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Narrativa

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi in prosa inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
Nell'era del block inside di Elena Calamandrei, La croce di Rossana D'Angelo, Il castello di Rossana D'Angelo, 21 giugno 2011, solstizio d'estate (Pantheon) di Rosalba De Cesare, La prima neve di Geneve Dinu, Sarai sempre fiera di noi, Zoe! di Geneve Dinu, Macchina Lunga di Stefano Gecchele, La stilista imbranata di Giovanna Micelli, Il ritorno di Natalia Radice, L'ultima partita di Natalia Radice, Un incidente di Mattia Zandra

Poesia italiana

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Massimo Acciai, Francesco Bellini, Giovanna Casapollo, Geneve Dinu, Alessandra Ferrari, Emanuela Ferrari, Maria Lenti, Iuri Lombardi, Nicolò Maccapan, Antonio Nesci, Cristina Oprea, Natalia Radice, Paolo Ragni, Katia Rosanna Rossi, Anna Maria Folchini Stabile, Liliana Ugolini, Anna Maria Volpini

Poesia in lingua

Questa rubrica è aperta a chiunque voglia inviare testi poetici inediti, purché rispettino i più elementari principi morali e di decenza...
poesie di Lucia Dragotescu, Robert Serban

Recensioni

In questo numero:
- "In bianco e nero" di Maddalena Lonati, nota di Massimo Acciai
- "Poesie 1803" di Adam Oehlenschläger, a cura di Francesco Felici
- "Le catene del potere" di Tiziana Iaccarino, nota di Massimo Acciai
- "Supernext" l'antologica connetivista nel blog della Kipple Officina Libraria
- "Namasté" di Maria Antonietta Nardone, nota di Massimo Acciai
- "Paolo e il segreto delle nuvole" di Annalisa Margarino
- "Amore mio dolce" di Alda teodorani
- "La stortura della ragione" di Gian Piero Stefanoni, nota dell'autore
- "Io e te" di Niccolò Ammaniti, recensione di Emanuela Ferrari
- "Demon Hunter: l'arcangelo risolutore" di Riccardo Brumana, recensione di Sara Rota
- "Mercanti di organi" di Aldo Emilio Moretti, recensione di Sara Rota
- "Johnny Nuovo" di Mauro Evangelisti, recensione di Sara Rota
- "Mattatoio n. 5" di Kurt Vonnegut, Recensione a cura di Mauro Biancaniello
- "Occhi d'Oro" di Alda teodorani
- "Pazienti smarriti" di Maria Rosaria Pugliese, recensione di Lorenzo Spurio
- "New Yorker's Breaths" di Maurizio Alberto Molinari, recensione di Lorenzo Spurio
- "Pensieri senza pretese" di Christian Lezzi, recensione di Lorenzo Spurio
- "Jane Eyre, Una rilettura contemporanea" di Lorenzo Spurio
- "Il mare di spalle" di Antonio Sofia
- "Di esperanto in esperanto" di Giuseppe Macrì
- "Dalla vetrata incantata" di Sandra Carresi, Prefazione di Lorenzo Spurio
- "Etica oggi" di Michela Marzano, articolo di Damiano Mazzotti
- "Nebular" di Antonio Messina

Articoli

CicloInVersoRoMagna 2011: La poesia in bicicletta
di Enrico Pietrangeli
E' nata la rivista Fucinando
di Lorenzo Spurio
Un'agorà digitale che coinvolge: nasce "Io come"
di Alessandro Rizzo
Romeno, tedesco, italiano: Dieter Schlesak, l'"abitante del tra"
di Afrodita Carmen Cionchin

Letteratura per la Storia

Il mito della nobiltà inglese in letteratura 
di Lorenzo Spurio

Interviste

Intervista a Antonio Sofia
A cura di Massimo Acciai
Intervista a Lorenzo Spurio
A cura di Massimo Acciai
Intervista a Massimiliano Coccia
A cura di Alessandro Rizzo
Ossigeno: un romanzo diario di Christiano Cerasola
A cura di Alessandro Rizzo
Un'ode al lavoro: intervista a Federico Zazzara
A cura di Alessandro Rizzo

Romeno, tedesco, italiano: Dieter Schlesak, l'"abitante del tra"
 

Afrodita Carmen Cionchin

 

a casa posso essere solo qui -
in volo,
come se allora fossi stato nell'aria
e mi fossi fermato sospeso
fra le mie patrie sulla linea di confine,
nonostante tutti quegli spari
però, un uccello non sono.

