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Arnaud Canizares: un pittore
autonomo dai molteplici riferimenti artistici
Arnaud Canizares è un artista
francese trapiantato a Milano, a studiare presso
l'Accademia delle Belle Arti. E' un giovane pittore
che si rifà a grandi maestri del passato, Schiele,
Rembrant, Jeff Wall e Gerhard Richter. Il suo
eclettismo lo porta a considerare l'opera d'arte
un'opera che già possiede una ragione, diverse
ragioni, senza necessariamente attribuirgliene. Lo
abbiamo intervistato per Segreti di Pulcinella. Le
sue opere sono momentaneamente esposte in una
permanente al locale Nerofondente a Milano,
prestigioso art-lounge bar sull'Alzaia Naviglio
Grande.
1.
Dalla tua esperienza artistica professionale che
cosa secondo te è importante per dipingere? Solo la
formazione oppure ci vuole qualche elemento in più?
Sono sempre stato circondato dall'arte. Provengo da
una famiglia di artisti. Mio padre è un architetto
urbanista, mentre il mio padrino è un pittore e mio
zio si è formato nelle belle arti. I miei genitori
fin da piccolo mi facevano visitare i musei, è nato
presto in me un forte interesse per l'arte plastica.
Ho fatto la maturità scientifica, ma fin da
giovanissimo ho cominciato a frequentare corsi di
disegno all'Accademia di Tolosa. Quando mi annoiavo
durante la lezione mi divertivo disegnare. La
passione per l'arte, quindi, si è maturata nel
tempo. Due anni fa non ero ancora sicuro di
desiderare di diventare artista, oggi non voglio
fare altro. Il senso di libertà mi spinge a
dipingere anche se spesso nel campo della pittura ti
trovi a dover dipendere da qualcuno, galleristi o
committenti. Esiste in me un forte desiderio di
poter fare quel che voglio,il qualle è condiviso da
molti e fino ad ora non ho trovato difficoltà a
rimanere libero, in quanto sono ancora studente.
Nell'arte mi spinge il senso di bellezza, l'arte è
una cosa bella, anche se non sempre il mondo
dell'arte lo è. Credo nel potere dell'arte. La mia
tesi di laurea è intitolata "La Miseria del mondo,
l'Arte e l'Utopia", e ci porta a vedere l'arte come
utopia, in quanto essa può cambiare il mondo. Ci si
domanda, quindi, cosa sarebbe il mondo senza arte,
non sarebbe il mondo!, perché quest'ultimo si è
sviluppato con l'arte e l'arte si è sviluppata con
esso.
2.
La tua formazione artistica da dove parte e come si
è evoluta?
Ho seguito corsi di disegno all'Accademia di disegno
di Tolosa mentre studiavo al liceo. Ho conseguito la
maturità scientifica con lode, e i miei risultati mi
permettevano di entrare nella più grande scuola di
ingegneria a Tolosa, l'Insa. Alla fine del liceo ero
incerto se fare ingegneria fisica o intraprendere
studi più artistici: ho scelto la seconda ipotesi.
La fisica mi interessava in quanto mi aiutava a
comprendere come mai il cielo è blu o perché
camminiamo con i piedi per terra. Una volta esaurite
queste nozioni, avrei certamente perso interesse per
la materia. Mancava la creatività.
Ho, pertanto, frequentato un anno di preparazione in
arti applicate. È stata, questa, una formazione
intensa, selettiva e di qualità: ho potuto dire, a
conclusione di tali studi, di avere ricevuto una
formazione completa. La città della formazione si
chiama "La Souterraine", è nel dipartimento delle "Creuse".
Il cinema di animazione non mi interessava più di
tanto, in quanto nel 90% dei casi ti occupi di
costruire il personaggio studiandone ogni minimo
particolare, o solo il suo movimento, o ancora
solamente la testura della sua pelle, ho scoperto
che il mestiere è totalmente compartimentalizzato e
questo mi ha allontanato. Ho approfondito in questo
anno il concetto di prospettiva, il disegno di
analisi, la nozione di colore e di immaginazione, la
fotografia, l'illustrazione, l'espressione, il
design di oggetti interni e la grafica. In questo
specifico anno mi sono avvicinato, appassionandomi,
alla comunicazione visuale, al graphic design, e
all'illustrazione. Ho frequentato la Scuola di
Orleans, in particolare l'Istituto di Arti Visive,
lo IAV, di durata di tre anni. In questo corso ho
ricevuto sia una formazione completa
sull'impaginazione sia una formazione più vicina
alle "belle arti". Ho studiato l'incisione, il
disegno, la fotografia, la storia dell'arte e la
scultura. Mi sono diplomato con lode in graphic
design su un tema dal titolo: "Piccioni, cattedrale,
manichini da vetrina e mozziconi di sigarette". In
questo periodo dipingevo autonomamente figure
femminili, ho trovato Pauline, la mia prima modella
per ritratti di nudo. Durante il terzo anno ho
conosciuto una ragazza di Segrate, città in
provincia di Milano, che veniva dal Politecnico per
seguire lo IAV. Innamorandomi di lei ho deciso di
seguirla a Milano dove ho integrato l'Accademia di
Brera come studente Erasmus, decisi di non diventare
grafico, in quanto ritengo il mestiere di grafico
essere troppo spesso un reame di esecutori con
ridotto margine di creatività. Innamorandomi
dell'arte ho continuato l'Accademia fino alla fine.
