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Narrativa
Poesia italiana
Poesia in lingua
Recensioni
In questo numero:
- "Il fardello dei piccoli uomini" di Concetta
Angelina Di Lorenzo, nota di Massimo Acciai
- "Dalla vetrata incantata" di Sandra Carresi,
Prefazione all'opera, a cura di Lorenzo Spurio
- "Un incontro d'AmorE" di Antonio Capolongo
- "Giorni memorabili" di Michael Cunnigham,
recensione di Mauro Biancaniello
- "Terzo millennio: scoperta di Dio e del
Segreto della Creazione" di Ivana Mucciola,
recensione di Sara Rota
- "Le strane abitudini del caso" di Giuseppe
Pompameo, recensione di Lorenzo Spurio
- "L'uomo che sfuggiva la morte" di Massimo
Acciai, recensione di Patrizia Poli e Ida
Verrei
- "Totalitarismo, democrazia, etica pubblica.
Scritti di Filosofia morale, Filosofia
politica, Etica" di Federico Sollazzo
- "Origine e diffusione del vampirismo - Il
doppio volto della donna: angelo o demone?" di
Serena Bono, recensione di Lorenzo Spurio
- "Culla sull'oblio" di Luigi Trisolino
- "Amore incompiuto" di Debora Cappa
- "Ascolta la Ciociaria" di Libero De Libero,
in esperanto
- "Non credevo di trovarti su facebook" di
Stefano Pietri
- "Giorni" di Alessandra MR D'Agostino,
recensione di Mario Gardini
- "in sintesi" di Amanda Nebiolo
- "Julia" di Luisa Galano
- "Jane Eyre. Una rilettura contemporanea" di
Lorenzo Spurio
- "Il risveglio dell'anima" di Mariella
Siviglia, Recensione di Sara Rota
- "Appeso per i piedi all'orlo del mondo" di
Stefano Reggiani, Recensione di Sara Rota
- "The day is yours. Kenneth Branagh" di
Ilaria Mainardi
- "Introduzione al mondo. Notizie minime sopra
gli spacciatori di felicità" di Idolo
Hoxhvogli
- "Mezzogiorno dell'anima" di Enrico
Pietrangeli
Articoli
Interviste
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L'uomo che sfuggiva alla morte
Corri cavallo, corri ti prego
fino a Samarcanda io ti guiderò
Roberto Vecchioni
L'uomo fuggiva. Era fuggito per tutta la vita ed
avrebbe continuato all'infinito a fuggire. Solo
fuggendo poteva rimanere vivo, per decenni, per
secoli, forse per sempre.
L'uomo poteva fuggire proprio perché sapeva dove non
doveva andare, e poteva saperlo grazie ad un dono
che altri avrebbero considerato una maledizione:
l'uomo poteva vedere nel futuro, poteva vedere la
sua morte. Se ad esempio vedeva che l'indomani
sarebbe stato investito da un'auto in una certa via
ad una certa ora, gli bastava semplicemente essere
altrove. Se vedeva la Nera Signora che lo attendeva
in una certa città sotto forma di un male
incurabile, lui evitava semplicemente di andare in
quella città. Perché la Nera Signora esisteva
veramente, eccome se esisteva! Lui poteva vederla,
con il suo mantello nero come una notte senza luna e
senza stelle, e la sua falce scintillante in mano,
smisurata, tanto grande da poter affettare l'intero
pianeta come un cocomero maturo. E l'uomo poteva
leggerle nella mente, per questo poteva conoscere i
piani nei suoi confronti, e mandarli all'aria. Era
sicuro che la Nera Signora non gliene voleva troppo;
in fondo lui non era che un singolo uomo a fronte di
miliardi di suoi simili che poteva tranquillamente
falciare come aveva sempre fatto, e poi sospettava
che fosse per lei un piacevole diversivo ad un
mestiere che - nel corso delle innumerevoli ere
geologiche - era diventato certamente monotono.