Dieter Schlesak

A Dieter Schlesak - poeta, romanziere e saggista di lingua tedesca nato in Romania, a Sighisoara, dunque sassone di Transilvania, emigrato poi in Germania e da molti anni stabilitosi in Italia - ci si può accostare da diverse prospettive, che seguono e segnano il suo percorso allo stesso tempo umano e letterario-culturale.

Minoranza, esilio, diaspora

Una prima prospettiva è quella della letteratura in lingua tedesca quale letteratura delle minoranze etnico-linguistiche, prospettiva relativa al periodo in cui Schlesak viveva ancora in Romania dove, dopo aver condotto studi di germanistica, aveva svolto l'attività di redattore della rivista "Neue Literatur" - aspetto, questo, che illustra anche la particolare cultura da cui questo autore proviene, quella dei sassoni di Transilvania, di forte impronta mitteleuropea, in quanto austroungarica prima e romena dal 1918.
Una seconda prospettiva è quella della letteratura dell'esilio, con tutta la problematica che essa implica soprattutto sul piano dell'identità e della crisi dell'identità individuale (che opera con concetti quali "doppia identità", "identità in movimento" o "identità in rottura"). Questo piano entra in scena a partire dal 1969, quando Schlesak fugge in Germania per sottrarsi alla pesante cappa del regime comunista romeno: se "deutsch sein / essere tedesco" è difficile, ancor più difficile è essere un tedesco a Est. Al riguardo, il celebre scrittore triestino Claudio Magris, germanista e specialista della problematica mitteleuropea, così osservava nel 2007: "Credo di aver visto, venticinque anni fa, l'ultimo residuo di una reale presenza tedesca in Transilvania, girando per quelle turrite città da stampa medievale (Kronstadt-Brasov, Hermannstadt-Sibiu, Klausenburg-Cluj); i "sassoni" se ne stavano già andando, specialmente gli scrittori, abbandonavano quelle terre che per secoli erano state anche loro e in cui regnava Ceausescu. Ora sono quasi tutti in Germania". E a proposito del "deutsch sein / essere tedesco", Dieter Schlesak si considera un autore tedesco "di terzo grado", anche perché dopo la Romania e la Germania, vive oggi in Italia - senza trascurare che la difficoltà di essere tedesco riguarda anche il livello dell'espressione linguistica, con forti implicazioni sul piano psicologico.
Una terza prospettiva fa riferimento alla letteratura della diaspora - concetto che riguarda il periodo successivo alla Rivoluzione romena del 1989, che portò al crollo del regime comunista di Ceausescu -, nonché alla letteratura di frontiera, opera cioè di 'scrittori di frontiera', autori che, nella loro creazione, si muovono in realtà culturali adottive. Il concetto di "frontiera", peraltro, è legato a tutta una simbologia che implica la necessità e allo stesso tempo la difficoltà di attraversare le frontiere, non soltanto nazionali, politiche, sociali, ma anche psicologiche, culturali, religiose. Varrà la pena ricordare che, in occasione dell'edizione 2006 del Premio letterario internazionale "Trieste Scritture di Frontiera", dedicato a Umberto Saba, Dieter Schlesak ottenne il primo premio nella Sezione Scritture di Frontiera - Poesia.


