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Un paroliere sobillatore:
Nicola Bontempi intervistato
Nicola Bontempi è un "paroliere
e un sobillatore", come si legge nel suo profilo su
myspace. Compone musiche, testi di canzoni, poesie,
aforismi. Ma possiamo definire Nicola anche un
musicante, una specie di aedo dei tempi moderni, che
inscena reading letterari di ogni tipo e di ogni
carattere. Ha un pubblico vasto ed eterogeneo,
spesso amante della contaminazione artistica.
Iniziamo con la tua crescita e formazione
letteraria
Io sono stato sempre uno con la "sindrome da mezzo
libro". I libri non mi allettavano. Analizzavo le
schede di presentazione dei libri e, comunque, mi
mancavano sempre i finali. Il mio professore di
italiano delle superiori è riuscito, però, come il
professore dell'Attimo fuggente, a infondermi la
passione per la lettura. Effetto Pigmalione possiamo
dire: da questo momento in poi ho fatto letture più
forti e coinvolgenti. Certamente Ungaretti ha
influito molto su di me, come Pirandello, Verga,
Peter Hegg con "I quasi adatti" e "Per la neve", per
non parlare, poi, della letteratura americana. Non
dimentichiamo Rodari, Dostojewskij, Gibran, Jacob,
Baricco, Blugakov, di quest'ultimo adoro "Il maestro
e Margherita", Buzzati.
La letteratura russa ha caratterizzato, invece, il
mio interesse nella fase post adolescenziale.
Quali sono le opere più significative, sia tue
sia altrui, caratterizzanti la tua attività di
lettore?
Siamo vicini alla Giornata della memoria, e direi
che "Se questo è un uomo", i racconti di deportati,
come "Ribelle" di Teresio Olivelli, le letture sul
25 aprile siano veramente quelle più singificative
lette nelle diverse occasioni e performance,
soggetti di spettacoli dove venivano rappresentati
libri famosi in scena.
"101 storie zen" e le letture di Calvino prettamente
cosmicomiche, nonché Rodari.
Le letture, elementi strutturanti delle tue
performance, come avvengono?
Semplicemente cerco di commissionare la pura lettura
con l'animazione. Sono interessato anche alla
contaminazione musicale e artistica di diverso
genere, con musici, polistrumentisti. E' importante
anche dare avvio a percorsi con favole dal mondo,
attraverso una cernita di racconti di respiro
intercontinentale, dalle Americhe, favole di Esiopo,
dei fratelli Grimm.
Come avvengono le scelte delle letture che
proponi?
Le scelte avvengono in base all'impronta da dare.
L'ultima volta il tema riguardava la perdita: la
perdita vista in senso tragicomico, la perdita di un
filo d'erba, fino ad arrivare alla perdita
drammatica di un amato, di un caro, oppure alla
perdita dell'innocenza. Ho fatto parte del gruppo
Meteora. A Pontolio avvenivano in questo contesto
gli aperitivi letterari dove si sceglieva un tema
con letture ad hoc. Le letture erano quasi spesso
fatte in modo amatoraile.
Nasco con una formazione sulla lettura, rivolta al
pubblico puramente nella prima fase, partendo dal
Fellini Art Cafè di Brescia, dove ogni mercoledì
sera c'era Free Zone, ossia un momento in cui
esisteva la libertà di presentare proposte
artistiche. Iniziai proprio in quel contesto., poi
andai a un corso di dizione fonetica all'Accademia
della voce di Brescia.
Oltre a leggere in modo quasi teatrale e
recitativo hai tue opere pubblicate?
Non sono edite. Avrei dovuto editare dei racconti.
Dovevano derivare da un terzo posto in un festival
di letteratura. E' una raccolta di poesie e di
aforismi, di testi per canzoni e per composizioni.
Ho composto un paroliere per un periodo di 10 anni:
c'è di tutto un po'. E' una raccolta di ninne nanne,
di aforismi per un anno, di proverbi e loro
fascinazioni.
Perché rimangono inedite?
Vengo da concorsi letterari e credevo molto per gli
accessi possibili che potevano offrire alla
conoscenza di case editrici. Molte sono state,
invece, le difficoltà incontrate. Se un artista vale
è naturale che venga prodotto da una persona che
abbia intenzione di investire su di lui. Un artista
non stampa un'opera per pochi. Il mondo della
canzone mi è più affine. Alcune mie opere, comunque,
sono pubblicate sui siti.
Ho elaborato reading ad hoc su temi specifici, come
le letture di poesie di Misero Cremacschi, "Jacopo
ed Andormeda". Fino ad arrivare a "Sociale " di
Palazzolo.
Il contatto con il pubblico ti influisce nella
programmazione della tua performance, nella sua
organizzazione, nelle battute e nelle esternazioni
che presenti?
È importante non c'è dubbio. Mi imbarazza, però,
chiamarlo pubblico. Oggi (giorno stesso in cui è
avvenuta l'intervista presso la libreria
Scaldapensieri - ndr), per esempio, nella
performance che riguarda le bambine e i bambini,
sarà improvvisato. Con i bambini esiste la necessità
imprescindibile di interazione. Negli altri
spettacoli, quelli per adulti, cerco sempre il
contatto oculare. Esiste una certa sensazione del
pubblico da invenire. Occorre ravvivare il tutto
cercando di capire le sensazioni trasmesse. Tutto
questo non significa recitare per il singolo, ma
significa che il singolo diventi la tua sfida. Devo
sempre sapere calibrare la scelta tra l'ascolto e
l'approccio solo intellettuale. Ogni spettacolo
presenta storie con approcci diversi. Occorre
esprimere un'attenzione capace di cogliere le
sensazioni emotive. E' quasi come essere un
pescatore, che debba gettare la rete per, poi,
vedere quanti ti hanno ascoltato.
Per finire non può mancare una domanda classica,
ossia raccontaci un aneddoto
Posso ricordare la lettura fatta il 5 gennaio 2003
alla biblioteca di Ponte San Marco riguardante la
Giornata della Memoria. A fine spettacolo mi piacque
il commento di un ascoltatore di mezza età che
disse: "era come se noi fossimo con lui in un campo
di sterminio". Come potete capire la lettura
riguardava racconti e scritti di deportati, le loro
testimonianze.
Oppure ti posso raccontare un fatto divertente.
Leggevamo Il fantasma di Canterville a una platea di
bambine e bambini. Il fantasma era apparso talmente
cattivo che, ogni volta che il pupazzo usciva dal
paravento, i bambini gli lanciavano con veemenza e
senza interruzione le palline a loro date.
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