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Narrativa
Top nonik (prima parte) di
Massimo Acciai,
Spasmodiche riflessioni di
Giuseppe Costantino
Budetta, Sylvia (dedicato a Sylvia
Plath poetessa suicida) di
Rossana D'Angela,
Prologo alla Valle del Belice di
Paolo Filippi,
Sogno letterario della principessa di
Paolo Filippi,
Introduzione alla Shoah di
Paolo Filippi, Una sera a teatro di
Elisabetta
Giancontieri, La banda dei fiammiferi di
Iuri Lombardi,
Il poeta di
Maddalena Lonati, Il testimone di
Maddalena Lonati,
Jedan tajanstven caroban aparat (Un
misterioso magico congegno) di
Renato Lonza,
Il giorno in cui imparai a fare la fotosintesi
clorofilliana di
Antonio Piccolo, Gamberoni arrosto di Anna
Maria Volpini
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi poetici inediti,
in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
poesie di Amanda Nebiolo
Aforismi
Saggi
Il mito di Orfeo nell'opera di Jean Cocteau di Caterina Rocchi
Recensioni
Insomnia di
Lisa Massei, nota di Enrico Pietrangeli
Presagio triste
di Banana Yoshimoto, recensione di
Simonetta De Bartolo
Orgianas di
Daniela Bionda, nota di Enrico Pietrangeli
Rosso di
Cinzia Tani, nota di Enrico Pietrangeli
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Appena spenta la luce si sentì subito il
primo tuono. Gabriella accese di nuovo la lampada per
controllare di aver messo in funzione la sveglia del telefonino
e subito dopo rispense la luce. Il temporale aveva minacciato di
scoppiare fin dal pomeriggio, il cielo si era infatti riempito
di nuvoloni grigi e un forte vento aveva fatto volare via i
fogli degli appunti di letteratura teatrale che Gabriella aveva
quindi dovuto raccogliere in fretta prima di rientrare di corsa
in casa.
Adesso finalmente aveva cominciato a piovere, e dalla finestra
della sua stanza poteva vedere il bagliore dei lampi, seguiti
subito dopo dai rombi dei tuoni, talmente forti da far tremare i
vetri della finestra. Lentamente, nonostante tutto questo
fracasso, cominciò ad addormentarsi e smettendo di rendersi
conto dei fulmini e dei tuoni, si immerse nel silenzio del suo
meritato riposo.
Era infatti molto stanca per aver studiato tutto il giorno, e
l'indomani avrebbe avuto un'altra giornata impegnativa perché ci
sarebbe stata la prima dello spettacolo teatrale al quale con la
sua compagnia stava lavorando da tanto tempo.
Quando uscì di casa era ancora buio, ma si mise lo stesso a
camminare velocemente per arrivare presto e poter scegliere il
vestito prima delle altre. Quando arrivò a teatro non ne aveva
quasi più voglia ma andò ugualmente, quasi per forza d'inerzia,
verso il guardaroba. Tra tutti i vestiti che riempivano i due
grandi armadi ne scelse uno color lavanda in stile
settecentesco.
In piedi davanti lo specchio si spogliò e lentamente indossò
l'abito di scena.Quasi si stupì del fatto che le stesse tanto
bene: sì, decise che avrebbe recitato quella parte durante la
prossima pièce.
Lentamente cominciava a far giorno, e mentre Gabriella, sempre
davanti lo specchio studiava un modo di sistemarsi i capelli per
la sera, il teatro cominciò a riempirsi.
Per ultima arrivò Stefania, nervosa come tutte le mattine che
precedevano la prima di uno spettacolo. Cominciò subito a
controllare che tutto fosse a posto: si accertò che la sarta e
la parrucchiera fossero già a lavoro, andò a parlare con le
maschere e verificò che il tecnico delle luci avesse capito bene
tutte le sue indicazioni.
Mancava poco più di mezz'ora all'inizio dello spettacolo quando
finalmente arrivò Michele che doveva portare i copioni da dare
agli attori per recitare la parte di quella sera.
