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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi in prosa inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
Breve viaggio in aldilà di Giuseppe Costantino Budetta, Il delitto perfetto di Marcellino Lombardi, La cartolina di Lorenzo Spurio, L'ordigno inesploso di Lorenzo Spurio

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Luca Baratta, Caterina Bigazzi, Alessandra Ferrari, Emanuela Ferrari, Iuri Lombardi, Alessandro Monticelli, Natalia Radice, Davide Valecchi  

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, in lingua diversa dall'italiano, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Lucia Dragotescu, Alessandra Ferrari, Emanuela Ferrari, Paolo Filippi, Manuela Léa Orita

Recensioni

In questo numero:
- "Persi nel Vuoto" di Vincenzo Malara, nota di Massimo Acciai
- "Note liriche" di Emanuela Ferrari, nota di Massimo Acciai
- "Campioni del mondo: I francobolli dei Paesi organizzatori e vincitori dei Mondiali di calcio, 1930-2006" di Fabio Bonacina
- "Viaggio al limitare del tempo" di Danilo Di Gangi, nota di Massimo Acciai
- "I chiari di Lina" di Tiziana Masucci, nota di Massimo Acciai
- "Il dolce cammino…" testi a fronte di Faraòn Meteosès
- "I Signori dell'Armonia" di M.C. Giordano
- "Storia di Geshwa Olers - La faida dei Logontras" di Fabrizio Valenza
- "Mater" di Amerigo Iannacone, recensione di Emanuela Ferrari
- "L'erede del templare" di Jan Guillou, recensione di Emanuela Ferrari
- "Luoghi del mito" di Roberto Mosi
- "L'angelo di Leonardo" di Paolo Passanisi

Incontri nel giardino autunnale

Intervista ai Camillocromo
A cura di Matteo Nicodemo

Interviste

Annalisa Margarino
a cura di Massimo Acciai
Vincenzo Malara
a cura di Massimo Acciai

Articoli

Piccolo principe
di Denise Severa
Amore
di Denise Severa
Il sogno
di Denise Severa

