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Spesso i creatori di utopie,
distopie o universi alieni hanno deciso di dare al
loro mondo una o più lingue proprie, ricavandola dal
passato, dal presente o inventandole di sana pianta.
Nella Los Angeles di Blade Runner abbiamo ad esempio
la parlata cityspeak, miscuglio di lingue diverse a
testimonianza del cosmopolitismo della città del
futuro. In alcuni casi non è solo un pretesto per
rendere più credibile e completa l'opera, ma il
linguaggio riveste un'importanza speciale come nelle
anti-utopie dei tre autori trattati da Manferlotti
nel suo saggio già ricordato nel primo capitolo;
Brave New World di A.Huxley, Nineteen Eighty-Four di
G.Orwell e A Clockwork Orange di A.Burgess.
Nel primo il Selvaggio, figlio di una ex-Beta
perdutasi nella riserva indiana e adottata dagli
indigeni, "utilizza come privilegiato strumento di
comunicazione ampi frammenti delle opere di
Shakespeare le quali, così riesumate, finiscono per
porsi come un'autentica lingua straniera in sé
conchiusa, vecchia e nuova ad un tempo che, una
volta penetrata nell'universo di Ford, mette in moto
un cozzare di idiomi ed attiva un processo
dialettico capace di scavare nel profondo di più
visioni del mondo fra loro inconciliabili."1. Questo
personaggio appartiene a realtà linguistiche diverse
tra loro: accanto al linguaggio shakespeariano, che
sceglie come linguaggio privato, conosce la lingua
del Mondo Nuovo e il dialetto zuni imparato dagli
indios. Eppure il Governatore Mondiale, Mustapha
Mond, "lo sovrasta (...) proprio sul terreno della
conoscenza dei classici."2
Orwell fa seguire il suo romanzo da una lunga
appendice, The Principles of Newspeak, sui principi
della "Neolingua" (peraltro già spiegati nel corso
della narrazione). In Oceania, il regno del Big
Brother, esistono due lingue ufficiali; la Oldspeak
o inglese standard (indicata anche come Archelingua)
e la suddetta Neolingua che si sostituirà, a partire
dal 2050, il vecchio inglese che conosciamo.
All'epoca del romanzo, il famigerato 1984, nessuno
la usa ancora come mezzo di comunicazione esclusivo.
Gli articoli di fondo dei quotidiani sono scritti in
neolingua, ma sono riservati agli specialisti.
Eppure esistono già dieci edizioni del dizionario di
Neolingua ed una undicesima in preparazione.
La neolingua nasce per le esigenze del Socing
(parola che in neolingua significa Socialismo
Inglese, la filosofia a cui si rifà il Partito) e
consiste in un "travestimento dell'inglese moderno
(...) del quale vengono esasperate regole o tendenze
già in atto; dal punto di vista della ortografia,
poi, la forma finale della scrittura in neolingua
non è molto più di un miscuglio di 'cablese' e
stenografia pura."3 Pare che Orwell fosse stato
influenzato da Alfred van Vogt; la neolingua infatti
"ricorda molto da vicino il General Semantic
dell'autore statunitense."4
Si tratta di una lingua semplificata ed estremamente
povera dal punto di vista lessicale. Lo scopo di
ogni nuova edizione del Dizionario non è infatti
quello di aggiungere nuove parole ma al contrario di
sopprimere quelle vecchie cancellando così, secondo
l'autore, il concetto stesso indicato dal termine
soppresso: "Era sottinteso come, una volta che la
Neolingua fosse stata definitivamente adottata, e l'Archelingua,
per contro, dimenticata, un pensiero eretico (e cioé
un pensiero in contrasto con i principi del Socing)
sarebbe stato letteralmente impensabile, per quanto
almeno il pensiero dipende dalle parole con cui è
suscettibile di essere espresso."5 Tuttavia coloro
che hanno studiato i principi del Newspeak (e qui
Manferlotti fa il nome di Brian Wicker) hanno
ritenuto impossibile ed ingenua una cosa del genere,
l'idea cioé "che le parole siano un mero
rivestimento del pensiero e nell'assunto per cui una
riduzione del patrimonio verbale in possesso del
parlante corrisponda meccanicamente una riduzione
delle sue funzioni speculativa."6 Anzi, ridurre la
gente a semplici automi costituisce una negazione
degli stessi principi del Socing (Ingsoc7
nell'originale). Questo ci sembra molto consolante.
