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Miti mutanti 14
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Matteo Alvazzi: un pianista
dedito alla fotografia urbana
Non si ritiene artefice delle
proprie fotografie, ma solo "osservatore che ha
avuto la fortuna di potersi trovare nel posto giusto
al momento giusto". Il giovane Matteo Alvazzi
immortala persone in contesti cittadini, soprattutto
nella grande Londra, dove spesso risiede da qualche
anno a questa parte. Sono in bianco e nero, in
pellicola e non in digitale e non vengono mai
"ritoccate" in fase di post produzione: si scatta e
se viene interessante l'opera la si pubblica. Il
segreto? Avere la macchina fotografica a portata di
mano e gli occhi attenti e vigili.
1. Chi è Matteo Alvazzi e come è nata la passione
per la fotografia?
Matteo Alvazzi è un giovane (ancora per poco)
ragazzo milanese che, dopo aver studiato pianoforte
al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, decise,
erroneamente, di non proseguire la carriera di
pianista per dedicarsi a lavori di carattere
tecnico. La passione per la fotografia è nata per
caso. Poco meno di tre anni fa, mentre si trovava a
Londra, un carico amico gli consigliò di provare ad
avvicinarsi alla fotografia. Fin da subito si
accorse che fotografando provava una sensazione di
calma interiore e di piacere che quasi non aveva mai
provato. Stranamente era come se fotogrando
sconosciuti pian piano conosceva sempre più se
stesso. Da allora decise quindi di dedicarsi il più
possibile a questa passione, decisione che lo ha
portato oggi fortunatamente a questa intervista.
2. Cosa rappresenti attraverso la tua fotografia?
Credo di essere molto giovane artisticamente
parlando: dopotutto fotografo da nemmeno tre anni.
Per questo sto attualmente percorrendo un sentiero
che, potenzialmente, mi condurrà nella definizione
di una mia forma di espressione ben definita e
facilmente riconducibile alla mia persona. Forse
solo in quel momento saprò veramente rispondere a
questa domanda. Per ora la mia fotografia è ricerca,
crescere e maturare, e dipende in gran parte,
essendo io una persona molto emotiva, dall'umore con
cui affronto ogni giorno le strade macchina
fotografica in mano.
3. Quale rapporto crei tra le persone, molte tue
opere riprendono primi piani, e l'ambiente che le
circonda?
Quando fotografo non ho mai l'idea di cosa andrò a
fotografare: è il mondo che ci propone tantissime
fotografie che sta a noi cogliere e, possibilmente,
imprimere su una pellicola, o su un sensore
digitale. Io non mi ritengo l'artefice delle mie
fotografie, ma solo l'osservatore che ha avuto la
fortuna di potersi trovare nel posto giusto al
momento giusto, con una macchina fotografica in mano
e gli occhi aperti. Per questo non riesco a definire
bene un rapporto tra le persone e l'ambiente che le
circonda: in alcuni scatti è puramente geometrico,
in altri l'ambiente è il contesto attraverso il
quale le persone fotografate si esprimono … in altri
ancora l'ambiente ha puramente un effetto visivo.
4. Quali sono le tue opere più rappresentative e
perché?
Ad oggi le mie opere più rappresentative sono degli
scatti fatti a Milano circa un anno fa: in tutti
questi la figura umana diventa parte di un disegno
geometrico costituito dalla persona stessa e
dall'ambiente che la circonda. Sono molto legato a
questi scatti ed è per questo che li ritengo, ad
oggi, quelli più caratterizzanti del mio lavoro.
5. La fotografia è un'arte in evoluzione: la
tecnologia ha apportato nuovi supporti ma anche ha
fatto venire meno il piacere della pellicola,
dell'analogico. Che cosa è oggi una buona
fotografia?
Non esiste una fotografia buona e una non buona. La
percezione di una fotografia è assolutamente
soggettiva. Esistono dei criteri oggettivi che
definiscono se una fotografia è interessante (ad
esempio l'applicazione della sezione aurea): ma
interessante non significa che la fotografia sia o
non sia buona.
… allora diciamo interessante
La fotografia è interessante (dove per interessante
intendo che attira l'attenzione di chi la guarda)
quando segue determinate regole di composizione; o
anche quando non le segue volutamente. Questo però
non vuole dire che la foto funzioni: ci sono
tantissimi casi di foto tecnicamente perfette che
poi dicono poco o nulla.
6. Quali sono le tue esposizioni e quali quelle
prossime?
La mia prima vera esposizione sarà il 10 Gennaio
2012 a Milano da Luca e Andrea in Zona Navigli, per
grande merito di Alessandro Rizzo e Fabrizio Gilardi.
Verso fine gennaio esporrò a Trieste insieme ad
altri 3 fotografi nell'ambito della mostra dal
titolo "L'ottavo sguardo"; mentre a marzo esporrò
nuovamente a Milano sui Navigli presso il locale
Viola.
7. Scegli spesso ambientazioni urbane: che cosa
la città rappresenta attraverso lo scatto
fotografico?
Onestamente la scelta di ambientazioni urbane nasce
semplicemente da una necessità logistica: vivendo in
città non avevo tante altre scelte. Oggi, però,
posso dire di preferire l'ambientazione urbana: è
per questo che ho anche deciso di trasferirmi a
Londra, in quanto la città offre una infinità di
spunti, situazioni, emozioni che sono solo da
"raccogliere" con una macchina fotografica.
8. Una capacità della fotografia reale e
militante, non pubblicitaria e main stream, è quella
di saper cogliere situazioni ed espressioni vive e
dirette, senza filtri, non precostruite. Come fai a
cogliere l'attimo fuggente?
Credo che sia un insieme di preparazione,
anticipazione, sensibilità e tanta, tanta pratica.
Succede tutto così velocemente che spesso e
volentieri non ci si rende nemmeno conto di cosa
esattamente si è scattato, nonostante sia lì davanti
ai nostri occhi: composta correttamente, tutto
funzionante e con un senso, mentre la foto ci fa
esclamare "wow!".
9. La post produzione nella tua attività è parte
rilevante o tendi a limitare il più possibile la
creazione della fotografia al momento dello scatto?
Cerco sempre di evitare il più possibile qualunque
forma di alterazione post esposizione. Scatto
solamente in pellicola e gli unici interventi sono
quelli effettuati in fase di stampa. Per le foto
pubblicate online utilizzo uno scanner per pellicole
ed evito qualunque tipo di intervento che non sia
possibile effettuare anche in fase di stampa.
Inoltre cerco sempre di non ritagliare la foto: se
non funziona per come è stata scattata la butto
semplicemente via.
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