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Narrativa
Questa rubrica è aperta a
chiunque voglia inviare testi in prosa inediti,
purché rispettino i più elementari principi
morali e di decenza...
Frontiere di Massimo Acciai,
Noia di
Giuseppe Costantino Budetta,
Professione Euro
di Elisabetta Giancontieri,
Diario di
Vagabonda di Tiziana Iaccarino,
La Fata dai
capelli biondi di Cesare Lorefice e Luana
Milan, Follia di Alessandro Pellino,
I
viaggiatori d'Europa di Paolo Ragni,
Viaggio
in Inferno di Peter Robertson,
Starnazzatori
di Stefano Carlo Vecoli,
Trenta ottobre di
Anna Maria Volpini
Poesia italiana
Poesia in lingua
Questa rubrica è aperta a chiunque voglia
inviare testi poetici inediti, in lingua diversa
dall'italiano, purché rispettino i più
elementari principi morali e di decenza...
poesie di Rossana D'Angelo,
Lucia Dragotescu,
Manuela Leahu,
Anna Maria Volpini
Recensioni
In questo numero:
- "Vita di Ungaretti" di Walter Mauro, nota di
Enrico Pietrangeli
- "Di chi è la luna?" di Massimo Acciai
- "Un barlume di speranza" di Tiziana
Iaccarino, nota di Massimo Acciai
- "Gli spettri del Quarto Riech" di Marco
Dolcetta, nota di Enrico Pietrangeli
- "Image this. Io e mio fratello John Lennon"
di Julia Baird
- "L'Occhio del Potere" di Stefano Peverati
- "Tra inferno e paradiso" di Cristina
Soranzio
- "Phönix" di Stefano Lanciotti
- "Ho gettato dio nella pattumiera" di Bruno
Previstali
- "La mummiona e altre storie" di Nicoletta
Santini, nota di Massimo Acciai
- "Animali & animali" di Cristina Buzzi
- "Chiedo i cerchi" di Valeria Serofilli
- "Puttanate magistrali" di Marco Porta
- "Triade" di Luca Vicari
- "Europa" di Massimo Semerano e Menotti
- "Malinconico Leprechaun" di Patrizio Pacioni
, recensione di Simonetta De Bartolo
- "Le stanze del cielo" di Paolo Ruffilli,
recensione di Roberto Mosi
- "Ritorno al mondo perduto" di Edward D.
Malone, nota di Enrico Pietrangeli
- "Dizionario etimologico"
- "Dizionario mitologia classica"
- Gli almanacchi meneghini della libreria
Milanese
Interviste
Incontri nel giardino
autunnale
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Intervista a Patrizio Pacioni
In questi ultimi tempi si
sente parlare sempre più insistentemente di un certo
commissario Leonardo Cardona, detto il "Leone di
Monteselva". Ho azzardato, così, un'intervista
nientedimenoche a colui che gli ha dato vita: lo
scrittore Patrizio Pacioni. Per chi ancora non mi
conoscesse, il mio punto di vista è che per
conoscere lo stile e il "messaggio" di uno scrittore
ci sono i suoi libri: in questo senso dico da sempre
che è meglio leggerne uno dall'incipit alla parola
"fine" che sorbirsi centinaia di recensioni. Il fine
che mi prefiggo io, invece, è quello di conoscere (e
far conoscere) meglio alcuni aspetti del lavoro e
della personalità degli autori che incontro.
Ho da sempre avuto l'impressione che ogni tua
idea sia come il tappo di una bottiglia di spumante
che vola via, lo scocco di una freccia, un tiro al
bersaglio. Sappiamo l'età, ma… come e quando nasce
il commissario Leonardo Cardona? Nel "caos"? In modo
estemporaneo?
