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Libri a fumetti
Cinema
In questo numero
presentiamo:
La grande bellezza
di Mario Gardini
Parto con mamma
di Mario Gardini
Insert coin
In questo numero:
Il divertimento, stavolta, è rimanere nell'ombra
"La sensazione di bruciore c'e'..."
Teatro
Miti mutanti 20
Un artista a
Coverciano 6
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Il cinismo in chiave tragicomica:
ai Filodrammatici di Milano l'ottimo "Luminescienz
(La setta)"
La linearità e la sobrietà della
scenografia e della gestualità degli attori
coinvolti sono gli ingredienti che tendono a rendere
quasi reale, palpabile, percepibile la tensione
narrativa che si legge e che si intravede sul
palcoscenico: quella che ci porta a individuare
l'inizio e la fine, tragica, ma mai definitiva,
della vita di una setta, Luminescienz. La regia, a
firma di Umberto Terruso, ha una tenuta artistica
tale da definirne una presenza che non invade ma,
bensì, convive con la storia, la sceneggiatura,
opera di Dario Merlini, che è anche uno dei
protagonisti principali, quel "profeta" che fonda il
nuovo gruppo fanatico religioso, che vuole portare
luce e felicità al martoriato genere umano. Dopo
essere caduto in un coma a causa di un incidente, il
"maestro" si vende come soggetto dai poteri
sovrannaturali, tanto da irretire la madre della
propria prossima bambina e un gruppo di seguaci che
saranno suoi fedeli. La non fine determina l'aspetto
più fondamentale della narrazione: il cinismo è
assenza di speranza per la debolezza e la perfida
mente umana, dividendo le persone in coloro che sono
vittime e coloro che sono carnefici, senza un
confine chiaro, ben delineato e, soprattutto,
cambiabile, mutabile. La vittima può diventare
carnefice e viceversa. Il pessimismo è forte e
incisivo, fuori da ogni lettura moralistica o finto
paternalistica: la dirompente franchezza e la
linearità della narrazione e, quindi, della
recitazione, portano a definire, anche tramite il
gioco magistrale delle luci, una metafora tangibile
della fallibilità dell'individuo, inserito in una
società post moderna priva di fiducia, totalmente
alienata a causa di una dimensione vorticosamente
precaria e disumanizzata. Umberto Terruso non ha
scuole accademiche o stili a cui rifarsi, dato un
suo stile e una sua poetica autonomi e sicuri, che
si traducono nell'abilità genuina della performance
dei suoi attori, abili a cambiare personaggio,
denotando una loro capacità interpretativa notevole
e matura. Matura è anche la penna di Dario Merlini,
data la coerenza e la complessità di una storia che
è stata tradotta nella sua portata estetica e
concettuale sul palcoscenico, attraverso una regia
dai tratti determinati e incontrovertibilmente
autonoma e tale da rompere gli indugi di un'oberante
e soffocante separazione pubblico/palcoscenico,
creando un coinvolgimento emotivo, quasi
intellettivo e visivo con lo spettatore, chiamato in
causa come colui che cerca salvezza nell'abbraccio
mortale e devastante degli amici della setta. La
santità promessa si impatta con la miseria umana in
un procedere che ci porta a leggere, sia nella
gestualità e nella capacità rappresentativa degli
attori, sia nella completezza della storia, le
instabili, quindi fallaci e caduche, capacità
mentali e critiche del soggetto, testimoniando
l'inaffidabilità dell'uomo e la sua impossibilità di
fuggire da chi utilizza il mistero e le promesse
come elementi di riscatto fasulli.
Come una ragnatela in cui il ragno avido, gli stessi
fedeli si rivolteranno contro il profeta, lasciando
solo a pochi, ostinati anche nel tramonto
dell'attività, la possibilità di trovare lucro da
un'iniziativa e attività che si basa sul "lavaggio
dei cervelli" e sulla manipolazione delle menti,
porta a non lasciare opportunità di fuga a chi cade
irrimediabilmente: non solo la setta, che sembra un
continuum circolare senza soluzione, irretisce e
imbonisce senza punto di ritorno, ma sono anche i
media, che giocano sulle disgrazie per fare
audience, così come i mercanti dell'arte, che amano
promuovere solamente per interessi venali opere
senza alcun valore, a essere soggetti che rapinano
la tua attenzione rendendoti debolmente vittima di
un percorso perverso. La rappresentazione spietata,
quanto realista, dell'umanità nelle sue dicotomie
esistenziali ci trova occupati, come spettatori, e
quasi calamitati, in una verità che si denuda, si
presenta spogliata da ogni fardello, fredda e
imperturbabile nella sua impermeabilità ad alcun
compromesso, chiamati noi stessi come spettatori ad
affrontare la situazione e a rielaborarla, senza
alcun tipo di idealità o di contaminazione
soggettiva: sta a noi uscire dal gioco e provvedere
a leggerlo sotto un'ottica più distaccata.
Importante è sapere quando si stia raggiungendo il
cosiddetto e inclemente punto di non ritorno. Gli
Oyes sono la compagnia che si è proposta con "Luminescienz"
al Teatro Filodrammatici in questi giorni di maggio,
facendo parlare i media e avendo un ottimo riscontro
di pubblico. Una nota particolare va agli attori:
Enrica Chiurazzi, nel ruolo della ragazza irretita,
interpretazione puntuale di una donna che avverte il
soffocamento di una condizione che lei stessa ha
silenziosamente accolto, da cui vorrà districarsi e
liberarsene; Francesco Meola, nelle sue capacità di
mutazione del personaggio impersonato, conferma una
tenuta e una maturazione recitativa, spesso tradotta
in un'altrettanto capacità mimica ed espressiva del
viso; Stefano Codella, dotato di una fluidità
comportamentale e di una dinamicità artistica che
rende credibili i vari soggetti interpretati; Andrea
Lapi, la cui abilità sta nel rendere ancora più
grottesco la maschera che il personaggio, l'attore
di successo, deve indossare ogni giorno per non
smentire le attese del pubblico; Dario Merlini, la
cui universalità artistica lo porta a essere autore
e interprete del perverso e inesauribile
protagonista, da lui stesso ideato. Un inno al
cinismo in chiave tragicomico, il cui registro che
si crea ci porta a rendere tale dato ed elemento
caratteristico più efficace e incisivo: linguaggio
di una comunicazione che, attraverso un ritmo
incalzante, invade e pervade con le note e deleterie
conseguenze che si potranno dal vivo assaporare.
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