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Teatro
Libri a fumetti
"Johnny Focus,
casualmente eroe"
Recensione
di Andrea Cantucci
Teatro
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La musica come comunicazione
teatrale: i Marcido Marcidorjs diventano musici
Ancora una volta al Teatro Verdi di Milano la
compagnia teatrale di Torino, Marcido Marcidorjs, ci sorprende
come spettatori rendendoci parte integrante del progetto
narrativo della poetica teatrale, con la messa in scena di parte
dell'"Opera da Tre Soldi" di Brecht e Weill. Sono figli
musicanti degli attori di "Bersaglio du Molly Bloom" quei musici
presenti sul palcoscenico: figli dello stesso padre, il regista
Marco Isidori, il direttore di orchestra improvvisato di questa
nuova kermesse sperimentale in senso moderno.
Ma la musica, la strumentazione varia e plurale, dalla chitarra
alle percussioni, dal mandolino al tamburello, senza dimenticare
le nacchere, il triangolo e lo xilofono, non è altro che
funzionale alla comunicazione di messaggi ipertestuali, messaggi
di indagine scientifica e critica sull'esistenza della finita
miseria umana.
E' presente tutto l'esistenzialismo filosofico dei due autori
classici, ma contornati da una impostazione comica e ironica
responsabile e introspettiva, come in un cabaret neomoderno. Lo
spettatore è, come in ogni rappresentazione dei Marcido,
coinvolto sensazionalmente nello spettacolo: la mimica
espressiva facciale dei cantori, la dinamicità della recitazione
e la gestualità che supera la parola, rendendola nella sua
essenzialità e semplicità significante, sono i veri strumenti
narrativi. E' un esperimento scientifico, come testimonia lo
stesso direttore d'orchestra, Marco Isidori, il demiurgo della
rappresentazione scenica, sempre disadorna, in quanto la
semplicità induce il pubblico a proseguire in un viaggio
metastorico e atemporale, che dirige un concerto non normale,
dove si riscontrano elementi che vanno aldilà di una semplice
esecuzione canora.
La ricerca esistenziale dell'essere e la comunicazione delle
sensazioni come metodo guida di descrizione di un immaginario
atemporale è un elemento costante in Marcido Marcidorjs.
Riprendere i classici come basi letterarie per promuovere
un'indagine attiva, in cui lo spettatore sia protagonista di un
viaggio verso l'eterna ricerca esistenziale.
Le sperimentazioni comunicazionali fondano la parte portante del
laboratorio artistico dei Marcido, uno dei cui frutti artistici
è stato posto in scena con Brecht e Weill. Ricordiamo, a
proposito, "Bersaglio su Molly Bloom", promosso dalla compagnia
all'inizio del 2004, sempre al Teatro Verdi di Milano, in cui
Joice nell'ultimo capitolo del suo "Ulisse" viene rivisitato
tramite un'impostazione scenica scarna, costituita solamente da
un'alta e fitta trama di bende e fili.
Una sorta di idrovora policefala è quella inscenata, nel cui
epicentro più alto abbiamo l'attrice Maria Luisa Abate,
protagonista del racconto, Molly, appunto, contornata nelle sue
esternazioni succinte da echi e parole dimezzate, pronunciate
dal resto della compagine degli attori, imbrigliati nella
poderosa macchina scenografica. La parola nelle rappresentazioni
dei Marcido Marcidorjs diviene elemento fonico ricco di messaggi
che comunicano delle emozioni: e tramite le sensazioni si
riesce, in particolare in quest'ultimo spettacolo, a percorrere
il dramma della donna, in quell'anno bisestile, in un continuo
viaggio nel tempo senza tempo, senza spazio e senza contorni
definiti, avanti e indietro nella continua ricerca psicologica e
antropologica di sé, fino a giungere a sedici anni prima,
momento in cui Molly ha detto sì a quell'uomo che, ora, nel
grande complesso infinto dell'idrovora dalle mille bocche
narranti, le giace addormentato al suo fianco. E' rappresentata
tutta la forza verbale della sensazione come denuncia della
miseria umana e delle sue contraddizioni.
Un teatro nuovo, come dice Isidori, è quello proposto dalla
compagnia teatrale Marcido: come sempre non si accontentano di
riprendere i classici della letteratura, ma vogliono porci
elementi di riflessione creativa, finalizzata a dare una visione
d'insieme di tipo poliedrico, dipingendo un aspetto diverso
della realtà, rappresentando il non rappresentabile, cioè
l'immaginazione. Vediamo molto dell'insegnamento tipico del
teatro inglese di Brook: un teatro del mito storico riproposto
sotto un'altra angolatura concettuale interpretativa.
E' il teatro attivo, dove il pubblico è partecipe dell'evento.
E' un teatro magico che ammalia, stupisce ma che allo stesso
tempo ci induce a riflettere: il linguaggio è fondamentale ed è
nella sua identificazione tra vecchio e nuovo, tra classico e
post moderno che è possibile detonare quel percorso artistico di
introspezione del reale nelle sue più profonde caratteristiche.
Brook diceva che un buon teatro è come un buon ristorante: la
gente esce soddisfatta e con un minimo di speranza in più.
Direi che i Marcido Marcidorjs sono un ottimo ristorante
teatrale artistico: in loro la positività del messaggio di Peter
Brook vive in modo forte e si ripropone con grandezza. Offrendo
al pubblico una possibilità in più di immaginare ancora. |
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