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Libri a fumetti

L'ALBERO DELLA VITA: Una ricerca oltre i confini del tempo
Recensione di Andrea Cantucci

Cinema

L'etica del cinema
a cura di Giovanna Salerno

Pittura

Intervista ad Valentina Minutoli
a cura di Massimo Acciai

Danza

Quando la coreografia diventa arte eclettica: Ezio Schiavulli
di Alessandro Rizzo

Mostre

Dagli altopiani a Caporetto
di Maddalena Lonati
Ori dei cavalieri delle steppe
di Maddalena Lonati
L'Art Nouveau: Lalique
di Maddalena Lonati

Fumetti in corso

Strisce di Andrea Cantucci

Tavole natalizie

Provaci ancora Mr Red!
Striscie di Josè Monti

Ori dei cavalieri delle steppe
 

articolo di Maddalena Lonati


Nel suggestivo contesto del Palazzo del Buonconsiglio, a Trento, è in corso una mostra che riunisce un tesoro composto da ben quattrocento oggetti provenienti dai maggiori musei dell'Ucraina: armi sontuose, finimenti da parata per i cavalli, sfarzosi gioielli, brattee, servizi cerimoniali. I popoli guerrieri, Cimirri, Sciti, Sarmati, Goti, Avari e Unni, dal primo millennio avanti Cristo sino al Medioevo, dall'Asia sino all'Europa orientale hanno dominato le popolazioni stanziali dedite all'agricoltura. Popoli nomadi che non hanno lasciato testi scritti, la loro storia e la loro cultura è ricostruita anche grazie ai preziosi manufatti d'oro rinvenuti nelle tombe dei principi cavalieri. L'unico simbolo stabile nella loro instancabile mobilità sono infatti i Kurgan, i tumuli funerari che resero eterna la memoria dei defunti di alto rango. I grandi tumuli regali, contraddistinti da complessi schemi planimetrici e ricchi di innumerevoli elementi di corredo, rispecchiano l'altissimo status dell'individuo sepolto e sono parzialmente ricostruiti nella mostra per permettere al visitatore di addentrarsi in queste inusuali costruzioni.
Il percorso espositivo, estremamente articolato, si apre con un rarissimo modello di carro in terracotta, una Kibitka, a rappresentare la tipica casa mobile nomadica. A seguire una Yurta, una grande tenda di feltro e legno completa di un variopinto arredo e di oggetti simbolici e rituali. Immersi nell'atmosfera delle steppe ed accompagnati da numerose citazioni di Erodoto, si prosegue alla scoperta di uno degli aspetti fondamentali dell'arte nomade, quello animalistico. La rappresentazione di animali ricorre infatti di continuo, regalandoci splendide immagini tridimensionali di fieri leoni rampanti, immaginifici grifoni dagli artigli vigorosi e dalle ali spiegate, cervi disposti in composizioni geometriche, eleganti cavalli, ieratiche sfingi. Il comune denominatore dell'arte animalistica, così diffusa fra gli antichi nomadi, è la rappresentazione stilizzata del bestiario, e l'adattamento delle forme zoomorfe a quelle dell'oggetto decorato in una perfetta armonia. I motivi ricorrenti diedero vita a schemi metaforicamente aperti, come gli animali arrotolati su se stessi, richiamo alla ciclicità della transumanza o al tempo eternamente rinnovato, o ad ambiguità semantiche, come il palco del cervo che si trasforma in ramificazioni che divengono teste di rapaci. Uno spettacolare esempio di arte animalistica è costituito da una coppa rituale in oro, del V secolo avanti Cristo, decorata con sei teste di cavallo di straordinario realismo. La continua rappresentazione di animali trova però la sua motivazione anche nell'intento di trasferire la forza e le caratteristiche delle fiere al guerriero. Grazie ad una trasposizione di natura magica, la forza, la velocità e la ferocia del grifone vengono assorbite dall'uomo, così come la rapidità del felino, la robustezza degli artigli dell'aquila, la potenza delle fauci spalancate del leone.
Le numerosissime pietre semipreziose che invasero lo spazio geografico eurasiatico a partire dalla media epoca sarmatica grazie al baratto determinarono lo stile policromo, in cui i colori delle pietre erano sapientemente associati all'oro in creazioni artistiche di grande prestigio. Si susseguono vari esempi di questi variopinti monili dall'estrema modernità.
Oggetti sciamanici destano la curiosità del visitatore, come il coronamento del palo che si situava al centro della tenda e attorno al quale veniva teso il feltro della Yurta. Questo particolare reperto bronzeo, denso di significati sacrali, ha la forma di un albero con il tronco centrale sormontato da una figura maschile nuda sovrastata da un'aquila. I quattro rami laterali terminano con rapaci dai cui becchi pendono catene fitte di campanelle, cerchi e mezze lune.
Una mostra affascinante, che mette a confronto due culture profondamente diverse, quella dei nomadi e quella dei popoli sedentari, in un percorso ricco di suggestivi stimoli.

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