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Condizione femminile e sessualità nelle religioni di origine semitica
Articolo di Paolo D'Arpini

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Ricostruire la democrazia
Articolo di Antoine Fratini

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Articolo di Massimo Acciai
Intervista a Berlinghiero Buonarroti
a cura di Massimo Acciai
I progetti linguistici di Francesco Mengoni

 

Ricostruire la democrazia
 

Antoine Fratini


The bottom problem of today's Italian politics concerns the democracy. Resorting to a building metaphor I will try to demonstrate that this problem mine at the base the possibility to find true solutions at the political and social problems that are succeeded.

Parole chiavi: conflitto di interessi – democrazia – ostracismo – metafora edile – ipnosi - Silvio Berlusconi – Matteo Renzi

Il problema di fondo dell’odierna politica italiana verte sul concetto di democrazia. Come cercherò di dimostrare ricorrendo ad una metafora edile, questo problema, proprio perché fondamentale per qualunque nazione, non può non ripercuotersi in mille modi sulla società civile, minando alla base la possibilità stessa di trovare vere soluzioni ai problemi politici e sociali che si succedono.

Un potere mediatico personale senza precedente ha portato ripetutamente Silvio Berlusconi a rivestire una delle più alte e importanti cariche dello Stato italiano, quella di Presidente del Consiglio. L’impatto che il tubo catodico ha sugli telespettatori in generale, quindi anche sull'elettorato, non si discute e l'influenza di ben tre reti televisive nazionali rappresenta un vantaggio quasi disarmante per gli avversari politici. Come insegna il padre dell’ipnoterapia moderna M.E. Erickson, i metodi migliori per indurre stati mentali di trance in cui il soggetto è maggiormente predisposto ad accogliere pensieri altrui sono anche quelli più sottili. In effetti, oggi l’ipnoterapia usa quasi esclusivamente tecniche di suggestione indiretta, più efficaci per aggirare le frequenti resistenze dei pazienti. Per questo appare lecito affermare che la TV è una vera e propria scatola ipnotica in grado di plasmare la psicologia della gente. Essa sembra innocua perché, in quanto elettrodomestico, fornisce l’illusione della scelta dei programmi e quindi del dominio tecnico su di essa, ma in realtà insinua le proprie opinioni grazie ad una presenza costante, famigliare ed intimistica. Come se non bastasse, il cosiddetto “Lodo Alfano” approvato dal Parlamento nelle passate legislature garantisce al Presidente del Consiglio l’impunità penale, attribuendogli quindi un grande privilegio. Per intenderci, è come se un giocatore di ruolo acquistasse una specie di campo di forza che gli desse la magica facoltà di parare qualunque colpo sferzato dagli avversari. Un tale personaggio diverrebbe in breve tempo invincibile (oltre che antipatico) e la partita presto finirebbe, con grande frustrazione degli altri giocatori.

Uno dei principi cardini che risiede alla base del sistema democratico così come fu concepito in origine nella Grecia antica è l’ostracismo. “Niente di troppo” era il monito principale posto all’ingresso del tempio di Apollo a Delfi, anche se noi ricordiamo più volentieri il socratico “conosci te stesso”. Nell’Antichità non esisteva ancora quella netta separazione che noi conosciamo tra cultura e spiritualità, e persino il governo razionale della polis trovava ispirazione nella saggezza degli archetipi espressi nei miti. L’ostracismo può essere considerato a giusto titolo non soltanto un provvedimento punitivo, ma anche una misura preventiva volta ad impedire che un politico ottenga un potere tale da mettere in serio pericolo quel contratto fondamentale tra governanti e governati in cui consiste in pratica la democrazia. Tramite un procedimento di voto segreto operato da almeno 6000 cittadini, colui che si riteneva avesse acquistato troppo potere poteva essere destituito dai suoi incarichi amministrativi, bandito dalla città o addirittura condannato a morte. La drasticità di tali provvedimenti non deve trarre in inganno. Per funzionare il “governo del popolo” deve fare virtù di certe limitazioni.

Una maniera più moderna e accettabile di concepire l’ostracismo potrebbe per esempio consistere nel porre l’obbligo ai politici di sottoporsi continuamente a rigide procedure di controllo sul rispetto di alcuni dei criteri democratici più fondamentali. Come è noto, uno di questi afferma che chi detiene una forma di potere (per esempio quella mediatica) non possa essere investito da altre forme (per esempio quella politica). Tale dispositivo permetterebbe di controllare e, almeno in parte, di vanificare la volontà di potenza così radicata nella natura umana. Trattasi del noto e annoso problema del “conflitto di interessi”.

