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Teatro
Libri a fumetti
"Johnny Focus,
casualmente eroe"
Recensione
di Andrea Cantucci
Teatro
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Johnny Focus
Casualmente eroe
torna trent'anni dopo la prima serie a
fumetti di Attilio Micheluzzi
Per
fortuna c'è ancora qualcuno che provvede a ristampare le prime
opere dei grandi autori del fumetto italiano. E' il caso di
questo libro della collana tascabile della Lizard, primo di una
serie di tre volumi dedicato alla riedizione integrale delle
avventure di Johnny Focus, praticamente il primo personaggio
vero e proprio creato da Attilio Micheluzzi. Johnny Hansen,
detto Focus per il mestiere di fotoreporter, apparve
originariamente in una ventina di episodi sul Corriere dei
Ragazzi, dal Febbraio 1974 al dicembre 1976. Finora l'unica
ristampa del personaggio era quella pubblicata in tre volumi da
Florenzo Ivaldi tra il 1981 e il 1982, a cui seguì una breve
continuazione sulla rivista Orient Express.
La
serie prende l'avvio in Thailandia, dove il fotografo americano
viene coinvolto suo malgrado in una poco chiara vicenda di
traffici illeciti. Poi passa in Mato Grosso dove un servizio
fotografico sulla caccia ai caimani si trasforma prima nello
scontro con un ex-criminale di guerra nazista, e poi in un caso
di difesa dei diritti degli indios amazzonici, sterminati senza
pietà dai Garimpeiros brasiliani. I due episodi successivi sono
ambientati in Arabia, dove Focus incontra la moderna
incarnazione di una "santa" islamica, una bellissima donna
(forse dallo stile fin troppo "hollywoodiano"), che guida un non
meglio identificato "popolo delle montagne" contro
un'organizzazione di criminali internazionali che domina la
regione. Per fortuna la loro lotta combacia con gli interessi
dell'ambasciata americana, così Johnny si ritroverà al centro
dell'azione, in veste intermedia tra agente segreto e
guerrigliero arabo. Con il sesto, e per ora ultimo, episodio
ritroviamo il nostro fotografo in Kenya, in visita a un amico
archeologo, che dissotterrando degli antichi resti umani, si
attira contro l'ira della setta degli Uomini Leopardo. Qui il
fascino esotico della serie raggiunge il culmine, grazie ad
un'atmosfera magica che, senza perdere in verosimiglianza,
riesce ad evocare quel legame che in Africa poteva ancora unire
misteriosamente uomini e animali.
Per l'epoca in cui apparvero, si tratta di storie
particolarmente realistiche e curate, nonché chiaramente rivolte
ad un pubblico abbastanza maturo, all'interno del target dei
ragazzi a cui la rivista si rivolgeva. Posso confermarlo per
esperienza diretta, poiché una mi capitò tra le mani quando
avevo poco più di sei anni e la considerai subito come qualcosa
"per grandi", da leggere e capire con una certa difficoltà
rispetto al resto, ma vi potevo già intuire un fascino
particolare che avrei apprezzato meglio più in là. Anche il
protagonista è un personaggio umano e privo di retorica,
rispetto agli eroi dell'epoca, ma ovviamente è pur sempre un
amante dell'avventura, e riesce ogni volta a riportare a casa la
pelle.
Essendo il suo primo fumetto importante, dopo due anni di storie
autoconclusive, si tratta anche di una serie fondamentale per
l'evoluzione grafica e narrativa di Micheluzzi. Già dopo le
prime cinque pagine, la gabbia grafica si fa meno scontata e nel
giro delle sei storie di questo libro, l'autore arriva a
destreggiarsi sapientemente nella scelta di formati,
composizioni, inquadrature, effetti sonori e montaggi. Questi
ultimi in alcuni casi particolarmente efficaci ed incalzanti,
anche grazie all'uso delle sequenze mute, in un'epoca in cui la
norma nei fumetti italiani era di spiegare qualunque azione
appena un po' complessa o qualunque riflessione interiore dei
personaggi con delle lunghe didascalie.