In questo periodo scoprì quello che era veramente
l'arte contemporanea. Iniziai a pormi delle domande
su questa arte e a sperimentarla, diversificandomi
dalla pittura ritrattistica.
In questa occasione ho cercato di sviluppare dei
lavori che contenessero un pensiero, rimettendomi,
così, in discussione. Molti pensano che l'opera
d'arte debba contenere un pensiero e una
spiegazione, parlando al pubblico di un argomento,
principio, questo, su cui all'inizio della mia
attività non ero d'accordo.
3.
La tua arte quale messaggio esprime?
E' il terzo anno che frequento l'Accademia di Brera,
il secondo della specialistica. Sono convinto che
l'opera debba saper comunicare senza per forza
sviluppare un argomento concreto. Essa può
comunicare un semplice sentimento che incide sulla
persona che lo avverte. Secondo me l'opera d'arte
più sensazionale è il sole che splende perché
comunica positività, rendendo la gente più felice e
le persone diverse. L'opera d'arte non deve avere
una ragione, perché intrinsecamente possiede già
diverse ragioni che provengono dall'inconscio e
dall'istinto. Molti sono i messaggi diversi che si
esprimono tramite l'arte. Sto sviluppando un'arte
sociale e politica, continuando a produrre ritratti
di donne.
4.
Ti rifai a qualche modello artistico in particolare?
Il mio maestro morto è Egon Schiele. Penso sempre
che noi siamo il frutto del passato e della storia
dell'umanità. La storia dell'arte è nel nostro dna.
I miei disegni, la loro linea, l'amore per la linea,
l'erotismo, l'essenzialità riprendono molto lo stile
di Schiele. Citerei anche Rembrant per la sua
capacità a suggerire il reale con una penellata
veloce e grossa. Tra quelli contemporanei penserei a
David Lachapelle, anche se il suo universo non è il
mio. Di lui mi colpisce molto la sua linea
lavorativa, ritrovandomi in alcune delle sue
composizioni. Jeff Wall ha inventato la fotografia
di reportage fittizio, e uso questo processo nel
progetto che porto avanti che ho chiamato "Paint Now".
Gerhard Richter ha provato che l'omogeneità non è
necessaria nell'opera di un artista passando dal
figurativo all'asttrazione, dalla fotografia alla
pittura. Per questo continuo a lavorare su diversi
cammini senza la paura di essere il primo a farlo.
5.
Spesso ritrai paesaggi in una forma molto
stilizzata, prendendo spunto anche da fotografie,
rielaborandole: come avviene la tua produzione? Da
dove prendi spunto?
Non sono per nulla paziente e mi dedico per lungo
tempo a dei lavori solo se mi sembra necessario
farlo. Il risultato essenziale dei miei lavori è la
sinteticità delle cose, secondo me sintetizzare è
importante perché permette di trasmettere
l'essenziale. La tempistica è aleatoria in quanto
posso fare una tela in 30 secondi come in 200 ore.
Anche le tematiche che affronto si diversificano.
Dipingo ad olio prendendo spunto da videoproiezioni.
In questo modo non perdo tempo nella produzione.
Voglio sempre staccarmi dalla foto cercando di
reinterpretarla. Non amo le convenzioni e non sono
una persona condizionabile, neanche da me stesso.
Inconscio, caso e natura sono gli elementi che mi
interessano perché fanno parte dell'istinto. Molte
volte opero facendo macchie e tracce sulla tela. Si
può dire che "l'astrazione è un riquadro della
figurazione". Da una foto di un particolare riprendo
un'immagine astratta. Disegno con la penna per non
lasciare margine agli errori: per fare questo
necessito di maggiore maestria. Ricerco sempre
l'autenticità, non intendo cambiare la storia
dell'arte e trovare risposte esistenziali alle
difficoltà della contemporaneità, non considero
l'artista essere un dio.
6.
Quali sono le opere più rappresentative e quali le
future produzioni che ti sei proposto di realizzare?
Tra le mie opere più significative cito Birds,
Carnevale, Red Threes, Table, l'autoritratto, i vari
disegni, che non sono studi, Girl e le due
fotografie reinterpretative di quadri rinascimentali
e post rinascimentali. Abbiamo un forte lavoro di
calligrafia in Red Threes, dove si dimostra
l'esistenza di una sottile frontiera tra
l'astrazione e la figurazione. Quest'opera per me è
molto significativa. L'autoritratto, invece, è
creato dal nulla, inventato dal nulla e non proviene
da un dato fotografico. Quando produco mi piace
molto non sapere cosa accadrà. La traccia e la
macchia nascono da qualcosa di non intenzionale. Uso
la velocità e l'istinto lavorando su ciò che c'è,
come è stato per l'opera Carnevale.
Nel futuro, quale su quello camminiamo già, lavoro,
lavorerò, continuerò ad avanzare su i diversi
sentieri che mi sono aperto; alcuni apparirano
nuovi, altri scomparirano perché li giudicherò
inutili. Per capire cosa ha un senso devo
sperimentarlo prima, e la pittura non è un mezzo
facile in 2011. Ci sono tanti progetti in corso,
forse troppi, perciò devo capire.
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