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Caffè Letterario Musicale

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Rubrica a cura di Paolo Filippi

Disfunzioni sonore

Tool: contaminazioni dell'A(e)nima
Nù Metal e memoria storica: System of a down
C'era una volta il "Nù Metal"

rubrica a cura di Eduardo Vitolo

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Un paroliere sobillatore: Nicola Bontempi intervistato
a cura di Alessandro Rizzo
Associazione musicale Clavicembalo Verde
a cura di Alessandro Rizzo

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Raccolta di video vari da Youtube, scelti per voi...
rubrica a cura di Massimo Acciai

Un paroliere sobillatore:

Nicola Bontempi intervistato
 

Intervista a cura di Alessandro Rizzo


Nicola Bontempi è un "paroliere e un sobillatore", come si legge nel suo profilo su myspace. Compone musiche, testi di canzoni, poesie, aforismi. Ma possiamo definire Nicola anche un musicante, una specie di aedo dei tempi moderni, che inscena reading letterari di ogni tipo e di ogni carattere. Ha un pubblico vasto ed eterogeneo, spesso amante della contaminazione artistica.

Iniziamo con la tua crescita e formazione letteraria

Io sono stato sempre uno con la "sindrome da mezzo libro". I libri non mi allettavano. Analizzavo le schede di presentazione dei libri e, comunque, mi mancavano sempre i finali. Il mio professore di italiano delle superiori è riuscito, però, come il professore dell'Attimo fuggente, a infondermi la passione per la lettura. Effetto Pigmalione possiamo dire: da questo momento in poi ho fatto letture più forti e coinvolgenti. Certamente Ungaretti ha influito molto su di me, come Pirandello, Verga, Peter Hegg con "I quasi adatti" e "Per la neve", per non parlare, poi, della letteratura americana. Non dimentichiamo Rodari, Dostojewskij, Gibran, Jacob, Baricco, Blugakov, di quest'ultimo adoro "Il maestro e Margherita", Buzzati.
La letteratura russa ha caratterizzato, invece, il mio interesse nella fase post adolescenziale.

Quali sono le opere più significative, sia tue sia altrui, caratterizzanti la tua attività di lettore?

Siamo vicini alla Giornata della memoria, e direi che "Se questo è un uomo", i racconti di deportati, come "Ribelle" di Teresio Olivelli, le letture sul 25 aprile siano veramente quelle più singificative lette nelle diverse occasioni e performance, soggetti di spettacoli dove venivano rappresentati libri famosi in scena.
"101 storie zen" e le letture di Calvino prettamente cosmicomiche, nonché Rodari.

Le letture, elementi strutturanti delle tue performance, come avvengono?

Semplicemente cerco di commissionare la pura lettura con l'animazione. Sono interessato anche alla contaminazione musicale e artistica di diverso genere, con musici, polistrumentisti. E' importante anche dare avvio a percorsi con favole dal mondo, attraverso una cernita di racconti di respiro intercontinentale, dalle Americhe, favole di Esiopo, dei fratelli Grimm.

Come avvengono le scelte delle letture che proponi?

Le scelte avvengono in base all'impronta da dare. L'ultima volta il tema riguardava la perdita: la perdita vista in senso tragicomico, la perdita di un filo d'erba, fino ad arrivare alla perdita drammatica di un amato, di un caro, oppure alla perdita dell'innocenza. Ho fatto parte del gruppo Meteora. A Pontolio avvenivano in questo contesto gli aperitivi letterari dove si sceglieva un tema con letture ad hoc. Le letture erano quasi spesso fatte in modo amatoraile.
Nasco con una formazione sulla lettura, rivolta al pubblico puramente nella prima fase, partendo dal Fellini Art Cafè di Brescia, dove ogni mercoledì sera c'era Free Zone, ossia un momento in cui esisteva la libertà di presentare proposte artistiche. Iniziai proprio in quel contesto., poi andai a un corso di dizione fonetica all'Accademia della voce di Brescia.

Oltre a leggere in modo quasi teatrale e recitativo hai tue opere pubblicate?

Non sono edite. Avrei dovuto editare dei racconti. Dovevano derivare da un terzo posto in un festival di letteratura. E' una raccolta di poesie e di aforismi, di testi per canzoni e per composizioni. Ho composto un paroliere per un periodo di 10 anni: c'è di tutto un po'. E' una raccolta di ninne nanne, di aforismi per un anno, di proverbi e loro fascinazioni.

Perché rimangono inedite?

Vengo da concorsi letterari e credevo molto per gli accessi possibili che potevano offrire alla conoscenza di case editrici. Molte sono state, invece, le difficoltà incontrate. Se un artista vale è naturale che venga prodotto da una persona che abbia intenzione di investire su di lui. Un artista non stampa un'opera per pochi. Il mondo della canzone mi è più affine. Alcune mie opere, comunque, sono pubblicate sui siti.
Ho elaborato reading ad hoc su temi specifici, come le letture di poesie di Misero Cremacschi, "Jacopo ed Andormeda". Fino ad arrivare a "Sociale " di Palazzolo.

Il contatto con il pubblico ti influisce nella programmazione della tua performance, nella sua organizzazione, nelle battute e nelle esternazioni che presenti?

È importante non c'è dubbio. Mi imbarazza, però, chiamarlo pubblico. Oggi (giorno stesso in cui è avvenuta l'intervista presso la libreria Scaldapensieri - ndr), per esempio, nella performance che riguarda le bambine e i bambini, sarà improvvisato. Con i bambini esiste la necessità imprescindibile di interazione. Negli altri spettacoli, quelli per adulti, cerco sempre il contatto oculare. Esiste una certa sensazione del pubblico da invenire. Occorre ravvivare il tutto cercando di capire le sensazioni trasmesse. Tutto questo non significa recitare per il singolo, ma significa che il singolo diventi la tua sfida. Devo sempre sapere calibrare la scelta tra l'ascolto e l'approccio solo intellettuale. Ogni spettacolo presenta storie con approcci diversi. Occorre esprimere un'attenzione capace di cogliere le sensazioni emotive. E' quasi come essere un pescatore, che debba gettare la rete per, poi, vedere quanti ti hanno ascoltato.

Per finire non può mancare una domanda classica, ossia raccontaci un aneddoto

Posso ricordare la lettura fatta il 5 gennaio 2003 alla biblioteca di Ponte San Marco riguardante la Giornata della Memoria. A fine spettacolo mi piacque il commento di un ascoltatore di mezza età che disse: "era come se noi fossimo con lui in un campo di sterminio". Come potete capire la lettura riguardava racconti e scritti di deportati, le loro testimonianze.
Oppure ti posso raccontare un fatto divertente. Leggevamo Il fantasma di Canterville a una platea di bambine e bambini. Il fantasma era apparso talmente cattivo che, ogni volta che il pupazzo usciva dal paravento, i bambini gli lanciavano con veemenza e senza interruzione le palline a loro date.

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