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White Buffalo e lo spirito
dell'uomo rosso
Sfida a White Buffalo è il titolo
di un film del 1977 diretto da J. Lee Thompson e
tratto dal romanzo The white buffalo di Richard
Sale. Il protagonista, Bill Hickok (Charles Bronson),
è un noto pistolero giunto al crepusculo della sua
carriera e rimasto isolato a causa del suo passato
violento e criminoso. Da qualche tempo egli soffre
di incubi ricorrenti in cui si presenta sempre lo
stesso motivo : un enorme bisonte bianco irrompe dal
nulla, sfonda pareti di ghiaccio e carica il
sognatore. Hickok viene a sapere che un bisonte
bianco esiste veramente in una impervia zona
montagnosa e decide di intraprenderne la caccia,
accompagnato dall'unico amico rimastogli vicino, un
anziano guercio soprannominato " Un occhio ".
Durante il viaggio di avvicinamento, i due
incontrano un importante capo Lakota, Cavallo Pazzo,
il quale tuttavia preferisce inizialmente nascondere
la sua vera identità dietro al nome di " Verme
Sgusciante ". Egli è anch'essi a caccia dell'animale
reo di
avere ucciso la figlia. I tre si uniscono quindi per
questa caccia grossa, dimenticando per un momento i
loro bellicosi dissapori. Per lo spettatore risulta
quasi impossibile sottrarsi all'impressione che quel
bisonte sia di natura mitologica più che reale : il
rumore e le vibrazioni apocallittici provocati dai
suoi passi veloci, l'intensità del respiro, la
potenza delle urla ridondanti in tutta la valle...
Dal punto di vista razionale, un bisonte non
sopravviverebbe mai da solo sulle innevate cime dei
monti. L'animale suscita invece emozioni
straordinarie, un misto di spavento, rispetto,
potenza, numinosità... Uccidendo il bisonte, il
pistolero pensa di sconfiggere non solo
la causa dei suo incubi, ma anche di tutti i suoi
mali. Dal buon esito di questa caccia
particolarmente rischiosa e in qualche modo eroica,
egli sembra attendersi una vera e propria rinascita
interiore. Tuttavia, alla fine, preferendo regalare
la pelle dell'animale all'indiano che intende usarla
per
dare pace all'anima della figlia, perde l'amicizia
dell'anziano, maggiormente interessato al valore
commerciale della pelle. L'anziano, che avrebbe
voluto uccidere l'indiano a tradimento (dopo avere
fatto amicizia con lui!) e rubargli la pelle,
rappresenta qui la parte più " bianca ",
assoggettata all'economia, dell'autore. Per questo,
prima di congedarsi, egli rimprovera l'amico di
essersi convertito alla " religione rossa ". Hickok
sembra così volersi riscattare, ma Cavallo Pazzo non
intende dimenticare le nefandezze del suo passato ai
danni anche di membri pellerossa e pertanto dichiara
che, nonostante l'amicizia venutasi a creare tra i
due, le loro strade non dovraanno mai più
incrociarsi. Davanti al reale strapotere dei bianchi
" dai lunghi coltelli ", ribaditogli dallo stesso
Hickok, il capo indiano non intende piegarsi.
Preferirebbe piuttosto intonare il canto della
morte. I pellerossa sanno bene che dopo la morte
l'anima perdura e andrà a rafforzare il Grande
Spirito che
pervade la Natura nelle sue mille forme. Hickok però
è un bianco e non può contare su quel patrimonio
spirituale animico. Egli rimane quindi nella più
totale solitudine, come se dovesse in quel modo
pagare le colpe inerenti alle imprese sanguinarie
del proprio passato. Ma quella solitudine è quella
più generale dell'uomo moderno che ha distrutto ogni
rapporto con il sacro, che
devasta il pianeta, che sfrutta e umilia il
prossimo, che non intrattiene più nessun legame con
il proprio passato, con i propri morti, né con il
proprio futuro in quanto la sua vita si è
pericolosamente svuotata di ogni senso.
Il bisonte bianco simboleggia piuttosto bene
l'inconscio animistico che preme nella psiche del
protagonista e che in sogno irrompe, distruggendo le
sue difese di ghiaccio. L'animale mostra un potere
devastante, quello della estrema vitalità dell'anima
che vediamo all'opera sia nelle cosiddette "
catastrofe naturali " quali reazioni del pianeta
Gaia all'atteggiamento parassitario dell'uomo, sia
nella psicopatologia dove la depressione e il
deficit di natura (NDD) si accompagnano spesso ad un
meno noto " deficit d'anima ". Essere investito e
ucciso da lui avrebbe significato per il
protagonista una vera conversione all'animismo
pellerossa e quindi una vera rinascita. Lo stesso
verbo " investire ", nella lingua italiana viene
usato sia nel senso di investire o essere investito
da un corpo in movimento, quindi per descrivere un
azione distruttiva, sia nel senso dell'acquisizione
(investitura) di un potere.