Nella vita di uno scrittore prima o poi,
inevitabilmente, capita che uno dei suoi personaggi,
ideato in origine per ricoprire un ruolo secondario
in una storia nella quale sono altri gli interpreti
principali, chieda con forza di ricevere maggiore
attenzione da parte dell'autore. È precisamente
questo il caso del commissario Leonardo Cardona che,
nel canovaccio originale di "Seconda B" (il romanzo
che uscirà a breve in libreria per le stampe di
Edizioni di Latta), avrebbe dovuto interpretare una
figura piuttosto di contorno. Col progredire della
narrazione, invece, ha finito per imporsi come
protagonista assoluto.
Scusa, Patrizio, ma mi sembra di avere capito che
tu hai appena parlato di "Seconda B" come se
rappresentasse la nascita di Cardona, ma a quanto mi
risulta "Essemmesse" è uscito due anni fa e
pochissimi giorni fa, per le stampe di Sampognaro &
Pupi, è arrivato "Malinconico Leprechaun".
Hai capito bene. "Seconda B" è un romanzo di grande
respiro, una complessa tragedia corale che coinvolge
decine e decine di personaggi. Ho cominciato a
lavorarlo all'inizio del 2005 e ho scritto la parola
fine nell'estate dello scorso anno. "Essemmesse" e
"Malinconico Leprechaun", invece, rappresentano
qualcosa di molto diverso: sono sostanzialmente due
appetitosi "spin-off" che, attraverso storie
essenziali e molto "veloci", oltre allo scopo di
divertire (Essemmesse) o commuovere e far riflettere
il lettore (Malinconico Leprechaun), hanno quello di
introdurre alcune caratteristiche personali e
professionali di un personaggio come il "Leone" che,
mi auguro, è solo all'inizio di un lungo sentiero.
Ecco, proprio in Essemmesse un uomo viene
assassinato nei locali della biblioteca a Monteselva,
dopo il ritrovamento "di un antichissimo libro di
magia e sortilegi". Mi ricorda Ninna nanna
(Mondatori, 2003) di Chuck Palahniuk, in cui Carl
Streator, giornalista, indaga sulla "sindrome di
morte improvvisa" e va alla ricerca dei testi che
contengono una nenia africana che faceva morire
dolcemente i bimbi destinati a morte sicura. In uno
dei tuoi racconti diffusi in Rete, Monete d'oro e
fiocchi d'avena, fanno capolino i folletti del bosco
nella moderna Irlanda. Ancora un mix di modernità,
mistero e folklore. Perché, secondo te, il folklore
ha radici più profonde al Sud e tra le classi
subalterne?
Consentimi di non condividere del tutto questo tuo
punto di vista. A mio avviso la magia esercita il
proprio fascino, pressoché inalterato nei secoli,
sia a nord che a sud, sia pure in modo diverso.
In meridione l'approccio col "magico" e col
"misterioso" è principalmente proteso a interpretare
il complesso rapporto tra uomo ed entità di altri
piani d'esistenza, primo tra tutti quello dei
defunti. Pensa alla frenesia dei tarantolati, al
sudore e al sangue che segnano le processioni in
Sicilia e Campania, così mirabilmente descritte
nella letteratura del primo '900, costituendo una
specie di anello di congiunzione tra il magico e il
religioso.
Al settentrione invece è maggiormente legato alla
natura, all'intrico misterioso delle foreste: la
presenza delle fate e dei folletti, degli elfi e
delle ninfe, rende ancora più suggestivi gli scenari
costituiti dai grandi boschi e conferisce ulteriore
mistero alle nebbie e alle brume che invadono le
pianure e nascondono i monti.
Vampiri, demoni, streghe, spiriti, folletti,
timor sacro, leggende, tradizioni, superstizioni
hanno lasciato, come i miti greci, tracce nel
sociale. Secondo te, come mai?