Zwischenschaftler, lo scrittore del tra
La vita di Dieter Schlesak nell'ultimo quarantennio è fortemente contrassegnata dall'esperienza dell'esilio. Dalla prospettiva della cultura romena - e senza considerare ora la questione della ricezione della letteratura dell'esilio in Romania nonché della sua integrazione nella letteratura romena contemporanea - bisogna sottolineare che il cosiddetto "esilio" si riferisce alla comunità di persone originarie della Romania che, vivendo nel "mondo libero" dell'Occidente fra gli anni 1945/1948 e il 1989, hanno svolto un'attività pubblica politico-democratica, anticomunista, impegnata nella promozione dei veri valori del loro Paese di provenienza, a prescindere da come personalmente siano arrivati in Occidente e dal loro statuto di rifugiati politici o meno. La nozione di "esilio" si sovrappone dunque, nel nostro caso, a quella di "esilio militante"; in questo senso, l'impegno e la scrittura di Dieter Schlesak si possono dire esemplari. D'altronde, è stato a ragione evidenziato dalla critica e dallo scrittore stesso che la lingua e la cultura romena sono sempre state al centro della sua attenzione, avendo egli seguito con interesse costante gli sviluppi della scrittura romena ed il destino dei romeni, nell'ambito di un'instancabile attività intenta a far conoscere la letteratura e la cultura romena in particolar modo in Germania, ma anche in Italia.
In questo contesto risulta assai comprensibile l'autodefinizione identitaria dello scrittore quale Zwischenschaftler, cioè abitante del tra - romeno, tedesco, italiano e nessuno dei tre, in quanto egli non si identifica appieno né in un mondo né nell'altro. È questo il suo stato di "intermediarità" - die Zwischenschaft - che non significa solo non-appartenenza, non sentirsi mai e da nessuna parte a casa, non avere un'identità e non avere frontiere, ma anche, e forse soprattutto, il fatto che in questa non-appartenenza egli trova la sua identità, il suo modo di essere sempre all'interno della propria frontiera.

Mutamento intermediario
Davvero ci sono persone
Che vivono in intermediarietà
In nessuna terra da nessuna parte
E nulla all'orizzonte
e, comunque, sulla terra. […]
Non sei tedesco in Germania
Non sei italiano in Italia
Non sei romeno in Romania
In Germania sei italiano
In Italia un romeno
In Romania un tedesco.

La frontiera diviene così un "ponte" aperto al mondo, come la scrittura che la esprime, idea rintracciabile anche nel libro dedicato da Schlesak alla rivoluzione romena, Bandiere bucate. Viaggio dentro una rivoluzione, nella traduzione di Mario Pezzella, Moretti & Vitali editore, Bergamo 1997. Da qui si evincono la duplicità della frontiera, i suoi aspetti positivi e negativi, i confini aperti e chiusi, rigidi e flessibili, anacronistici e travolti, protettivi e distruttivi; frontiere visibili e invisibili, nella realtà esterna, ma anche all'interno di un individuo, frontiere che separano le zone recondite e inesplorate della personalità e che vanno anch'esse varcate, se si vogliono conoscere e accettare pure le componenti più problematiche e difficili dell'arcipelago che compone l'identità. Emblematico quanto osservava Claudio Magris nella Prefazione al possente libro di Schlesak intitolato Il farmacista di Auschwitz, Garzanti, Milano 2009: "Schlesak è un notevolissimo scrittore che ha vissuto le contraddizioni della sua identità di autore di lingua tedesca in Romania come un destino di frontiera. Non certo solo quella geopolitica della sua vicenda personale, bensì la frontiera esistenziale che nella storia contemporanea attraversa e divide così spesso non soltanto i territori, ma anche e soprattutto le persone, il loro cuore e la loro intelligenza, separando l'individuo dalla sua lingua, dal suo mondo interiore, da se stesso".
Per Dieter Schlesak, l'"intermediarità" - die Zwischenschaft - è arrivata a significare, col tempo, anche l'interdisciplinarietà, oggi così importante, che incorpora tutto - realtà e virtualità - nella rete della globalità. Questa chiave di lettura mette in risalto come il confine tra il vecchio mondo sensoriale e il nuovo mondo immateriale, tra la verità e l'illusione, sia spesso incerto, anche se il nostro compito è quello di cercare incessantemente di stabilirlo. Come Schlesak stesso ha confessato, tale tipo di discorso "interfrontaliero", tale anamnesi - che vede la patria dei ricordi e lo spazio più vasto dei significati e delle corrispondenze e mira all'Uno, al ritorno a casa ad un livello superiore - rappresenta il nucleo della sua opera, con riferimento proprio all'idea dell'"eterno ritorno", tant'è che proprio un brano delle Osservazioni sull'Antigone di Hölderlin viene scelto come motto del romanzo Zile acasa si arta disparitiei (Giorni a casa e l'arte della scomparsa), traduzione e postfazione di Victor Scoradet, Ed. Fondazione Culturale Romena, Bucarest 1995. "Tutti i miei libri sono infatti dei ritorni a casa", ha dichiarato Schlesak in un'intervista.