Alcuni piccoli accorgimenti costituirono quasi delle innovazioni
assolute, almeno per il fumetto italiano. Ad esempio, con delle
inquadrature ravvicinate sugli occhi dei personaggi, Micheluzzi
crea un effetto di tensione analogo a quello dei film di Sergio
Leone, mentre certi testi sovrapposti alle vignette danno la
sensazione di voci "interiori" che echeggiano tutt'intorno, un
po' come i pensieri nei film. Altri "trucchi visivi"
particolarmente efficaci sono l'immagine sfocata vista dal
personaggio che rinviene dopo un cambiamento di scena, il
graduale spostamento di una maniglia in più vignette per
rappresentarne il lento movimento, l'inquadratura di un
obiettivo dal punto di vista di un proiettile, ecc. A ben
guardare si possono considerare delle tecniche di ispirazione
cinematografica, ma non è sempre facile trovare il modo di
adattarle ad un fumetto. A pagina diciotto del libro si può
anche intravedere l'uso di una (o forse due) fotografie
ritoccate.
Anche dal punto di vista dei testi si può notare che nelle prime
storie molti aspetti dell'intreccio non vengono chiariti
completamente nel finale (il ché dà comunque un senso di
realismo, perché effettivamente nella vita non tutti i
retroscena degli avvenimenti appaiono chiari). Comunque negli
ultimi due episodi della raccolta la chiusura dei racconti
risulta meglio definita e, tra l'altro, fanno capolino anche
degli eventi enigmatici e "magici", tanto più credibili (e
incredibilmente affascinanti) proprio perché inseriti in un
contesto totalmente realistico.
In
certi punti, il solo apparentemente semplice stile
impressionistico dell'autore crea effetti quasi fotografici per
la cura con cui sono resi gli scenari esotici, gli effetti
chiaroscurali, i costumi e i tratti somatici dei vari popoli. E'
evidente l'uso di una meticolosa documentazione, che gli ha
permesso di rappresentare in modo del tutto corretto i diversi
paesaggi, con le rispettive flore e faune, a testimonianza di
una serietà e di un rispetto per il lettore che negli autori di
fumetti di allora non erano per niente scontati. Bisogna dire
però che nel caso dell'Africa Micheluzzi era avvantaggiato, dal
punto di vista della conoscenza dei luoghi e delle atmosfere,
poiché prima di diventare un fumettista vi aveva vissuto per una
decina d'anni come architetto, progettando edifici pubblici e
piani regolatori in Senegal, Tunisia, Guinea, Nigeria, Marocco e
Mauritania. Forse si spiega anche così il particolare sapore di
verità ed emozione che avvolge le pagine ambientate in quel
continente.
La rapida maturazione dell'autore e la resa particolarmente
adulta delle storie sono probabilmente dovute anche al fatto che
Micheluzzi, proprio per questa sua precedente attività, esordì
nel fumetto relativamente tardi, a quarantadue anni. Quando
scrisse e disegnò questi primi episodi di Johnny Focus ne aveva
quarantaquattro, e se la sua poetica giungerà a livelli
artistici ancora più alti negli anni successivi, già in queste
presunte "avventure per ragazzi" si comincia ad intravedere
rapidamente tutto lo spessore e la forza evocativa di uno dei
più grandi maestri del fumetto italiano. Se fino ad oggi non è
stato tra i più osannati o richiesti a furor di popolo, è solo
perché non si è mai adattato a seguire le mode del momento o le
facili formule commerciali, "limitandosi" ad esprimere il
proprio mondo nel modo più originale, coerente e modesto, un
mondo che non appare popolato di eroi invincibili o di
inverosimili minacce, ma di personaggi profondamente umani, che
solo per un caso fortuito o per una scelta azzardata, si
ritrovano ai due lati di una barricata.
Titolo: JOHNNY FOCUS (primo volume)
Autore: Attilio Micheluzzi
Collana: Tascabili Lizard
Pagine: 112
Rilegatura: brossurata
Prezzo: euro 9,00
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