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Teatro come "memoria fisica":
intervista a Igor Loddo e a Francesca Audisio
Abbiamo intervistato Igor Loddo, attore di
professione ma anche per passione. E' eclettico
nella sua formazione, e vive l'interpetazione come
linguaggio del corpo e del fisico. Insieme a Igor
abbiamo fatto alcune domande a Francesca, una delle
fondatrici, insieme a Gaddo Bagnoli, de Le Scimmie
Nude, compagnia teatrale che seguirà Igor per tutta
la sua attività.
Iniziamo parlare della tua formazione in qualità
di attore, come è avvenuta, chi sono stati i tuoi
riferimenti, le tue esperienze?
Igor - Facevo cabaret. Ho scoperto in quel contesto
il teatro. Mi sono messo in contatto con la
compagnia Quelli di Grock. Ho contattato diverse
accademie. Ho subito interagito con la compagnia
Quelli di Grock. Ho avuto una borsa di studio per lo
spettacolo "La bottega del cafè". Roy Hart ha
lavorato sulla voce, a Firenze ho lavorato con
Manfredini e Monica Francia mi ha dato gli elementi
per un lavoro fisico e sulla espressività corporea.
L'ultimo approccio sulla biomeccanica.
Stiamo andando verso la forma teatrale di Antonin
Artaud e di Carmelo Bene.
Parliamo del lavoro fisico su cui imposti la tua
arte attoriale?
Igor - È tutto per un attore. Il lavoro sulla phonè
significa fare in modo che il corpo possa parlare,
esprimersi.
Se non c'è corpo non c'è comunicazione: sono chiaro
ed efficace semplicemente nel camminare.
L'espressività fisica dà possibilità di pensare.
Avremo un incontro per un nuovo corso della
compagnia Le scimmie nude. Non è una scuola, ci sono
nuove leve che lavorano con noi. Occorre per parlare
di "corso" prima definire che cosa sia un corso e
cosa sia un attore? Il lavoro dell'attore si basa
non sulla memoria, ma sulla memoria fisica. Questo
viene definito, appunto, bioenergetica.
Il metodo di Lowen è fondato su un riequilibrio
energetico del nostro corpo, legato alla mente.
Esiste una reciproca influenza tra il corpo e la
mente e tra la mente e il corpo. I ricordi sono
importanti in questo ambito. Il corpo viene sempre
meno valorizzato nella nostra contemporaneità.
Le persone si innamorano dello sforzo fisico.
Biomeccanica è, invece, l'analisi della costruzione
di un movimento come fosse una frase.
Quali sono state le tue performance più rilevanti
e che maggiormente ricordi come indicative della tua
attività?
Igor - In primo luogo lo studio sull'Amleto. Polonio
vive una situazione incredibile. A Pero lo abbiamo
inscenato come compagnia, Le scimmie nude, ed è
stato un particolare momento dove ho cercato di
liberarmi e di comunicare. C'è stata in quell'occasione
un'esplosione di energia e un'intensa comunicazione
col pubblico. Vorrei, adesso, poter fare ruoli di
personaggi meno presenti e, quindi, poter parlare
meno. Ne La locandiera abbiamo linguaggi diversi che
parlano e interagiscono.
Puoi parlarci dell'immedesimazione con i
personaggi che rappresenti?
Igor - Esiste un grande rapporto col pubblico, su
cui riesco a lavorare. Essere animale da
palcoscenico può avere un'accezione positiva o
negativa: importante è ascoltare il pubblico e
riuscire a deviare il lavoro "ascoltando" il
pubblico attraverso le mie interpretazioni. Occorre
ascoltare il pubblico nelle varie conseguenze
comportamentali e reazioni alle mie interpretazioni.
Voglio uscire dall'ottica del fare tante cose.
Voglio tornare a togliere il fare ed essere di più.
Distacco necessario per dare tempo al pubblico di
esplorare cose diverse. Occorre fermarsi e capire.
Per utilizzare una metafora occorre non usare il
turbo ma una pedonale.
Quali iniziative teatrali sono in agenda come
compagnia Le scimmie nude, presente all'interno di
tutta l'attività teatrale di Igor?
Francesca - Igor da sempre ha approfondito Carmelo
Bene, amandolo e apprezzandolo. Ha avuto lo stesso
percorso che Carmelo Bene ha impresso: phonè, ossia
astrazione del movimento. Questo percorso che ha
fatto è stato condotto nello stesso tempo dalla
compagnia "Le Scimmie Nude". E' sempre esistito un
legame forte con la nostra compagnia.
In "Porte chiuse" di Sartre presso il Centro di
Permanenza Temporanea di Cannizzaro si è evidenziata
la coincidenza nella scelta della scenografia e
della musica con la filosofia teatrale della
compagnia Le scimmie nude.