Guardamagna invece è più pessimista al riguardo; per
la studiosa la possibilità di cambiare la realtà
attraveso il discorso è "tutt'altro che
fantascientifica"8 e il fine del Newspeak, prevenire
ogni "psicoreato" (il crimine di eterodossia)
attraverso "l'abolizione di ogni ambiguità e
sfumatura di significato (...) ridurre il discorso a
termini comunicazionali basici, a produrre frasi
predigerite e usabili a comando, indipendenti dal
pensiero"9 sembra facilmente raggiungibile.
Troviamo un esempio concreto di neolingua nelle
strisce di carta che giungono a Winston dal
Ministero degli affari interni con le rettifiche dei
quotidiani:
"times 17.3.84 bb speech malreported africa rectify
times 19.12.83 forecasts 3 yp 4th quarter 83
misprints verify current issue
times 14.2.84 miniplenty malquoted chocolate rectify"10
Baldini nella sua traduzione italiana rende così
questo brano:
"discorso times 17.3.84 malriprodotto africa rettif
previsioni times 19.12.83 quarto 4° refusi 83 verif
edizione corrente
times 14.2.84 malriportato cioccolato minabbon
rettif"11
Burgess fa parlare i teppisti di A Clockwork Orange
con un curioso slang giovanile noto come nadsat-talk,
di cui "il lettore non fa fatica ad impadronirsi
(...) anche perché si tratta di un sistema
linguistico ridotto all'osso che riproduce con
assoluta, spietata trasparenza, il limitato
orizzonte culturale dei personaggi che lo utilizzano
in maniera da farne una sorta di baby-talk. La
semantica (...) attacca quasi esclusivamente l'area
della referenzialità pura, limitandosi ad una
riscrittura massiccia dei sostantivi, parziale degli
aggettivi e limitatissima dei verbi, questi ultimi
sempre impiegati al modo indicativo."12 Il glossario
che si trova in appendice all'edizione americana è
quindi superfluo. Il senso delle parole in gergo
s'intuisce benissimo dal contesto.
Alex è in realtà padrone non solo del nadsat ma
anche dell'inglese standard e persino della lingua
colta. Il nadsat è compreso bene nelle classi
sociali più basse ma "a mano a mano che si sale, dal
cappellano del carcere ai medici che lo useranno
come cavia per la Ludovico's Technique, fino ai
ministri del governo, Alex dovrà confrontarsi con
linguaggi rarefatti, allusivi, vaghi, a loro modo 'sapienti',
ai quali corrisponde un esercizio della violenza
anch'esso ben più scientifico"13 E' interessante
notare anche che, quando si rifugia nella casa dello
scrittore Alexander, "a smascherare Alex non sia il
nadsat in sé (che pure insospettisce il suo ospite)
ma l'uso creativo, personale che ne fa il ragazzo,
infarcito di metafore e di preziosi arcaismi che gli
altri teppisti ignorano."14
C'è un vasto filone fantascientifico in cui per sua
natura si pone il problema linguistico: il viaggio
nel tempo. Il viaggiatore di turno si trova a
contatto con altre realtà linguistiche del passato o
del futuro, comunque diverse dalla sua. Se lo
spostamento è breve questa diversità è trascurabile,
ma in altri casi i salti temporali sono davvero
notevoli. Ad esempio in The Time Machine di
H.G.Wells, il precursore del genere15, l'anonimo
Viaggiatore del Tempo compie un salto nel futuro di
ben ottocentomila anni. Impara presto i rudimenti
del semplice linguaggio degli Eloi, decaduti quasi
al livello animale, e riesce a comunicare con loro
con qualche prevedibile difficoltà; cosa che manca
del tutto nell'ingenuo film di George Pal in cui il
protagonista e gli Eloi parlano da subito la stessa
lingua, l'inglese che, fatto davvero notevole, pare
si sia conservato immutato per ottocento secoli!