Ma non si faceva illusioni: la Nera Signora lo
inseguiva, stabilendo sempre nuovi appuntamenti a
cui lui fuggiva regolarmente. Grazie a quella
curiosa telepatia. Così fuggiva, attraverso i sogni
in cui sperimentava l'unica morte che avrebbe
conosciuto per un tempo indefinito. Una volta ad
esempio aveva visto la Nera Signora che con la falce
tagliava un cavo sospeso sopra la sua testa in un
cantiere in via Spaventa a Firenze, ed aveva
annullato il viaggio in Italia che aveva programmato
per la settimana successiva. Un'altra volta si era
visto morente in un letto d'ospedale a Praga, ed
ancora una volta aveva cancellato un altro luogo
dalle sue carte geografiche che si portava sempre
dietro in ogni spostamento e che occupavano ormai un
intero scaffale in ogni casa in cui andava a vivere.
La sua fuga richiedeva precisione e memoria per
mancare agli appuntamenti. Guai se un giorno avesse
dimenticato i suoi sogni, o avesse sofferto
d'insonnia! Era successo un paio di volte nella sua
lunghissima vita, e per tutto il giorno non aveva
fatto che guardarsi alle spalle, con l'inquietante
sensazione di essere seguito dappresso. Quando si
voltava non c'era nessuno, ma quel senso opprimente
non lo aveva abbandonato fino a sera, quando si era
di nuovo coricato. La notte lo aveva avvolto come
una coperta calda, sotto ad un cielo straniero.
Sempre straniero in ogni dove, dalle capanne
africane ai ghiacci nordici, dai grattacieli di
Tokio a quelli di Nuova York.
L'uomo aveva così attraversato il mondo e l'oceano
del tempo come un vascello solitario, vedendo l'Uomo
cambiare e rimanere sempre lo stesso, le generazioni
rinnovarsi ed i fiori mostrare gli stessi colori e
le stelle la stessa luce ammiccante. Era tutto un
enorme, smisurato déjà vu, e in quei momenti
comprendeva come mai - se esisteva qualcosa come la
reincarnazione - gli uomini dimenticavano le vite
precedenti.
Sapeva tuttavia che la sua non sarebbe stata una
vita eterna, perché nulla è davvero eterno, perché
anche il pianeta Terra ha il suo appuntamento con la
Nera Signora, sotto forma di una vampata di plasma
che le avrebbe lanciato contro il sole - tramutato
in gigante rossa - tra miliardi di anni, e che lo
stesso universo era destinato ad una lenta morte
termica o a un nuovo Big Bang con cui avrebbe
ricominciato. Anche se fosse riuscito a sopravvivere
a tutto questo, sarebbe stato solo in un cosmo in
cui ogni altra forma di vita sarebbe stata
distrutta.
Perché dunque andare avanti?
L'uomo si era posto la domanda innumerevoli volte, e
si era sempre dato la stessa risposta.
Ricordava un viaggio a Oslo, molto tempo prima, dove
aveva visitato il Parco di Vigeland. Là aveva visto
una scultura che lo aveva impressionato: un vecchio
canuto e cadente abbracciava con disperazione
l'albero della vita, riluttante a lasciarlo. C'era
un terrore cieco nel suo sguardo, ma anche
malinconia. Non c'era però rassegnazione. Nonostante
fosse arrivata la sua ora, cercava con tutte le sue
forze il contatto buono con la terra, con le radici
dell'esistere. L'uomo si era rispecchiato in quel
vecchio: così erano i suoi sentimenti verso la vita,
un amore e un attaccamento infinito, anche se poteva
evitare il fiato marcio della Nera Signora soltanto
allontanandosi di un passo da lei. E quella volta,
al parco, aveva pianto. Perché se anche poteva
fuggire la Nera Signora, di certo l'uomo non poteva
fuggire alla sua compagna e socia; la Vecchiaia.
L'uomo aveva ormai più o meno cinquecento anni e li
dimostrava tutti. Continuava ad invecchiare
indefinitivamente: da tempo ormai aveva assunto un
aspetto ripugnante, mostruoso, che mascherava con
astuzia per mostrarsi in pubblico.
Era una ben misera vita quella che conduceva, tutto
sommato, e talvolta fantasticava se non fosse poi
meglio farsi raggiungere e scoprire se al di là
c'era qualcosa e si stava meglio. Ma l'uomo aveva
una gran fortuna dalla sua: gli piaceva viaggiare,
poteva permetterselo ed aveva un insospettabile
animo infantile e giocherellone, quello stesso che
gli permetteva di fare ogni giorno un gioioso
"marameo" all'indirizzo della Nera Signora.
[leggi la recensione di
Patrizia Poli e Ida Verrei]
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