La dimensione "ultraterrena", per le persone più
semplici, può a volte rivelarsi troppo distante dal
vissuto quotidiano, in un certo senso troppo
"astratta". Nasce così l'esigenza di domiciliare il
soprannaturale (sia nelle sue manifestazioni più
semplici che in quelle più complesse) in anditi
della geografia e della mente in qualche modo più
accessibili. Gli Dei greci abitano in cima
all'Olimpo, lontani sì, ma al tempo stesso
raggiungibili. I folletti e le fate, come abbiamo
detto prima, popolano il folto dei boschi e le
fonti, il Vampiro dorme in una bara colma di terra
sconsacrata, dietro alle mura di un castello, alte
ma comunque valicabili, a volere sprecare un po' di
fatica. Sono lì, abbastanza lontani da non farci
paura (non più di tanto, perlomeno), ma al tempo
stesso abbastanza vicini da poterne almeno intuire
la presenza arcana.
Gli sms, "protagonisti" dell'omonimo romanzo e
del racconto Monete d'oro e fiocchi d'avena, con cui
hai partecipato al concorso L'Irlanda nel cuore, e
il romanzo breve di prossima uscita, Malinconico
Leprechaun, quasi un livre de poche, sono certamente
mezzi di comunicazione più economici rispetto ad
altri. E' una tua scelta per rispondere alla moderna
esigenza di comodità e velocità?
Credo che quella dei cosiddetti messaggini sia una
delle innovazioni che più hanno contribuito a
trasformare il modo di esprimersi -dunque di vivere-
delle nuove generazioni, e non solo di queste.
Lasciando da parte il pur non trascurabile aspetto
della rivoluzionaria accelerazione delle
comunicazioni, e delle conseguenti implicazioni
socio-culturali del fenomeno, mi sembra che, dal mio
punto di vista (cioè quello di uno scrittore), il
vero nodo sia un altro. Mi riferisco al limite dei
160 caratteri, oltre il quale scatta la terribile
penalità della "seconda pagina" con conseguente
raddoppio della tariffa; uno spauracchio che ha
costretto gli utenti a ingegnarsi in un'estrema
opera di "risparmio" di caratteri nella costruzione
delle parole, con ingegnose abbreviazioni e sempre
nuovi accorgimenti (frequentemente di origine
algebrica, come la x in luogo di "per", l'uso di
segni grafici come il + e il - in luogo delle
equivalenti parole etc. etc.) accelerando un
processo, probabilmente già in corso, di estrema
sintesi comunicativa. Esprimere un concetto
ricorrendo al minor uso di vocaboli possibile è
diventato, più che una facoltà, un obbligo. E, a
lungo andare, questo non potrà non avere incisivi
riflessi anche sul modo di esprimersi di noi
"professionisti della narrazione". Con "Malinconico
Leprechaun", mi sembra, si dimostra -ad abundantiam-
come non sia necessario un volume alto quattro dita
per intraprendere nell'animo umano viaggi anche
molto profondi e suggestivi.
Di solito mi trovo a chiedere agli autori che
intervisto se siano favorevoli o contrari ai corsi
di scrittura. Per te, invece, che diversi corsi di
scrittura creativa già li hai tenuti, la domanda è
la seguente: scrittori si nasce o si diventa? È
fondamentale avere talento?
Il talento è una premessa necessaria per avere la
possibilità di raggiungere l'eccellenza, ma da solo
non basta. Va educato, raffinato, finalizzato, e ciò
richiede applicazione e tempo, dunque fatica. È vero
però anche il contrario: in mancanza di una
predisposizione naturale non saranno sufficienti
tutti i corsi di scrittura del mondo per trasformare
un onesto lavorante della penna (o di word) in un
autore da Nobel per la letteratura o in una macchina
da bestseller.
Un consiglio da Maestro di scrittura e un altro
da… Maestro di scacchi? (ndr: Patrizio Pacioni ha
coltivato per molti anni il gioco, raggiungendo la
non disprezzabile categoria di Candidato Maestro).
