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Un artista dalla forte
venezianità: Luigi Fico
Lugi Fico espone in una
collettiva dedicata a San Sebastiano da Pier
OpenSpace. Le sue opere sono caratterizzanti di
un'etica e di messaggi che si propongono con
l'estetica del disegno e della rappresentazione. Si
può definire Luigi un artista a tutto tondo, grazie
a una preparazione che gli ha dato gli strumenti
universali. Ma le sensazioni che prova sono innate
fin dall'infanzia. Lui si definisce un mezzo di
comunicazione, così come un artista dall'intensa
venezianità.
1. Luigi qual è la tua formazione artistica: come
ti sei sviluppato come artista?
Ho conseguito il diploma di disegno tecnico, la base
che ti da la prospettiva, la forma, il senso degli
oggetti, la loro espansione. Ho fatto dei corsi di
scenografia presso l'Università di Venenzia "Cà
Foscari", in cui ho lavorato sulla scenografia, sui
costumi, sul trucco. È stata, questa, un'esperienza
globale perché mettevamo in scena commedie,
parecchie, con la Compagnia degli Zanni e le
compagnie dei Filodrammatici di Ca Foscari. Come
componenti di tali compagnie facevamo allo stesso
tempo gli attori, i scenografi, gli artisti: una
vera esperienza globale di teatro. Dalla formazione
teatrale ho ricevuto gli imput tecnici e artistico
creativi che si sono uniti alla mia passione per il
disegno, da sempre presente in me. Come lavoro
faccio il grafico pubblicitario, quindi ho seguito
corsi di comunicazione, d'immagine, di foto, di
stampa materiali. Questo ultimo percorso mi ha dato
la tecnica. L'ispirazione vene da sé. Sono nato in
una città bella, Venezia, e, pertanto, sono sempre
stato abituato a capire il bello, a trovarlo, a
cercarlo, a riconoscerlo. In una critica avuta sui
miei quadri l'ultima frase finisce con la
definizione: artista "intriso di venezianità".
2. nei tuoi lavori quali sono e come sono le fasi
di produzione?
Io mi considero un mezzo che riesce a dar vita a
delle idee che nascono da sole. Ho voluto fare un
omaggio a opere teatrali interpretandole con
marionette rette da fili: Il Giardino dei ciliegi, I
giganti della montagna, L'opera da tre soldi. Le
idee nascono da emozioni. Le opere teatrali mi danno
emozione fin da bambino: le due cose si sono fuse.
Questo è per significare che mi è venuta un'idea e
che io non sono altro che il mezzo per esprimerla. A
me interessa rappresentare sensazioni che mi vengono
dalla realtà e dalla cronaca, hanno tutte un
significato, essendo io "un uomo di comunicazione".
Ho bisogno di un messaggio. L'etica la rendo
estetica: è un giudizio importante questo. È una
chiave di lettura delle mie produzioni. Per
apprezzare i miei quadri occorre avere una chiave di
lettura: si guarda ma occorre interpretarne il
messaggio.
3. Nella produzione quale è la tecnica da te
utilizzata, vista la portanza delle tue opere?
La mia produzione si basa maggiormente sull'utilizzo
degli acrilici, tecnica che prediligo, su legno.
Gioco, però, molto sul rilievo. La tela non regge
questo, perché rischia di cedere e non supportare
questa procedura. Con i rilievi il dipinto materico
e "quasi da toccare".
4. come artista hai già debuttato da tempo in
contesti diversi e molto autorevoli, ripercorriamo
le mostre, personali e collettive che hai tenuto?
Ho incominciato con Gobbetto, una azienda che si
occupa di materiali per arredamento, e ho allestito
una mostra dedicata al circo, a cui ho partecipato
con tre miei pezzi: l'equilibrista, la tigre che
salta nel cerchio del fuoco e la ballerina con asta
sul filo. Praticamente delle sculture mobili. Poi ho
esposto da Immaginaria con una mia personale, dove
mi è stata dedicata una vetrina intera: ho fatto per
quell'occasione dei guerrieri aztechi, uomini
primitivi, guerrieri masay in grandezza naturale e
dei soli. Ho esposto alla libreria Babele, quando
era a Cadorna a Milano, partecipando con due
personali. Visto il lusinghiero successo commerciale
mi hanno lasciato una permanente per un anno e
mezzo. Ho esposto a Varese, con una personale, alla
Libreria del Corso , in pieno centro città. In una
vetrina di 4 metri c'erano le mie opere e le
pubblicazioni artistiche di artisti famosi. Ho
concorso al Premio Celeste indetto via internet: il
tema era "Unione delle culture" e il mio quadro è
stato il più votato dal pubblico per tutto il tempo
della mostra. Il titolo del quadro è "La città
ideale". Questa esposizione mi ha fatto ottenere
inviti anche all'estero e ho accettato di esporre a
Ferrara al Castello degli Estensi nella sala
dell'Imbarcadero, collocazione prestigiosa: in
questo ambito ho partecipato con sette pezzi nella
mostra che si intitolava "Arte e potere". Sono stato
successivamente invitato a Cento, ad una collettiva
dedicata a San Michele Arcangelo. L'inaugurazione a
cui ho partecipato riguardava una mostra che
diventerà permanente di arte sacra nell'ex chiesa di
San Lorenzo. Da Pier OpenSpace a Milano ho tenuto
una personale e sto partecipando alla collettiva su
San Sebastiano.
5.Parliamo di San Sebastiano e delle tue opere
che lo interpretano, inoltrandoci in un'icona gay
della cultura moderna?
Il" Sebastiano del ponteggio" è dedicato ai martiri
sul lavoro, un simbolo di protesta di tutti i
sacrificati. Sebastiano in questa opera è
raffigurato in maniera classica, trafitto non da
frecce ma dai tubi dell'impalcatura, legato al suo
lavoro per sopravvivere e vittima di esso.
L'altra opera, Sebastiano classico, è più uno
studio, un taglio particolare in cui volevo fossero
protagonisti il viso e le mani. Il quadro vuole
quasi racchiudere in uno spazio sacrificato la
figura che risulta imprigionata nel martirio.
In questa situazione si esalta una "morte vincente"
in quanto il martirio viene accettato nella
consapevolezza di essere nel giusto: vinco io anche
se muoio sacrificato, tu perdi perché mi uccidi.
6. Quali sono nella tue produzione altre opere
significative che riteni esemplari della tua
poetica, arte?
Il cardinale è un soggetto presente in tre mie
opere, in cui pongo una critica forte non sul
significato della Chiesa ma sugli amministratori. Il
titolo di un'opera, in particolare, "Ipocrite
virtù", esemplifica i fenomeni di corruzione,
pedofilia, omofobia. Una seconda opera, "Sotto un
cielo straniero", è dedicata alle persone che non
vivono nella propria terra. "Ara naturae", infine, è
un invito alla preservazione del nostro ambiente.
L'estetica, quindi, serve in queste occasioni a
portare il discorso su questioni civili, che sono
inizi di discussioni e confronti. Posso dire che
nella mia produzione amo alla follia ogni cosa che
faccio ma non resto legato ad essa, è solo un
gradino di sperimentazione e di crescita.
7. Diverse tue collettive e personali sono state
caratterizzanti di spazi culturali dediti
maggiormente alla clientela omosessuale, così come
diverse tue opere possono ascriversi a questo
filone. Che rapporto può esserci tra arte e
omosessualità?
Vorrei che tutto fosse come avviene nella natura
delle cose e delle persone senza doverne parlare
oltre. Non riesco a fare arte omosessuale: non c'è
differenza, ogni arte è legata al vivere.
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