo 13 anni.
Che musica ascoltavi e ascolti? Hai dei modelli
musicali?
A quei tempi ascoltavo musica anni '50 e '60:
gruppi in voga: Shadows, Beatles, Rolling Stones,
Searchers, Moody Blues, Paul Simon, Animals, tanto
per citarne alcuni. In seguito ho seguito tanti
chitarristi, fra i quali Patrick Rondat, un
francese, virtuosissimo, diplomato in chitarra
classica, che oggi suona Jazz fusion. Apprezzo
molto anche Massimo Varini, molto talentuoso.
Modelli musicali? Certo: musica classica, celtica
e country. Nel mio ultimo CD, allegato al libro
che ho scritto, ho rivisto alcuni brani che
cantavo coi Pooh, ai quali sono affezionato,
proprio in queste chiavi e mi sono divertito
moltissimo a riecreare queste atmosfere, direi al
di fuori delle musiche originali che registrammo
allora.
Cosa pensi dell'era digitale? Cosa pensi della
musica on-line? Com'è cambiato, secondo te, il
mondo della musica dagli anni '60?
L'era digitale rappresenta senza dubbio un grosso
passo avanti nella tecnologia musicale ma col
risvolto estremamente negativo della possibilità
di riprodurre in modo scriteriato tutto quanto
viene proposto, disincentivando tanti autori e
produttori: manca una legislazione seria e severa
in tal senso. In America copiare è un reato
federale, punibile molto severamente, da noi no e
si vedono i risultati. E poi ho una forte
nostalgia del "vinile", espressione unica nella
riproduzione fonografica.Sono cose che oramai
appartengono al passato, anche se taluni artisti
ripropongono edizioni limitate in questo formato.
Appartengo all'era "valvolare", oggi tutto è
"transistorizzato" e purtroppo… c'è la sua
differenza!
Parliamo del tuo ultimo libro, "Pooh. Atto di
nascita - 1962-1967", in cui racconti gli esordi
del gruppo, da quando si chiamava Jaguars (a
proposito, è noto il motivo per cui vi siete
chiamati poi Pooh, ma il nome Jaguars da dove
viene?). Com'è nato questo progetto editoriale?
ero stato ivitato da Roby Facchinetti, al teatro
Donizetti di Bergamo, in occasione della
commemorazione, ad un anno dalla scomparsa, di
Valerio Negrini, quale unico fondatore rimasto del
gruppo. Mi ritrovai, fuori dal teatro, in una
folla di fans, che mi fecero mille domande sui
Pooh e quando raccontai che il primo embrione era
stato costituito nel lontano 1962 tutti si
stupirono, invitandomi a scrivere degli inizi. E'
opportuno dire che gli attuali Pooh, a quei tempi,
non facevano ancora parte del gruppo. L'ingresso
di Facchinetti e Fogli risale al 1966, per cui,
per praticità, hanno fatto decorrere la data di
nascita dall'uscita del primo LP, dal titolo "Per
quelli come noi", per l'appunto nel 1966. Da tale
data decorre l'attuale "Cinquantesimo".
Quando firmammo il contratto discografico con la
Vedette Record, per prima cosa vollero cambiare il
nome del gruppo, che allora era "Jaguars", scelto
da noi per l'aggressività che suggeriva e ci
affibbiarono un nome più corto, orecchiabile: POOH,come
il famoso personaggio di Disney, l'orsacchiotto
Winnie the Puh (allora era scritto così, oggi
l'hanno cambiato in Pooh).
Di ritorno da Bergamo, ripensai alle richieste dei
fans, mi sedetti la notte stessa al computer e
scrissi le prime 30 pagine: lavoravo come sotto
dettatura, avevo tutto già registrato nel mio
cuore. Lo teminai in 15 giorni. Per il CD allegato
fu una questione un po' più lunga e terminai il
lavoro in settembre 2014.
Occorreva un editore: mi rivolsi ad alcuni,
proponendo il mio lavoro ma incontrai tante
difficoltà: chi voleva pubblicare il libro ma non
il cd, chi il libro col cd a parte, chi entrambi
ma non prima di 8/9 mesi, per precedenti impegni
assunti, e via dicendo. A questo punto mi
rammentai di essere stato imprenditore per 33
anni, aprii una piccola casa editrice, la Mabert
edizioni, e feci stampare libro e relativo CD coi
miei mezzi.
Nel libro racconti molti aneddoti divertenti
della vita di un musicista: ce ne puoi raccontare
uno per i nostri lettori?
Fra gli innumerevoli aneddoti, ricordo, in
particolare, quello relativo al brano "Brennero
66": su richiesta del ns. patron Armando Sciascia,
proponemmo questa canzone particolarmente
impegnata sul piano sociale, la cui musica di
Facchinetti venne corredata dal testo di Valerio
Negrini. E qui viene il bello. Dopo due soli
ascolti, Valerio si sedette per terra, nello
studio di registrazione, e su un foglio di
quaderno scrisse questo testo meraviglioso e
significativo nel giro di 10 minuti, sbalordendo
tutt. Sto parlando di Valertio Negrini, non so se
mi spiego.
E' molto toccante il momento in cui racconti
com'è maturata la tua decisione di uscire dai Pooh
e come questa è stata accolta dai tuoi ex
compagni. Come è stato il tuo Dopo-Pooh?
È un po' lunghetto da raccontare ma ci proverò:
continuai alcuni anni nel campo della musica,
quale arrangiatore. Decisi in seguito di cambiare
strada per restare vicino alla mia famiglia, mi
iscrissi ad una scuola serale, riprendendo gli
studi interrotti a 15 anni, diventando ragioniere.
Col titolo aprii una prima ditta individuale, cui
fecero seguito altre 5, negli anni a seguire. Oggi
mi sono ritirato, ho ricomprato sei chitarre e ho
ripreso la mia musica, in un piccolo home studio,
dove scrivo, arrangio e passo il mio tempo nel
modo che preferisco.
Il libro si conclude pensando al futuro,
profeticamente ad una possibile fine dei Pooh. Un
anno dopo avrebbero annunciato al mondo la
decisione di sciogliersi dopo cinquant'anni di
carriera, con un ultimo concerto nella Bologna che
li ha visti nascere. Come hai accolto questa
notizia?
Il 3 gennaio 2013 mi trovai nella camera ardente,
allestita al teatro della Luna di Milano, dinnanzi
al feretro dell'Amico Valerio: ecco, pensai, lì
dentro ci sono i Pooh, li ha portati con se.
Valerio è stato il primo ideatore del gruppo ed
anche il fondatore. Venne da me con idee molto
chiare in proposito ed io le accettai subito, così
nacque il sogno. Senza Lui che era l'ideatore, il
trascinatore, il creatore dei testi più belli e
significativi, quelli che hanno dato l'impronta
alla musica dei Pooh, il gruppo non può
sopravvivere, manca l'anima. I componenti sono
tutti bravissimi, autori ed esecutori di musiche
straordinarie ma senza la "Voce guida" dei testi
di Valerio tutto cade… manca la poesia.
Progetti per il futuro?
Progetti per il mio futuro? Mhh... vediamo cosa
potrei fare da grande… Il desiderio di fare musica
è sempre prepotente, si tratta soltanto di
mantenermi in salute, finché possibile, continuare
a comporre, ad arrangiare ciò che scrivo,
registrare le relative basi nel mio studio,
proporle a chi desidera seguirmi ancora e
ringraziare la vita per quanto mi ha dato:
sacrifici, gioe, emozioni.
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