Sia l'uno che l'altro, nel momento in cui si
apprestano a entrare in azione devono aver presente
la situazione da cui stanno prendendo le mosse e
l'obbiettivo che intendono raggiungere. Nell'uno e
nell'altro caso poi, probabilmente, gli avvenimenti
non si svolgeranno del tutto secondo quanto
programmato: c'è sempre una mossa non prevista da
parte dell'avversario, c'è sempre una svolta
narrativa che viene a sconvolgere il canovaccio
iniziale. Ma se la bussola funziona e l'ago indica
chiaramente il nord, allora il cammino non potrà che
essere spedito e condurre alla giusta meta. O almeno
a una delle tante "giuste mete" raggiungibili nel
mondo della fantasia e della creatività.
Consideri lo stile, cioè "Le Impronte" (per usare
il nome della compagnia teatrale che hai fondato)
digitali di uno scrittore, un tallone di Achille o
un punto forza?
La compagnia teatrale in cui mi diverto a fare il
guitto per prima cosa non è solo puro divertimento,
ma costituisce anche un'ottima disciplina personale
che, oltretutto, in sede di presentazioni,
conferenze o eventi vari, mi consente di affrontare
il pubblico senza alcuna apprensione. In secondo
luogo si tratta di un'esperienza che mi avvicina
ancora di più al teatro, anche e soprattutto come
autore; potrei dire che ho cominciato a scrivere
copioni per gioco, ma da tempo il gioco comincia a
evolvere in una autentica passione. Un'altra che si
aggiunge alle numerose altre che già nutro, ebbene
sì. Per ultimo, credo che per un autore dare
personalmente volto e voce a un personaggio, che
egli stesso ha creato, rappresenti davvero un'enorme
gratificazione. Quanto a ciò che per uno scrittore
rappresenti il proprio stile, mi sento di
risponderti che, trattandosi di qualcosa che lo
qualifica, differenziandolo da tutti gli altri,
rendendolo unico per il proprio lettore…
Arrivato a questo punto puoi concludere la mia frase
da sola, non ti sembra?
Titoli come La donna che visse due volte e L'uomo
che sapeva troppo, due dei più noti film di Alfred
Hitchcock, hanno già in sé un assaggio di intrigo,
suspense e mistero. Quanto influisce, a tuo
giudizio, a livello psicologico, di prim'acchito, il
titolo di un libro?
Il titolo di un romanzo è come l'ingresso di una
casa: ci si deve passare per forza per arrivare al
salone, e, attraversandolo, lascia comunque addosso
all'ospite un certo imprinting che influenzerà poi
il giudizio sull'intero appartamento. Ti sei mai
chiesta quanto successo avrebbe avuto "Via col
vento" se l'autrice avesse scelto come titolo un pur
non menzognero: "La storia di Rossella"? O se per il
film "Titanic" uno sprovveduto produttore avesse
optato per "Un naufragio nell'Oceano"?
Cosa speri che le interessanti tavole
illustrative di Fabio Follia, in Essemmesse,
suscitino nel lettore?
Qualora ancora tu non lo sapessi, ti informo che le
matite di Fabio mi faranno compagnia anche su
"Malinconico Leprechaun". Anche in questa occasione
si tratterà di 8 tavole in b/n che fisseranno in
immagine alcuni dei momenti più significativi della
storia. L'idea di collocarle in questi primi due "spin-off"
destinati a presentare al pubblico il mio amico
Cardona è derivata da suggestioni legate al periodo
della mia personale "scoperta della lettura"… quindi
a diversi anni fa…
Prima il Pinocchio illustrato, che mi fu regalato
per la Prima Comunione, poi le tavole del Dorè che
impreziosivano la peraltro spartana Divina Commedia
sulla quale aveva spremuto i sudori di studente
liceale mio padre, ancora dopo una splendida
edizione della Storia d'Italia scritta da Giusti:
ricordo che, non appena mi era possibile, mi
intrufolavo nello studio del mio anziano zio per
trafugare dalla sua biblioteca ora l'uno ora l'altro
dei voluminosi libroni rilegati in rosso. Ricordo
ancora con piacere e con un pizzico di malinconia le
sensazioni forti che suscitavano in me quelle
magiche tavole a colori, con la retorica ma
suggestiva estetica popolare e al tempo stesso
marziale propria del ventennio fascista. Poi,
qualche anno più tardi, con la scoperta della
letteratura d'avventura, venne il momento dei
romanzi di Salgari, con le immagini dei thugs, delle
belve della giungla, delle navi dei pirati, e di
quelli dedicati ai grandi detectives, spesso
accompagnati da disegni in bianco e nero che li
raffiguravano, puntualmente, impegnati ad affrontare
le situazioni più scabrose. E, subito dopo, rimasi
affascinato da quei disegni splendidi che, chiusi
all'interno di un cerchio, ma protesi direttamente
verso il mio cuore e la mia anima, mi richiamavano
irresistibilmente verso i gialli Mondatori divorati
e collezionati dai miei fratelli.