Parliamo della tua attività, da poco condotta,
presso il Teatro alla Scala. Quali le esperienze
condotte, anche dal punto di vista formativo e di
conoscenza?
Igor - La coralità nel teatro è presente nella fine
del primo atto di Tristano e Isotta, a cui sto
lavorando. E' un lavoro artistico e umano, molto
interessante. La figura dell'attore che propongo in
questa occasione è diversa da quella del mimo: gli
attori non sono mimi. Lavoro insieme e in sinergia
con i cantanti. Esiste una costruzione ed
un'evoluzione nella storia tra il primo atto e il
terzo atto, dove muoiono tutti tranne il re. In
questo contesto il lavoro rimane solo corporeo, in
quanto non parlo. E' un'ottima esperienza. Vedere,
poi, un palcoscenico con sette piani sotterranei e
sette sopra è come essere un bambino felice ed
entusiasta in un negozio di dolciumi.
Come nascono Le scimmie nude?
Francesca - Nascono nel 2003 da un'idea iniziale di
Gaddo Bagnoli. Gaddo voleva fondare una sua realtà
teatrale. E' un attore di fama internazionale, ma
ama definirsi regista.
Mi ha proposto di fondare la compagnia. In quel
periodo ero stagista presso il teatro Sole a Milano.
Mi sono laureata con il direttore de Il Piccolo.
Alla proposta di Gaddo ho risposto positivamente. La
compagnia vede da subito, pertanto, attrici e attori
come fondatori: Igor era tra questi. Stipuliamo
dall'inizio una convenzione con il comune di Pero
della durata quattro anni. La città era interessata,
e lo dimostrava, alle attività teatrali, in quanto
non era stata ancora toccata da eventi di questo
genere. Abbiamo, così, visto nascere un pubblico di
seguaci molto folto, provenienti da Pero. Ci seguono
artisticamente. L'esperienza con il Comune di Pero
ci ha dato questo. Negli anni abbiamo fatto corsi
per adolescenti. Federica Bianchi, dopo averci
seguito per anni, ha voluto produrre e proporsi come
produttrice di un nostro spettacolo: la
soddisfazione è stata immensa, e importante risulta
questo sostegno. La nuova produzione è "Paura e
desiderio" di Gaddo Bagnoli. Il lavoro è nato in
netta corrispondenza con gli attori con i principi
della biomeccanica, bioenergetica e rivisto
collettivamente, con l'apporto di tutte e di tutti.
Il flusso di immagini è stato lavorato con tematiche
innovative e particolari. Esiste un lavoro intenso
dietro stante.
Nel giugno 2008 abbiamo contattato lo spazio PIM.
Abbiamo partecipato alla Stagione sperimentale
europea, a Milano, insieme a 10 compagnie.
Registriamo, ora, buoni risultati, dopo anni di
lavoro negli scantinati. Prendiamo contatti con i
vari festival esistenti.
Il teatro deve essere una continua ricerca, con
assenza spirito imprenditoriale.
Occorre, ora, cercare di creare la comunicazione e
una rete tra le compagnie. È molto difficile.
Di spazi per fare teatro a Milano ce ne sono: perché
non ci mettiamo insieme come proponenti teatro?
A febbraio proponiamo la prossima opera, "Paura e
desiderio".
Voglio precisare che la formazione teatrale, che
anche noi andiamo a definire con la nostra attività,
non è una scuola: di scuole ce ne sono.
Il problema per un attore nasce dopo la scuola: o
sei talentuoso e cerchi di fare l'attore, oppure
molte persone pur essendo dotate, dopo 2 o 3 anni di
scuola non hanno opportunità di proseguire. Dopo la
scuola molte e molti non sono pronti per fare gli
attori, né per proseguire. Occorre una formazione
continuativa. Gli attori non professionisti dopo
pochi anni muoiono.
Noi pensiamo a laboratori di studio permanenti.
Occorre sperimentarsi attraverso la scuola.
A gennaio inizia un laboratorio teatrale dove gli
attori, che sono tre, terranno un corso, a loro
volta allievi di Gaddo. Ma, soprattutto, dobbiamo
comunicare ai giovani e indurli a venire, a
moltiplicarsi, a esserci, a partecipare.
La situazione in Italia può cambiare, ma devono
attivarsi le persone stesse. Devono sapere cosa
fanno, studiare e appassionarsi delle cose.
Molte persone vengono a vederci la prima volta,
magari sono fuori dagli ambiti teatrali, avulse da
una cultura artistica, non esperte: ebbene ci
leggono, ci interpretano e ci fanno osservazioni
altamente precise e puntuali.
Quali sono i modelli dell'arte teatrale storica a
cui voi vi rifate?
Igor - Non abbiamo modelli, ma una serie di
riferimenti: Artaud, Bene, Grotowski, Brook, Vacis,
Mejerchol'd. Teniamo a precisare, però che abbiamo
una nostra impronta.
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