In questo romanzo siamo però sul limite della
comunicazione tra uomo e uomo, visto che gli Eloi
discendono sì dalla specie sapiens ma si sono ormai
distaccati da questa, o stanno per farlo. Il fatto
che una di loro, Weena, abbia un firt col
Viaggiatore ci lascia un po' perplessi nella nostra
classificazione.
Nei viaggi verso il passato il contrasto linguistico
può servire anche a fini umoristici. Nel già citato
racconto di Finney, "The Love Letter"16, il
protagonista sorride e si stupisce del modo in cui
si esprime la sua corrispondente del 1882.
Similmente nel film Back to the Future (Ritorno al
futuro, 1985) il protagonista tornato al 1955
suscita ilarità o perplessità per certe espressioni
degli anni ottanta. Il linguaggio ottocentesco di
Sherlock Holmes, trasportato nel 2096 insieme al
fido Watson per cercare gli alieni, non crea un
effetto meno stridente in "You See But You Do Not
Observe" (1995) di Robert Sawyer.
In Stargate (1994) non c'è un vero e proprio viaggio
nel tempo, tuttavia i protagonisti dei giorni nostri
vengono a contatto con una civiltà egizia rivisitata
in chiave aliena su un altro pianeta. Subito si pone
il problema linguistico, presto risolto
dall'egittologo della spedizione che non tarda a
decifrare l'antico dialetto egizio, evolutosi
autonomamente, una volta capito l'uso delle vocali.
In questo modo possono leggere i geroglifici con la
storia dell'invasione aliena sulla Terra,
conservatisi nonostante la proibizione della
scrittura da parte del conquistatore.
Curiosamente per quanto riguarda la lingua del
futuro gli autori non sfruttano molto le possibilità
del contrasto linguistico, preferendo magari
ricorrere ad espedienti più banali. Abbiamo qualche
espressione originale in Demolition Man (1993) come
'buona vita' e 'buoni auspici' al posto del solito 'buongiorno'.
La compagna poliziotta del protagonista si sforza
malamente di imitare i modi di dire di fine XX
secolo. In questa America del 2032 ogni termine
volgare è immediatamente registrato e multato, quale
violazione del Codice della Moralità, da appositi
apparecchi sparsi un po' dappertutto.
Pare che il linguaggio del futuro sarà più raffinato
rispetto al presente. Anche in Star Trek IV: The
Voyage Home (Rotta verso la Terra, 1986, quarto film
della saga creata da Gene Rodeberry) l'equipaggio
dell'Enterprise, tornato ai nostri giorni dal XXIII
secolo, si trova in difficoltà con certe espressioni
colloquiali del presente (con un irresistibile
effetto comico). Gli spaesati astronauti tentano di
adattarsi perché, come nota l'ammiraglio Kirk, "Qui
sanno parlare solo così. Nessuno ti presta
attenzione se non dici qualche parolaccia, basta
dare un'occhiata alla letteratura dell'epoca..."17
Inoltre Giovannoli sostiene la tesi secondo cui "le
fantascienze di questo periodo [anni Trenta e
Quaranta] presuppongono una fiducia illimitata nei
linguaggi formali"18, quelli cioè della logica e
della matematica. Nel suo ciclo della Fondazione
(1951-1993) Asimov elimina dai discorsi di alcuni
dei suoi personaggi, quelli che aderiscono alla
logica simbolica, "tutte le parole inutili che
rendono oscuro il linguaggio umano" percui un
inviato dell'Impero in cinque giorni di discussione
non dice assolutamente nulla. Di logica simbolica
parla anche Heinlein nel suo racconto "Methuselah's
Children", giungendo a conclusioni analoghe.
