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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, purché rispettino
i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Lucia
Dragotescu, Robert
Serban
Recensioni
In questo numero:
- "In bianco e nero" di Maddalena Lonati, nota
di Massimo Acciai
- "Poesie 1803" di Adam Oehlenschläger, a cura
di Francesco Felici
- "Le catene del potere" di Tiziana Iaccarino,
nota di Massimo Acciai
- "Supernext" l'antologica connetivista nel
blog della Kipple Officina Libraria
- "Namasté" di Maria Antonietta Nardone, nota
di Massimo Acciai
- "Paolo e il segreto delle nuvole" di
Annalisa Margarino
- "Amore mio dolce" di Alda teodorani
- "La stortura della ragione" di Gian Piero
Stefanoni, nota dell'autore
- "Io e te" di Niccolò Ammaniti, recensione di
Emanuela Ferrari
- "Demon Hunter: l'arcangelo risolutore" di
Riccardo Brumana, recensione di Sara Rota
- "Mercanti di organi" di Aldo Emilio Moretti,
recensione di Sara Rota
- "Johnny Nuovo" di Mauro Evangelisti,
recensione di Sara Rota
- "Mattatoio n. 5" di Kurt Vonnegut,
Recensione a cura di Mauro Biancaniello
- "Occhi d'Oro" di Alda teodorani
- "Pazienti smarriti" di Maria Rosaria
Pugliese, recensione di Lorenzo Spurio
- "New Yorker's Breaths" di Maurizio Alberto
Molinari, recensione di Lorenzo Spurio
- "Pensieri senza pretese" di Christian Lezzi,
recensione di Lorenzo Spurio
- "Jane Eyre, Una rilettura contemporanea" di
Lorenzo Spurio
- "Il mare di spalle" di Antonio Sofia
- "Di esperanto in esperanto" di Giuseppe
Macrì
- "Dalla vetrata incantata" di Sandra Carresi,
Prefazione di Lorenzo Spurio
- "Etica oggi" di Michela Marzano, articolo di
Damiano Mazzotti
- "Nebular" di Antonio Messina
Articoli
Letteratura per la Storia
Interviste
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"Ragazzo, quando il buco nero che
ho nella pancia esploderà, dovrai inforcare gli
occhiali da sole!"
Birk Comedy 1,1
Incontro destinico, il karma doveva compiersi. Ci
aveva pensato lungamente e, alla fine, si era
risolta ad incontrarlo. Non aveva creduto ad una
sola parola della bodhisattva. Era stata attratta,
in un momento di svagata ricerca, dalla sua insegna
kitsch multicolore e dalla sua fotografia attaccata
alla porta d'ingresso. Era entrata. La bodhisattva
l'aveva osservata, l'aveva guidata come un serpente
ipnotizzato e l'aveva fatta accomodare in una stanza
affollata di piccole candele accese e di profumi
sintetici. Si era dapprima seduta accanto a lei.
Aveva affondato gli occhi nel suo viso, con
scenografica severità e concentrazione. Registrava
le emanazioni dell'anima, o almeno questa era stata
la spiegazione. Poi l'aveva fatta stendere su un
lettino, l'aveva cosparsa d'olio e massaggiata
delicatamente. Quel trattamento, di per sé, valeva
la tariffa, pensò. Non aveva del tutto buttato via i
suoi soldi. Si assopì per un tempo indefinito.