Inoltre, presso la cultura pellerossa il bisonte
bianco, per la sua rarità, è simbolicamente
associato all'avvento di una nuova era per l'umanità
e quindi detiene una valenza messianica1. A mio
parere, l'autore, Richard Sale, deve essere stato
particolarmente sensibile al genocidio perpetrato
dagli americani ai danni dei nativi e, proiettandosi
in questa storia, ha messo in scena un conflitto
intrapsichico che è al contempo storico,
transgenerazionale e universale : quello tra la
coscienza moderna dominata dall'archetipo dell'Eroe
Tragico, improntata quindi al dominio sul mondo e
causa prima di molti problemi, e l'inconscio
animistico costantemente represso, ma che
corrisponde,
in altri termini, allo " spirito dell'uomo rosso "
che il capo indiano Seatle, in una famosa lettera
rivolta al presidente Franklin Pierce nel 1855,
descrive alla fine come vincente :
" In futuro lo spirito dell'uomo Rosso che con
venerazione e amore rispetta ogni forma di vita, si
impadronirà lentamente dei vostri figli e penetrerà
in quelli che non lo conoscono (..) i nostri padri e
noi stessi resteranno sempre attorno a voi
aspettando pazientemente di riuscire a impiantare
nella vostra natura distruttiva i semi d'amore della
vita."
Sull'eventuale valore profetico, così come
sull'autenticità di questa affermazione si è
discusso molto e si può discutere ancora2, ma quel
che posso dire da psicoanalista è che la riscoperta
in una persona della propria parte animistica
risulta sempre salutare, anche se non si compie mai
senza resistenze e difficoltà. L'affermazione del
capo Seatle sta a significare che la mentalità
dell'uomo moderno, così come la conosciamo oggi,
cioè razionalistica, egoica, prepotente e
distruttiva, lascerà il passo ad una psicologia di
tipo animistico, basata sulla percezione dell'unione
sacra tra Psiche e Natura. Questo potrà succedere
quando finalmente si riscoprirà che l'uomo può
essere vento, torrente, volpe, falco, albero... e
l'albero può essere uomo perché tutte le entità sono
unite nell'anima e condiviono un unico fine
simbiotico.
" Tutto è homo " esclama giustamente il simpatico e
commovente cacciatore siberiano Dersu Uzala nella
sua semplice e animistica saggezza3. Tutto vibra,
tutto ha un anima e l'uomo moderno, se intende
evitare la distruzione del pianeta e uscire dalla
sua solitudine interiore, deve recuperare in primis
questa facoltà percettiva. Da questa ritrovata
percezione della realtà potrà nascere una nuova
cultura, un " Nouvel Age " radicalmente diverso
dallo stato attuale, meno posseduto da Economia e
più ricco spiritualmente.
La storia di White Buffalo ha pertanto qualcosa di
visionario nell'autentico senso della parola. Non
solo descrive il conflitto in atto nell'uomo moderno
tra Testa e Cuore, ma sembra anche prevederne
l'esito: la sconfitta definitiva della parte
animistica dell'uomo. In altri termini l'uomo
moderno, senza avvedersene, sta uccidendo la propria
anima. Sappiamo però che una parte così
profondamente ancorata alle basi archetipiche
dell'essere non può venire definitivamente
distrutta. Anzi, in realtà l'animismo non è mai
sparito del tutto e ancora oggi sopravvive
inaspettatamente, per esempio in certi luoghi
sperduti tra i monti dell'Appennino4. Appare quindi
leggittimo legare il finale di questa storia ad un
livello più personale della psiche dell'autore. E
anche se la partecipazione dell'indiano
all'uccisione del bisonte potrebbe rimandare alla
occidentalizzazione e quindi alla scomparsa dei
pellerossa, la pelle dell'animale continua ad avere
un potere soprannaturale positivo destinato a dare
pace all'anima della figlia. Sappiamo dagli studi
antropologici che il rivestirsi della pelle di un
animale sacro è una pratica rituale molto diffusa
tra i popoli animisti di tutto il mondo. E' mediante
l'identificazione all'animale totemico che lo
sciamano ritrova le sue parti psichiche più profonde
e ripercorre l'asse che lo ricollega al Sé. La
scoperta dell'inconscio animistico implica una nuova
concezione della psiche e del Sé5, e aiuta a
capire molti fenomeni sociali e individuali come,
per esempio, certi sogni e fantasie rapportabili a
culture animistiche (tutt'altro che rari nei moderni
sono i sogni propriamente iniziatici e di vocazione
sciamanica), certe mode come quelle dei tatuaggi,
dei piercing, del ballo scatenato su sfondo di
musica techno o ancora come la formazione delle "
nuove tribù del web " (secondo la
felice espressione del sociologo Michel Maffesoli).
Questi fenomeni non presentano una chiara simbologia
archetipica, né appaiono rapportabili a esperienze
del passato personale. Sono certamente legati a
motivi archetipici di fondo, come qualunque fatto
psichico, ma la loro fonte più diretta di
ispirazione è l'inconscio animistico, un sistema
formato dalla sedimentazione di decine di migliaia
di anni di cultura animistica. L'animismo ha dato
luogo ad un tipo di addattamento al mondo che ha
raggiunto un alto grado di armonia e mantenuto un
basso grado di entropia. Oggi molti studiosi
sugggeriscono di ispirarci a questi modelli
antropologici per migliorare il rapporto dell'uomo
con l'ambiente, ma i veri cambiamenti devono
procedere dal di dentro, dalla forza del "bisonte
bianco ". Per questo la realizzazione dell'inconscio
animistico è di fondamentale importanza. Dal punto
di vista dell'approccio psicoanimistico, si può
asserire che, parimenti al paziente di origine
pellerossa dello psicoanalista e antropologo Georges
Devereux6, ospitiamo tutti
una " personalità etnica "dentro di noi, e che tutti
ci troviamo, oggi più che nel passato per via della
gravità delle problematiche ecologiche e
psicologiche che colpiscono l'uomo e la società
moderni, a vivere lo stesso conflitto del
protagonista di White Buffalo.
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