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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Recensioni
In questo numero:
- "Il fardello dei piccoli uomini" di Concetta
Angelina Di Lorenzo, nota di Massimo Acciai
- "Dalla vetrata incantata" di Sandra Carresi,
Prefazione all'opera, a cura di Lorenzo Spurio
- "Un incontro d'AmorE" di Antonio Capolongo
- "Giorni memorabili" di Michael Cunnigham,
recensione di Mauro Biancaniello
- "Terzo millennio: scoperta di Dio e del
Segreto della Creazione" di Ivana Mucciola,
recensione di Sara Rota
- "Le strane abitudini del caso" di Giuseppe
Pompameo, recensione di Lorenzo Spurio
- "L'uomo che sfuggiva la morte" di Massimo
Acciai, recensione di Patrizia Poli e Ida
Verrei
- "Totalitarismo, democrazia, etica pubblica.
Scritti di Filosofia morale, Filosofia
politica, Etica" di Federico Sollazzo
- "Origine e diffusione del vampirismo - Il
doppio volto della donna: angelo o demone?" di
Serena Bono, recensione di Lorenzo Spurio
- "Culla sull'oblio" di Luigi Trisolino
- "Amore incompiuto" di Debora Cappa
- "Ascolta la Ciociaria" di Libero De Libero,
in esperanto
- "Non credevo di trovarti su facebook" di
Stefano Pietri
- "Giorni" di Alessandra MR D'Agostino,
recensione di Mario Gardini
- "in sintesi" di Amanda Nebiolo
- "Julia" di Luisa Galano
- "Jane Eyre. Una rilettura contemporanea" di
Lorenzo Spurio
- "Il risveglio dell'anima" di Mariella
Siviglia, Recensione di Sara Rota
- "Appeso per i piedi all'orlo del mondo" di
Stefano Reggiani, Recensione di Sara Rota
- "The day is yours. Kenneth Branagh" di
Ilaria Mainardi
- "Introduzione al mondo. Notizie minime sopra
gli spacciatori di felicità" di Idolo
Hoxhvogli
- "Mezzogiorno dell'anima" di Enrico
Pietrangeli
Articoli
Interviste
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Immagino che ognuno di voi si sia
soffermato, almeno per una volta nella vita, a
riflettere su quanto a volte, lo scorrere del tempo
sia davvero relativo. Beh, che dire, me lo sono
chiesto anche io.
La risposta mi è arrivata in maniera molto più che
esplicita, il 20 Gennaio del 1998.
Mi trovavo sul volo Pisa Alghero, servito in quel
periodo da una piccola compagnia italiana. Il
velivolo era un ATR42: un bimotore turboelica che
viaggiava a circa cinquecento chilometri orari.
Il viaggio fu incredibilmente tranquillo, fino a
quando non arrivammo in prossimità di Alghero.
Notai che l'aereo roteava intorno all'aeroporto, ma
non scendeva di quota. La hostess intanto era andata
in coda, si era allacciata le cinture di sicurezza
ed aveva annunciato l'atterraggio ricordando ai
passeggeri di fare altrettanto.
L'aereo virò verso Sud, arrivando in prossimità
della pista via mare e non via terra come avveniva
di solito.
Si iniziò ad intravedere la pista; la potevo vedere
chiaramente dall'oblò alla mia sinistra. In un
attimo non era più parallela al velivolo, ma
stranamente inclinata di quarantacinque gradi, mi
sembrava quasi un enorme muro di bitume: l'aereo
veniva colpito e sobbalzato da raffiche di vento
fortissime.
Un rumore sordo di metallo attirò la mia attenzione
proprio in direzione del carrello. Non capivo bene
cosa stesse accadendo, ma costretto dalle cinture di
sicurezza mi sentivo impotente; l'aereo riprese
quota per poi riperderla molto rapidamente. Un
secondo rumore di ferraglia, assordante, mi levò
letteralmente il fiato. Tutto intorno a me, si
muoveva a rallentatore: potevo vedere chiaramente le
eliche che, toccando il terreno, si spaccavano in
decine di pezzi ed il carrello che volava via
completamente distrutto, come un filmato alla
moviola. Le persone erano in silenzio, i rumori di
metallo erano gli unici suoni che riuscivo a
sentire.
In netto contrasto al contesto, angosciosamente
lento, la mia mente elaborava migliaia di pensieri
alla velocità di un battito di ciglia: riuscivo a
pensare che se un frammento di elica avesse colpito
l'oblò io sarei andato all'altro mondo; pensavo a
tutti quelli che stavo per lasciare, a tutte le cose
non dette e non fatte, riuscì persino a girarmi
verso la coda dell'aereo per vedere se capitava
tutto come nel film alive. In un istante ero
riuscito a rivivere tutte le emozioni e i ricordi
della mia vita. Non avevo paura di morire, solo di
non vedere più le persone a cui volevo bene. Fuori
continuava la corsa dell'aereo senza carrelli in un
campo reso scivoloso dalle piogge dei giorni prima.
La carlinga si fermò a pochi metri da un boschetto,
appena in tempo per non colpire degli alberi.
Fortunatamente perdemmo benzina sul fango e non
sulla pista, dove con le scintille si sarebbe
sicuramente incendiata facendoci esplodere. Stento
ancora a crederci.
Presi il mio cellulare e lo accesi. Cercai di
chiamare qualcuno ma non ci riuscivo. Tutti
sull'aereo cercavano di scendere; Pensavo che in
quel momento sarebbe dilagato il panico invece le
persone scendevano ordinatamente cercando di farsi
forza l'un l'altro.
Non ricordo bene come ma ricordo perfettamente che
di punto in bianco ero sulla pista e mi dirigevo
verso la stazione. Un'ambulanza arrivò a sirene
spiegate; un paramedico mi sgridò perché secondo lui
sostare sulla pista era pericolosissimo. Gli risposi
male anche se non so cosa dissi esattamente.
Il triste episodio è durato poco più di trenta
secondi, ma per me, ve lo garantisco, sono durati
un'eternità.
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