Quando i viaggiatori del tempo si organizzano in una
vera e propria casta, come avviene ad esempio in The
End of Eternity (1955) di Asimov, tecnici e
dirigenti provenienti dalle epoche più disparate,
gli Eterni, comunicano tra loro attraverso
l'Intertemporale Standard. Naturalmente tutta la
letteratura sottratta al corso naturale del tempo,
dopo i mutamenti operati per evitare gravi
turbamenti nella storia, è conservata su "librofilm"
nella lingua originale. In un altro racconto di
Asimov, "Profession", già ricordato a proposito
dell'istruzione del futuro18, i nastri della Lettura
servono tra l'altro ad assicurare un linguaggio
unificato per tutti. In "The Message" (1956), un
altro racconto dell'autore statunitense, il
viaggiatore del tempo di turno dal pacifico ma
noioso XXX secolo si ritrova in piena seconda guerra
mondiale: lascerà un misterioso messaggio inciso su
una baracca con una penna a fascio di luce che verrà
scoperto e ripetuto dai soldati. Ricordiamo anche "Living
Space" (1956): nel futuro l'umanità ha risolto i
problemi di sovrappopolazione costruendo
appartamenti in Terre alternative su cui non si è
sviluppata la vita, raggiungibili tramite una sorta
di congegno dimensionale. Il governo non ha però
fatto i conti con le Terre alternative abitate che
hanno a loro volta colonizzato alcuni dei pianeti
già occupati, finché un giorno scoprono la
rispettiva presenza. Il problema linguistico si
presenta quando i colonizzatori di una storia
alternativa in cui Hitler ha vinto la guerra, e che
hanno quindi imposto il tedesco ovunque (il
Planetisch, linguaggio standard planetario), viene a
contatto con l'inglese dell'altra storia
alternativa. Fatto molto strano; entrambe le lingue
non hanno subito molti mutamenti in più di duemila
anni.
Una situazione linguistica simile a quella del
romanzo di Asimov la ritroviamo in Return to
Tomorrow (1954) di Hubbard: qua il viaggio nel tempo
avviene attraverso il paradosso della Contrazione di
Lorentz-Fitzgerald19, da cui consegue che a mano a
mano che la velocità di un'astronave si avvicina a
quella della luce, il tempo si approssima allo zero.
Chi si imbarca per il Lungo Viaggio sa di tornare
sulla Terra di un'altra epoca: un anno su
un'astronave che viaggia quasi alla velocità della
luce equivale a molti decenni sulla Terra. In questo
costante sfasamento temporale viene in aiuto
l'Interlingua; attraverso dei dizionari gli
astronauti possono comunicare con la gente a terra
superando i naturali mutamenti della lingua
attraverso i secoli.
Se poi non esiste una lingua franca tra le epoche si
può sperare almeno di incontrare uno studioso del
XXX secolo di lingue antiche, come nel racconto
umoristico "The Businnes, As Usual" (1952) di Mack
Reynolds, salvo farsi truffare da quest'ultimo;
l'uomo in fondo resta sempre lo stesso da ogni
parte.
Abbiamo dunque visto che il problema della lingua
trova varie soluzioni nella letteratura di SF.
Proviamo a riassumerle con l'aiuto di un articolo di
Liven Dek, il quale cita ed integra una
classificazione precedente di Bernard Golden20. Per
qualcuna delle dieci categorie indicheremo un
esempio tra le opere consultate:
1. Nessuna indicazione. L'autore non si pone il
problema linguistico.
2. Dialoghi tra parlanti della stessa lingua, come
ad esempio tra discendenti di colonizzatori
terrestri. La situazione è presente nei vari cicli
narrativi di Asimov.
3. Apprendimento via radio. La lingua aliena viene
appresa ascoltando le trasmissioni radiofoniche. Ne
parleremo meglio nel capitolo dedicato agli alieni.
4. Traduttore automatico, ossia un apparecchio
piuttosto piccolo che consenta di tradurre il
discorso da una lingua all'altra. Ne abbiamo un
esempio in Battlefield Earth di L.Ron Hubbard.
5. Trattamento del cervello con droghe, pillole,
operazioni chirurgiche, radiazioni, eccetera. Forse
è un metodo più magico che scientifico.
6. Telepatia. Questo elimina del tutto il problema.
7. Lingua franca, come la sopracitata Interlingua di
Return to Tomorrow, oppure il Cityspeak di Blade
Runner.
8. Lingue etniche dominanti, come l'attuale
situazione sulla Terra.