E' importante, sicuramente, anche nel giallo,
come nei generi affini, tener conto degli effetti
psicologici sul lettore. Secondo te, nel giallo, è
più facile o più difficile?
A ben vedere un'opera letteraria non è altro che un
silenzioso dialogo a distanza tra chi la scrive e
coloro che la leggono: è dunque inevitabile che
qualsiasi storia susciti nell'anima di chi l'ascolta
o la legge reazioni di ogni tipo, di cui il
narratore non può non tenere conto. Questo significa
che, al di là dei "generi", che pure rivestono una
certa importanza, l'unica distinzione che io ritengo
valida nel mondo della letteratura è quella tra
buoni romanzi e romanzi mediocri. Quanto al giallo,
così come per ogni libro d'avventura o comunque di
"movimento", una storia che riesca ad appassionare
realmente il lettore facilita il "passaggio" di
emozioni e concetti anche non strettamente
funzionali alla trama. Io la chiamo la dottrina
dello zuccherino, attingendo a un ricordo della mia
infanzia: per farmi inghiottire il vaccino antipolio
mio zio medico metteva una goccia di medicina
(amarissima) su una zolletta dolce.
"Linea diretta con il crimine e il mistero": così
è stato definito nel lancio pubblicitario della
scorsa estate, l'originale e interessante
blog. Sei tu, Maestro, che dirigi ancora una
volta l'orchestra? Il tuo programma di partenza? Il
tuo obbiettivo? E, considerata anche l'esperienza
del tuo
sito personale che si è trasformato ormai da
anni in un vero e-magazine, cosa rappresenta la Rete
per te?
Potrei dirti che, una certa sera, Cardona si è
presentato a casa mia dicendomi più o meno così:
"Caro Pacioni, siamo nel terzo millennio e tutti
hanno un blog. Tutti tranne me, però: le sembra
giusto?". E, siccome il commissario era accompagnato
dall'agente Gaetano Gargiulo, un colosso di quasi
due metri con due spalle larghe così e la faccia non
precisamente da cherubino, non me la sono sentito di
rispondere picche. Scherzi a parte, l'idea alla base
del blog di Cardona è stata fin dal primo momento
quella di trasformare i fans del commissario in
attivi attori e animatori della oscura città di
Monteselva, alla cui costruzione possono contribuire
inventandone gli abitanti e facendo loro vivere
nuove avventure. Quanto a www.patriziopacioni.it
direi che hai perfettamente centrato il problema:
l'aspetto promozionale del sito si è ormai ridotto a
componente marginale, ma, tutto sommato (checché ne
possa pensare il mio editore), a me non dispiace
affatto: attraverso il continuo contatto con i miei
visitatori ho la possibilità di tastare il polso sia
ai lettori che già mi conoscono che, cosa ancora più
importante, a quelli potenziali, dai quali ricevo
precise indicazioni (a saperle leggere) sia sul
gradimento del mio attuale percorso artistico sia su
ciò che ci si aspetta da me per il futuro. Tutto
questo per dirti che l'utilizzo della Rete, per me
come ormai per chiunque voglia vivere e muoversi in
un mondo al tempo stesso sempre più complesso e
sempre più "piccolo", non è utile. È indispensabile.
