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Elena e il pappagallo:
un nuovo lungometraggio del cinema indipendente e underground
 

Intervista a cura di Alessandro Rizzo


Luciano Sartirana è un regista sceneggiatore che, alla fine di un suo corso di Scrittura creativa, decide di scrivere con le proprie allieve la sceneggiatura per un lungometraggio indipendente. La domanda nasce spontanea e apre un dibattito con risvolti abbastanza deludenti per l'Italia nel suo complesso: quale è la condizione attuale del cinema di qualità nostrano? Luciano risponde con una vena di speranza e una capacità di forte analisi economica:"Le leggi in Italia sono limitanti l'attività del cineasta indipendente. Di fatto, ci sono benefici previsti solo per le grandi lobby della produzione filmica, le grandi case e i registi che fanno soldi perché puntano sul commerciale più che su un disegno di qualità del film". "Ma - aggiunge - in chiave europea è possibile trovare qualche via di uscita, perché in Europa la produzione cinematografica investe maggiormente su prodotti di sostanza e di qualità artistica". Il male italiano è storico: "In Italia - prosegue Sartirana - da anni si susseguono registi senza pensiero. Negli ultimi anni, certamente e fortunatamente, si sono assommate figure con maggiore contenuto da proporre al pubblico, ma sono state sottoposte a un'operazione di emarginazione da parte delle grandi sale di distribuzione cinematografica; ottimi film come "Respiro" o "Fame chimica" si sono visti per poco tempo". Una speranza esiste nell'ambito del cinema underground. Luciano parla di iniziative che, con azionariato diffuso e popolare si stanno cimentando in filmati e documentari di denuncia sociale e di messaggi di alto livello culturale e civile: un tentativo di fare cinema dal basso, coinvolgendo la base e con pochi mezzi di investimento economico. Ma veniamo a "Elena e il pappagallo" il lungometraggio di nuova produzione di Luciano.


Quale è la sinossi del film?

I protagonisti sono Maurizio Bertinotti, un immobiliarista 55enne frustrato dalla sua attività commerciale, padre di una giovane studentessa new global; e un pittore spagnolo, Francisco Goméz de la Vega, sfrattato dal medesimo e diventato suo amico. Si innamorano di una donna, Elena appunto, una veterinaria. Nel frattempo una giovane ambiziosa contessa è diseredata dal nonno, ma il microchip con i dati di un conto corrente astronomico è nascosto in un pappagallo. Il volatile, per circostanze casuali, giunge in casa del pittore spagnolo…

La storia è paradossale ma verosimile, che prospetta aspetti futuri e prossimi molto intricati e intriganti dal punto di vista soprattutto sociologico e antropologico: quali messaggi hai voluto esprimere tramite il film?

Una riflessione sul mondo del lavoro, fatto di freneticità, competizione, alienazione. Il problema delle relazioni interpersonali, il problema della casa, dell'incapacità a realizzare il proprio futuro, l'arrivismo. Tutto ciò attraverso la frustrazione del protagonista: l'immobiliarista, un tempo entusiasta della propria occupazione, alla fine, però, è indignato dalla filosofia commerciale della propria nuova dirigenza, che intima ai dipendenti di sfrattare i vari inquilini.

E' la tua prima esperienza cinematografica?

E' la prima esperienza in prima persona, nella qualità di regista. In passato ho scritto sceneggiature per altri registi: oggi ho voluto attraversare anche questa esperienza artistica.

Dalla sinossi da te presentata e dalla filosofia comunicativa e artistica di fondo, si direbbe un buon inizio: quali sono i prossimi lavori in cantiere?

Un pièce teatrale, e altri film. Vorrei anche realizzare un documentario sul tema dell'automobile. Ma si vedrà: i progetti sono molti, tutto è ancora da decidere.

E' prospettata un'uscita pubblica del lungometraggio?

Si vedrà. Come dicevo, la distribuzione è in mano a un monopolio-oligopolio di potentati economici. Vedo molto dura una distribuzione in sala, più probabile su dvd. Oppure, mettendo molta creatività anche nella promozione, cercando i propri spettatori a uno a uno tramite percorsi alternativi, a cominciare dal web.

Sempre pensando a prodotti che facciano pensare e ragionare?

Esattamente. "Elena e il pappagallo" è cinema underground perché realizzato con bassi costi di produzione, anche se con una buona tecnologia. Ho investito molto sul capitale umano. Detto in altro modo: se non hai denaro da offrire, cerchi di coinvolgere attori e collaboratori grazie alla bontà del progetto, le idee, un contenuto di natura sociale forte. Cercheremo di fare conoscere l'opera anche fuori dei confini nazionali.

In Italia, comunque, vi sono appuntamenti artistici che sono vetrine di proposta di film e opere cinematografiche di qualità notevole. Penso, addirittura, anche alla Biennale di Venezia.

E' vero. Alla Biennale - ma anche nel Festival principale - esistono molte sezioni riguardanti il campo cinematografico indipendente, con un buon seguito di pubblico. Ci sono anche i Festival di Milano, Torino, Bergamo, Bellaria. Ma, ripeto, in Italia esiste una legislazione altamente limitante ogni tentativo di proporre filmati di qualità artistica e dal contenuto sociologico. Penso ci possa essere uno spiraglio con le televisioni satellitari e il digitale terrestre: in qualche modo dovranno pure riempire i palinsesti con film di altra natura dai soliti, altrimenti che senso ha avere molti più canali, ma tutti uguali?

Come puoi definire lo stile letterario che hai seguito per proporre e costruire "Elena e il pappagallo"?

Mi ha aiutato molto la riflessione di un classico non del cinema, ma della nostra letteratura contemporanea, Italo Calvino. In "Lezioni americane" il grande prosatore indica come oggi, per parlare di contenuti alti e a dare messaggi di analisi sociale profonda, è necessario trovare un linguaggio veloce quanto efficace, anche grazie alla comicità e al paradosso. In "Elena e il Pappagallo" ho cercato di comunicare - appunto - con semplicità, rapidità, leggerezza; cercando di farlo su relazioni e situazioni sociali complesse, anche fuori dalle aspettative estetiche dello spettatore. Per fare un esempio: non sono un amante del montaggio ultraveloce; mi piace invece scrivere dialoghi divertenti, ironici, ma in grado di unire il quotidiano con il suo contesto sociale e politico. Concludo rimandando semplicemente al nostro sito: www.elenaeilpappagallo.it 

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