A livello economico il problema è stato affrontato piuttosto efficacemente attraverso il vaglio della cosiddetta “legge Antitrust”, la quale potrebbe sicuramente fare da modello per la politica in quanto detiene uno scopo affine: impedire che qualche scaltro imprenditore si impadronisca del Mercato e riesca a dettarvi le proprie regole. Il caso di Bill Gate, patron della Microsoft più volte processato e multato per avere violato questa legge, è emblematico in questo senso. Un dispositivo di questo tipo, che tenga conto dei pericolosi giochi legati agli intrecci di poteri e di interessi, manca alla politica italiana in misura maggiore rispetto agli altri grandi paesi democratici. La gravità della situazione politica italiana è evidenziata in particolare dall’accantonamento del problema relativo al conflitto di interessi. L’aspetto che lascia ancora più perplessi è che tale accantonamento è stato operato dalla stessa sinistra che ai tempi del governo Prodi appunto mancò colpevolmente l’occasione per affrontare la questione. Chi sostiene che il problema sia diventato ora di ordine secondario dopo il ridimensionamento politico di Berlusconi solitamente devia l’attenzione dei cittadini su altri temi ritenuti di volta in volta più importanti e urgenti, per esempio riguardanti l’andamento di una Economia che sembra essere diventata oggi una sorta di religione inconsapevole, o sul sentimento di insicurezza della gente. Queste operazioni sono a mio parere retoriche e pericolose.

La politica italiana è stata recentemente macchiata da altri fatti insoliti riconducibili alla smisurata quanto irragionevole fiducia accordata, almeno secondo i sondaggi, all'attuale Presidente del Consiglio Matteo Renzi. E' vero che dopo il crollo dei precedenti governi il popolo italiano, fortemente preoccupato per la situazione economica del paese a rischio di default, si trovava particolarmente predisposto ad accogliere un premier autoritario che desse l'impressione di potere « raddrizzare » la situazione. E' tuttavia significativo che il primo rappresentante di un partito politico, il Partito Democratico, che pone la parola « democrazia » in primo piano, mostri nei propri discorsi e comportament arroganza e autoritarismo. Sembra proprio che Renzi non abbia ben chiara nella mente la distinzione, pur enorme, esistente tra « governare » e « commandare ». Si potrebbe ritenere che egli si sia infine troppo identificato al desiderio di leader degli italiani, ma a questo proposito è bene ricordare che il suo atteggiamento fu lo stesso sin dall'inizio. Che dire per esempio del fatto che, pur di andare al governo, Renzi abbia richiamato in campo l'ormai destituito Berlusconi, pericolo per la democrazia, e realizzato un nuovo ed inaspettato impasto di governo con alcuni degli esponenti di Forza Italia ? Cosa dire ancora di un governante che a causa del proprio autoritarismo si mette contro buona parte degli esponenti del proprio partito e che nei confronti di costoro impiega il termine « rottamazione » come fossero automobili o elettrodomestici da buttare, che ribadisce continuamente di ascoltare tutti ma prosegue imperterrito sulla propria strada delle riforme approvate a colpi di fiducia e puntualmente osteggiate dalle categorie in oggetto (vedi per esempio le manifestazioni dei magistrati e degli insegnanti) ? Sembra proprio che Renzi scambi l' ”ascolto » con una mera performance dell'udito ! L'ascoltare rimanda invece ad una operazione ben più complessa che implica il coinvolgimento interiore e la capacità di accogliere i punti di vista altrui giugendo a nuove e costruttive sintesi dei pensieri espressi dalle parti. Dovessi proporre una analisi di tipo psicoanalitico direi che, paradossalmente, la capacità di dialogo e di ascolto era quasi maggiore in Berlusconi, probabilmente perché questi poteva avvalersi di un forte senso di sicurezza in parte mediato dal proprio potere economico e mediatico.

Quando si costruisce una casa, non si incomincia dal tetto, dalle finestre o dagli infissi, ma bensì dalle fondamenta. Se queste non sono realizzate secondo collaudati criteri, è l’intero edificio poi a risentirne. Le mura non vengono su diritte, l’acqua trafila e provoca crepe nelle fondamenta che mettono in pericolo l’intera costruzione. La democrazia è come una grande casa costruita sul terreno di una politica sempre in tensione, quindi per natura instabile e franoso. Se le sue fondamenta fanno acqua, la casa della democrazia non potrà aspirare ad una durata e ad una qualità tali da consentire un governo equilibrato e una evoluzione positiva della società. Questa metafora edile può anche illuminare il significato di molte azioni politiche dei governi che si sono susseguiti negli ultimi anni in Italia. La litigiosità tra governo e opposizione nel nostro paese non trova eguale in nessun altra democrazia avanzata. Le coalizioni che si formano, si sciolgono e riformano repentinamente così come i provvedimenti legislativi presi a colpi di fiducia rappresentano dei sintomi tipici di una condizione di democrazia perennemente traballante causata da una grave carenza di adeguate fondamenta. Questa considerazione è la prima sulla quale i cittadini italiani oggi dovrebbero riflettere. Purtroppo, è anche l’ultima della quale si dibatte ormai nelle tribune politiche e nei media in generale.

Una questione si pone, anzi, s’impone rispetto al futuro che si prospetta alla grande casa della democrazia in Italia: conviene proseguire nella solita strategia del tamponamento delle falle (conflitto di interessi, riforme non condivise, rimpasti di governo...) o non sarebbe meglio demolire l’edificio diroccante e ricostruirne uno nuovo partendo da fondamenta più sane?

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