Il giallista e il commissario Cardona vanno
d'accordo quando si tratta di prendere in
considerazione i delitti veri, quelli messi in prima
pagina dalla cronaca, come Cogne, Garlasco, Perugia…?
In effetti distinguere tra la realtà della cronaca e
la finzione narrativa sta diventando sempre più
arduo, e si tratta di una difficoltà a doppio senso
di marcia, purtroppo. Da una parte il lettore,
colpito da avvenimenti effettivamente verificatisi,
non riesce più ad apprezzare le suggestioni di un
romanzo. Dall'altra c'è gente che, bombardata dalle
notizie di "nera", continuamente rilanciate e
amplificate dai media, sembra a volte confondere la
fiction con la vita realmente vissuta. Allora
l'assassino da criminale si trasforma in divo. Il
delitto da azione esecrabile in una scorciatoia
seppur distorta per arrivare alla notorietà se non
addirittura alla fama.
Qualcosa di ancora più grave si può purtroppo
verificare allorché chi è chiamato a svolgere o a
dirigere le indagini, magari sotto l'esagerata
pressione di un'opinione pubblica in cerca di
rassicurazioni e di certezze, ceda alla tentazione
di fermarsi all'approdo più veloce e agevole o
magari, allorché ci sia un indiziato malvisto,
magari sgradevole, a quello più gradito dalla
"gente" e dalla "stampa". Tesi ipotizzate e
perseguite con cieca convinzione prima ancora di
essere provate, alle quali ci si aggrappa (in un
eccesso comprensibile ma non scusabile di
autodifesa) anche quando l'evidenza dei fatti le
dimostri manifestamente infondate. Di tutto ciò
abbiamo purtroppo avuto di recente inequivocabile
esemplificazione nel caso terribile di due minori
scomparsi e poi ritrovati cadaveri.
Non dimentichiamoci che, se è vero che dietro a ogni
delitto c'è sia una vittima che è stata privata del
bene più prezioso (cioè la vita) sia la sofferenza
delle persone che questo individuo amavano e ne
soffrono la perdita, è altrettanto incontestabile
che nell'altra "metà campo" esistono degli accusati
che hanno diritto a difendersi fino a quando non
sopraggiunge la sentenza definitiva e anche oltre, e
che comunque meritano quel rispetto dovuto a ogni
essere umano, anche al più spregevole.
Hai scritto diversi romanzi. Soddisfatto della
critica? Per quale romanzo ti piace essere citato?
Perché?
Pur essendo pacifico che ciascuno di noi vorrebbe
scrivere il "libro perfetto", un'opera che soddisfi
i gusti di tutti, di ogni sesso, età, razza e
religione, in ogni latitudine e longitudine, che
siano nobili "critici" o umili "lettori", è
altrettanto certo che un simile risultato non sarà
mai raggiungibile da nessun autore al mondo.
Premesso questo, non ho difficoltà a confessarti
che, per quanto mi riguarda, quando scrivo presto
molto più attenzione al lettore che non al critico.
È il lettore che acquista i miei libri, alleggerendo
il proprio portafoglio nella speranza di ricevere
qualcosa in cambio, non il critico, chiunque esso
sia. Quanto alla tua domanda per uno scrittore i
libri "so' piezz'e core", direbbe Gargiulo, proprio
come i figli. Quindi, ammesso e non concesso che ce
ne sia uno prediletto... un genitore non dovrebbe
mai rivelare quale sia.
Torniamo al tuo "vizietto" del teatro. Anzi, per
il momento della recitazione nei ristoranti. Sto
parlando della tua piece Il pollastro si mangia con
le mani. Autore, regista e attore nel ruolo, che è
ormai tuo, dell'inflessibile commissario Leonardo
Cardona (detto, non a caso, il "Leone"). È difficile
immaginare per chi non era presente come si può
svolgere, in un ristorante, durante la cena, una
simile rappresentazione. Mi rendo conto che ogni
novità comporta sempre un rischio, ma so anche che
il tuo motto è "chi non risica non rosica", dico
bene?