9. Caos completo. "E' il caso presentato da Native
Tongue (1984) di Suzette Haden Elgin, dottoressa in
linguistica. Viene descritto un futuro in cui
l'umanità vive sotto il dominio di fatto di dinastie
di linguisti. Con un artificio che consiste nel
mettere tutti i loro figli, sin dalla nascita, o già
nell'incubatrice, a contatto con le lingue, i
linguisti riescono a impararne migliaia (!), e così
ad essere gli unici mediatori-padroni nei rapporti
politici e commerciali tra la Terra e le altre
civiltà del cosmo. La situazione della gente normale
non è descritta, ma da diverse allusioni è possibile
immaginare (...) un caos linguistico non solo simile
a quello conosciuto oggi sl nostro pianeta, ma
addirittura peggiore, aggravato dall'afflusso di
migliaia di nuove lingue di altri pianeti."21
10. Lingua pianificata. E' il caso dell'Esperanto il
quale, oltre ad esistere nella realtà (molti
classici della SF sono stati tradotti nella lingua
di Zamenhof - nata nel 1887 come lingua
internazionale - ed esiste persino un'ampia
letteratura fantascientifica originale), è presente
in molti autori e pellicole. Dek ci porta come
esempi film quali Babel (1988) e il cartone animato
giapponese Gingatetudo no yoru (La notte della
ferrovia galattica, 1985), un fumetto come Rowlf
(1979), ed opere di narrativa quali The Green Hills
of Earth (1947) di Robert A.Heinlein (1907-1988),
The Rituals of Infinity (1971) di Michael Moorcock e
persino Asimov in un suo racconto, "Homo sun". Tra
gli altri sostenitori dell'Esperanto va ricordato lo
stesso Jules Verne, il quale nel suo ultimo romanzo
incompiuto, Voyage d'études (pubblicato postumo a
cura del figlio nel 1914, ma rimaneggiato), dà un
ruolo importante alla lingua artificiale. In tutti
questi casi la lingua è diffusa e affermata e dà un
contributo all'unione degli abitanti della Terra. In
un altro caso rimane sconosciuta ai più e per questo
svolge il ruolo di lingua segreta dei cospiratori;
stiamo parlando del romanzo The Lifeship (1976) di
Harry Harrison (1925-vivente) e Gordon R.Dickson
(1923-vivente).
In questa decima categoria rientra anche il Newspeak
di Orwell. Non si faccia però confusione; tra questa
e l'Esperanto c'è la stessa differenza che esiste
tra distopia e utopia, tra una lingua nata per la
schiavitù ed una nata per la libertà e la
fratellanza.
_____________________________
1 Cfr. Manferlotti Stefano, Anti-utopia. Huxley,
Orwell, Burgess, Palermo, Sellerio, 1984, p. 87
2 Cfr. Manferlotti Stefano, op. cit., p. 90
3 Cfr. Manferlotti Stefano, op. cit., p. 100
4 Cfr. Giovannini Fabio e Minicangeli Marco, Storia
del romanzo di fantascienza, Roma, Castelvecchi,
1998, p. 210
5 Cfr. Orwell, Nineteen Eighty-Four, 1949 (1984,
Milano, Mondadori,1989), p. 315
6 Cfr. Manferlotti Stefano, op. cit., p. 101
7 In Manferlotti, p. 100, c'è un errore. Il nome
corretto del Partito è Ingsoc, contrazione in
neolingua di Socialismo Inglese,
e non Ingosc come riportato nella nota 36.
8 Cfr Guardamagna Daniela, Analisi dell'incubo.
L'utopia negativa da Swift alla fantascienza, Roma,
Bulzoni, 1980, p. 134
9 Cfr Guardamagna Daniela, op. cit., p. 135
10 Cfr. Manferlotti Stefano, op. cit., p. 102
11 Cfr. Orwell, op. cit., p. 42
12 Cfr. Manferlotti Stefano, op. cit., p. 111
13 Cfr. Manferlotti Stefano, op. cit., pp. 115-116
14 Cfr. Manferlotti Stefano, op. cit., pp. 119
15 Cfr. Giovannini Fabio e Minicangeli Marco, op.
cit., p. 94
17 Cfr. Mongini Giovanni e Claudia, op. cit., vol.
VII, p. 47
18 Cfr. Giovannoli, Renato, La scienza della
fantascienza, Milano, Editori Europei Associati,
1982, p. 116
20 Nota attraverso il "paradosso dei gemelli" di
Albert Einstein.
21 Cfr. Dek, Liven, "Esperanto, lingua fantastica",
in Cappa, Giulio (a cura di), La lingua fantastica,
Aosta, Keltia, 1994,
pp. 286-288
22 ibidem
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