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Libri a fumetti
YOSSEL: 19 Aprile 1943 - Un
racconto della rivolta del ghetto di Varsavia
recensione di
Andrea Cantucci
Cinema
I teatri del "disagio"
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La guerra dei mondi
di Riccardo Lupo
di Steven Spielberg. Con Tom Cruise
Sembra far parte del karma di H.G. Wells di ispirare film
lontanissimi dai romanzi su cui detti film pretendono di
basarsi. In altre parole, film tratti da "La macchina del
tempo", "L'uomo invisibile" e "L'isola del dottor Moreau" - per
citarne alcuni - si discostano in maniera considerevole dai
relativi romanzi, e il recentissimo "La guerra dei mondi" (con
la regia di Spielberg e l'interpretazione di Tom Cruise) non fa
purtroppo eccezione.
Si sente dire spesso che il film è sempre inferiore al romanzo
originale, va ormai da se, ed è normale che la sceneggiatura si
discosti - per vari motivi - dallo svolgersi degli eventi
descritti nel libro. Tradurre un romanzo in pellicola è
un'operazione di riscrittura a tutti gli effetti, è inevitabile
e forse non è neanche corretto fare un confronto tra libro e
film, due linguaggi così lontani: ciò non toglie che la
riscrittura possa essere un vero e proprio tradimento (tradurre
= tradire, dicevano gli antichi) oppure un omaggio all'autore.
Il film di Spielberg è fracassone, pieno di luoghi comuni:
troppe urla, troppo sangue, troppe persone che parlano
contemporaneamente, troppi sentimentalismi strappalacrime
(tipici del resto del filone catastrofico) e troppa propaganda
neanche tanto velata a Scientology; non aggiunge nulla di valido
all'opera di Wells ma lo carica di vicende e personaggi che non
c'entrano nulla.
La bambina, figlia del protagonista, è odiosa: viene da sperare
che venga massacrata il prima possibile degli alieni, cosa che
purtroppo non avviene. Spielberg, in altri film misurato e
sobrio, si abbandona in molti momenti del film a tali eccessi di
distruzione e di frastuono da innestare nello spettatore
un'euforia che lo porta quasi a fare il tifo per i tripodi
alieni (marziani? Il pianeta rosso che fa capolino per un
istante all'inizio del film sembra suggerirlo…), alieni che
altrimenti non convincerebbero nessuno; ridicola l'ipotesi che
siano stati sepolti nel sottosuolo per milioni di anni… il
progetto d'invasione aliena più lungo e più illogico della
storia della fantascienza. Da dove arrivano? Perché respirano
impunemente l'atmosfera terrestre? Perché muoiono a causa dei
batteri terrestri? Wells lo spiegava, con impareggiabile ironia:
i marziani erano talmente avanzati, a causa della maggiore età
(supposta dalla scienza dell'epoca) del pianeta rosso, che
avevano da milioni di anni sconfitto ogni infezione e malattia e
quindi semplicemente… non se l'aspettavano! (i loro telescopi,
con cui avevano spiato l'umanità, non lo avevano chissà perché
notato…). Una forma di vita umile e microscopica sventa la
distruzione dell'Umanità: questo in Wells acquistava un preciso
significato politico (non dimentichiamolo: nelle opere dello
scrittore inglese è sempre presente la satira che rispecchia le
sue idee socialiste), nel film di Spielberg c'è un moraleggiante
accenno alla sapienza divina che Wells non avrebbe approvato.
Su tutta la pellicola aleggia quell'atmosfera apocalittica di
autocompiacimento, fine a se stessa, che lascia l'amaro in
bocca. Gli alieni sono cattivissimi ma neanche l'Uomo scherza:
nelle situazioni più disperate tira fuori il peggio di se,
comportandosi come un animale impazzito dal terrore. Se
l'Umanità si salva è solo per una banale coincidenza,
provvidenziale certo, ma tutt'altro che mistica né tanto meno
meritata.
Chi andrà al cinema sperando in qualcosa di diverso da "La
guerra dei mondi" di Byron Haskin del 1953, rimarrà deluso:
stessa propaganda, anti-comunista allora e anti-islamica oggi,
guerrafondaia sempre.
Il film si fa perdonare solo per gli effetti speciali, unico
aspetto che non delude mai. |
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