Il fenomeno del connubio tra gastronomia e intrigo
poliziesco è nato e si è sviluppato inizialmente al
nord. Si tratta, per dirla in due parole, di un
evento che associa un buon pasto al ristorante con
la rappresentazione drammatica di un'indagine tesa a
smascherare l'autore di un omicidio. Regola
essenziale è di tenere distinti e separati i momenti
conviviali e quelli dedicati invece allo spettacolo.
In certi casi, inoltre, i partecipanti alla cena,
riuniti per tavolo, vengono chiamati a misurarsi
essi stessi con l'indagine in corso, cercando di
individuare a loro volta assassino, arma del delitto
e movente alla base del crimine. Quanto ai rischi,
hai ragione tu: ogni innovazione ne comporta
qualcuno, ma rinunciare ad affrontarlo equivarrebbe
-in buona sostanza- a negarsi al progresso.
Se per il Romanticismo poesia è esternare i
propri sentimenti con immediatezza, per Patrizio
Pacioni scrivere è…
Scrivere è leggere dentro agli altri e dentro me
stesso. Poi elaborare singolarmente le risultanze
dell'una e dell'altra lettura. Poi mischiarle
insieme, cercando di sintetizzare da caratteri
comuni quelli di personaggi di fantasia.
Scrivere è tenere alla corda quel demone che mi
abita nell'anima, il quale, se non lo esorcizzassi
attraverso la creatività letteraria, probabilmente
pretenderebbe di vivere, personalmente e
completamente, quelle emozioni con le quali lo
alimento e lo placo da ormai così tanto tempo.
Scrivere è comunicare a chi legge le mie opere il
mondo infinito che mi sento dentro e soddisfare in
questo modo l'eterna curiosità di verificare come
vengano interpretati dall'esterno le mie fantasie e
(a volte) i miei deliri.
Scrivere è la necessità di affrontare e gestire
quella specie di dipendenza che mi spinge a vivere
un rapporto molto intimo con la tastiera del mio pc
o, in mancanza, con carta e penna (ma in questo caso
la difficoltà arriva dopo, quando si tratta di
interpretare quanto è rimasto sui fogli di carta, a
causa di una calligrafia talmente pessima da
risultare spesso incomprensibile anche per me). Una
droga della mente e del cuore di cui, me ne rendo
conto io per primo, ho bisogno di assumere quantità
sempre più sostanziose.
Nella tua sempre vivace produzione, è in arrivo
per caso qualche altro… "colpo di scena"?
Al momento i miei "ragazzi del piano di sotto", come
dice Stephen King, riferendosi agli spiriti, che
prendono dimora nei recessi più profondi dell'animo
umano e che si occupano di inventare le storie e di
elaborarle nella prima fase creativa, mi hanno
passato tre romanzi ai quali sto lavorando. Due di
essi a quattro mani, in compagnia di altrettante
scrittrici con le quali sto lavorando molto bene:
Marta Traverso e Valeria Ferri. Ah, a proposito di
"donne che scrivono", ce n'è un'altra, la veneta
Lorella De Bon, che collabora con me nella
conduzione di due serie di racconti: "Scrittori alla
sbarra - Gli interrogatori impossibili del
commissario Cardona" e "Le notti di Monteselva", una
saga che si ispira all'attività di volontariato
dell'Associazione Medici Volontari Italiani. L'altro
romanzo "in cottura" è un nuovo episodio della saga
di Monteselva, un caso intricato e torbido che,
ancora una volta, sarà chiamato a risolvere il
"Leone", ma…
Ma?
Oh, di questo "ma" ti parlerò magari nel corso della
prossima intervista. Anche nel più luminoso degli
ambienti, disse qualcuno, un angolo d'ombra non è
mai di troppo.
Figurati in casa di uno scrittore come me.
Intervista pubblicata per la prima volta in Rete
su Progetto Babele.
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