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di Steven Spielberg. Con Tom Cruise

Sembra far parte del karma di H.G. Wells di ispirare film lontanissimi dai romanzi su cui detti film pretendono di basarsi. In altre parole, film tratti da "La macchina del tempo", "L'uomo invisibile" e "L'isola del dottor Moreau" - per citarne alcuni - si discostano in maniera considerevole dai relativi romanzi, e il recentissimo "La guerra dei mondi" (con la regia di Spielberg e l'interpretazione di Tom Cruise) non fa purtroppo eccezione.
Si sente dire spesso che il film è sempre inferiore al romanzo originale, va ormai da se, ed è normale che la sceneggiatura si discosti - per vari motivi - dallo svolgersi degli eventi descritti nel libro. Tradurre un romanzo in pellicola è un'operazione di riscrittura a tutti gli effetti, è inevitabile e forse non è neanche corretto fare un confronto tra libro e film, due linguaggi così lontani: ciò non toglie che la riscrittura possa essere un vero e proprio tradimento (tradurre = tradire, dicevano gli antichi) oppure un omaggio all'autore.
Il film di Spielberg è fracassone, pieno di luoghi comuni: troppe urla, troppo sangue, troppe persone che parlano contemporaneamente, troppi sentimentalismi strappalacrime (tipici del resto del filone catastrofico) e troppa propaganda neanche tanto velata a Scientology; non aggiunge nulla di valido all'opera di Wells ma lo carica di vicende e personaggi che non c'entrano nulla.
La bambina, figlia del protagonista, è odiosa: viene da sperare che venga massacrata il prima possibile degli alieni, cosa che purtroppo non avviene. Spielberg, in altri film misurato e sobrio, si abbandona in molti momenti del film a tali eccessi di distruzione e di frastuono da innestare nello spettatore un'euforia che lo porta quasi a fare il tifo per i tripodi alieni (marziani? Il pianeta rosso che fa capolino per un istante all'inizio del film sembra suggerirlo…), alieni che altrimenti non convincerebbero nessuno; ridicola l'ipotesi che siano stati sepolti nel sottosuolo per milioni di anni… il progetto d'invasione aliena più lungo e più illogico della storia della fantascienza. Da dove arrivano? Perché respirano impunemente l'atmosfera terrestre? Perché muoiono a causa dei batteri terrestri? Wells lo spiegava, con impareggiabile ironia: i marziani erano talmente avanzati, a causa della maggiore età (supposta dalla scienza dell'epoca) del pianeta rosso, che avevano da milioni di anni sconfitto ogni infezione e malattia e quindi semplicemente… non se l'aspettavano! (i loro telescopi, con cui avevano spiato l'umanità, non lo avevano chissà perché notato…). Una forma di vita umile e microscopica sventa la distruzione dell'Umanità: questo in Wells acquistava un preciso significato politico (non dimentichiamolo: nelle opere dello scrittore inglese è sempre presente la satira che rispecchia le sue idee socialiste), nel film di Spielberg c'è un moraleggiante accenno alla sapienza divina che Wells non avrebbe approvato.
Su tutta la pellicola aleggia quell'atmosfera apocalittica di autocompiacimento, fine a se stessa, che lascia l'amaro in bocca. Gli alieni sono cattivissimi ma neanche l'Uomo scherza: nelle situazioni più disperate tira fuori il peggio di se, comportandosi come un animale impazzito dal terrore. Se l'Umanità si salva è solo per una banale coincidenza, provvidenziale certo, ma tutt'altro che mistica né tanto meno meritata.
Chi andrà al cinema sperando in qualcosa di diverso da "La guerra dei mondi" di Byron Haskin del 1953, rimarrà deluso: stessa propaganda, anti-comunista allora e anti-islamica oggi, guerrafondaia sempre.
Il film si fa perdonare solo per gli effetti speciali, unico aspetto che non delude mai.

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