L'odissea della vita, la patria della lingua

Se la letteratura è per sua natura una frontiera ed una spedizione alla ricerca di nuove frontiere, un loro spostamento e una loro definizione, per Dieter Schlesak essa ha la possibilità di costruire dei ponti spirituali, metaforici, ponti dell'intermediarità, del dialogo con se stessi e con l'altro, del ritorno a casa, secondo quel modello di odissea tradizionale e classico, che va da Omero a Joyce: l'odissea come viaggio circolare, cammino dell'individuo che parte, attraversa il mondo per ritornare a Itaca, a casa, arricchito e certo cambiato dalle esperienze fatte nel corso del viaggio. Ne nasce così un'identità più profonda, profilata da frontiere né ossessivamente chiuse al mondo, né dissolte in uno stato di indistinzione e di confusione alienante. Come diceva Schlesak a proposito del libro Eine Transsylvanische Reise / Un viaggio transilvano (2004), è una sorta di "arte del ritorno", di "psicologia del ritorno", dato che il ritorno a casa può suscitare anche uno stato di shock o la sensazione di estraneità.
Una consapevolezza accompagna permanentemente vita e opera di Schlesak: die Heimat, la terra natia, la patria, rimane sempre la lingua. "Se non avessi avuto questa patria, sarei morto", afferma nell'intervista già citata. E, a proposito delle sue tre lingue, aggiunge: "L'italiano mi piace di più come lingua quotidiana, mentre il tedesco è la mia amante immortale ed anche il romeno è un amante, l'amante abbandonata" - tenendo conto che il romeno e il tedesco sono, date le vicende personali e storiche, anche lingue della colpa, della paura, degli interrogatori, degli ordini di esecuzione, per questo segnate da una relazione schizofrenica, mentre l'italiano è integro.
La lingua resta indissolubilmente legata alla scrittura come"catarsi", una rivisitazione di sé, della propria storia e dei ricordi, spesso dolorosi o conflittuali, ma pur sempre ricordi che costituiscono l'entità del proprio vissuto con il suo significato. Una finestra che si apre da un'altra angolazione sullo stesso scenario, come si evince anche dai seguenti versi:

Questo poema saggio
che scrivo, purifica.
Rifa i legami perduti
Sviluppa i negativi fotografici del subconscio.
Li trasforma in fotografie.
Pure. Per quanto possibile, li porta verso l'Uno.
Rifa i legami necessari. Vuole dare
il giusto valore
alla sua natura profonda, che cancella il passo
dei giorni di fuori.

La lingua resta infine indissolubilmente legata alla scrittura, intesa come modus vivendi: "La scrittura e i libri mi hanno aiutato a sopravvivere", sostiene Dieter Schlesak. È così che si compie il passaggio dalla "realtà" alla "metafora". Parole come emigrazione, spaesamento, senso di identità, radici, vengono quindi ad assumere valore di metafora esistenziale, con molte forme e variazioni. E le possibilità non sono ancora esaurite...

 
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