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Intervista a Simone Boscolo,
pittore fondatore,
cofondatore della Galleria Zamenhof a Milano
Simone Boscolo è un artista. Si è formato con la
propria esperienza e ha dato vita insiemead altre e
ad altri artisti a una Galleria a Milano, Zamenhof.
L'intento è chiaro nell'attività di Simone e dei
suoi colleghi: creare le condizioni per non essere
più periferia dell'impero nello scenario artistico
postmoderno.
Iniziamo con il parlare della tua formazione: dove
sei nato come artista e come sei cresciuto?
Non ho fatto il liceo artistico. Dopo avere
conseguito la maturità di ragioneria mi sono
iscritto all'Università Statale di Milano. Ho
seguito per un anno i corsi: un'esperienza
umanamente importante. Dopo questa parentesi ho
deciso di frequentare i corsi dello IED, e
precisamente quelli riguardanti l'illustrazione.
Sono chiaramente un autodidatta e da sempre,
comunque, ho nutrito forte interesse per la
disciplina artistica, disegnando e appassionandomi
al dipinto.
Possiamo, seppure siamo in una fase di eclettismo
nell'arte pittorica, definirti appartenente o vicino
a una determinata corrente artistica?
Non
mi pongo questo problema per il semplice motivo che
non esiste e in quanto tale non si pone. Oggi, nella
nostra modernità, ormai questa tematica non si
evidenzia, neppure se si parla di avanguardia.
Ripeto: non è un problema da porsi. La questione si
poneva nel passato, ma ora non più.
Quali sono i soggetti della tua ricerca, ossia su
quali lati del reale o del surreale ti ispiri?
Non è facile definire un soggetto, in quanto spesso
ci sono artifici da cui parte una ricerca. Ho una
serie di primi lavori, appena iniziati, e che
sarebbero da riprendere in mano. Sono delle memorie
storiche, auto rappresentative dell'Italia agreste,
con alta attenzione all'ambiente della montagna,
vista come luogo chiuso, come spazio chiuso.
Cerco, seppure comprenda la difficoltà e la
necessità di maggiore tempo, di avviare un discorso
di analisi storico sociale.
La mia volontà consiste nel garantire dalla piccola
dimensione la portata storica del cambiamento socio
culturale e delle sue conseguenze.
In questo caso, sia chiaro, non voglio cadere
nell'ingenuità e non voglio esprimere alcun giudizio
morale. Non sarebbe né possibile né onesto.
Tu insieme ad altre artiste e altri artisti gestite
una galleria a Milano, Zamenhof, che è di nuova
costituzione e che ha già visto un ricco calendario
di mostre, collettive e personali. Come nasce la
Zamenhoff?
L'idea è nata nell'aprile 2008 proprio da una
proposta del proprietario dell'Atelier Chagall
presente sui Navigli a Milano. Ci sono 6 artisti
associati con l'intento chiaro di tornare sul
territorio milanese per cercare artisti giovani,
validi, e con lo specifico obiettivo di andarli a
trovare, reperire. Lo spazio diventa, così,
opportunità di rendere loro visibili.
A Milano c'è una grossa quantità di gallerie stantie
e mercantili, che ignorano gli outsider, per un
mercato puro. Esistono addirittura gallerie che
dedicano personali ad artisti morti.
Esiste,
o avverti, quindi, un oligopolio del mercato
dell'arte e della sua offerta a Milano, ma direi
anche in Italia?
Non parlerei di oligopolio, ma è indubbio che è
difficile scalfire l'ostracismo pregiudiziale. La
nostra filosofia consiste nel selezionare le opere,
oltre agli artisti, in una dimensione collettiva per
dare avvio a un cammino che possa continuare anche
per lunghi anni.
Zamenhoff si occupa, quindi, di arte contemporanea.
La selezione delle diverse ricerche artistiche parte
da un presupposto: il rispetto del singolo artista e
della sua autonomia.
Come possiamo definire la vostra filosofia
artistica, il vostro "manifesto"?
Nella dimensione postmoderna, possiamo definirla
così, abbiamo artisti consci che hanno metabolizzato
il '900, senza intenzione di emularlo, ma
rielaborarlo. Non è una contaminazione, parola
inflazionata, spesso conformista. Abbiamo
semplicemente significanti vari e stili diversi
sintetizzati in varie opere. Dobbiamo fare leva
sulla capacità interpretativa dell'artista. Questa è
la base di partenza del nostro discorso estetico.
Esiste una rielaborazione del digerito, del "briciolame",
nell'intenzione di volere superare il '900, almeno
si auspica avverrà.
In Italia in questa ottica siamo ancora come una
"periferie dell'impero" per citare Umberto Eco e per
ritornare allo spirito degli anni '70.
E' in uso, a livello mondiale, un'intuizione e una
consapevolezza dell'elaborazione artistica, ma in
Italia su questo, come su ogni innovazione, si
arriva sempre dopo.
Quali sono gli altri artisti coinvolti in questa
esperienza?
Gli artisti sono soci contemporaneamente. Abbiamo
Davide Corsetti, Valentina Carrera, Virgilio
Patarini, ideatore della galleria e gestore
dell'Atelier Chagall, Giuseppe Ferraia, Giacobino,
nome d'arte, Giovanni Grassi, Cito anche Andrea
Borgonovo ed Emanuela Racca. Il file rouge che ci
lega artisticamente consiste nel fatto che prima
eravamo tutti presso l'Atelier Chagall, mentre oggi
abbiamo dato vita alla galleria forti delle
possibilità che abbiamo visto esprimersi
nell'atelier.
Siamo un movimento postmoderno, almeno questo è
quello che dice Virgilio. Per chi vuole avere
informazioni sui nostri eventi e le nostre attività
può accedere al link
www.galleriazamenhof.com
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