Michele entrò nel camerino, tolse da una sedia un mucchio di
vestiti che vi erano stati gettati alla rinfusa e si sedette.
Cominciò a parlare con Gabriella del più e del meno ma quando
vide che quella sera a teatro c'era anche Stefania si portò con
un gesto brusco la mano destra alla fronte ed esclamò: -No! Ho
dimenticato di preparare i copioni!
-Certo che sei proprio incosciente!- disse subito Stefania,
smettendo di raccogliere in una treccia i suoi capelli neri - ma
certo mi sembra anche logico visto che devi sempre fare le cose
all'ultimo minuto! Adesso che facciamo? Il pubblico è già in
sala e noi siamo qui che non sappiamo che cosa recitare!
- Ma basta!- Le rispose Michele, tu esageri sempre, non ti
sopporto quando fai così, me ne vado.
Si alzò e uscì sbattendo la porta del camerino.
Gabriella lasciò Stefania da sola e andò a sbirciare dal sipario
per vedere cosa faceva il pubblico: la sala era piena ma la
gente cominciava a dare segni di impazienza, probabilmente
presto se ne sarebbero andati tutti. Bisognava assolutamente
fare qualcosa. Gabriella ritornò in camerino, si rimise i suoi
vestiti e uscì dal teatro. Attraversò la piazza e passando per
alcuni vicoletti del centro arrivò al parco che si trovava
vicino al palazzo dove abitava Giovanna. Guardò in borsa e si
accorse che fortunatamente una volta tanto si era ricordata di
prendere le chiavi.
Quando arrivava a casa di Giovanna provava sempre un senso di
calma e si sentiva al sicuro nonostante tutti i problemi che
stesse vivendo fuori. La sua stanza era ancora piena di tutti i
libri che aveva letto durante le tante estati passate in quella
casa. Vide che Giovanna aveva continuato a prendersi cura delle
sue piante, ancora sul balcone della camera, negli stessi posti
che aveva scelto lei. Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi:
aveva finalmente la sensazione che non le mancasse nulla. Si
sarebbe sicuramente addormentata ma nella stanza accanto c'era
qualcuno che discuteva bisbigliando, si alzò e andò a vedere chi
altro c'era in casa.
Come va, Luisa?- stava chiedendo una giovane signora- Bene, l'ha
tolto in cinque dieci minuti rispose un'altra ragazza. Ma mentre
Gabriella aspettava che finissero di parlare, Laura con aria
allarmata la prese per mano: -Debbo farti vedere una cosa, è
importante.
Gabriella cominciò a seguirla lungo un corridoio, alla fine del
quale una porta dava su una piccola stanza con una scala ripida
e buia che le due cominciarono a salire, arrivarono su un
piccolo pianerottolo dove un'altra porta dava su un'altra stanza
con una scala ancora più ripida e buia: cominciarono a salirla
mentre Gabriella stringeva con forza la mano della donna, sapeva
che se l'avesse lasciata sarebbe sicuramente caduta. Questa
volta arrivarono ad un piccolo terrazzino, Gabriella vide che si
trovava molto in alto, non gli era sembrato di salire così
tanto, evidentemente la prima delle stanze doveva già essere al
terzo o quarto piano. La scala che cominciarono a salire era
molto luminosa, ma quando Gabriella mise il piede sul primo
gradino di ferro si accorse che la struttura era stranamente
pericolante. -Siamo quasi arrivati, disse Laura, è lì dietro- ed
aprì una vecchia porta di legno sgangherata. La stanza era al
buio e quando Gabriella cominciò ad avvicinarsi verso un punto
che gli indicava Laura, il suo telefonino cominciò a squillare.
Lentamente però, mentre cercava il cellulare per rispondere, si
accorse che lo squillo del suo telefono si trasformava
stranamente nel suono della sua sveglia: tentò per un attimo con
tutta se stessa di continuare a credere che qualcuno la stesse
chiamando, ma alla fine dovette arrendersi all'idea di doversi
svegliare.
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