Quando si risvegliò, la bodhisattva le parlò con
voce bassa e carezzevole. Simulava un sapere
superiore, ma era fin troppo facile. La faccenda era
che tutto di lei tradiva una vita metodica,
benestante e solitaria, perciò poteva avere varcato
la soglia del suo studio solo per via di un uomo. I
problemi delle donne erano gli uomini, e forse la
cosa era reciproca, anche se per gli uomini sembrava
essere meno complicato. Bastava farsi un giro in
orbita, su uno di quei casinò volanti che offrivano
ogni genere di perdizione, la terra tanto lontana
laggiù. Lo facevano anche molte donne, per la
verità. Alcune portando nell'intimo la vergogna di
pulsioni lungamente sepolte e malamente sfogate in
eccessi di depravazione. Altre rivendicando,
orgogliosamente, il diritto ai medesimi divertimenti
con cui gli uomini si erano trastullati ben prima di
loro. E volevano tutto: dissipare le proprie
ricchezze, perdersi in innumerevoli paradisi
artificiali e godere di indicibili piaceri, offerti
indistintamente da esseri umani e androidi. Aveva
sentito dire che questi ultimi erano sempre più
ricercati, per via di certi esotismi che loro soli
potevano praticare. I maschi tornavano dall'orbita
soddisfatti e passavano settimane a raccontare le
loro avventure, vere o presunte che fossero. Le
donne sembravano non riuscire a tornare davvero. La
fuga permaneva in loro, impedendo un effettivo
ritorno al pavimento della realtà. Lei le
disapprovava. La frequentazione dell'orbita e delle
sue libertà extra territoriali rappresentava
un'insidia alquanto pericolosa, perché le
disorientava anziché dar loro una soluzione. La
soluzione mancava anche a lei ma, almeno, aveva
trovato una risposta. Sul lettino del Dharma Center,
all'826° piano del Fabulous Indian City Skyscraper
East Side, adeguatamente bombardato di polveri
colorate ad ogni festa di Holi, aveva dovuto
ammettere che svariati millenni erano trascorsi
invano e che qualche parola opportunamente
pronunciata e un massaggio ayurvedico
rappresentavano ancora uno dei modi più efficaci per
schiarirsi le idee e sgranchirsi i muscoli. Le era
persino tornato un accenno di buonumore. Aveva
pagato con soddisfazione la bodhisattva e l'aveva
salutata baciandola sulle guance e stringendole le
mani. Era tornata a casa ed aveva risposto al
messaggio. Si erano accordati per il giorno dopo,
nel tardo pomeriggio, alla Stazione Medium Terminal,
adagiata in pieno deserto tra la città e il centro
aerospaziale. Non aveva minimamente pensato di dover
curare il suo aspetto o il suo abbigliamento per
quell'incontro. Si era goduta l'onda lunga della
seduta dalla bodhisattva ed era salita sul treno con
sorprendente serenità. Nello scompartimento un
vociare di bambini e gli strilli un po' isterici
delle maestre. L'essere umano era buffo anche in
questo. Centinaia d'anni di viaggi interplanetari
non avevano intaccato l'usanza di portare le
scolaresche in visita alle basi spaziali. C'era
andata anche lei da bambina, e aveva provato la
stessa eccitazione. Qualcuno portava ancora i
pronipotini a veder passare i treni! I gesti si
sedimentavano di generazione in generazione, tutto
cambiava e tutto restava uguale. Anche le illusioni.
Mi hanno offerto un posto su Base Luna Due. E' un
buon posto. Il contratto dura solo sei mesi. Tornerò
presto, vedrai, non ce ne accorgeremo neppure. Era
partito. Se solo avesse potuto supporre...Sei mesi
passeranno presto, e poi chissà. Non lo aveva più
rivisto da allora. Altri contratti, trasferimenti
presso basi sempre più lontane, sfide sempre più
coinvolgenti, imperdibili aveva detto lui. Ricordava
tutto ciò che le aveva raccontato, e quello che lei
aveva risposto, e anche quello che non aveva mai
osato chiedergli. Il suo rosario giornaliero,
litanie macinate e ricomposte via via di speranza e
di sconforto. Mentre il treno correva veloce nel
deserto, si era ad un tratto resa consapevole che
l'incontro era ormai prossimo. Torno sulla Terra. Mi
farebbe tanto piacere incontrarti. Tornava, dopo
nove anni. E voleva rivederla. Gli avrebbe fatto
tanto piacere...così, esattamente così aveva
scritto. Sentì una stretta al cuore, le rammentava
la sua fallace attesa. Non provava risentimento, non
più. Dicono che chi sta tanto nello spazio sviluppi
frequentemente psicosi e subisca danni fisici di
ogni genere. Quando tornano, gli astronauti hanno
bisogno di lunghi periodi di permanenza in centri di
riabilitazione specializzati. Lui le era sempre
sembrato lo stesso di quando era partito. Ironico,
equilibrato, appassionato al suo lavoro. Non avevano
mai più parlato d'altro, non sapeva più nulla di
lui. Nove anni o novanta o novecento, non faceva più
alcuna differenza. In quella stazione smarrita nella
polvere, dove passeggeri frettolosi cambiavano
tragitto e vite senza scambiarsi uno sguardo, lei lo
avrebbe aspettato al binario. Poi lo avrebbe
guardato negli occhi, simulando un sapere superiore.
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