L'ordigno inesploso
 

Lorenzo Spurio


Mia sorella mi telefonò per chiedermi perché non la andavo mai a trovare. Le risposi che avevo paura di uscire di casa perché temevo di perdere la mia identità. Pensavo infatti che, trovandomi per la strada o in mezzo alla gente, avrei perso la mia identità e non sarei stato in grado di ritrovare la mia casa. Mi disse di non essere idiota e che a nessuna persona che lei conoscesse era successa una cosa del genere. Le risposi argomentando che la società negli ultimi tempi aveva acquisito un livello di caos particolarmente elevato che, in alcuni casi, poteva essere imputato come causa di alcuni disturbi di memoria. Aggiunsi che avevo letto molti articoli di giornale che riportavano notizie come quella. Alla fine mia sorella si decise di chiudere la telefonata concludendo, secondo la sua prospettiva, che stavo diventando matto.
Tuttavia un giorno fui costretto ad uscire di casa poiché nel mio quartiere sgomberarono per l'intera mattinata alcuni condomini perché dei vigili del fuoco, assieme a degli artificieri, dovevano innescare una bomba della seconda guerra mondiale e portarla in campagna dove l'avrebbero fatta brillare. Il sindaco conservatore aveva reputato necessaria l'evacuazione di diversi condomini per scongiurare qualsiasi tipo di danno, sebbene il mio condominio si trovi abbastanza lontano dal luogo del ritrovamento dell'ordigno bellico. Dunque dovetti uscire di casa. La sera precedente mi preparai una borsa nella quale misi tutti i documenti nel caso che mi sarei perso nel caos cittadino o che, a causa dell'aumento d'entropia, non sarei stato capace di farne ritorno. Nel portafoglio misi, oltre alla mia carta d'identità, anche la patente sebbene non guidassi ormai da anni e la mia scheda di socio del circolo del golf sebbene anche li non andassi più da diverso tempo. Riempii la borsa con le bollette già pagate dell'acqua e del gas e i pagamenti del canone televisivo. Nel caso un vigile mi avesse fermato mentre camminavo disorientato per le vie della città avrei esibito, da cittadino modello, le carte che attestavano i pagamenti. Evitai di prendere le bollette dell'energia elettrica perché, avendole conservate dal 1975, erano troppe e sarebbero pesato troppo nella borsa. Mi premurai di telefonare mia sorella per dirle che lasciavo le bollette dell'elettricità a casa. Mi rispose mio cognato ed evidentemente non capì. Glie lo ripetei. Sentii che mi mandò al diavolo e poi chiuse la chiamata. Dopo aver raccattato tutte le carte ed i documenti che attestassero la mia personalità, tra cui i fogli dei movimenti sul conto corrente, il mio diploma di laurea e una cartella medica, uscii di casa scendendo lentamente le scale perché la borsa che portavo a spalla era molto pesante ed avevo paura di cadere. Una volta uscito dal portone vidi un serie di strisce rosse della sicurezza ed un via vai di gente. Dei vigili stavano cercando di bloccare il traffico in quella via utilizzando degli appositi segnali stradali metallici. Stavo già pensando di aprire la borsa per far vedere al vigile le mie carte ed attestare che ero Gianluigi Pietri ma lui neppure mi guardò, cosi continuai a camminare. La gente che come me aveva dovuto abbandonare i propri appartamenti a causa dell'ordigno bellico non portava nessun oggetto con se, nessuna cosa che attestasse la sua identità. Mi venne da pensare che fossero tutte ombre, dei fantasmi privi di identità che si stavano muovendo a caso, senza sapere dove andare.
Abbandonai la via dove si trova il mio condominio senza parlare con nessuno, temendo che ogni interferenza con un'altra identità avrebbe causato una seppur piccola frammentazione della mia. Mi recai in un giardino dove mi sedetti su di un panchina. Aprii la mia borsa e controllai che ci fosse tutto. Notai, stranamente, che le bollette del gas non erano disposte secondo il loro ordine cronologico e così mi misi a sistemarle in maniera ordinata. Questa operazione mi impiegò per una mezz'ora. Terminato pensai di poter andare a trovare mia sorella ma, appurata la risposta che suo marito mi aveva dato al telefono la sera prima, decisi di non andare a visitarla. Suo marito con il suo fare aggressivo e con la sua parlata rozza avrebbe sicuramente influito negativamente sulla mia identità cercando di annebbiarla. Improvvisamente mi sentii molto stanco, forse a causa del peso che avevo portato sulle spalle quella mattina e in breve mi assopii sulla panchina, tenendo stretta la mia borsa tra le mani.
Mi svegliai che erano le sette della sera. Pensai che i lavori per la rimozione dell'ordigno erano sicuramente finiti e quindi potevo ritornare a casa. Prima di farlo, preso dalla paura di perdita d'identità, aprii di nuovo la borsa per vedere se tutte le carte erano al suo posto. Vidi che una dei primi fogli si era leggermente piegato e cosi decisi di spianarlo quando mi accorsi che sulle bollette del gas compariva come destinatario un altro nome e un altro indirizzo. Erano indirizzate a un certo Franco Steri, che viveva nel quartiere dell'ospedale. Notai inoltre che i suoi consumi erano stati di gran lunga maggiori rispetto ai miei. Quasi il triplo, pensai. Impressionato da quell'episodio cominciai a tirar fuori dalla mia borsa gli altri documenti e venni scosso dal fatto che ogni documento, ogni foglio, riportava un nome e un indirizzo diverso dal mio. Il diploma di laurea era di un certo Simone Domenici. Cominciai a sudare freddo non sapendo più chi fossi. Il mio cuore batteva a mille. Presi la documentazione medica confidando che almeno quella riportasse il mio nome e si riferisse all'ultima volta che ero stato in ospedale, venticinque anni prima. Non fu cosi, fui sconvolto nel vedere le lastre ad una gamba di una certa Martina Rettori. Sentii girarmi la testa mentre il mio cuore prese a battere in maniera frenetica. Non esistevo più. Non sapevo più chi fossi. L'identità che avevo cercato di conservare durante tutti quegli anni, chiuso in casa mia, era improvvisamente distrutta.
Cercai di ricordare dove abitassi ma mi risultò difficile. Feci un ultimo tentativo per cercare di ristabilire chi fossi. Aprii il portafoglio ed estrassi la mia carta d'identità. Vidi che la mia abituale carta d'identità cartacea emessa dal comune della mia città non c'era ed era stata sostituita da una carta d'identità plastificata di un paese straniero. Lessi attentamente. Mi chiamavo Thorbjørn Stoltenberg. Vivevo a Bergen, in Norvegia. Disperato, entrai in un'agenzia di viaggio e chiesi che mi prenotassero un volo per ritornare subito a casa.

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